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Nota di lettura (XXIII-LIV) al volume: FELICIANO SERRAO, Ius Lex Edicta. Altri studi di diritto romano, con una nota di lettura di ROBERTO FIORI, [Antiqua, 105] Napoli, Jovene Editore, 2015, 2 voll., LX-432 – IX-433-832 pp. – ISBN  978-88-243-2369-7

INDICE

 

 

 

FioriRoberto Fiori

Università di Roma “Tor Vergata”

 

Nota di lettura *

 

 

1. – Nell’introduzione а una raccolta di propri scritti[1], Feliciano Serrao giustificava la scelta di non riprodurli cronologicamente, ma secondo un ordine «quasi sistematico», con l’esigenza di far emergere con maggiore evidenza la ricchezza dei problemi trattati. L’ordine cronologico, egli scriveva, «avrebbe avuto un senso ove questo volume fosse stato diretto а mostrare al lettore le vie, i raccordi, le implicazioni е, se si vuole, le suggestioni  mediante le quali l’autore е passato da un saggio all’altro». «Ма non ritengo», aggiungeva, «tanto importante per gli altri seguire cronologicamente le linee di sviluppo delle mie ricerche е del mio pensiero, pur se di ogni autore, anche minimo, com’è nel caso, е sempre necessario, аnсhе а fini critici, ricostruire е comprendere l’iter е la trama della  sua produzione  intellettuale»: il fatto è, concludeva,  che «nоn credo di essere autore del cui pensiero valga la реnа di ricostruire lo svolgimento».

È questo unо dei pochi casi in cui sono in totale disaccordo соn il mio Maestro. А mio parere – e nоn credo mi faccia velo l’affetto dell’allievo – Feliciano Sеrrао è stato, negli studi romanistici, uno degli autori più originali del ХХ secolo. Lo è  stato, vorrei dire, quasi di necessità per almeno due ragioni. La prima è che egli si faceva scrupolo di scrivere solo quando avesse novità rilevanti da comunicare: nella sua produzione mancano del tutto lavori meramente descrittivi, е persino quegli scritti che per genere letterario dovrebbero indirizzare verso la semplice sistemazione, come le voci di enciclopedia о il manuale didattico, divengono occasione di ricerca  е di discussione originali. La seconda ragione è che egli ha assunto а dato caratterizzante della propria produzione un completo spostamento di prospettive: nеi suoi lavori, sia di diritto pubblico che di diritto privato, gli istituti giuridici sоnо sempre inseriti nel loro contesto storico, politico, economico, sociale, culturale. Е se nello studio del diritto pubblico nоn si è trovato solo in questo percorso, essendo un simile metodo più consueto – anche in considerazione della pubblicazione, a partire dagli anni cinquanta, della Storia della costituzione romana di Francesco De Martino – , nello studio del diritto privato il suo approccio è stato addirittura temerario e, almeno sinora, quasi del tutto isolato.

Seguire lo svolgimento del pensiero di Feliciano Serrao è dunque estremamente importante per comprendere le linee di sviluppo della romanistica del Novecento, ed essenziale per la lettura dei volumi che qui si pubblicano. Questa collezione raccoglie infatti gli scritti che non sono stati già riuniti in precedenti raccolte o in opere curate dall'autore: si tratta dunque di articoli, note, rassegne, maggiormente – ma, come si vedrà, non del tutto – estravaganti rispetto ad altre ricerche dell'autore, caratterizzate da una più evidente coesione tematica, oppure di lavori successivi a tali raccolte e opere. Pertanto, affinché i singoli contributi non appaiano disiecta membra ma invece risultino per quello che sono, e cioè le tappe di un percorso intellettuale ben definito e in sé singolarmente coerente, è necessario – seguendo l'insegnamento metodologico del Maestro – inserirli il più possibile nel loro contesto, seppure nei limiti dello spazio offerto da una Nota di lettura.

 

2. Feliciano Serrao nasce il 24 aprile 1922 a Filadelfia, in Calabria.

Il padre Severino era un magistrato che aveva rifiutato di prestare giuramento al fascismo e si era ritirato a occuparsi della coltivazione delle terre di famiglia. Di tanto in tanto subiva i controlli del regime, durante i quali si faceva trovare, avvisato dal maresciallo del paese, con una vecchia pistola e un libro di mistica fascista. Avendo tempo a disposizione, si era occupato direttamente degli studi dei tre figli: Feliciano, Giulia – che diventerà professoressa di Latino e Greco al Liceo Giulio Cesare di Roma – e Gregorio – che sarà invece ordinario di letteratura greca prima a Cagliari e poi a Roma ‘Tor Vergata’[2]. Come è reso evidente dalle strade intraprese, i tre fratelli ricevono un'educazione fortemente impregnata di cultura classica, ma anche di valori sociali e politici. È questo un periodo essenziale nella formazione di Feliciano Serrao, perché le idee socialiste trasmessegli dal padre lo accompagneranno per tutta la vita, indirizzando anche le sue successive scelte scientifiche.

Gli studi universitari sono condotti a Roma; dove si laurea nel 1945 con Emilio Albertario. Sotto la guida di quest'ultimo, di cui diviene assistente subito dopo la laurea, rielabora la tesi, che pubblica nel 1947, dedicata al padre, con il titolo Il procurator[3]. È un lavoro ancora impostato su una metodologia interpolazionistica, che sarà presto abbandonata.

Tra la fine del 1948 e l'inizio del 1949, nel giro di due mesi, Serrao perde il padre e il primo Maestro. È a  questo punto che ha inizio un rapporto fondamentale per il giovane studioso. Sulla cattedra di Albertario viene chiamato Vincenzo Arangio-Ruiz, che di Serrao diviene «Мaestro e quasi padre»[4], e che lo incoraggia verso un approccio molto più legato alla storia e alla filologia, seguendone i lavori con enorme disponibilità, al punto di anteporne la lettura, nell'imminenza della pubblicazione, a importanti impegni familiari. L’affetto del Maestro viene ricambiato dall'allievo con una devozione assoluta, che dura decenni dopo la sua morte: quando Serrao avrà a sua volta degli allievi, non passerà·giorno in cui non lo nomini, raccontando aneddoti e insegnamenti, elogiandone la dirittura morale, la ferma coscienza politica, la grandezza scientifica, e il senso dell'umorismo.

Oltre che a un diverso modo di studiare il diritto romano, Arangio-Ruiz introduce Serrao anche alla didattica, affidandogli l'incarico – a·partire dal 1950 sino al 1954 – di sostituirlo nelle lezioni nell'Università·di Roma per i quattro mesi l'anno in cui egli era impegnato nei corsi che teneva in Egitto, al Cairo e ad Alessandria. L’inizio dell'insegnamento è un avvenimento centrale nella crescita, anche scientifica, di Serrao. Le lezioni sono per lui altrettanto importanti della ricerca, e con questa strettamente connesse. È sua ferma convinzione che la materia debba essere presentata sempre in forma ragionata e problematica, partendo dalle fonti e mostrando agli studenti quale sia il percorso interpretativo dello studioso. In questo modo le idee vengono elaborate allo stesso modo che in un lavoro scientifico, e verificate con se stessi e con quegli interlocutori al tempo stesso inesperti ed estremamente critici che sono gli studenti.

