Nota di
lettura
(XXIII-LIV) al volume: FELICIANO SERRAO,
Ius Lex Edicta. Altri studi di diritto
romano, con una nota di lettura
di ROBERTO FIORI, [Antiqua, 105] Napoli, Jovene Editore, 2015, 2
voll., LX-432
– IX-433-832 pp. –
ISBN 978-88-243-2369-7
INDICE
Università di
Roma “Tor Vergata”
Nota
di lettura *
1. – Nell’introduzione а una
raccolta di propri scritti[1],
Feliciano Serrao giustificava la scelta di non riprodurli cronologicamente, ma
secondo un ordine «quasi sistematico», con l’esigenza di far
emergere con maggiore evidenza la ricchezza dei problemi trattati.
L’ordine cronologico, egli scriveva, «avrebbe avuto un senso ove
questo volume fosse stato diretto а mostrare al lettore le vie, i
raccordi, le implicazioni е, se si vuole, le suggestioni mediante le quali l’autore е
passato da un saggio all’altro». «Ма non
ritengo», aggiungeva, «tanto importante per gli altri seguire
cronologicamente le linee di sviluppo delle mie ricerche е del mio
pensiero, pur se di ogni autore, anche minimo, com’è nel caso,
е sempre necessario, аnсhе а fini critici, ricostruire
е comprendere l’iter е
la trama della sua produzione intellettuale»: il fatto è,
concludeva, che «nоn
credo di essere autore del cui pensiero valga la реnа di
ricostruire lo svolgimento».
È questo unо dei pochi casi in cui sono in totale
disaccordo соn il mio Maestro. А mio parere – e
nоn credo mi faccia velo l’affetto dell’allievo –
Feliciano Sеrrао è stato, negli studi romanistici, uno
degli autori più originali del ХХ secolo. Lo
è stato, vorrei dire, quasi
di necessità per almeno due ragioni. La prima è che egli si
faceva scrupolo di scrivere solo quando avesse novità rilevanti da
comunicare: nella sua produzione mancano del tutto lavori meramente
descrittivi, е persino quegli scritti che per genere letterario
dovrebbero indirizzare verso la semplice sistemazione, come le voci di
enciclopedia о il manuale didattico, divengono occasione di ricerca е di discussione originali. La
seconda ragione è che egli ha assunto а dato caratterizzante della
propria produzione un completo spostamento di prospettive: nеi suoi
lavori, sia di diritto pubblico che di diritto privato, gli istituti giuridici
sоnо sempre inseriti nel loro contesto storico, politico,
economico, sociale, culturale. Е se nello studio del diritto pubblico
nоn si è trovato solo in questo percorso, essendo un simile
metodo più consueto – anche in considerazione della pubblicazione,
a partire dagli anni cinquanta, della Storia della costituzione romana di
Francesco De Martino – , nello studio del diritto privato il suo
approccio è stato addirittura temerario e, almeno
sinora, quasi del tutto isolato.
Seguire lo svolgimento del pensiero di Feliciano Serrao è
dunque estremamente importante per comprendere le linee di sviluppo della romanistica
del Novecento, ed essenziale per la lettura dei volumi che qui si pubblicano.
Questa collezione raccoglie infatti gli scritti che non sono stati già
riuniti in precedenti raccolte o in opere curate dall'autore: si tratta dunque
di articoli, note, rassegne, maggiormente – ma, come si vedrà, non
del tutto – estravaganti rispetto ad altre ricerche dell'autore,
caratterizzate da una più evidente coesione tematica, oppure di lavori
successivi a tali raccolte e opere. Pertanto, affinché i singoli contributi
non appaiano disiecta membra ma
invece risultino per quello che sono, e cioè le tappe di un percorso
intellettuale ben definito e in sé singolarmente coerente, è
necessario – seguendo l'insegnamento metodologico del Maestro –
inserirli il più possibile nel loro contesto, seppure nei limiti dello
spazio offerto da una Nota di lettura.
2.
– Feliciano Serrao nasce il 24 aprile 1922 a Filadelfia, in
Calabria.
Il padre Severino era un magistrato che aveva rifiutato di
prestare giuramento al fascismo e si era ritirato a occuparsi della
coltivazione delle terre di famiglia. Di tanto in tanto subiva i controlli del
regime, durante i quali si faceva trovare, avvisato dal maresciallo del paese,
con una vecchia pistola e un libro di mistica fascista. Avendo tempo a
disposizione, si era occupato direttamente degli studi dei tre figli:
Feliciano, Giulia – che diventerà professoressa di Latino e Greco
al Liceo Giulio Cesare di Roma – e Gregorio – che sarà
invece ordinario di letteratura greca prima a Cagliari e poi a Roma ‘Tor
Vergata’[2].
Come è reso evidente dalle strade intraprese, i tre fratelli ricevono
un'educazione fortemente impregnata di cultura classica, ma anche di valori
sociali e politici. È questo un periodo essenziale nella formazione di
Feliciano Serrao, perché le idee socialiste trasmessegli dal padre lo
accompagneranno per tutta la vita, indirizzando anche le sue successive scelte
scientifiche.
Gli studi universitari sono condotti a Roma; dove si laurea nel
1945 con Emilio Albertario. Sotto la guida di quest'ultimo, di cui diviene
assistente subito dopo la laurea, rielabora la tesi, che pubblica nel 1947,
dedicata al padre, con il titolo Il
procurator[3].
È un lavoro ancora impostato su una metodologia interpolazionistica, che
sarà presto abbandonata.
Tra la fine del 1948 e l'inizio del 1949, nel giro di due mesi,
Serrao perde il padre e il primo Maestro. È a questo punto che ha inizio un rapporto
fondamentale per il giovane studioso. Sulla cattedra di Albertario viene
chiamato Vincenzo Arangio-Ruiz, che di Serrao diviene «Мaestro
e quasi padre»[4],
e che lo incoraggia verso un approccio molto più legato
alla storia e alla filologia, seguendone i lavori con enorme
disponibilità, al punto di anteporne la lettura, nell'imminenza della
pubblicazione, a importanti impegni familiari. L’affetto del Maestro
viene ricambiato dall'allievo con una devozione assoluta, che dura decenni dopo
la sua morte: quando Serrao avrà a sua volta degli allievi, non passerà·giorno
in cui non lo nomini, raccontando aneddoti e insegnamenti, elogiandone la
dirittura morale, la ferma coscienza politica, la grandezza scientifica, e il
senso dell'umorismo.
Oltre che a un diverso modo di studiare il diritto romano,
Arangio-Ruiz introduce Serrao anche alla didattica, affidandogli l'incarico
– a·partire dal 1950 sino al 1954 – di sostituirlo nelle
lezioni nell'Università·di Roma per i
quattro mesi l'anno in cui egli era impegnato nei corsi che teneva in Egitto,
al Cairo e ad Alessandria. L’inizio dell'insegnamento è un avvenimento
centrale nella crescita, anche scientifica, di Serrao. Le lezioni sono per lui
altrettanto importanti della ricerca, e con questa strettamente connesse.
È sua ferma convinzione che la materia debba essere
presentata sempre in forma ragionata e problematica, partendo dalle fonti e
mostrando agli studenti quale sia il percorso interpretativo dello studioso. In
questo modo le idee vengono elaborate allo stesso modo che in un lavoro
scientifico, e verificate con se stessi e con quegli interlocutori al tempo stesso
inesperti ed estremamente critici che sono gli studenti.
Dal 1952 Serrao inizia a tenere corsi propri, avendo ricevuto
l'incarico di Storia del diritto romano nell'Università di Macerata,
dove resterà sino al 1964: nel 1954 ottiene la libera docenza, nel 1956 vince
il concorso da straordinari e nel 1960 diviene ordinario. A Macerata tiene
anche per supplenza, dal 1957 al 1961, il corso di Diritto del lavoro –
un’esperienze che, com’è stato notato[5],
si pone in certo modo in connessione con il parallelo impegno
politico nella guida del gruppo consiliare socialista presso il comune di
Macerata e con l’attenzione, nella ricostruzione storica, per il dato
politico – e dal 1961, quello di Diritto
romano. Contemporaneamente la Facoltà di Giurisprudenza di Roma gli
attribuisce l’incarico di Storia del diritto romano per l’a.a.
1959-1960 in sostituzione di Giuseppe Branca, nominato
Giudice della Corte Costituzionale. Nell’istituto di Roma, a partire dal
1959, lavora anche come segretario della redazione del Bullettino
dell’Istituto di Diritto romano ‘Vittorio Scialoja’, di cui sono
direttori Arangio-Ruiz e de Francisci.
3.
– Proprio in concomitanza con l'inizio dell’insegnamento
maceratese, Serrao pubblica negli Studi
in onore di Vincenzo Arangio-Ruiz (1953) un contributo che mostra
chiaramente l'influenza del Maestro, rappresentando, rispetto al lavoro sul procurator, una fase interamente nuova[6]:
Sulla 'mutui datio' da parte del servo
comune (Contributo alla dottrina romana del mutuo)[7]. È un complesso articolo che
affronta il problema del regime degli acquisti del servo comune ai domini,
rispetto al quale le fonti mostrano esiti apparentemente opposti. Alcuni passi
di Giuliano, Gaio e Paolo attestano una distribuzione degli acquisti
proporzionale all'entità della quota proprietaria anche nel caso in cui
l'acquisto sia stato compiuto grazie al patrimonio di uno solo dei padroni,
salva la possibilità, per quest'ultimo, di promuovere un iudicium communi dividundo per rifarsi
della perdita patrimoniale. Un altro passo di Giuliano attribuisce invece gli
acquisti al solo dominus dal cui
patrimonio sono state tratte le risorse per concludere il negozio. Sino a quel
momento, la dottrina aveva affrontato il contrasto tra i testi in modo astratto
e dogmatico, non distinguendo le peculiarità di ciascun caso, ma
Serrao dimostra che le differenti soluzioni discendono dalla diversa natura dei
negozi realizzati dallo schiavo comune. La regola della distribuzione tra tutti
i domini si applica infatti a
fattispecie di stipulatio ed emptio venditio, mentre quella della
attribuzione al solo dominus onerato
attiene a una ipotesi di mutuum: e
Serrao, ricostruendo quest'ultimo contratto come totalmente imperniato sulla traditio della res, essendo l'accordo sottostante «nascosto dall'elemento
reale», ipotizza che all'origine della soluzione giulianea sia proprio la
corrispondenza tra datio e dovere di·
restituzione.
È questo un contributo per noi interessante non solo
perché costituisce il primo approccio di Serrao al problema
dell'attività negoziale degli schiavi, sul quale egli continuerà
a lavorare tutta la vita, e non solo perché testimonia in modo evidente
l'abbandono dell'impostazione interpolazionistica del primo lavoro,
ma anche perché già iniziano a emergere alcune caratteristiche
metodologiche di rilievo. La prima caratteristica appare in modo palese, ed
è l'attenzione al dato concreto: un'attenzione che non è una fuga
dalla dogmatica, ma dalle semplificazioni della dogmatica allorché
questa sorvola su differenze rilevanti per riportare forzatamente le fattispecie a categorie
più generali. La seconda caratteristica è la riconduzione, alla storia delle
interpretazioni dei testi romani, anche delle fonti medievali, e in particolare
della Glossa. Questo tratto del metodo di Serrao è meno evidente nelle
sue pubblicazioni, perché egli aveva l'abitudine di citare fonti e
letteratura solo quando strettamente necessario, cosicché nei suoi
scritti appare solo una parte – quella finale – del lavoro di
ricerca. Ma chi scrive ricorda, tra i primi insegnamenti ricevuti,
l'esortazione a tenere sempre conto, nell'esegesi, della dottrina intermedia:
sia perché questa, anche se non era interessata alla storia degli istituti,
aveva raggiunto un livello ineguagliato di conoscenza delle fonti; sia
perché la scienza moderna è tuttora condizionata da
interpretazioni tralatizie suggestionate dalla tendenza medievale –
giustificata nella prospettiva di un uso 'attuale' del diritto romano, ma oggi
non riproponibile in sede di interpretazione storica – all'armonizzazione
delle incongruità testuali.
II passaggio a una nuova fase appare ancor più evidente
nella seconda monografia di Serrao, che uscirà nel 1954 e che ha
ad oggetto uno dei temi centrali per lo sviluppo del diritto privato romano, La iurisdictio del pretore peregrino[8].
Il lavoro parte dalla constatazione di quella che era,
all’epoca, la communis opinio
in materia di divisione della giurisdizione tra il praetor
urbanus e il praetor peregrinus:
il primo avrebbe sempre avuto giurisdizione solo rispetto alle
controversie tra cives, il secondo
solo rispetto a quelle tra peregrini
o tra cives e peregrini. Nel riesaminare la questione, Serrao affronta il
problema nel suo sviluppo storico, e distingue tre grandi
periodi: dalla creazione del pretore peregrino alla lex Aebutia; da questa alla lex
Iulia iudiciorum privatorum; dalla lex
Iulia alla constitutio Antoniniana.
Rispetto al primo periodo, egli sostiene una completa distinzione di funzioni
tra pretore urbano e peregrino derivante dal differente modus agendi che avrebbe riguardato i cives e i peregrini: i
primi avrebbero litigato solo per legis
actiones, i secondi solo per formulas. Con la lex Aebutia, sarebbe stato possibile instaurare processi per formulas anche tra cives, e il quadro sarebbe profondamente
mutato: venuta meno la stretta corrispondenza tra modus agendi e iurisdictio,
la medesima autorità avrebbe potuto ius
dicere a prescindere dalla cittadinanza delle parti – come mostrano
la lex agraria epigrafica del 111
a.C. e la lex Rubria de Gallia Cisalpina
del 49 a.C. – e il pretore peregrino poteva dar vita a strumenti
processuali impiegati anche, se non soprattutto, tra cives – come attestato dall'editto di Lucullo del 76 a.C. e
forse dal iudicium de dolo di Aquilio Gallo e dall'actio Publiciana. La terza fase è
caratterizzata dal cambiamento del titolo del pretore peregrino da qui inter peregrinos ius dicit a qui inter cives et peregrirnus ius dicit
– che Serrao ipotizza determinato dalla lex Iulia ma a sostanziale ratifica del mutamento indotto dalla lex Aebutia – e dalla graduale
attribuzione al pretore peregrino di funzioni prima esclusive del pretore urbano,
fino al punto di permettere di esperire le forme sopravvissute di legis actio sacramenti addirittura
dinanzi a quest'ultimo.
È questa un'opera davvero esemplare per acume,
equilibrio, efficacia argomentativa, finezza esegetica: con la scrittura volutamente
semplice ed efficacissima che
caratterizza l'intera sua produzione, Serrao dispiega in appena duecento pagine
una serie impressionante di osservazioni e argomenti basati su fonti
giurisprudenziali, letterarie ed epigrafiche, tutte analizzate con la medesima
competenza e acribia. Non una parola è di troppo, e ciò che
appare al lettore è l'agile risultato di ricerche enormi: la letteratura
secondaria è studiata per intero, ma citata solo quando
strettamente pertinente; le fonti antiche sono lette in modo esteso
e completo – come egli sempre raccomandava di fare – e tuttavia
sono citate e discusse solo se rilevanti. Basti un esempio: dovendo compiere
una ricerca terminologica su Livio, e poiché all'epoca non era ancora
uscita la Concordance di David W.
Packard (1968), Serrao aveva letto per intero le Storie nell'edizione oxoniense, ma i risultati sono riassunti, nel
libro, in nove righe.
Dopo quest'opera, della sostanziale fungibilità tra le
due iurisdictiones non si è
più dubitato: anzi, se ricerche più recenti hanno nuovamente
posto in forse il ruolo della lex Aebutia
nella diffusione del processo formulare tra cives
– nel senso che questi potessero utilizzarlo già prima della legge
– ciò addirittura conferisce maggiore forza e ampiezza all'ipotesi
di Serrao, anticipando la sua intuizione alle origini della pretura peregrina.
4.
– Dallo
studio sul pretore peregrino, e in particolare dalla previsione della lex Calpurnia che affida a questo
magistrato la quaestio repetundarum, traggono
origine due lavori in materia di iudicia
repetundarum, apparsi nello stesso anno della monografia.
Il primo studio compare negli scritti offerti a un altro grande
Maestro romano, Pietro de Francisci – cui Serrao dedicherà, di
lì a qualche anno, anche un ammirato ritratto[9]9
–, ed è intitolato Appunti
sui patroni e sulla
legittimazione attiva all'accusa nei processi repetundarum[10].
Il tema, mai studiato prima in modo specifico, riguarda le diverse forme entro
cui si è storicamente esplicata l'assistenza prestata da patroni romani
ai provinciali che avessero chiesto la protezione del senato romano contro le
spoliazioni compiute dai magistrati. Serrao rilegge l'evoluzione del ruolo
giuridico dei patroni all'interno degli sviluppi storici complessivi della
realtà romana dal II sec. a.C. all'età augustea. Dapprima il
sistema favorisce il controllo senatoriale sulle rivendicazioni dei
provinciali, essendo i patroni, di rango senatorio, necessari per
l’accusa. Poi la politica dei Gracchi attribuisce la legittimazione
attiva ai provinciali e rende l'assistenza dei patroni solo facoltativa. Tra il
II e il I sec. a.C., la classe senatoria prende nuovamente il sopravvento e i
patroni da assistenti divengono veri e propri accusatori. Infine la
legislazione augustea ripristina la legittimazione attiva dei provinciali
eliminando .quella dei cittadini romani, con il duplice scopo di gratificare
i primi e impedire che i processi divenissero motivo di contrasti politici
interni: i processi vengono in tal modo 'spoliticizzati' e i patroni
assumono un ruolo intermedio tra quello antico di assistenti giudiziari e
quello più recente di accusatori. È questo un lavoro estremamente
importante nella storia intellettuale di Serrao, perché testimonia
per la prima volta la sua costante attenzione verso le iniziative del partito
democratico e le loro ricadute sul diritto. Ernest Badian, in un famoso articolo apparso su Historia del 1962, lo ha giudicato,
«in subtlety of argument and brilliance of exposition, (...) one of the finest
pieces of constructive historical scholarship that has appeared on this period
in recent years»[11].
Il secondo studio costituisce una rassegna bibliografica ancora
in materia di iudicia repetundarum
che Serrao pubblica sulla rivista Studi Romani, dal 1953 organo
dell’Istituto Nazionale di Studi Romani. È un lavoro
che merita di essere segnalato pere é costituisce il primo di una serie
di Rassegne che durerà sino al 1977, e che rappresenta non solo uno
strumento utilissimo di ricerca, ma anche l'occasione per valutazioni critiche
mai banali, collocandosi in una posizione intermedia tra la semplice
segnalazione e la vera e propria recensione[12].
Dall'interesse
per le repetundae nasce anche la
terza monografia, Il frammento Leidense
di Paolo (1956)[13],
nella quale viene fornita una prima lettura giuridica del frammento delle Pauli sententiae pubblicato da M. David
e H. L. W. Nelson sulla Tijdschrift voor
Rechtsgeschiedenis del 1955[14].
Si tratta di un lavoro fortemente esegetico, che mira a inserire le regole
contenute nel testo – che in linea di massima si ritengono compatibili
con il diritto del III sec. d.C. – nella storia più ampia degli
istituti interessati. Sul piano strettamente storico-giuridico, il risultato
forse più importante della ricerca riguarda i rapporti tra persecuzione
pubblica e iniziativa processuale privata nel III sec. d.C., allorché la
pena pubblica e la restituzione o il risarcimento vengono perseguiti mediante
procedure diverse, sempre che l'esigenza pratica del risarcimento non sia
soddisfatta dal magistrato investito della cognitio.
Quest'ultimo aspetto viene sviluppato in un lungo articolo Sul danno da reato in diritto romano, pubblicato sull'Archivio giuridico del 1956[15].
Trattando del problema della riparazione del danno quando il reato è
estinto per la morte del reo, Serrao evidenzia innanzi tutto il sorgere di
un’actio ex lege repetundarum
contro gli eredi per la riparazione del danno, allorché i giudizi
pubblici assumono una funzione solo repressiva: il
problema del risarcimento del danno viene
così risolto perché agli eredi si trasmette non la pena, ma
l’obbligazione nascente dal reato. Poi egli estende l'analisi a
fattispecie di peculato e frode fiscale, nelle quali la natura pubblica del
soggetto passivo del reato permette di mantenere la forma del processo
criminale anche se lo scopo è la reintegrazione del patrimonio pubblico:
qui l'accusa poteva essere portata anche nei
confronti degli eredi non in quanto tali, ma
in quanto detentori del denaro che si doveva recuperare o dei beni da
confiscare. Infine, affronta il problema con riferimento alla generalità
dei reati, concludendo che la trasformazione di molti delitti privati in crimina ha
come conseguenza – attraverso interventi imperiali ed elaborazioni
giurisprudenziali – l'affermazione del principio secondo cui l'inizio
dell'accusa nei procedimenti pubblici ha lo stesso effetto conservativo della litis contestatio nelle azioni penali
private, cosicché la pena diviene trasmissibile agli eredi.