Dal 1952 Serrao inizia a tenere corsi propri, avendo ricevuto l'incarico di Storia del diritto romano nell'Università di Macerata, dove resterà sino al 1964: nel 1954 ottiene la libera docenza, nel 1956 vince il concorso da straordinari e nel 1960 diviene ordinario. A Macerata tiene anche per supplenza, dal 1957 al 1961, il corso di Diritto del lavoro – un’esperienze che, com’è stato notato[5], si pone in certo modo in connessione con il parallelo impegno politico nella guida del gruppo consiliare socialista presso il comune di Macerata e con l’attenzione, nella ricostruzione storica, per il dato politico – e dal 1961, quello di Diritto romano. Contemporaneamente la Facoltà di Giurisprudenza di Roma gli attribuisce l’incarico di Storia del diritto romano per l’a.a. 1959-1960 in sostituzione di Giuseppe Branca, nominato Giudice della Corte Costituzionale. Nell’istituto di Roma, a partire dal 1959, lavora anche come segretario della redazione del Bullettino dell’Istituto di Diritto romano ‘Vittorio Scialoja’, di cui sono direttori Arangio-Ruiz e de Francisci.

 

3. Proprio in concomitanza con l'inizio dell’insegnamento maceratese, Serrao pubblica negli Studi in onore di Vincenzo Arangio-Ruiz (1953) un contributo che mostra chiaramente l'influenza del Maestro, rappresentando, rispetto al lavoro sul procurator, una fase interamente nuova[6]: Sulla 'mutui datio' da parte del servo comune (Contributo alla dottrina romana del mutuo)[7]. È un complesso articolo che affronta il problema del regime degli acquisti del servo comune ai domini, rispetto al quale le fonti mostrano esiti apparentemente opposti. Alcuni passi di Giuliano, Gaio e Paolo attestano una distribuzione degli acquisti proporzionale all'entità della quota proprietaria anche nel caso in cui l'acquisto sia stato compiuto grazie al patrimonio di uno solo dei padroni, salva la possibilità, per quest'ultimo, di promuovere un iudicium communi dividundo per rifarsi della perdita patrimoniale. Un altro passo di Giuliano attribuisce invece gli acquisti al solo dominus dal cui patrimonio sono state tratte le risorse per concludere il negozio. Sino a quel momento, la dottrina aveva affrontato il contrasto tra i testi in modo astratto e dogmatico, non distinguendo le peculiarità di ciascun caso, ma Serrao dimostra che le differenti soluzioni discendono dalla diversa natura dei negozi realizzati dallo schiavo comune. La regola della distribuzione tra tutti i domini si applica infatti a fattispecie di stipulatio ed emptio venditio, mentre quella della attribuzione al solo dominus onerato attiene a una ipotesi di mutuum: e Serrao, ricostruendo quest'ultimo contratto come totalmente imperniato sulla traditio della res, essendo l'accordo sottostante «nascosto dall'elemento reale», ipotizza che all'origine della soluzione giulianea sia proprio la corrispondenza tra datio e dovere di· restituzione.

È questo un contributo per noi interessante non solo perché costituisce il primo approccio di Serrao al problema dell'attività negoziale degli schiavi, sul quale egli continuerà a lavorare tutta la vita, e non solo perché testimonia in modo evidente l'abbandono dell'impostazione interpolazionistica del primo lavoro, ma anche perché già iniziano a emergere alcune caratteristiche metodologiche di rilievo. La prima caratteristica appare in modo palese, ed è l'attenzione al dato concreto: un'attenzione che non è una fuga dalla dogmatica, ma dalle semplificazioni della dogmatica allorché questa sorvola su differenze rilevanti per riportare  forzatamente le fattispecie a categorie più generali. La seconda caratteristica è  la riconduzione, alla storia delle interpretazioni dei testi romani, anche delle fonti medievali, e in particolare della Glossa. Questo tratto del metodo di Serrao è meno evidente nelle sue pubblicazioni, perché egli aveva l'abitudine di citare fonti e letteratura solo quando strettamente necessario, cosicché nei suoi scritti appare solo una parte – quella finale – del lavoro di ricerca. Ma chi scrive ricorda, tra i primi insegnamenti ricevuti, l'esortazione a tenere sempre conto, nell'esegesi, della dottrina intermedia: sia perché questa, anche se non era interessata alla storia degli istituti, aveva raggiunto un livello ineguagliato di conoscenza delle fonti; sia perché la scienza moderna è tuttora condizionata da interpretazioni tralatizie suggestionate dalla tendenza medievale – giustificata nella prospettiva di un uso 'attuale' del diritto romano, ma oggi non riproponibile in sede di interpretazione storica – all'armonizzazione delle incongruità testuali.

II passaggio a una nuova fase appare ancor più evidente nella seconda monografia di Serrao, che uscirà nel 1954 e che ha ad oggetto uno dei temi centrali per lo sviluppo del diritto privato romano, La iurisdictio del pretore peregrino[8].

Il lavoro parte dalla constatazione di quella che era, all’epoca, la communis opinio in materia di divisione della giurisdizione tra il praetor urbanus e il praetor peregrinus: il primo avrebbe sempre avuto giurisdizione solo rispetto alle controversie tra cives, il secondo solo rispetto a quelle tra peregrini o tra cives e peregrini. Nel riesaminare la questione, Serrao affronta il problema nel suo sviluppo storico, e distingue tre grandi periodi: dalla creazione del pretore peregrino alla lex Aebutia; da questa alla lex Iulia iudiciorum privatorum; dalla lex Iulia alla constitutio Antoniniana. Rispetto al primo periodo, egli sostiene una completa distinzione di funzioni tra pretore urbano e peregrino derivante dal differente modus agendi che avrebbe riguardato i cives e i peregrini: i primi avrebbero litigato solo per legis actiones, i secondi solo per formulas. Con la lex Aebutia, sarebbe stato possibile instaurare processi per formulas anche tra cives, e il quadro sarebbe profondamente mutato: venuta meno la stretta corrispondenza tra modus agendi e iurisdictio, la medesima autorità avrebbe potuto ius dicere a prescindere dalla cittadinanza delle parti – come mostrano la lex agraria epigrafica del 111 a.C. e la lex Rubria de Gallia Cisalpina del 49 a.C. – e il pretore peregrino poteva dar vita a strumenti processuali impiegati anche, se non soprattutto, tra cives – come attestato dall'editto di Lucullo del 76 a.C. e forse dal iudicium de dolo di Aquilio Gallo e dall'actio Publiciana. La terza fase è caratterizzata dal cambiamento del titolo del pretore peregrino da qui inter peregrinos ius dicit a qui inter cives et peregrirnus ius dicit – che Serrao ipotizza determinato dalla lex Iulia ma a sostanziale ratifica del mutamento indotto dalla lex Aebutia – e dalla graduale attribuzione al pretore peregrino di funzioni prima esclusive del pretore urbano, fino al punto di permettere di esperire le forme sopravvissute di legis actio sacramenti addirittura dinanzi a quest'ultimo.

È questa un'opera davvero esemplare per acume, equilibrio, efficacia argomentativa, finezza esegetica: con la scrittura volutamente semplice  ed efficacissima che caratterizza l'intera sua produzione, Serrao dispiega in appena duecento pagine una serie impressionante di osservazioni e argomenti basati su fonti giurisprudenziali, letterarie ed epigrafiche, tutte analizzate con la medesima competenza e acribia. Non una parola è di troppo, e ciò che appare al lettore è l'agile risultato di ricerche enormi: la letteratura secondaria è studiata per intero, ma citata solo quando strettamente pertinente; le fonti antiche sono lette in modo esteso e completo – come egli sempre raccomandava di fare – e tuttavia sono citate e discusse solo se rilevanti. Basti un esempio: dovendo compiere una ricerca terminologica su Livio, e poiché all'epoca non era ancora uscita la Concordance di David W. Packard (1968), Serrao aveva letto per intero le Storie nell'edizione oxoniense, ma i risultati sono riassunti, nel libro, in nove righe.

Dopo quest'opera, della sostanziale fungibilità tra le due iurisdictiones non si è più dubitato: anzi, se ricerche più recenti hanno nuovamente posto in forse il ruolo della lex Aebutia nella diffusione del processo formulare tra cives – nel senso che questi potessero utilizzarlo già prima della legge – ciò addirittura conferisce maggiore forza e ampiezza all'ipotesi di Serrao, anticipando la sua intuizione alle origini della pretura peregrina.