In queste ricerche, che in
parte confluiranno in forma sintetica nella voce Repetundae del Novissimo
Digesto (1968)[16],
inizia a delinearsi in forma più evidente quello che come abbiamo detto
diverrà il dato caratterizzante del metodo di Serrao, e cioè l'inserimento
dei dati giuridici nei contesti storici generali, e in particolare nella
dialettica politica tra le classi della Roma repubblicana e nelle strutture di
potere caratteristiche del principato.
Tutto ciò emerge in
piena luce nel discorso inaugurale dell'anno accademico 1958-1959
dell'Università di Macerata, pubblicato in una prima veste nell'Annuario
della stessa (1960) e poi in forma definitiva, con il titolo I partiti politici nella repubblica romana,
nelle Ricerche storiche ed economiche in
memoria di C. Barbagallo (1970). Si tratta di un lavoro
densissimo di idee – non ci sono note, solo una bibliografia finale
– e di grande interesse, perché racchiude in nuce molti futuri
sviluppi della sua ricerca. Innanzi tutto Serrao rileva la necessità di
tener conto dei contrasti tra classi nella storia repubblicana, pur rigettando
un approccio che applichi semplicisticamente le categorie moderne sul passato
– al punto da affermare che, nella storia romana, «il problema
dell'esistenza o meno di partiti di tipo moderno non debba nemmeno essere
impostato, perché antistorico». Poi, tracciato un quadro delle
diverse classi sociali e dei movimenti politici ad esse collegati, egli nota
come talora l'appartenenza di classe non coincida con le idee
politiche, perché la costituzione repubblicana ha comunque un carattere
oligarchico, e anche i leaders popolari provengono dalla classe dirigente.
Infine individua nella legge lo strumento principe della battaglia politica dei
popolari, e indica, per la prima volta, l'esigenza di una ricerca che evidenzi,
per ciascun provvedimento legislativo, l'ideologia politica, le
necessità economico-sociali, la posizione politico-sociale del
proponente, il dibattito prima della votazione e le reazioni all'applicazione:
un lavoro che illuminerebbe non solo la storia della legislazione, ma anche,
risalendo indietro nel tempo, il discusso problema dei rapporti tra lex e ius. Di questa analisi egli tenta qui di tracciare un primo disegno
sintetico, e rileva come le leggi maggiormente innovative siano tutte
riconducibili al movimento democratico, mentre quelle di ispirazione
aristocratica sia tutte, in qualche modo, leggi 'di reazione' a iniziative
democratiche, il che spiega anche – assai· meglio
delle ragioni di maggiore praticità del procedimento, come spesso si
ripete – la prevalenza numerica dei plebisciti rispetto alle leggi
comiziali. Ancora una volta, in poche pagine viene concentrata
un'impressionante serie di dati e, soprattutto, di idee nuove.
5. – Nell'ultimo
periodo trascorso a Macerata, Serrao torna a occuparsi di temi affrontati nella
produzione precedente. In Vacanza
dell'edilità e competenza dei pretori nel I secolo a.C., comparso
sul Bullettino del 1959[17],
rileva come nei casi in cui, in assenza degli edili curuli, la loro
giurisdizione passava ai pretori, la competenza di questi ultimi veniva
ripartita non sulla base della nazionalità delle parti, ma per valore
– con ciò confermando la sostanziale fungibilità tra le due
iurisdictiones per i processi formulari
in epoca post-ebuzia. In Note minime
sulla 'lex agraria' epigrafica (1961)[18],
invece, discute nuovamente dell'interpretazione di alcune linee della lex agraria in risposta alle
osservazioni di Alvaro d'Ors. In questo periodo l'unica variante, rispetto ai
temi già studiati, è la relazione tenuta al III Congresso internazionale di epigrafia greca e latina del 1957
(pubblicata nel 1959 nei relativi atti) su Il
giurista Salvio Giuliano nell'iscrizione di 'Thuburbo Maius'[19],
dove Serrao utilizza l'iscrizione – databile tra la fine del 168 e l'inizio del
169 d.C. – per sottoporre a revisione critica le ipotesi di datazione
della vita e dell'opera di Salvio Giuliano, che nell'epigrafe è indicato
come proconsole d'Africa.
Nel 1963 un nuovo
cambiamento. Viene chiamato a Pisa sulla cattedra di Diritto romano – ma insegnerà, per incarico, anche Storia del diritto romano. La
Facoltà gli affiderà dal 1966 la direzione del Seminario
giuridico e dal 1967 la direzione dell'Istituto di diritto romano e storia del
diritto. È in questo periodo che egli raccoglie intorno a sé il gruppo più numeroso
dei suoi allievi, ma sono anni importantissimi anche sul piano personale
– il matrimonio con la signora Maria Grazia e la nascita della figlia
Teresa.
Soprattutto, sono anni di
profonda riflessione didattica e scientifica. L'attenzione ai contesti, che
è sempre stato un connotato della sua produzione, coniugandosi con la
sensibilità politica
dell'uomo di sinistra, lo spinge a studiare le motivazioni politiche ed
economico-sociali degli istituti giuridici, sia nel diritto pubblico che nel diritto privato. Come
dicevo all'inizio, in questo cammino egli viene senz'altro aiutato dalla
pubblicazione, nel corso degli anni Cinquanta, dei primi volumi della Storia della costituzione romana di
Francesco De Martino, un'opera che rilegge il diritto pubblico romano in modo
totalmente nuovo rispetto allo Staatsrecht
di Mommsen, mostrandone la genesi e la ratio
anche alla luce delle idee
politiche, dell'economia e della società. A De Martino, Serrao si sente
ed è profondamente vicino, sia per formazione intellettuale che
politica: la sua ammirazione si manifesta in molteplici occasioni, dalle
rassegne dell'opera di diritto
costituzionale pubblicate in diversi numeri di Studi Romani[20]
– snelle quali addirittura giunge a difendere l'opera dalle critiche di
alcuni autori[21]
– alla recensione della Storia
economica apparsa nel 1980 – non, si badi, su una rivista
scientifica, ma sulle pagine culturali dell'Avanti![22]
– sino allo scritto dedicatogli in occasione delle Giornate in onore di
Francesco De Martino nel 1997 e intitolato L'unità
del pensiero storico[23].
Tuttavia egli interpreta il comune approccio in modo originale. Non solo,
infatti, non costretto dall'impianto di una trattazione complessiva che
analizzi l'intera costituzione romana,
Serrao può concentrarsi sulle tematiche del diritto pubblico
repubblicano che a suo avviso costituiscono gli ambiti di maggiore dinamismo
– come abbiamo visto, la lex
publica – ma può applicare la metodologia anche allo studio
del diritto privato, aprendo a quest'ultimo prospettive nuove e originali.
Il periodo pisano è
infatti caratterizzato da studi rivolti in entrambe le
direzioni.
Innanzi tutto, in ambito
privatistico, egli richiama l'attenzione sul fenomeno imprenditoriale. Il primo
studio in materia è la prolusione al corso di Diritto romano che inaugura l'insegnamento a Pisa, pronunciata il
15 aprile 1964 e pubblicata sul Bullettino
dello stesso anno; seguono una serie di contributi che in parte confluiranno in
un corso di lezioni pubblicato nel 1971 [24].
Il punto di partenza per
queste riflessioni è in fondo abbastanza tradizionale. Forse muovendo
dai primi lavori sulla rappresentanza e sugli acquisti del servus communis, Serrao torna sul problema degli effetti giuridici
dell'attività di un soggetto sulla sfera giuridica di un altro,
concentrandosi sul tema della responsabilità per fatto altrui. La
novità dell’approccio di Serrao è, come dicevo,
l'inserimento dell'istituto nel suo contesto economico-sociale: tenendo conto
della configurazione urbana della Roma tardo-repubblicana e del fenomeno delle insulae, nonché dell'emersione di
attività commerciali marittime e terrestri, egli rileva come, in materia di actio de effusis vel deiectis e di actiones in factum adversus nautas caupones
stabularios, il criterio oggettivo di imputazione della
responsabilità sia motivato da
una logica di 'rischio di impresa' o 'di attività' che pone
al primo posto il profilo del ristoro del danneggiato, affievolendo invece il
carattere penale dell'azione e, conseguentemente, la nossalità e la
cumulatività. Difendendo la genuinità dei testi, infatti, Serrao
sostiene la possibilità di inserire la clausola de peculio nella formula
delle azioni penali, motivata dalla necessità di salvaguardare allo
stesso tempo il principio della personalità della pena e la
possibilità per il dominus di
circoscrivere il risarcimento per i danni commessi dai suoi dipendenti al solo
capitale versato nel peculium.
Al medesimo filone devono
essere ricondotti altri due lavori pubblicati in quegli anni. Il primo è
Sulla rilevanza esterna del rapporto di
società in diritto romano, apparso nel 1971 negli Studi in onore di
Edoardo Volterra[25].
Qui Serrao mostra come il 'dogma' dell'irrilevanza esterna della societas conosca nell'esperienza romana
non solo le note eccezioni delle societates
argentariorum e publicanorum, ma
anche quelle della società di mercanti di schiavi e tra armatori. In tal
modo, il contratto di societas appare
come uno schema di riferimento dalle caratteristiche e dalle logiche non
rigide, ma adattabili in relazione alla natura dell'oggetto sociale. E diviene
chiaro che – pur con le debite, importanti differenze – anche in
diritto romano come nel diritto moderno più che 'la società'
esistono 'le società'. Il secondo lavoro è la voce Institore. Premessa storica, pubblicato
nello stesso anno nell'Enciclopedia del
diritto[26].
Anche in questo caso, pur se all'interno dei limiti di una voce di
enciclopedia, Serrao mostra tutta la carica innovativa della sua visione del
fenomeno imprenditoriale, evidenziando come nel contesto giuridico ed economico
romano la figura dell'institor non
fosse un tipo speciale di rappresentante commerciale – come è nel
diritto attuale – bensì «uno degli strumenti principali con
cui per la prima volta si affermò in un limitato settore l'idea della
rappresentanza diretta», per quanto in modo parziale.
Il secondo ambito di studi
affrontato da Serrao in questi anni riguarda la lex
publica.
Come dicevo, sin dal
discorso maceratese su I partiti politici
nella repubblica romana Serrao aveva rilevato la necessità di una
ricerca che inserisse le leges
repubblicane nei relativi contesti politici, economici, sociali, e nella stessa
sede aveva tentato di tracciare un quadro provvisorio. Giunto a Pisa, egli
inizia la ricerca, coadiuvato da un gruppo di giovani allievi che nel frattempo
si sono raccolti intorno a lui. Il lavoro si sarebbe dovuto svolgere in due
fasi. La prima sarebbe stata finalizzata alla raccolta del materiale sulla base
della lettura completa delle fonti, suddivise tra i diversi collaboratori,
anche per ampliare la base documentale contenuta nelle Leges publicae populi Romani di Rotondi. La seconda fase sarebbe
invece stata di elaborazione critica, e avrebbe dovuto
condurre a un corpus della
legislazione repubblicana – intesa in senso assai lato, comprendendo
anche i progetti e le proposte di legge nonché, per
l'età più antica, tutte le espressioni normative della
volontà popolare[27]
– accompagnato da un commento critico. La prima fase del progetto
è stata realizzata, nella forma di schede che – in modo simile ai
famosi Zettel del Thesaurus linguae Latinae conservati a
Monaco di Baviera – riproducono per ciascuna legge il testo delle fonti.
La seconda fase è stata solo parzialmente compiuta: non è stato
realizzato il corpus, ma sono stati
pubblicati due volumi di saggi, intitolati Legge
e società nella repubblica romana (1981, 2000), con contributi di
Serrao e di alcuni allievi[28].
Già negli anni
pisani, tuttavia, vengono pubblicati due lavori centrali
nella riflessione di Serrao sul diritto pubblico romano. Si tratta di voci
dell'Enciclopedia del diritto che
contengono idee nuove e dirompenti.
Nel primo lavoro, sull'Interpretazione della legge (diritto romano)[29],
Serrao nota innanzi tutto che occorre affrontare il tema
storicamente, perché «il problema dell'interpretazione del diritto
e della legge non può essere posto in modo uniforme per tutti gli
ordinamenti giuridici né per tutte le fasi storiche del medesimo
ordinamento», dovendosi prendere in considerazione
i contesti politici, economici, sociali e culturali entro cui si colloca il
problema interpretativo. Ciascuna fase appare così caratterizzata da un
passaggio fondamentale. Il primo, nella prima e media repubblica, è il
superamento del monopolio sacerdotale dell'interpretazione e del suo carattere
quasi misterico, compiuta grazie all'opera progressista della plebe e delle
parti più illuminate del patriziato – e su questo piano, Serrao
critica la rappresentazione completamente 'aristocratica' che del problema
offre Fritz Schulz nella Storia della giurisprudenza romana. Il secondo
passaggio, verso la fine della repubblica, discende da un nuovo mutamento di
contesto, questa volta culturale, e cioè dall'influenza della cultura
greca a Roma, e in particolare della retorica, che secondo una parte della
dottrina avrebbe facilitato lo sviluppo di istituti fondati sull'aequitas – rispetto ai quali,
tuttavia, giustamente Serrao rivendica il ruolo del pretore accanto a quello
dei giuristi. Con riferimento a questo stesso periodo, accanto ai problemi
maggiormente discussi della interpretazione del diritto privato, Serrao
affronta in coerenza con la sua idea che occorre sempre tener presenti
entrambe le partizioni del diritto – il tema dell'interpretazione nel
diritto pubblico, rispetto alla quale egli rileva il peso delle ideologie
politiche e della dialettica tra optimates
e populares. Nel principato e nel
dominato, naturalmente, il ruolo degli interpreti deve confrontarsi con il
potere dell'imperatore, come mostrano fenomeni come il ius publice respondendi ex auctoritate principis, che si
irrigidirà sino alla formulazione in età postclassica della legge
delle citazioni, o come l'interpretazione autentica delle leggi da parte
dell'imperatore, che si accompagna all'inserimento dei giuristi nella
burocrazia imperiale. Nel diritto pubblico, resta un reale spazio per l'interpretatio solo nel diritto
amministrativo e criminale, mentre l'interpretazione delle regole
costituzionali viene assorbita negli arcana
imperii.
È la seconda voce,
dedicata alla Legge (diritto romano)[30],
a contenere le maggiori novità. Serrao non si accontenta di parlare del procedimento
legislativo, delle classificazioni delle diverse leges nella repubblica o delle tipologie di costituzioni imperiali,
ma si concentra sul significato della lex
publica per lo sviluppo del diritto romano. A tal fine – in un'epoca,
non ancora del tutto tramontata, in cui la 'legge' romana era studiata in modo
aproblematico come una delle fonti del diritto, senza tener conto della sua
storia – egli ricostruisce storicamente lo sviluppo dell'istituto
dall'età arcaica al dominato evidenziandone l'estrema
permeabilità rispetto ai contesti. L'età arcaica è
l'età del ius, ossia dei mores e della loro interpretatio: le leges
regiae erano probabilmente norme discendenti dall'amministrazione della
giustizia da parte del re, oppure ordini del re, ma non implicano un
coinvolgimento del popolo. La lex publica
nasce solo con la repubblica, e
particolarmente grazie all'opera della plebe, che con le leges sacratae afferma il principio
della capacità del popolo di autonormarsi e – a seguito
dell'accordo raggiunto di volta in volta con il senato – di vincolare
l'intera cittadinanza. È grazie a questa carica ideologica che si giunge
alle XII tavole e, con esse, alla formulazione di nuove regole accanto a quelle
del ius tradizionale, nonché
alla pubblicazione di quest'ultimo, sottratto al monopolio pontificale.
Individuata questa matrice ideologica della lex,
Serrao può spiegare meglio vicende come quella dell'equiparazione dei
plebisciti alle leggi, e rilevare come in seguito alla composizione delle lotte
tra le due classi alla metà del IV secolo e alla nascita di un diverso
quadro politico, sociale ed economico, la produzione legislativa
continui a essere fondamentalmente frutto di iniziativa democratica.
L'età creativa della lex publica
è però sostanzialmente finita: nella media e tarda repubblica,
salvo importanti eccezioni, il diritto costituzionale si svolge essenzialmente
lungo le linee della prassi di governo tracciate dalla nobilitas, e il diritto privato di sviluppa mediante l'interpretatio dei giuristi e l'editto
del pretore.
L'aver posto in termini storici il problema della nascita della lex costituisce uno dei contributi
più importanti di Serrao alla nostra disciplina, e una chiave di volta
della sua opera, come dimostreranno anche gli studi successivi. In coincidenza
con la fine del suo lavoro a Pisa, gli studi di diritto pubblico vengono
raccolti in un volume dal titolo
provocatoriamente 'modernizzante' – sche ha talora tratto in inganno
qualche lettore inesperto – Classi
partiti e legge nella repubblica romana (1974)[31].
6.
– Quest'ultimo libro è dedicato a Riccardo Orestano che,
oltre a costituire un punto di riferimento scientifico per Serrao, fu anche il
principale artefice della sua chiamata alla 'Sapienza' di Roma nel 1973.·Nella
nuova sede Serrao sarà anche, dal 1985, Direttore del Corso di
perfezionamento in Diritto romano – dove insegnerà, nel tempo, Diritto penale romano, Processo privato e Diritto pubblico romano
e, dal 1987, Direttore dell'Istituto di diritto tornano e dei diritti
dell'Oriente mediterraneo.
La chiamata a Roma costituisce il ritorno nell'Università
dove si era laureato, ma coincide anche con una fase didattica e scientifica
interamente nuova, soprattutto per il fatto che per la prima volta Serrao si
confronta con l'insegnamento delle Istituzioni
di diritto romano. La novità didattica ha forti ricadute sulla
produzione scientifica, che subisce un rallentamento. Nella seconda metà
degli anni settanta, Serrao pubblica solo alcune rassegne su Studi Romani[32]
e la relazione su Cicerone e la lex
publica negli Atti del II Colloquium
Tullianum tenutosi a Roma nel 1976 [33];
a questo stesso periodo appartiene l'intervento al colloquio su Diritto romano, codificazioni e unità
del sistema giuridico latino-americano (Sassari 1978), dal titolo ·Diritto romano e diritto moderno.
Comparazione diacronica o problema della 'continuità'?[34]
– l'unico lavoro espressamente dedicato da Serrao a un problema metodologico,
benché il problema del metodo, come abbiamo visto, sia sempre presente
nella sua opera e anzi ne costituisca forse il tratto più evidente. Nel
1981 giunge a una prima fase di maturazione il lavoro di équipe sulla
legislazione repubblicana e – come ho ricordato sopra – esce il
primo volume di Legge e società.
Serrao vi pubblica un lungo articolo, quasi una monografia, su Lotte per la terra e per la casa a Roma dal
485 al 441 a.C.[35],
che si concentra sulle rogationes agrarie
a partire da quella di Sp. Cassio, sulla lex
Icilia de Aventino publicando e sulle successive proposte sino a quella del
441 del tribuno Petelio.
La ragione di questa relativa stasi si rivela nel 1984, quando
appare la prima parte di un manuale di diritto privato romano dalla concezione
totalmente nuova, che costituisce una rottura completa con gli schemi tralatizi
di insegnamento delle Istituzioni, fortemente permeati – purtroppo,
ancora oggi – delle architetture pandettistiche. Mi riferisco,
naturalmente, al primo volume di Diritto privato economia e società
nella storia di Roma, la cui composizione occuperà, interrotta da lavori
minori, anche i successivi vent'anni di lavoro di Serrao – attraverso una
costruzione quotidiana dell'opera dalla cattedra, in quello che egli stesso
considerava un «esperimento» condotto con gli studenti – e la
cui edizione definitiva apparirà nel 2006 [36].
Serrao rileva, nell'introduzione, che quando il diritto romano
ha smesso di essere un diritto vigente, con l'entrata in vigore del Bürgerliches Gesetzbuch tedesco,
esso è stato presentato nelle trattazioni generali attraverso un metodo
che cercava di conciliare lo studio storico della materia con l'eredità
sistematica della pandettistica. Il che ha determinato numerosi inconvenienti,
sia perché l'uso delle medesime griglie concettuali per ogni epoca
determina effetti arbitrari e deformanti, sia perché in tal modo si
perde la connessione tra gli istituti e i contesti entro cui sono emersi e si
sono sviluppati, sia infine perché così facendo si rischia di far
scomparire interi settori del diritto privato romano che non hanno trovato una
collocazione adeguata nello schema pandettistico – posto che questo,
avendo ad oggetto il diritto romano come diritto attuale, aveva dedicato spazio
solo alle materie rilevanti nella Germania del XIX secolo. A questa critica non
sfuggono né i manuali nei quali prevale l'impostazione sistematica,
né quelli che si preoccupano di trattare i diversi istituti
sulla base di periodizzazioni di massima, come le opere – certo
più moderne, come concezione – di Max Kaser e Giovanni Pugliese.