 

4. Dallo studio sul pretore peregrino, e in particolare dalla previsione della lex Calpurnia che affida a questo magistrato la quaestio repetundarum, traggono origine due lavori in materia di iudicia repetundarum, apparsi nello stesso anno della monografia.

Il primo studio compare negli scritti offerti a un altro grande Maestro romano, Pietro de Francisci – cui Serrao dedicherà, di lì a qualche anno, anche un ammirato ritratto[9]9 –, ed è intitolato Appunti sui patroni e sulla  legittimazione  attiva  all'accusa  nei processi  repetundarum[10]. Il tema, mai studiato prima in modo specifico, riguarda le diverse forme entro cui si è storicamente esplicata l'assistenza prestata da patroni romani ai provinciali che avessero chiesto la protezione del senato romano contro le spoliazioni compiute dai magistrati. Serrao rilegge l'evoluzione del ruolo giuridico dei patroni all'interno degli sviluppi storici complessivi della realtà romana dal II sec. a.C. all'età augustea. Dapprima il sistema favorisce il controllo senatoriale sulle rivendicazioni dei provinciali, essendo i patroni, di rango senatorio, necessari per l’accusa. Poi la politica dei Gracchi attribuisce la legittimazione attiva ai provinciali e rende l'assistenza dei patroni solo facoltativa. Tra il II e il I sec. a.C., la classe senatoria prende nuovamente il sopravvento e i patroni da assistenti divengono veri e propri accusatori. Infine la legislazione augustea ripristina la legittimazione attiva dei provinciali eliminando .quella dei cittadini romani, con il duplice scopo di gratificare i primi e impedire che i processi divenissero motivo di contrasti politici interni: i processi vengono in tal modo 'spoliticizzati' e i patroni assumono un ruolo intermedio tra quello antico di assistenti giudiziari e quello più recente di accusatori. È questo un lavoro estremamente importante nella storia intellettuale di Serrao, perché testimonia per la prima volta la sua costante attenzione verso le iniziative del partito democratico e le loro ricadute sul diritto. Ernest Badian, in un famoso articolo apparso su Historia del 1962, lo ha giudicato, «in subtlety of argument and brilliance of exposition, (...) one of the finest pieces of constructive historical scholarship that has appeared on this period in recent years»[11].

Il secondo studio costituisce una rassegna bibliografica ancora in materia di iudicia repetundarum che Serrao pubblica sulla rivista Studi Romani, dal 1953 organo dell’Istituto Nazionale di Studi Romani. È un lavoro che merita di essere segnalato pere é costituisce il primo di una serie di Rassegne che durerà sino al 1977, e che rappresenta non solo uno strumento utilissimo di ricerca, ma anche l'occasione per valutazioni critiche mai banali, collocandosi in una posizione intermedia tra la semplice segnalazione e la vera e propria recensione[12].

Dall'interesse per le repetundae nasce anche la terza monografia, Il frammento Leidense di Paolo (1956)[13], nella quale viene fornita una prima lettura giuridica del frammento delle Pauli sententiae pubblicato da M. David e H. L. W. Nelson sulla Tijdschrift voor Rechtsgeschiedenis del 1955[14]. Si tratta di un lavoro fortemente esegetico, che mira a inserire le regole contenute nel testo – che in linea di massima si ritengono compatibili con il diritto del III sec. d.C. – nella storia più ampia degli istituti interessati. Sul piano strettamente storico-giuridico, il risultato forse più importante della ricerca riguarda i rapporti tra persecuzione pubblica e iniziativa processuale privata nel III sec. d.C., allorché la pena pubblica e la restituzione o il risarcimento vengono perseguiti mediante procedure diverse, sempre che l'esigenza pratica del risarcimento non sia soddisfatta dal magistrato investito della cognitio. Quest'ultimo aspetto viene sviluppato in un lungo articolo Sul danno da reato in diritto romano, pubblicato sull'Archivio giuridico del 1956[15]. Trattando del problema della riparazione del danno quando il reato è estinto per la morte del reo, Serrao evidenzia innanzi tutto il sorgere di un’actio ex lege repetundarum contro gli eredi per la riparazione del danno, allorché i giudizi pubblici assumono una funzione solo repressiva: il problema del risarcimento del danno viene così risolto perché agli eredi si trasmette non la pena, ma l’obbligazione nascente dal reato. Poi egli estende l'analisi a fattispecie di peculato e frode fiscale, nelle quali la natura pubblica del soggetto passivo del reato permette di mantenere la forma del processo criminale anche se lo scopo è la reintegrazione del patrimonio pubblico: qui l'accusa poteva essere portata anche nei confronti degli eredi non in quanto tali, ma in quanto detentori del denaro che si doveva recuperare o dei beni da confiscare. Infine, affronta il problema con riferimento alla generalità dei reati, concludendo che la trasformazione di molti delitti privati in crimina ha come conseguenza – attraverso interventi imperiali ed elaborazioni giurisprudenziali – l'affermazione del principio secondo cui l'inizio dell'accusa nei procedimenti pubblici ha lo stesso effetto conservativo della litis contestatio nelle azioni penali private, cosicché la pena diviene trasmissibile agli eredi.

In queste ricerche, che in parte confluiranno in forma sintetica nella voce Repetundae del Novissimo Digesto  (1968)[16], inizia a delinearsi in forma più evidente quello che come abbiamo detto diverrà il dato caratterizzante del metodo di Serrao, e cioè l'inserimento dei dati giuridici nei contesti storici generali, e in particolare nella dialettica politica tra le classi della Roma repubblicana e nelle strutture di potere caratteristiche del principato.

Tutto ciò emerge in piena luce nel discorso inaugurale dell'anno accademico 1958-1959 dell'Università di Macerata, pubblicato in una prima veste nell'Annuario della stessa (1960) e poi in forma definitiva, con il titolo I partiti politici nella repubblica romana, nelle Ricerche storiche ed economiche in memoria di C. Barbagallo (1970). Si tratta di un lavoro densissimo di idee – non ci sono note, solo una bibliografia finale – e di grande interesse, perché racchiude in nuce molti futuri sviluppi della sua ricerca. Innanzi tutto Serrao rileva la necessità di tener conto dei contrasti tra classi nella storia repubblicana, pur rigettando un approccio che applichi semplicisticamente le categorie moderne sul passato – al punto da affermare che, nella storia romana, «il problema dell'esistenza o meno di partiti di tipo moderno non debba nemmeno essere impostato, perché antistorico». Poi, tracciato un quadro delle diverse classi sociali e dei movimenti politici ad esse collegati, egli nota come talora l'appartenenza di classe non coincida con le idee politiche, perché la costituzione repubblicana ha comunque un carattere oligarchico, e anche i leaders popolari provengono dalla classe dirigente. Infine individua nella legge lo strumento principe della battaglia politica dei popolari, e indica, per la prima volta, l'esigenza di una ricerca che evidenzi, per ciascun provvedimento legislativo, l'ideologia politica, le necessità economico-sociali, la posizione politico-sociale del proponente, il dibattito prima della votazione e le reazioni all'applicazione: un lavoro che illuminerebbe non solo la storia della legislazione, ma anche, risalendo indietro nel tempo, il discusso problema dei rapporti tra lex e ius. Di questa analisi egli tenta qui di tracciare un primo disegno sintetico, e rileva come le leggi maggiormente innovative siano tutte riconducibili al movimento democratico, mentre quelle di ispirazione aristocratica sia tutte, in qualche modo, leggi 'di reazione' a iniziative democratiche, il che spiega anche – assai· meglio delle ragioni di maggiore praticità del procedimento, come spesso si ripete – la prevalenza numerica dei plebisciti rispetto alle leggi comiziali. Ancora una volta, in poche pagine viene concentrata un'impressionante serie di dati e, soprattutto, di idee nuove.