È, a ben vedere, l'esigenza avvertita nello studio della legislazione
repubblicana che viene trasferita
nello studio del diritto privato.
Nella ricostruzione di Serrao quest'ultimo deve essere studiato
alla luce di tre grandi formazioni economico-sociali: la prima, dalle origini
al III sec. a.C., caratterizzata dal diritto privato proprio di un'economia
agricola e pastorale; la seconda, dal III sec. a.C. al III sec. d.C.,
espressione di un'epoca di grandi commerci e del modo di produzione
schiavistico; la terza, dal III sec. a.C. a Giustiniano, contraddistinta dal
declino dell'economia e dall'assolutismo politico.
Il primo volume – l'unico pubblicato – ha ad oggetto
la prima formazione. Serrao parte dalla struttura della società
gentilizia, evidenziando il rapporto tra le tecniche di sfruttamento della
terra, le forme giuridiche dell'appartenenza e la configurazione dei gruppi
sociali, sostanzialmente conservatisi nella fase della monarchia latina. Poi
analizza le conseguenze dell'influenza etrusca dal punto di vista economico,
sociale e politico, che rappresentano le premesse per i grandi rivolgimenti che
si realizzeranno nella prima repubblica: soprattutto, sottolinea il ruolo
assunto da quei soggetti che nella Roma etrusca non appaiono legati alle gentes, essendo espressione della
trasformazione economica, sociale e
costituzionale subìta dalla città in questa nuova fase
monarchica.
È la plebe, infatti, la vera protagonista della
trasformazione del diritto romano nella prima formazione economico-sociale. Le
lotte patrizio-plebee si concentrano sul problema dello sfruttamento delle
terre, dei debiti, della partecipazione al governo della repubblica: ma il dato
più rilevante dal punto di vista giuridico è che queste lotte
vengono condotte grazie
all'invenzione della lex publica, costruita – come Serrao aveva
già mostrato – a partire dalla secessione sul Monte Sacro. Questa
chiave di lettura fa sì che l'esposizione del diritto ·
privato dell'epoca sia in larga misura il racconto del dibattito
tra il ius tradizionale e le
innovazioni portate avanti dalla
plebe attraverso lo strumento della lex:
la stessa legge delle XII tavole costituisce un grande e temporaneo compromesso
su questioni rispetto alle quali le parti in lotta erano riuscite a trovare un
accordo – con l'esclusione, pertanto, di temi anche importanti come
quello dell'ager publicus, rispetto
al quale lo scontro resterà aperto ancora a lungo. Ma il differente
approccio induce a rileggere in modo nuovo tutto il diritto privato più
antico – e, anzi, l'attenzione portata alla società gentilizia
permette di comprendere in modo più consapevole la stessa
categoria del 'privato'. In tal modo, le regole della familia vengono valutate all’interno dei poteri del pater, e così anche le forme di
dipendenza; il fenomeno dei filii
venduti dal pater e del nexum vengono spiegati non
sul piano meramente negoziale, ma in relazione alle vicende dell'economia e
della società alto-repubblicana; il problema della terra non viene
studiato semplicemente nell'ambito dei diritti reali, ma nella dialettica tra ager privatus e publicus e rispetto alla situazione economica complessiva; la
materia dei negotia
e delle obligationes
non è una semplice introduzione al sistema classico, ma contribuisce a
disegnare il quadro dei rapporti economico-giuridici della società
arcaica; le forme di successione vengono analizzate in chiave storica,
evidenziando le diverse tappe della formazione e il ruolo di ciascun istituto
nella dialettica patrizio-plebea.
Il manuale di Serrao ha colmato – almeno per la parte
completata – quella lacuna che Fritz Schulz aveva evidenziato
nell'introduzione del suo Classical Roman
law, allorché, nel giustificare la scelta di trattare solo il
diritto privato del principato, notava che «no text-book of Roman private
law has hitherto seriously attempted to give a description of its development.
This book is still to be written»[37].
È dunque un lavoro pionieristico – un 'esperimento', appunto
– che avrebbe potuto «bien (...) inaugurer fort magistralement une
nouvelle génération de manuels de droit privé
romain»[38],
ma che è purtroppo rimasto, nella storiografia romanistica, del tutto isolato. Vi sono oggi manuali che
affiancano alla trattazione del diritto privato anche il diritto pubblico e le
vicende storiche generali, ma – spesso dichiaratamente – solo allo
scopo di sopperire alla mancanza dell'insegnamento della Storia del diritto romano nei curricula di molte Facoltà di
Giurisprudenza italiane. Non vi è stato un altro tentativo di far
emergere il diritto privato dal contesto politico, economico e sociale:
cosicché non vi è alcuna esagerazione nell'affermare che il
manuale di Serrao è, ad oggi, l'unico testo effettivamente attento alla
storicizzazione del diritto privato romano, l'unica trattazione che cerchi di
colmare lo iato tra la maturazione della nostra disciplina così come
è attestata nei lavori monografici e la sua sistemazione didattica
– in altre parole, l'unico manuale di diritto privato romano che possa
davvero definirsi moderno.
7.
– Negli anni successivi, il quadro disegnato nel manuale continua
ad arricchirsi, ma d'altra parte comincia a delinearsi il progetto della
trattazione della seconda formazione economico-sociale.
Nella prima direzione devono annoverarsi la relazione tenuta al
convegno di Copanello del 1984 su Individuo, fa miglia e società
nell'epoca decemvirale[39],
nella quale viene approfondito, con riferimento all'epoca delle XII tavole, il
tema dei rapporti tra individuo e gruppi sociali, e la voce Lex nell'Enciclopedia Virgiliana
(1987)[40],
concentrata, naturalmente sulle evenienze del termine in Virgilio. In Patrono e cliente da 'Romolo alle XII tavole, pubblicato negli Studi in onore di Arnaldo Biscardi
(1987)[41],da
leggere in stretta connessione con la voce Fraus
contenuta nell'Enciclopedia Virgiliana
(1985)[42],
Serrao sviluppa un'idea proposta rapidamente già nel manuale, e
cioè che le fonti relative al rapporto di clientela non debbano essere
lette unitariamente, come in genere viene fatto, ma tenendo conto dei
differenti contesti entro cui si collocano le notizie: ci si accorge,
allora, che nella società
gentilizia la clientela è un rapporto fondamentale per il gruppo,
cosicché l'infrazione della fides
determina la sacratio tanto del
patrono quanto del cliente; e che invece in età decemvirale, diminuita
l'importanza dell'istituto per la sopravvivenza della comunità, la plebe
è intervenuta ad alterare la logica della fides per eliminare la previsione di una sanzione per il cliente,
che diviene cosi libero di abbandonare il patrono.
Nella seconda direzione vanno innanzi tutto alcuni scritti in
materia di diritto commerciale romano. Il primo appare nella Sodalitas per Antonio Guarino, e si
intitola Minima de Diogneto et Hesico.
Gli affari di due schiavi a Pozzuoli negli anni 30 d.C. (1984)[43].
In esso si analizzano alcune tavolette scoperte a Murecine nel 1959, nelle
quali figurano le attività commerciali di due schiavi. Serrao le studia
dal peculiare punto di vista della posizione giuridica dei servi e delle azioni che potevano essere esperite dai terzi nei
confronti del dominus, con
particolare riferimento all'actio de
peculio et de in rem verso, attraverso la quale si realizza una situazione
analoga alla moderna responsabilità limitata dell’impresa. Il
secondo è una relazione presentata al Seminario sulla problematica contrattuale in diritto romano
tenutosi a Milano nel 1987, su L'impresa
in Roma antica. Problemi e riflessioni[44]:
qui egli – sanche avvalendosi delle ricerche pubblicate da Andrea Di
Porto nel volume Impresa collettiva e
schiavo 'manager' in Roma antica (1984) – delinea il quadro delle
azioni che regolavano le attività degli schiavi con i terzi e, in
relazione a queste, individua i tipi fondamentali in cui si strutturava
l'impresa romana, affrontando anche tematiche connesse come quelle del trasferimento
dell'azienda e dell'impresa, della concorrenza sleale e della tutela dei
marchi. Qualche anno dopo, tutti i lavori in materia di diritto commerciale
– i più recenti e i meno recenti – vengono raccolti in un
volume intitolato Impresa e
responsabilità a Roma nell'età commerciale (1989)[45]:
un titolo ancora una volta provocatorio, scelto con l'aristocratico e
dissacrante gusto di épater le
bourgeois – per usare un'espressione che Serrao si divertiva spesso a
impiegare nelle conversazioni. In questo titolo, l'unico termine cui il romanista è aduso è
'responsabilità'; ma sia il riferimento all'impresa, sia la definizione
del periodo compreso tra il III sec. a.C. e il III sec. d.C. come 'età
commerciale' suonano scandalosi. In realtà nell'impostazione di Serrao
– come d'altronde in quella di Di Porto – non c'è alcun
'modernismo', ma al contrario un'estrema attenzione per la storicizzazione dei
fenomeni giuridici: ciò che viene accostato alla modernità
è solo l'impiego economico del capitale commerciale e l'esigenza della
limitazione della responsabilità, mentre la soluzione giuridica dei
Romani è esclusiva della loro epoca, imperniandosi sulla figura dello
schiavo e del suo peculio.
Nella raccolta di studi da ultimo ricordata è inserita
anche la relazione tenuta a Pavia, nel 1985, nell'ambito del convegno su La certezza del diritto nel 'esperienza
giuridica romana, dal titolo Dalle
XII tavole all'editto del pretore[46].
Questo lavoro assume un valore particolare perché costituisce, in un certo
senso, il punto di passaggio dall'interesse per una ricostruzione complessiva
della prima formazione economico-sociale – in larga parte compiuto nella
prima edizione del manuale, pubblicata l'anno precedente – a una nuova
attenzione per la seconda. Accanto alle XII tavole per l'età più
antica, Serrao individua l'editto del pretore come la fonte normativa
fondamentale del diritto privato del periodo compreso tra il III sec. a.C. e il
III sec. d.C., e traccia un bilancio delle innovazioni che ne
costituiscono il frutto, rilevando come gli ambiti maggiormente rinnovati sono
quelli legati all’emersione dell’economia di scambio e del sistema
schiavistico. Nella stessa direzione devono essere collocati la
relazione dal titolo Riflessioni su
scienza e tecnica della
legislazione in Roma antica, tenuta nel 1988 in un convegno interdisciplinare
su Scienza e tecnica della legislazione[47],
dove di nuovo l’editto viene affiancato alla lex,
e un capitolo pubblicato nella Storia di
Roma diretta da Aldo Schiavone e dedicato al principato di Augusto, e
significativamente intitolato Il modello
di costituzione. Forme giuridiche, caratteri politici, aspetti
economico-sociali (1991)[48]. Qui Serrao non si limita a trattare i
problemi di diritto costituzionale legati al principato augusteo ma estende
l'esame «alle forze reali e profonde» che avevano portato al nuovo
regime all'interno dello sviluppo imperialistico di Roma, ossia all'economia,
alla società e alla politica. Pur se riprodotto per indices, ne risulta un quadro ricco di problemi e prospettive, che
passa per l’emersione del ceto equestre, il mutamento sociale indotto da
una schiavitù tanto diffusa quanto stratificata che darà vita al
fenomeno dei liberti, la trasformazione dell'agricoltura e del commercio, il
ruolo centrale, nello sviluppo del diritto, assunto dall'editto del pretore,
affiancato dall'interpretatio dei
giuristi. Proprio questa ricostruzione complessiva permette a Serrao di
concludere che se si parla di 'rivoluzione' augustea con riferimento al
cambiamento politico-costituzionale, come nell'opera famosa di Ronald Syme, non
si comprende che l'avvento del principato non è altro che l'epilogo
della prima fase dell'imperialismo romano: solo l'attenzione congiunta ai dati
del diritto pubblico e del diritto privato – inteso come punto di
emersione delle strutture economico-sociali – può permettere di
cogliere i fenomeni nella loro interezza.
Il contributo più importante di questo
periodo è però probabilmente un capitolo di un opera collettanea
dedicata all'espansione del diritto romano e delle conoscenze geografiche,
all'interno di una collana diretta da Giovanni Pugliese Carratelli – Antica Madre. Il lavoro di Serrao si intitola Il diritto dalle genti al principato (1992)[49],
e si divide in due parti. La prima va Dalla comunità primitiva alla seconda repubblica e riproduce in sintesi ciò
che del manuale era all’epoca pubblicato e ciò che sarà
inserito nell’edizione definitiva del primo volume. La seconda
va Dall’inizio
dell’espansione imperialistica al principato di Augusto, ed è naturalmente
la parte per noi più interessante, costituisce una traccia di come
Serrao pensava – almeno, in quella fase del suo pensiero
– di strutturare il secondo volume. Dopo aver disegnato il quadro storico essenziale
e il contesto economico-sociale, Serrao si concentra sulla costituzione della
seconda repubblica, nata con le leggi Licinie Sestie, e in particolare sulle
sorti della lex publica; poi affronta
il diritto e il processo penale; e infine si indirizza verso il diritto
privato. Al centro del rinnovamento è l'editto del pretore e la nascita
del processo formulare: su questo nuovo strumento si impernia tutta la
trasformazione del diritto sostanziale, che viene esposto sinteticamente
partendo dall'organizzazione dell'impresa e proseguendo con le obbligazioni, i
modi di appartenenza, le successioni, la famiglia. Il saggio si conclude con
alcune riflessioni. Il diritto della seconda formazione economico-sociale
è espressione delle esigenze nate con le trasformazioni dell'economia e
della società, filtrate dal lavoro dei giuristi e realizzate mediante lo
strumento normativo dell'editto. In particolare, il rinnovamento appare
più evidente in quei settori del diritto connessi con l'attività
mercantile, l'economia di scambio, l'impiego delle forze di lavoro
schiavistiche. Ma anche i settori che potrebbero apparire meno legati a questi
mutamenti, come la famiglia e le successioni, subiscono cambiamenti profondi,
come mostrano l'affievolimento dei poteri del pater e I'emergere di soluzioni pretorie in materia successoria. In
tal modo, e specialmente attraverso l’editto del pretore, Roma crea un
diritto che riesce a sorreggere la sua politica imperialistica e ad affrontare
le sfide di un'economia-mondo.
8.
– Gli anni novanta sono caratterizzati, sul piano familiare, da
una serie di eventi dolorosi. Nel giro di pochi anni, Serrao perde la moglie
Maria Grazia, la madre Teresa, i fratelli Giulia e Gregorio. Accanto al
conforto della figlia, la sua consolatio
sono gli studi e l'insegnamento. Benché andato fuori ruolo nel 1992,
egli continua infatti a fare lezione alla Sapienza nel Corso di perfezionamento
in Diritto romano e poi, dopo la pensione nel 1997 accetta l'offerta della
Libera Università Mediterranea di Bari di insegnare Istituzioni e Storia del
diritto romano. Come ha scritto con la consueta arguzia l'indimenticabile
Carlo Venturini, «a dispetto di ogni burocratica disposizione, Feliciano
Serrao non è stato collocato a riposo, per la buona ragione
che mai vi si collocherà: non è nel suo carattere»[50].
Addirittura, quest'ultima occasione di insegnamento – che egli
porterà avanti sino agli ultimi giorni – permette di condurre alle
estreme conseguenze l’‘esperimento’ didattico e scientifico
del manuale, perché la Storia
e le Istituzioni saranno impartite
solo formalmente in modo separato, ma in realtà saranno insegnate
congiuntamente, in una piena compenetrazione tra storia generale, diritto
pubblico e diritto privato.
Nel frattempo, nel 1996 viene nominato doctor et professor iuris prudentiae et rerum politicarum honoris causa
dell'Università Eötvös Loránd di Budapest, su impulso
del collega e amico Gábor Hamza, e nel 1997 Emerito della 'Sapienza' di
Roma. Nel 1999, a fronte del suo reciso rifiuto di una raccolta di studi in
onore, gli allievi gli dedicano un volume di scritti significativamente
intitolato Societas-Ius. Munuscula di
allievi a Feliciano Serrao.
9.
– Sul piano della produzione scientifica, prosegue il lavoro sul
manuale che – come abbiamo detto – dopo una seconda edizione
accresciuta, nel 1999, arriva alla terza edizione definitiva nel 2006.
In questo stesso periodo, invitato a scrivere un contributo su Il diritto e il processo privato postclassici
per la Storia di Roma diretta da Aldo
Schiavone (1993)[51],
egli traccia le linee del diritto della terza formazione economico-sociale
– cosicché questo lavoro costituisce, come la seconda parte del
lavoro su Il diritto dalle genti al
principato, un indizio di come Serrao pensava di costruire il prosieguo del
manuale. Egli parte, naturalmente, dai contesti. La fine dell'espansione
imperialistica e l'assunzione di un atteggiamento difensivo sul piano politico
hanno l'effetto di far entrare in crisi le strutture economico-sociali proprie
dell'età dell'espansione imperialistica e particolarmente il modo di
produzione schiavistico, determinando trasformazioni sociali come l'emergere
dei vincoli che legano i contadini alla terra. L'affermazione del cristianesimo
come religione dell'impero determina modificazioni nel diritto di famiglia,
mentre sul piano culturale il tramonto della grande giurisprudenza classica e
l'assenza di stimoli provenienti dall'economia e la società causano il
fenomeno del cd. volgarismo. Su queste basi si innesta la trattazione degli
istituti giuridici: le maggiori novità si hanno nel diritto
delle persone e della famiglia, nei modi di appartenenza e nel processo, con
l'affermazione della cognitio; mentre
in materia di impresa, obbligazioni e successioni si hanno cambiamenti meno
rilevanti, se non nel senso di una generale semplificazione.
Gli altri contributi di questo periodo possono essere distinti
in due gruppi.
10.
– Il primo gruppo riguarda il tema delle fonti del diritto.
È bene menzionare, innanzi tutto, Ius e lex nella dialettica costituzionale della prima repubblica. Nuove
riflessioni su un vecchio problema, apparso nelle Ricerche dedicate a Filippo Gallo (1997)[52].
Come mostra il sottotitolo, il contributo non si limita a riproporre vecchie
idee, ma rilegge sotto una luce ulteriormente nuova il rapporto tra ius e lex che pure Serrao aveva tracciato in numerosi studi, spingendo
ancora più avanti l'impegno alla storicizzazione. In questo lavoro egli si
concentra sul periodo che va dalle origini alla metà del IV sec. a.C. In
primo luogo, Serrao affronta il problema della legislazione precedente le
secessioni plebee, attribuita dalla tradizione a P. Valerio Publicola. Nei
precedenti studi, e in particolare nella voce Legge dell'Enciclopedia del
diritto pubblicata nel 1973, egli non aveva riservato molto spazio a queste
prime leggi, all'epoca giudicate per lo più leggendarie; ma il
ritrovamento, nel 1977, di un'epigrafe nella quale figura una dedica compiuta
dai sodales di un Poplios Valesios aveva indotto gli
storici più attenti a riconoscere la storicità del console e
delle sue leggi. Queste ultime vengono dunque inserite da Serrao nel disegno
generale della storia della lex:
egli, rilevando come non solo I'adfectatio
regni ma anche la provocatio ad populum fossero istituti
vòlti più a tutelare 'in negativo' i cittadini contro la
monarchia che non a garantire 'in positivo' l'esplicazione della libertà
deliberativa popolare, le considera una rottura con il ius sul piano formale, ma espressione di continuità sul
piano sostanziale.
La vera novità si ha – egli prosegue confermando la
propria consolidata ricostruzione – con le lotte della plebe, che
utilizza la lex per costruire la
propria costituzione, in contrapposizione alla costituzione patrizia fondata
sui mores.
Le XII tavole costituiscono un terzo momento. Qui si realizza la
maggiore frizione tra regole tradizionali del ius e 'nuovo' diritto fondato sulla lex: non solo nel senso che la normazione decemvirale modifica in molti
casi i mores preesistenti, ma anche
nel senso che essa stabilisce norme – potremmo dire – procedimentali, attraverso
le quali si permette che la volontà del testatore, delle
parti di un negozio o del popolo creino ius esattamente come i mores.
Questo risultato è, per lo svolgimento del pensiero di Serrao,
estremamente importante, perché su si esso si impernia l'intera ricostruzione della
storia dell’hereditas che egli
proporrà nella versione definitiva del manuale.
II quarto e il quinto momento sono successivi alle XII tavole, e
riguardano il problema agrario e la partecipazione plebea al
consolato. Rispetto al primo, di fronte all'occupazione more dell'ager publicus da parte dei patrizi si
collocano sia le assegnazioni lege
dei nuovi territori come ager privatus,
sia le limitazioni, sempre realizzate lege,
dell'occupazione dell'ager publicus.