 

5. Nell'ultimo periodo trascorso a Macerata, Serrao torna a occuparsi di temi affrontati nella produzione precedente. In Vacanza dell'edilità e competenza dei pretori nel I secolo a.C., comparso sul Bullettino del 1959[17], rileva come nei casi in cui, in assenza degli edili curuli, la loro giurisdizione passava ai pretori, la competenza di questi ultimi veniva ripartita non sulla base della nazionalità delle parti, ma per valore – con ciò confermando la sostanziale fungibilità tra le due iurisdictiones per i processi formulari in epoca post-ebuzia. In Note minime sulla 'lex agraria' epigrafica (1961)[18], invece, discute nuovamente dell'interpretazione di alcune linee della lex agraria in risposta alle osservazioni di Alvaro d'Ors. In questo periodo l'unica variante, rispetto ai temi già studiati, è la relazione tenuta al III Congresso internazionale di epigrafia greca e latina del 1957 (pubblicata nel 1959 nei relativi atti) su Il giurista Salvio Giuliano nell'iscrizione di 'Thuburbo Maius'[19], dove Serrao utilizza l'iscrizione – databile tra la fine del 168 e l'inizio del 169 d.C. – per sottoporre a revisione critica le ipotesi di datazione della vita e dell'opera di Salvio Giuliano, che nell'epigrafe è indicato come proconsole d'Africa.

Nel 1963 un nuovo cambiamento. Viene chiamato a Pisa sulla cattedra di Diritto romano – ma insegnerà, per incarico, anche Storia del diritto romano. La Facoltà gli affiderà dal 1966 la direzione del Seminario giuridico e dal 1967 la direzione dell'Istituto di diritto romano e storia del diritto. È in questo periodo che egli raccoglie intorno a  sé il gruppo più numeroso dei suoi allievi, ma sono anni importantissimi anche sul piano personale – il matrimonio con la signora Maria Grazia e la nascita della figlia Teresa.

Soprattutto, sono anni di profonda riflessione didattica e scientifica. L'attenzione ai contesti, che è sempre stato un connotato della sua produzione,  coniugandosi con la sensibilità  politica dell'uomo di sinistra, lo spinge a studiare le motivazioni politiche ed economico-sociali degli istituti giuridici,  sia nel diritto  pubblico che nel diritto privato. Come dicevo all'inizio, in questo cammino egli viene senz'altro aiutato dalla pubblicazione, nel corso degli anni Cinquanta, dei primi volumi della Storia della costituzione romana di Francesco De Martino, un'opera che rilegge il diritto pubblico romano in modo totalmente nuovo rispetto allo Staatsrecht di Mommsen, mostrandone la genesi e la ratio anche alla luce delle  idee politiche, dell'economia e della società. A De Martino, Serrao si sente ed è profondamente vicino, sia per formazione intellettuale che politica: la sua ammirazione si manifesta in molteplici occasioni, dalle rassegne dell'opera di diritto  costituzionale pubblicate in diversi numeri di Studi Romani[20] – snelle quali addirittura giunge a difendere l'opera dalle critiche di alcuni autori[21] – alla recensione della Storia economica apparsa nel 1980 – non, si badi, su una rivista scientifica, ma sulle pagine culturali dell'Avanti![22] – sino allo scritto dedicatogli in occasione delle Giornate in onore di Francesco De Martino nel 1997 e intitolato L'unità del pensiero storico[23]. Tuttavia egli interpreta il comune approccio in modo originale. Non solo, infatti, non costretto dall'impianto di una trattazione complessiva che analizzi l'intera costituzione romana,  Serrao può concentrarsi sulle tematiche del diritto pubblico repubblicano che a suo avviso costituiscono gli ambiti di maggiore dinamismo – come abbiamo visto, la lex publica – ma può applicare la metodologia anche allo studio del diritto privato, aprendo a quest'ultimo prospettive nuove e originali.

Il periodo pisano è infatti caratterizzato da studi rivolti in entrambe le direzioni.

Innanzi tutto, in ambito privatistico, egli richiama l'attenzione sul fenomeno imprenditoriale. Il primo studio in materia è la prolusione al corso di Diritto romano che inaugura l'insegnamento a Pisa, pronunciata il 15 aprile 1964 e pubblicata sul Bullettino dello stesso anno; seguono una serie di contributi che in parte confluiranno in un corso di lezioni pubblicato nel 1971 [24].

Il punto di partenza per queste riflessioni è in fondo abbastanza tradizionale. Forse muovendo dai primi lavori sulla rappresentanza e sugli acquisti del servus communis, Serrao torna sul problema degli effetti giuridici dell'attività di un soggetto sulla sfera giuridica di un altro, concentrandosi sul tema della responsabilità per fatto altrui. La novità dell’approccio di Serrao è, come dicevo, l'inserimento dell'istituto nel suo contesto economico-sociale: tenendo conto della configurazione urbana della Roma tardo-repubblicana e del fenomeno delle insulae, nonché dell'emersione di attività commerciali marittime e terrestri, egli  rileva come, in materia di actio de effusis vel deiectis e di actiones in factum adversus nautas caupones stabularios, il criterio oggettivo di imputazione della responsabilità  sia  motivato  da  una  logica di  'rischio di  impresa' o 'di attività' che pone al primo posto il profilo del ristoro del danneggiato, affievolendo invece il carattere penale dell'azione e, conseguentemente, la nossalità e la cumulatività. Difendendo la genuinità dei testi, infatti, Serrao sostiene la possibilità di inserire la clausola de peculio nella formula delle azioni penali, motivata dalla necessità di salvaguardare allo stesso tempo il principio della personalità della pena e la possibilità per il dominus di circoscrivere il risarcimento per i danni commessi dai suoi dipendenti al solo capitale versato nel peculium.

Al medesimo filone devono essere ricondotti altri due lavori pubblicati in quegli anni. Il primo è Sulla rilevanza esterna del rapporto di società in diritto romano, apparso nel 1971 negli Studi in onore di Edoardo Volterra[25]. Qui Serrao mostra come il 'dogma' dell'irrilevanza esterna della societas conosca nell'esperienza romana non solo le note eccezioni delle societates argentariorum e publicanorum, ma anche quelle della società di mercanti di schiavi e tra armatori. In tal modo, il contratto di societas appare come uno schema di riferimento dalle caratteristiche e dalle logiche non rigide, ma adattabili in relazione alla natura dell'oggetto sociale. E diviene chiaro che – pur con le debite, importanti differenze – anche in diritto romano come nel diritto moderno più che 'la società' esistono 'le società'. Il secondo lavoro è la voce Institore. Premessa storica, pubblicato nello stesso anno nell'Enciclopedia del diritto[26]. Anche in questo caso, pur se all'interno dei limiti di una voce di enciclopedia, Serrao mostra tutta la carica innovativa della sua visione del fenomeno imprenditoriale, evidenziando come nel contesto giuridico ed economico romano la figura dell'institor non fosse un tipo speciale di rappresentante commerciale – come è nel diritto attuale – bensì «uno degli strumenti principali con cui per la prima volta si affermò in un limitato settore l'idea della rappresentanza diretta», per quanto in modo parziale.

Il secondo ambito di studi affrontato da Serrao in questi anni riguarda la lex publica.