Rispetto al secondo, la costruzione della prima costituzione repubblicana,
realizzata moribus, viene superata lege con l'ammissione dei plebei al
consolato.
In tal modo il rapporto ius-lex,
che la precedente letteratura aveva analizzato quasi sempre solo sul piano
formale e avendo di mira il diritto privato, viene per così dire
'aperto' alla storia, e in tal modo rivela non solo il 'come', ma soprattutto
il 'perché' dell'affermarsi della lex
come fonte del diritto in età repubblicana.
Al medesimo gruppo di ricerche deve riferirsi l'organizzazione
del secondo volume di Legge e
società nella repubblica romana (2000)[53],
e un contributo rivolto a illustrare Le
fonti del diritto nella storia della costituzione romana, apparso nei
volumi per il cinquantesimo della Corte costituzionale (2006)[54].
Quest'ultimo lavoro si divide idealmente in due parti.
La prima parte (§§ 1-4) è tratta dagli appunti
utilizzati per una relazione tenuta a Pisa nel 2001 nell'ambito di un convegno
sulle Immagini contemporanee delle fonti
del diritto tra memorie storiche e scenari futuri. Rispetto alla prima
formazione economico-sociale dominata dalla dialettica tra ius e lex Serrao rinvia a molti suoi scritti in materia e in particolare
all'ultimo su lus e lex. Più
interessante per noi è la trattazione della seconda e della terza
formazione. Tra il III sec. a.C. e il III sec. d.C., nel campo del
diritto pubblico la lex – la
legge comiziale e, durante il principato, senatoconsulti e
costituzioni imperiali – continua a svolgere il ruolo propulsivo, ma
nel diritto privato questa funzione è assolta innanzi
tutto dagli editti dei magistrati, e principalmente dei pretori. La storia del
diritto privato è dunque, in larga misura, la storia degli editti e, per
certi versi, la storia dei magistrati che li hanno elaborati – una
storia, rileva Serrao, che deve essere ancora scritta, perché dagli
studiosi moderni l'editto è studiato come un documento cristallizzato,
mentre esso è uno strumento in continuo divenire. In questo processo, un
ruolo fondamentale è svolto anche dai giuristi: l'editto è l'atto
normativo che permette, sul piano giuridico-formale, la nascita del nuovo
diritto privato, ma i prudentes
svolgono una funzione essenziale di consiglio, proposta, interpretazione che
permette di considerarli una 'fonte mediata' del diritto. Trattando del diritto
della terza formazione, Serrao evidenzia in primo luogo le profonde
trasformazioni delle strutture economiche e sociali, che mettono in crisi il
sistema di economia-mondo sviluppatosi nella seconda formazione. Su questa
situazione di involuzione si innesta la trasformazione del principato in
dominato e la fine della grande giurisprudenza, tutti fattori che determinano
il predominio assoluto delle costituzioni imperiali come fonti del diritto, e
tra il V e VI secolo la nascita del nuovo fenomeno dei codici.
La seconda parte del contributo (§§ 5-8) è
frutto di riflessioni successive alla relazione del 2001, e costituisce una
originale lettura trasversale del problema. Dopo aver descritto le fonti del
diritto, Serrao si preoccupa infatti di individuare in primo luogo le 'idee-forza' che
di queste fonti furono i fattori determinanti, e le ravvisa nella
centralità e sovranità del populus,
che emerge in età repubblicana, ma il cui retaggio si trova ancora nel
dominato con la lex de imperio; nelle
connesse idee di libertas, variamente
declinata dai movimenti aristocratici e popolari, e di autonomia privata; nelle
nozioni di bonafides ed aequitas; nell'esigenza di adeguare il
diritto alla dinamica economica e
sociale. In secondo luogo, egli
discute della dialettica tra le fonti. Vi è una dialettica 'interna': al
ius, elaborato attraverso l'interpretatio; alla lex, nel rapporto tra plebisciti e leggi comiziali; agli editti,
nel rapporto tra magistrati e tra magistrature; ai senatoconsulti, nelle
discussioni assembleari. Vi è una dialettica 'esterna': tra ius e lex; tra ius civile e ius hornorarium; a partire
dall'età tardo-classica, tra il diritto precedente, il ius novum creato dall'intervento
imperiale, e la giurisprudenza. E vi sono le forze che animano la dialettica,
ossia la classe politica dirigente e i giuristi.
L’ultimo contributo di Serrao alla tematica delle fonti
del diritto è rappresentato dalla relazione tenuta in Campidoglio nel
2007 in occasione dei duemilacinquecento anni della secessione plebea, e si
intitola Secessione e
giuramento[55].
è forse particolarmente in questo scritto – rivolto non solo agli
specialisti – che emerge la passione dell’autore per l'inizio delle
lotte plebee e, attraverso queste, per l’ideologia del partito
democratico. «Nella secessione e
nel giuramento del 494-493», egli nota,
«la memoria popolare troverà sempre la spinta ideologica alle
battaglie per la libertà»: non c'è, in queste
parole, solo I’entusiasmo dello storico, ma anche la passione politica
dell'uomo di sinistra, che nelle lotte popolari vede il
cuore della democrazia.
11.
– Il secondo gruppo è composto da ricerche ancora
imperniate sul ruolo degli schiavi, sia nel campo degli illeciti che in quello
imprenditoriale.
Vi sono innanzi tutto due lavori sulle actiones familiae nomine che possono essere letti di
seguito, come una ricerca unitaria: Appunti
sulle actiones familiae nomine
è il testo di una relazione tenuta al convegno dell'Aristec del 1993[56];
Nuovi appunti sulle actiones familiae
nomine è invece un contributo per gli scritti in onore di Mario
Talamanca (2001)[57].
In questi due contributi Serrao affronta l'intero spettro dei rimedi
impiegabili dai terzi nei confronti del dominus
per gli illeciti compiuti da una familia servorum, non limitando la sua analisi
alle actiones propriamente dette, ma
estendendolo anche alla tutela interdittale. Sono lavori molto interessanti
anche sul piano metodologico. Non vi troviamo solo l'attenzione, consueta per
l'autore, ai contesti e alle finalità concrete dei rimedi, attenzione
che lo spinge a rigettare interpretazioni contraddette non solo dalla lettera
dei testi, ma addirittura dalla logica degli istituti così come
disegnata dall'economia schiavistica. Vi rinveniamo soprattutto l'applicazione
di quell'auspicio che Serrao aveva tante volte formulato, di uno studio
dell'editto non chiuso sulla sistemazione giulianea – quando non
addirittura sulla ricostruzione proposta nella terza edizione dell'Edictum perpetuum di Lenel, spesso recepita acriticamente e che invece
Serrao studia in modo verticale, nelle diverse edizioni e nel confronto con le
palingenesi precedenti e la dottrina successiva – ma attento alla
stratificazione storica degli editti.
Anche la relazione Impresa mercato diritto. Riflessioni minime,
tenuta nel 1997 in un convegno organizzato da Elio Lo Cascio su Mercati permanenti e mercati periodici nel mondo romano[58],
è importante per l’attenzione dedicata agli editti. Questa volta
l'oggetto dell'analisi è l'editto degli edili, del quale Serrao cerca di
ricostruire la stratificazione storica, prima della probabile sistemazione di
Giuliano, interrogandosi sui rapporti tra il 'diritto del mercato' edilizio e
gli altri ambiti dell'ordinamento romano – ius civile e ius praetorium
– sia a Roma che nelle province.
L'ultimo scritto di Serrao è dedicato agli Studi in onore di Remo Martini, e si
intitola Uomini d'affari, adstipulatores,
lex Aquilia alla fine del III secolo a.C. (2009)[59].
Partendo da una nuova ipotesi di datazione della lex Aquilia al 211-210 a.C., egli si concentra sul secondo caput della legge per rilevare che esso
doveva riferirsi al comportamento di veri e propri 'agenti', cui il creditore
affidava la gestione del credito. La norma, rileva l'autore, doveva interessare
gli uomini di affari appartenenti al ceto equestre, e si caratterizzava
pertanto come espressione della politica del partito democratico, che proprio
pochi anni prima aveva ritrovato forza nell'azione di C. Flaminio. Il caput avrebbe avuto lo scopo di
proteggere il credito al pari delle res
corporales protette dagli altri due capita,
e – lungi dal non essere stato effettivamente vigente, come qualche volta
si è affermato – avrebbe svolto un ruolo importante sul piano
economico sino alla scomparsa in età giustinianea, quando viene meno anche
la figura dell'adstipulator.
12.
– Alla
fine del maggio 2009, Serrao viene ricoverato al Policlinico 'Umberto I di
Roma, a due passi dalla sua Facoltà. Questa vicinanza in qualche modo lo
tranquillizza, o comunque lo fa sentire a casa. Durante la degenza, tra alti e
bassi, riceve spesso visite di parenti, amici e allievi. In queste visite si
parla di tutto: di politica attuale, di pensiero socialista, di accademia, di
libri, del suo Maestro – che non si stanca mai di ricordare. Soprattutto,
ha piacere di discutere di diritto romano e
..
del progetto del secondo volume del manuale. Non è sicuro
di riuscire a scriverlo, ma intanto, nel letto di ospedale, ne intravvede la
struttura. Ci lascia il 27 giugno 2009 [60].
13.
– Gli studi di Feliciano Serrao spaziano dal diritto privato al
processuale, al criminale, al costituzionale, ma seguono, come si è
visto, un percorso lineare e coerente.
I lavori di diritto privato muovono dal tema della
rappresentanza e si concentrano sul problema delle ripercussioni dei
comportamenti di un soggetto sulla sfera giuridica di un altro, cui il primo
è legato da un rapporto giuridico di dipendenza, di associazione o di accessorietà: gli acquisti
ai domini rispetto ai negozi del
servo comune; il risarcimento del danno a carico degli eredi per i reati
commessi dal defunto; la responsabilità del dominus per i fatti illeciti commessi dai propri schiavi,
individualmente e come familia; gli
effetti, sulla societas, dei negozi
compiuti da uno dei soci; le azioni cd. adiettizie e il loro impiego
imprenditoriale; il ruolo degli adstipulatores
e gli effetti, sul creditore principale, della loro lesione del credito.
I lavori di diritto processuale si concentrano sul ruolo del
pretore e degli edili, nonché sui relativi editti, legandosi
strettamente, attraverso questi, ai lavori di diritto privato, nei quali il
profilo rimediale è sempre preminente.