Come dicevo, sin dal discorso maceratese su I partiti politici nella repubblica romana Serrao aveva rilevato la necessità di una ricerca che inserisse le leges repubblicane nei relativi contesti politici, economici, sociali, e nella stessa sede aveva tentato di tracciare un quadro provvisorio. Giunto a Pisa, egli inizia la ricerca, coadiuvato da un gruppo di giovani allievi che nel frattempo si sono raccolti intorno a lui. Il lavoro si sarebbe dovuto svolgere in due fasi. La prima sarebbe stata finalizzata alla raccolta del materiale sulla base della lettura completa delle fonti, suddivise tra i diversi collaboratori, anche per ampliare la base documentale contenuta nelle Leges publicae populi Romani di Rotondi. La seconda fase sarebbe invece stata di elaborazione critica, e avrebbe dovuto condurre a un corpus della legislazione repubblicana – intesa in senso assai lato, comprendendo anche i progetti e le proposte di legge nonché, per l'età più antica, tutte le espressioni normative della volontà popolare[27] – accompagnato da un commento critico. La prima fase del progetto è stata realizzata, nella forma di schede che – in modo simile ai famosi Zettel del Thesaurus linguae Latinae conservati a Monaco di Baviera – riproducono per ciascuna legge il testo delle fonti. La seconda fase è stata solo parzialmente compiuta: non è stato realizzato il corpus, ma sono stati pubblicati due volumi di saggi, intitolati Legge e società nella repubblica romana (1981, 2000), con contributi di Serrao e di alcuni allievi[28].

Già negli anni pisani, tuttavia, vengono pubblicati due lavori centrali nella riflessione di Serrao sul diritto pubblico romano. Si tratta di voci dell'Enciclopedia del diritto che contengono idee nuove e dirompenti.

Nel primo lavoro, sull'Interpretazione della legge (diritto romano)[29], Serrao nota innanzi tutto che occorre affrontare il tema storicamente, perché «il problema dell'interpretazione del diritto e della legge non può essere posto in modo uniforme per tutti gli ordinamenti giuridici né per tutte le fasi storiche del medesimo ordinamento», dovendosi prendere in considerazione i contesti politici, economici, sociali e culturali entro cui si colloca il problema interpretativo. Ciascuna fase appare così caratterizzata da un passaggio fondamentale. Il primo, nella prima e media repubblica, è il superamento del monopolio sacerdotale dell'interpretazione e del suo carattere quasi misterico, compiuta grazie all'opera progressista della plebe e delle parti più illuminate del patriziato – e su questo piano, Serrao critica la rappresentazione completamente 'aristocratica' che del problema offre Fritz Schulz nella Storia della giurisprudenza romana. Il secondo passaggio, verso la fine della repubblica, discende da un nuovo mutamento di contesto, questa volta culturale, e cioè dall'influenza della cultura greca a Roma, e in particolare della retorica, che secondo una parte della dottrina avrebbe facilitato lo sviluppo di istituti fondati sull'aequitas – rispetto ai quali, tuttavia, giustamente Serrao rivendica il ruolo del pretore accanto a quello dei giuristi. Con riferimento a questo stesso periodo, accanto ai problemi maggiormente discussi della interpretazione del diritto privato, Serrao affronta in coerenza con la sua idea che occorre sempre tener presenti entrambe le partizioni del diritto – il tema dell'interpretazione nel diritto pubblico, rispetto alla quale egli rileva il peso delle ideologie politiche e della dialettica tra optimates e populares. Nel principato e nel dominato, naturalmente, il ruolo degli interpreti deve confrontarsi con il potere dell'imperatore, come mostrano fenomeni come il ius publice respondendi ex auctoritate principis, che si irrigidirà sino alla formulazione in età postclassica della legge delle citazioni, o come l'interpretazione autentica delle leggi da parte dell'imperatore, che si accompagna all'inserimento dei giuristi nella burocrazia imperiale. Nel diritto pubblico, resta un reale spazio per l'interpretatio solo nel diritto amministrativo e criminale, mentre l'interpretazione delle regole costituzionali viene assorbita negli arcana imperii.

È la seconda voce, dedicata alla Legge (diritto romano)[30], a contenere le maggiori novità. Serrao non si accontenta di parlare del procedimento legislativo, delle classificazioni delle diverse leges nella repubblica o delle tipologie di costituzioni imperiali, ma si concentra sul significato della lex publica per lo sviluppo del diritto romano. A tal fine – in un'epoca, non ancora del tutto tramontata, in cui la 'legge' romana era studiata in modo aproblematico come una delle fonti del diritto, senza tener conto della sua storia – egli ricostruisce storicamente lo sviluppo dell'istituto dall'età arcaica al dominato evidenziandone l'estrema permeabilità rispetto ai contesti. L'età arcaica è l'età del ius, ossia dei mores e della loro interpretatio: le leges regiae erano probabilmente norme discendenti dall'amministrazione della giustizia da parte del re, oppure ordini del re, ma non implicano un coinvolgimento del popolo. La lex publica nasce solo con la repubblica, e  particolarmente grazie all'opera della plebe, che con le leges sacratae afferma il principio della capacità del popolo di autonormarsi e – a seguito dell'accordo raggiunto di volta in volta con il senato – di vincolare l'intera cittadinanza. È grazie a questa carica ideologica che si giunge alle XII tavole e, con esse, alla formulazione di nuove regole accanto a quelle del ius tradizionale, nonché alla pubblicazione di quest'ultimo, sottratto al monopolio pontificale. Individuata questa matrice ideologica della lex, Serrao può spiegare meglio vicende come quella dell'equiparazione dei plebisciti alle leggi, e rilevare come in seguito alla composizione delle lotte tra le due classi alla metà del IV secolo e alla nascita di un diverso quadro politico, sociale ed economico, la produzione legislativa continui a essere fondamentalmente frutto di iniziativa democratica. L'età creativa della lex publica è però sostanzialmente finita: nella media e tarda repubblica, salvo importanti eccezioni, il diritto costituzionale si svolge essenzialmente lungo le linee della prassi di governo tracciate dalla nobilitas, e il diritto privato di sviluppa mediante l'interpretatio dei giuristi e l'editto del pretore.

L'aver posto in termini storici il problema della nascita della lex costituisce uno dei contributi più importanti di Serrao alla nostra disciplina, e una chiave di volta della sua opera, come dimostreranno anche gli studi successivi. In coincidenza con la fine del suo lavoro a Pisa, gli studi di diritto pubblico vengono raccolti in  un volume dal titolo provocatoriamente 'modernizzante' – sche ha talora tratto in inganno qualche lettore inesperto – Classi partiti e legge nella repubblica romana (1974)[31].

 

6. Quest'ultimo libro è dedicato a Riccardo Orestano che, oltre a costituire un punto di riferimento scientifico per Serrao, fu anche il principale artefice della sua chiamata alla 'Sapienza' di Roma nel 1973.·Nella nuova sede Serrao sarà anche, dal 1985, Direttore del Corso di perfezionamento in Diritto romano – dove insegnerà, nel tempo, Diritto penale romano, Processo privato e Diritto pubblico romano  e, dal 1987, Direttore dell'Istituto di diritto tornano e dei diritti dell'Oriente mediterraneo.

La chiamata a Roma costituisce il ritorno nell'Università dove si era laureato, ma coincide anche con una fase didattica e scientifica interamente nuova, soprattutto per il fatto che per la prima volta Serrao si confronta con l'insegnamento delle Istituzioni di diritto romano. La novità didattica ha forti ricadute sulla produzione scientifica, che subisce un rallentamento. Nella seconda metà degli anni settanta, Serrao pubblica solo alcune rassegne su Studi Romani[32] e la relazione su Cicerone e la lex publica negli Atti del II Colloquium Tullianum tenutosi a Roma nel 1976 [33]; a questo stesso periodo appartiene l'intervento al colloquio su Diritto romano, codificazioni e unità del sistema giuridico latino-americano (Sassari 1978), dal titolo ·Diritto romano e diritto moderno. Comparazione diacronica o problema della 'continuità'?[34] – l'unico lavoro espressamente dedicato da Serrao a un problema metodologico, benché il problema del metodo, come abbiamo visto, sia sempre presente nella sua opera e anzi ne costituisca forse il tratto più evidente. Nel 1981 giunge a una prima fase di maturazione il lavoro di équipe sulla legislazione repubblicana e – come ho ricordato sopra – esce il primo volume di Legge e società. Serrao vi pubblica un lungo articolo, quasi una monografia, su Lotte per la terra e per la casa a Roma dal 485 al 441 a.C.[35], che si concentra sulle rogationes agrarie a partire da quella di Sp. Cassio, sulla lex Icilia de Aventino publicando e sulle successive proposte sino a quella del 441 del tribuno Petelio.