Dai lavori di diritto processuale prendono le mosse le ricerche
di diritto criminale, che si indirizzano in particolare sul crimen repetundarum, e che sono a loro
volta connesse con alcuni lavori di diritto privato.
Gli studi di diritto criminale pongono il problema dei contesti
politici entro cui si svolgono le dinamiche giuridiche, e ciò apre la
strada a una serie di lavori di diritto pubblico in cui gli istituti, e in
particolare la lex publica, vengono
inseriti in una prospettiva pienamente storicizzata.
L'attenzione alle origini della lex, rintracciate nella lotta plebea, porta Serrao a interessarsi
al rapporto tra la nuova fonte del diritto e il ius più antico. Ed è una felice coincidenza che
ciò accada agli inizi del suo insegnamento delle Istituzioni di diritto romano, perché questo rapporto viene
adottato come una sorta di spina dorsale del primo volume del
manuale. Quest'ultimo costituisce in certo modo la sintesi del progetto
scientifico dell'autore: gli istituti del diritto pubblico e privato vengono
collocati nei contesti politici, economici e sociali di ciascuna epoca,
mostrando come il diritto ne sia dipendente e a sua volta li condizioni, in un
processo osmotico. Le ricerche condotte per il manuale si ripercuotono anche
sui lavori minori: alcuni costituiscono approfondimenti di singoli aspetti
trattati nel primo volume, altri precorrono i successivi, mostrando come il
processo di riflessione dell'autore fosse già in corso. La lex, e soprattutto le XII tavole, che
nella prima formazione economico-sociale ha rinnovato il ius più antico nell'incontro tra le tradizioni gentilizie e
le nuove istanze plebee, nella seconda formazione cede il posto agli edicta come strumento di ulteriore
rigenerazione del diritto privato romano. Ed è dunque non a caso che su
questo solco – ius, lex, edicta si collochi la maggior parte degli
scritti raccolti nei due volumi qui pubblicati.
14.
– Per comprendere lo spirito che ha animato la produzione
scientifica di Serrao non è però sufficiente analizzarne le
opere. Occorre tener conto anche della sua formazione intellettuale marxista, che
lo induceva a valorizzare la dialettica politica e le strutture sociali ed
economiche, e soprattutto della sua personalità: la necessità di
comprendere i processi umani nella loro concretezza, l'attenzione alla
condizione degli strati sociali più deboli, si legavano a una profonda
umanità e a una grande generosità.
Queste erano evidenti a tutti, e in primo luogo agli studenti,
cui era carissimo. Durante la lezione dialogava direttamente con gli allievi,
spesso chiamandoli per nome; al termine, si fermava a discutere con loro fuori
dall'aula oppure nella sua stanza, ben oltre l'orario di ricevimento. Quando
conosceva un ragazzo gli tendeva la mano e non la lasciava, mentre si informava
dei suoi problemi o delle sue aspirazioni: e in questo contatto fisico, cosi
inusuale, l'interlocutore comprendeva che per questo professore la
preoccupazione di insegnare non riguardava genericamente la massa degli
studenti, ma ciascuno singolarmente. L’effetto era che ognuno si sentiva
importante, e dunque si appassionava alla vicenda che ascoltava tracciare dalla
cattedra, sentendosi coinvolto in prima persona. Di qui era breve il passo a
chiedere l'assegnazione della tesi di laurea, che a volte portava all'invito a
collaborare con la cattedra e a continuare gli studi. Ciò non
necessariamente al fine di intraprendere la carriera universitaria: Serrao ha
sempre pensato che lo studio del diritto romano fosse utile
per ogni professione giuridica, e perciò ha raccolto intorno a sé
anche allievi che poi, seguendo le proprie inclinazioni, sono diventati
avvocati, magistrati, notai, dirigenti, portando nella loro professione
ciò che di buono è negli studi romanistici
Un rapporto più complesso si è
costruito, naturalmente, con quelli tra i suoi allievi che
hanno scelto la carriera accademica. Non è semplice descrivere questo
rapporto: quando ci si guarda intorno, si ha la sensazione che sia
stato del tutto eccezionale.
Serrao non voleva essere compiaciuto, amava l'indipendenza di
giudizio. Tutti noi abbiamo iniziato a studiare sulla base di suggestioni
presenti nelle sue opere: basti ricordare, a titolo di esempio, le monografie
di Carlo Venturini sul crimen
repetundarum, di Lorenzo Fascione sulla fraus
legi, di Andrea Di Porto sull'impresa collettiva, di Aldo Petrucci sulle mensae argentariae, la mia sulla sacratio – ma l'elenco sarebbe
lungo. Serrao voleva però che avessimo idee nostre, per quel suo
principio metodologico – forse ovvio, ma a ben vedere non da tutti
praticato – per cui si scrive solo se si ha qualcosa da dire. E se nel
corso delle nostre ricerche alcune conclusioni divergevano dalle sue o
addirittura le ponevano in discussione, non esercitava alcuna autorità,
ma si metteva con pazienza ad analizzare le fonti insieme a noi, per
individuare la soluzione più corretta. Ci dedicava giornate intere:
leggendo i nostri manoscritti, discutendo di ipotesi, suggerendoci soluzioni,
chiarendo dubbi, o semplicemente parlando per il piacere di stare insieme
Se fosse stato più egoista, avrebbe avuto più
tempo per i propri lavori; ma nonostante avesse idee progetti
continuamente nuovi, preferiva aiutarci a sviluppare i nostri. E
quando arrivavano dei risultati, godeva autenticamente dei successi dei propri
allievi.
Potrei sbagliare, ma io credo che tutto ciò fosse un
riflesso del rapporto con Arangio-Ruiz, per il quale Serrao aveva
un’autentica venerazione. Come il suo Maestro con lui, Serrao ha fatto doni ai propri allievi del
regalo più grande che uno studioso, soprattutto agli inizi, possa ricevere:
una guida di cui fidarsi in modo assoluto, come di un padre, senza esserne mai
delusi.
* Desidero ringraziare Teresa Serrao, per le preziose indicazioni biografiche, nonché Andrea Di Porto, Lorenzo Fascione е Aldo Petrucci, per aver letto е condiviso il testo.
[1] Pubblicazioni, n. 60.
[2] Cfr. un suo ricordo in AA.VV., Giornata di studio in memoria di Gregorio Serrao, studioso di poesia
alessandrina, Cagliari 2003, con l’intervento conclusivo di Feliciano
Serrao, qui non riprodotto: Pubblicazioni,
n. 74.
[4] È lo stesso Serrao a scriverlo, nel ricordo di
Emilio Albertario pronunciato all’Università Lateranense (Pubblicazioni, n. 73, qui riprodotto
alle pp. 639 ss.).
[6] Tra il 1949 e il 1952 Serrao pubblica anche alcune note a
sentenza in materia civilistica, qui non riprodotte: Pubblicazioni nn. 2-4 .
[7] Pubblicazioni n. 5, qui riprodotto alle pp. 3 ss. In
questo stesso anno Serrao cura insieme ad Alberto Berruti, la pubblicazione
litografata delle lezioni di Arangio-Ruiz sul processo privato dell’anno
accademico 1950-1951: V. Arangio-Ruiz,
Corso di diritto romano. Il processo
privato (a cura degli assistenti F. Serrao e A Berruti) Roma 1952.
[12] Pubblicazioni nn. 8, 9, 14, 16, 17, 25, 26, 28, 29, 30, 32, 35, 40,
43, 45, 46, qui prodotte alle pp. 699 ss.
[19] Pubblicazioni n. 20, qui riprodotto alle pp. 99 ss. con
l’aggiunta di correzioni manoscritte dell’autore alle pp. 99, 100,
102, 103, 105. Del convegno, Serrao scrive anche una cronaca (Pubblicazioni n. 18), qui riprodotta
alle pp. 675 ss.
[20] Pubblicazioni n. 9 (relativo al II volume), qui riprodotto alle pp.
705 ss.; n. 17 (relativo al III volume), qui riprodotto alle pp. 735 ss.; n. 30
(relativo al IV volume), qui riprodotto alle pp. 765 ss.; n. 32 (relativo al V
volume), qui riprodotto alle pp. 769 ss.; n. 42 (relativo al VI volume e alla
seconda edizione del I e del III), qui riprodotto alle pp.·787 ss.; n.
44 (relativo alla seconda edizione del II e della prima parte del IV volume),
qui riprodotto alle pp. 791 ss.
[27] Il progetto è
sinteticamente rappresentato in Lotta di
classe e ‘legislazione’ popolare nel V e IV secolo a.C. (Pubblicazioni,
n. 48).
[46] Pubblicazioni, n. 56. È
stata pubblicata anche la replica agli interventi dei partecipanti al convegno,
con il titolo Alcune norme decemvirali.
Il ‘codice aperto’ di un ‘economia mondo. Le tendenze
sistematrici tra Silla e Cesare (Pubblicazioni, n. 57).
[49] Pubblicazioni, n. 62, qui riprodotto alle
pp. 253 ss. con l’aggiunta di correzioni manoscritte dell’autore a
p. 290.
[50] C. Venturini,
Premessa a Societas-ius. Munuscula di
allievi a Feliciano Serrao, Napoli 1999, XI.
[60] Ricordi di Feliciano Serrao sono stati pubblicati in
alcune delle principali riviste romanistiche: cfr. C. Venturini, Feliciano
Serrao (1922-2009), in «Seminarios Complutenses» 22 (2009)
839-841, tradotto in spagnolo in «Nova Tellus» 28/2 (2010) 317-320; G. Hamza,
In mernoriam Feliciano Serrao
(1922-2009), in «Annales Universitatis Scientiarum Budapestinensis de R.
Eötvöos nominatae - Sectio iuridica» 50 (2009) 437-440; R. Fiori, Feliciano Serrao (24.4.1922-27.6.2009), in «ZRG RA» 127
(2010) 667-673; Di Porto, Feliciano Serrao, cit., 7-12. Cfr. anche
il ricordo, letto da J.-F. Gerkens, nella sessantatreesima conferenza della Société Internationale Fernand
de Visscher pour l’Histoire des Droits de l’Antiquité
tenutasi nel settembre 2009 e pubblicato in «RIDA» 56 (2009)
224-226, nonché la voce Serrao,
Feliciano scritta da C. Venturini per I. Brocchi - E. Cortese - A. Mattone - M. N.
Miletti (a cura di), Dizionario
biografico dei giuristi italiani (XII-XX secolo), II, Bologna 2013,
1855-1856.