La ragione di questa relativa stasi si rivela nel 1984, quando appare la prima parte di un manuale di diritto privato romano dalla concezione totalmente nuova, che costituisce una rottura completa con gli schemi tralatizi di insegnamento delle Istituzioni, fortemente permeati – purtroppo, ancora oggi – delle architetture pandettistiche. Mi riferisco, naturalmente, al primo volume di Diritto privato economia e società nella storia di Roma, la cui composizione occuperà, interrotta da lavori minori, anche i successivi vent'anni di lavoro di Serrao – attraverso una costruzione quotidiana dell'opera dalla cattedra, in quello che egli stesso considerava un «esperimento» condotto con gli studenti – e la cui edizione definitiva apparirà nel 2006 [36].

Serrao rileva, nell'introduzione, che quando il diritto romano ha smesso di essere un diritto vigente, con l'entrata in vigore del Bürgerliches Gesetzbuch tedesco, esso è stato presentato nelle trattazioni generali attraverso un metodo che cercava di conciliare lo studio storico della materia con l'eredità sistematica della pandettistica. Il che ha determinato numerosi inconvenienti, sia perché l'uso delle medesime griglie concettuali per ogni epoca determina effetti arbitrari e deformanti, sia perché in tal modo si perde la connessione tra gli istituti e i contesti entro cui sono emersi e si sono sviluppati, sia infine perché così facendo si rischia di far scomparire interi settori del diritto privato romano che non hanno trovato una collocazione adeguata nello schema pandettistico – posto che questo, avendo ad oggetto il diritto romano come diritto attuale, aveva dedicato spazio solo alle materie rilevanti nella Germania del XIX secolo. A questa critica non sfuggono né i manuali nei quali prevale l'impostazione sistematica, né quelli che si preoccupano di trattare i diversi istituti sulla base di periodizzazioni di massima, come le opere – certo più moderne, come concezione – di Max Kaser e Giovanni Pugliese. È, a ben vedere, l'esigenza avvertita nello studio della legislazione repubblicana che  viene trasferita nello studio del diritto privato.

Nella ricostruzione di Serrao quest'ultimo deve essere studiato alla luce di tre grandi formazioni economico-sociali: la prima, dalle origini al III sec. a.C., caratterizzata dal diritto privato proprio di un'economia agricola e pastorale; la seconda, dal III sec. a.C. al III sec. d.C., espressione di un'epoca di grandi commerci e del modo di produzione schiavistico; la terza, dal III sec. a.C. a Giustiniano, contraddistinta dal declino dell'economia e dall'assolutismo politico.

Il primo volume – l'unico pubblicato – ha ad oggetto la prima formazione. Serrao parte dalla struttura della società gentilizia, evidenziando il rapporto tra le tecniche di sfruttamento della terra, le forme giuridiche dell'appartenenza e la configurazione dei gruppi sociali, sostanzialmente conservatisi nella fase della monarchia latina. Poi analizza le conseguenze dell'influenza etrusca dal punto di vista economico, sociale e politico, che rappresentano le premesse per i grandi rivolgimenti che si realizzeranno nella prima repubblica: soprattutto, sottolinea il ruolo assunto da quei soggetti che nella Roma etrusca non appaiono legati alle gentes, essendo espressione della trasformazione economica, sociale e costituzionale subìta dalla città in questa nuova fase monarchica.

È la plebe, infatti, la vera protagonista della trasformazione del diritto romano nella prima formazione economico-sociale. Le lotte patrizio-plebee si concentrano sul problema dello sfruttamento delle terre, dei debiti, della partecipazione al governo della repubblica: ma il dato più rilevante dal punto di vista giuridico è che queste lotte vengono condotte  grazie all'invenzione della lex publica,  costruita – come Serrao aveva già mostrato – a partire dalla secessione sul Monte Sacro. Questa chiave di lettura fa sì che l'esposizione del diritto · privato dell'epoca sia in larga misura il racconto del dibattito tra il ius tradizionale e le innovazioni portate avanti  dalla plebe attraverso lo strumento della lex: la stessa legge delle XII tavole costituisce un grande e temporaneo compromesso su questioni rispetto alle quali le parti in lotta erano riuscite a trovare un accordo – con l'esclusione, pertanto, di temi anche importanti come quello dell'ager publicus, rispetto al quale lo scontro resterà aperto ancora a lungo. Ma il differente approccio induce a rileggere in modo nuovo tutto il diritto privato più antico – e, anzi, l'attenzione portata alla società gentilizia permette di comprendere in modo più consapevole la stessa categoria del 'privato'. In tal modo, le regole della familia vengono valutate all’interno dei poteri del pater, e così anche le forme di dipendenza; il fenomeno dei filii venduti dal pater e del nexum vengono spiegati non sul piano meramente negoziale, ma in relazione alle vicende dell'economia e della società alto-repubblicana; il problema della terra non viene studiato semplicemente nell'ambito dei diritti reali, ma nella dialettica tra ager privatus e publicus e rispetto alla situazione economica complessiva; la materia  dei  negotia e  delle  obligationes non è una semplice introduzione al sistema classico, ma contribuisce a disegnare il quadro dei rapporti economico-giuridici della società arcaica; le forme di successione vengono analizzate in chiave storica, evidenziando le diverse tappe della formazione e il ruolo di ciascun istituto nella dialettica  patrizio-plebea.

Il manuale di Serrao ha colmato – almeno per la parte completata – quella lacuna che Fritz Schulz aveva evidenziato nell'introduzione del suo Classical Roman law, allorché, nel giustificare la scelta di trattare solo il diritto privato del principato, notava che «no text-book of Roman private law has hitherto seriously attempted to give a description of its development. This book is still to be written»[37]. È dunque un lavoro pionieristico – un 'esperimento', appunto – che avrebbe potuto «bien (...) inaugurer fort magistralement une nouvelle génération de manuels de droit privé romain»[38], ma che è purtroppo rimasto, nella storiografia romanistica, del  tutto isolato. Vi sono oggi manuali che affiancano alla trattazione del diritto privato anche il diritto pubblico e le vicende storiche generali, ma – spesso dichiaratamente – solo allo scopo di sopperire alla mancanza dell'insegnamento della Storia del diritto romano nei curricula di molte Facoltà di Giurisprudenza italiane. Non vi è stato un altro tentativo di far emergere il diritto privato dal contesto politico, economico e sociale: cosicché non vi è alcuna esagerazione nell'affermare che il manuale di Serrao è, ad oggi, l'unico testo effettivamente attento alla storicizzazione del diritto privato romano, l'unica trattazione che cerchi di colmare lo iato tra la maturazione della nostra disciplina così come è attestata nei lavori monografici e la sua sistemazione didattica – in altre parole, l'unico manuale di diritto privato romano che possa davvero definirsi moderno.

 

7. – Negli anni successivi, il quadro disegnato nel manuale continua ad arricchirsi, ma d'altra parte comincia a delinearsi il progetto della trattazione della seconda formazione economico-sociale.

Nella prima direzione devono annoverarsi la relazione tenuta al convegno di Copanello del 1984 su Individuo, fa miglia e società nell'epoca decemvirale[39], nella quale viene approfondito, con riferimento all'epoca delle XII tavole, il tema dei rapporti tra individuo e gruppi sociali, e la voce Lex nell'Enciclopedia Virgiliana (1987)[40], concentrata, naturalmente sulle evenienze del termine in Virgilio. In Patrono e cliente da 'Romolo alle XII tavole, pubblicato negli Studi in onore di Arnaldo Biscardi (1987)[41],da leggere in stretta connessione con la voce Fraus contenuta nell'Enciclopedia Virgiliana (1985)[42], Serrao sviluppa un'idea proposta rapidamente già nel manuale, e cioè che le fonti relative al rapporto di clientela non debbano essere lette unitariamente, come in genere viene fatto, ma tenendo conto dei differenti contesti entro cui si collocano le notizie: ci si accorge, allora,  che nella società gentilizia la clientela è un rapporto fondamentale per il gruppo, cosicché l'infrazione della fides determina la sacratio tanto del patrono quanto del cliente; e che invece in età decemvirale, diminuita l'importanza dell'istituto per la sopravvivenza della comunità, la plebe è intervenuta ad alterare la logica della fides per eliminare la previsione di una sanzione per il cliente, che diviene cosi libero di abbandonare il patrono.

Nella seconda direzione vanno innanzi tutto alcuni scritti in materia di diritto commerciale romano. Il primo appare nella Sodalitas per Antonio Guarino, e si intitola Minima de Diogneto et Hesico. Gli affari di due schiavi a Pozzuoli negli anni 30 d.C. (1984)[43]. In esso si analizzano alcune tavolette scoperte a Murecine nel 1959, nelle quali figurano le attività commerciali di due schiavi. Serrao le studia dal peculiare punto di vista della posizione giuridica dei servi e delle azioni che potevano essere esperite dai terzi nei confronti del dominus, con particolare riferimento all'actio de peculio et de in rem verso, attraverso la quale si realizza una situazione analoga alla moderna responsabilità limitata dell’impresa. Il secondo è una relazione presentata al Seminario sulla problematica contrattuale in diritto romano tenutosi a Milano nel 1987, su L'impresa in Roma antica. Problemi e riflessioni[44]: qui egli – sanche avvalendosi delle ricerche pubblicate da Andrea Di Porto nel volume Impresa collettiva e schiavo 'manager' in Roma antica (1984) – delinea il quadro delle azioni che regolavano le attività degli schiavi con i terzi e, in relazione a queste, individua i tipi fondamentali in cui si strutturava l'impresa romana, affrontando anche tematiche connesse come quelle del trasferimento dell'azienda e dell'impresa, della concorrenza sleale e della tutela dei marchi. Qualche anno dopo, tutti i lavori in materia di diritto commerciale – i più recenti e i meno recenti – vengono raccolti in un volume intitolato Impresa e responsabilità a Roma nell'età commerciale (1989)[45]: un titolo ancora una volta provocatorio, scelto con l'aristocratico e dissacrante gusto di épater le bourgeois – per usare un'espressione che Serrao si divertiva spesso a impiegare nelle conversazioni. In questo titolo, l'unico termine cui  il romanista è aduso è 'responsabilità'; ma sia il riferimento all'impresa, sia la definizione del periodo compreso tra il III sec. a.C. e il III sec. d.C. come 'età commerciale' suonano scandalosi. In realtà nell'impostazione di Serrao – come d'altronde in quella di Di Porto – non c'è alcun 'modernismo', ma al contrario un'estrema attenzione per la storicizzazione dei fenomeni giuridici: ciò che viene accostato alla modernità è solo l'impiego economico del capitale commerciale e l'esigenza della limitazione della responsabilità, mentre la soluzione giuridica dei Romani è esclusiva della loro epoca, imperniandosi sulla figura dello schiavo e del suo peculio.

Nella raccolta di studi da ultimo ricordata è inserita anche la relazione tenuta a Pavia, nel 1985, nell'ambito del convegno su La certezza del diritto nel 'esperienza giuridica romana, dal titolo Dalle XII tavole all'editto del pretore[46]. Questo lavoro assume un valore particolare perché costituisce, in un certo senso, il punto di passaggio dall'interesse per una ricostruzione complessiva della prima formazione economico-sociale – in larga parte compiuto nella prima edizione del manuale, pubblicata l'anno precedente – a una nuova attenzione per la seconda. Accanto alle XII tavole per l'età più antica, Serrao individua l'editto del pretore come la fonte normativa fondamentale del diritto privato del periodo compreso tra il III sec. a.C. e il III sec. d.C., e traccia un bilancio delle innovazioni che ne costituiscono il frutto, rilevando come gli ambiti maggiormente rinnovati sono quelli legati all’emersione dell’economia di scambio e del sistema schiavistico. Nella stessa direzione devono essere collocati la relazione dal titolo Riflessioni su scienza e tecnica della legislazione in Roma antica, tenuta nel 1988 in un convegno interdisciplinare su Scienza e tecnica della legislazione[47], dove di nuovo l’editto viene affiancato alla lex, e un capitolo pubblicato nella Storia di Roma diretta da Aldo Schiavone e dedicato al principato di Augusto, e significativamente intitolato Il modello di costituzione. Forme giuridiche, caratteri politici, aspetti economico-sociali (1991)[48].  Qui Serrao non si limita a trattare i problemi di diritto costituzionale legati al principato augusteo ma estende l'esame «alle forze reali e profonde» che avevano portato al nuovo regime all'interno dello sviluppo imperialistico di Roma, ossia all'economia, alla società e alla politica. Pur se riprodotto per indices, ne risulta un quadro ricco di problemi e prospettive, che passa per l’emersione del ceto equestre, il mutamento sociale indotto da una schiavitù tanto diffusa quanto stratificata che darà vita al fenomeno dei liberti, la trasformazione dell'agricoltura e del commercio, il ruolo centrale, nello sviluppo del diritto, assunto dall'editto del pretore, affiancato dall'interpretatio dei giuristi. Proprio questa ricostruzione complessiva permette a Serrao di concludere che se si parla di 'rivoluzione' augustea con riferimento al cambiamento politico-costituzionale, come nell'opera famosa di Ronald Syme, non si comprende che l'avvento del principato non è altro che l'epilogo della prima fase dell'imperialismo romano: solo l'attenzione congiunta ai dati del diritto pubblico e del diritto privato – inteso come punto di emersione delle strutture economico-sociali – può permettere di cogliere i fenomeni nella loro interezza.

Il contributo più importante di questo periodo è però probabilmente un capitolo di un opera collettanea dedicata all'espansione del diritto romano e delle conoscenze geografiche, all'interno di una collana diretta da Giovanni Pugliese Carratelli – Antica Madre. Il lavoro di Serrao si intitola Il diritto dalle genti al principato (1992)[49], e si divide in due parti. La prima va Dalla comunità primitiva alla seconda repubblica  e riproduce in sintesi ciò che del manuale era all’epoca pubblicato e ciò che sarà inserito nell’edizione definitiva del primo volume. La seconda va Dall’inizio dell’espansione imperialistica al principato di Augusto, ed è naturalmente la parte per noi più interessante, costituisce una traccia di come Serrao pensava – almeno, in quella fase del suo pensiero – di strutturare il secondo volume. Dopo aver disegnato il quadro storico essenziale e il contesto economico-sociale, Serrao si concentra sulla costituzione della seconda repubblica, nata con le leggi Licinie Sestie, e in particolare sulle sorti della lex publica; poi affronta il diritto e il processo penale; e infine si indirizza verso il diritto privato. Al centro del rinnovamento è l'editto del pretore e la nascita del processo formulare: su questo nuovo strumento si impernia tutta la trasformazione del diritto sostanziale, che viene esposto sinteticamente partendo dall'organizzazione dell'impresa e proseguendo con le obbligazioni, i modi di appartenenza, le successioni, la famiglia. Il saggio si conclude con alcune riflessioni. Il diritto della seconda formazione economico-sociale è espressione delle esigenze nate con le trasformazioni dell'economia e della società, filtrate dal lavoro dei giuristi e realizzate mediante lo strumento normativo dell'editto. In particolare, il rinnovamento appare più evidente in quei settori del diritto connessi con l'attività mercantile, l'economia di scambio, l'impiego delle forze di lavoro schiavistiche. Ma anche i settori che potrebbero apparire meno legati a questi mutamenti, come la famiglia e le successioni, subiscono cambiamenti profondi, come mostrano l'affievolimento dei poteri del pater e I'emergere di soluzioni pretorie in materia successoria. In tal modo, e specialmente attraverso l’editto del pretore, Roma crea un diritto che riesce a sorreggere la sua politica imperialistica e ad affrontare le sfide di un'economia-mondo.

 

8. Gli anni novanta sono caratterizzati, sul piano familiare, da una serie di eventi dolorosi. Nel giro di pochi anni, Serrao perde la moglie Maria Grazia, la madre Teresa, i fratelli Giulia e Gregorio. Accanto al conforto della figlia, la sua consolatio sono gli studi e l'insegnamento. Benché andato fuori ruolo nel 1992, egli continua infatti a fare lezione alla Sapienza nel Corso di perfezionamento in Diritto romano e poi, dopo la pensione nel 1997 accetta l'offerta della Libera Università Mediterranea di Bari di insegnare Istituzioni e Storia del diritto romano. Come ha scritto con la consueta arguzia l'indimenticabile Carlo Venturini, «a dispetto di ogni burocratica disposizione, Feliciano Serrao non è stato collocato a riposo, per la buona ragione che mai vi si collocherà: non è nel suo carattere»[50]. Addirittura, quest'ultima occasione di insegnamento – che egli porterà avanti sino agli ultimi giorni – permette di condurre alle estreme conseguenze l’‘esperimento’ didattico e scientifico del manuale, perché la Storia e le Istituzioni saranno impartite solo formalmente in modo separato, ma in realtà saranno insegnate congiuntamente, in una piena compenetrazione tra storia generale, diritto pubblico e diritto privato.

Nel frattempo, nel 1996 viene nominato doctor et professor iuris prudentiae et rerum politicarum honoris causa dell'Università Eötvös Loránd di Budapest, su impulso del collega e amico Gábor Hamza, e nel 1997 Emerito della 'Sapienza' di Roma. Nel 1999, a fronte del suo reciso rifiuto di una raccolta di studi in onore, gli allievi gli dedicano un volume di scritti significativamente intitolato Societas-Ius. Munuscula di allievi a Feliciano Serrao.

 

9. Sul piano della produzione scientifica, prosegue il lavoro sul manuale che – come abbiamo detto – dopo una seconda edizione accresciuta, nel 1999, arriva alla terza edizione definitiva nel 2006.

In questo stesso periodo, invitato a scrivere un contributo su Il diritto e il processo privato postclassici per la Storia di Roma diretta da Aldo Schiavone (1993)[51], egli traccia le linee del diritto della terza formazione economico-sociale – cosicché questo lavoro costituisce, come la seconda parte del lavoro su Il diritto dalle genti al principato, un indizio di come Serrao pensava di costruire il prosieguo del manuale. Egli parte, naturalmente, dai contesti. La fine dell'espansione imperialistica e l'assunzione di un atteggiamento difensivo sul piano politico hanno l'effetto di far entrare in crisi le strutture economico-sociali proprie dell'età dell'espansione imperialistica e particolarmente il modo di produzione schiavistico, determinando trasformazioni sociali come l'emergere dei vincoli che legano i contadini alla terra. L'affermazione del cristianesimo come religione dell'impero determina modificazioni nel diritto di famiglia, mentre sul piano culturale il tramonto della grande giurisprudenza classica e l'assenza di stimoli provenienti dall'economia e la società causano il fenomeno del cd. volgarismo. Su queste basi si innesta la trattazione degli istituti giuridici: le maggiori novità si hanno nel diritto delle persone e della famiglia, nei modi di appartenenza e nel processo, con l'affermazione della cognitio; mentre in materia di impresa, obbligazioni e successioni si hanno cambiamenti meno rilevanti, se non nel senso di una generale semplificazione.

Gli altri contributi di questo periodo possono essere distinti in due gruppi.

 

10. Il primo gruppo riguarda il tema delle fonti del diritto.

È bene menzionare, innanzi tutto, Ius e lex nella dialettica costituzionale della prima repubblica. Nuove riflessioni su un vecchio problema, apparso nelle Ricerche dedicate a Filippo Gallo (1997)[52]. Come mostra il sottotitolo, il contributo non si limita a riproporre vecchie idee, ma rilegge sotto una luce ulteriormente nuova il rapporto tra ius e lex che pure Serrao aveva tracciato in numerosi studi, spingendo ancora più avanti l'impegno alla storicizzazione. In questo lavoro egli si concentra sul periodo che va dalle origini alla metà del IV sec. a.C. In primo luogo, Serrao affronta il problema della legislazione precedente le secessioni plebee, attribuita dalla tradizione a P. Valerio Publicola. Nei precedenti studi, e in particolare nella voce Legge dell'Enciclopedia del diritto pubblicata nel 1973, egli non aveva riservato molto spazio a queste prime leggi, all'epoca giudicate per lo più leggendarie; ma il ritrovamento, nel 1977, di un'epigrafe nella quale figura una dedica compiuta dai sodales di un Poplios Valesios aveva indotto gli storici più attenti a riconoscere la storicità del console e delle sue leggi. Queste ultime vengono dunque inserite da Serrao nel disegno generale della storia della lex: egli, rilevando come non solo I'adfectatio regni ma anche la provocatio ad populum fossero istituti vòlti più a tutelare 'in negativo' i cittadini contro la monarchia che non a garantire 'in positivo' l'esplicazione della libertà deliberativa popolare, le considera una rottura con il ius sul piano formale, ma espressione di continuità sul piano sostanziale.

La vera novità si ha – egli prosegue confermando la propria consolidata ricostruzione – con le lotte della plebe, che utilizza la lex per costruire la propria costituzione, in contrapposizione alla costituzione patrizia fondata sui mores.

Le XII tavole costituiscono un terzo momento. Qui si realizza la maggiore frizione tra regole tradizionali del ius e 'nuovo' diritto fondato sulla lex: non solo nel senso che la normazione decemvirale modifica in molti casi i mores preesistenti, ma anche nel senso che essa stabilisce norme – potremmo dire – procedimentali, attraverso le quali si permette che la volontà del testatore, delle parti di un negozio o del popolo creino ius esattamente come i mores. Questo risultato è, per lo svolgimento del pensiero di Serrao, estremamente importante, perché su si esso  si impernia l'intera ricostruzione della storia dell’hereditas che egli proporrà nella versione definitiva del manuale.

II quarto e il quinto momento sono successivi alle XII tavole, e riguardano il problema agrario e la partecipazione plebea al consolato. Rispetto al primo, di fronte all'occupazione more dell'ager publicus da parte dei patrizi si collocano sia le assegnazioni lege dei nuovi territori come ager privatus, sia le limitazioni, sempre realizzate lege, dell'occupazione dell'ager publicus. Rispetto al secondo, la costruzione della prima costituzione repubblicana, realizzata moribus, viene superata lege con l'ammissione dei plebei al consolato.

In tal modo il rapporto ius-lex, che la precedente letteratura aveva analizzato quasi sempre solo sul piano formale e avendo di mira il diritto privato, viene per così dire 'aperto' alla storia, e in tal modo rivela non solo il 'come', ma soprattutto il 'perché' dell'affermarsi della lex come fonte del diritto in età repubblicana.

Al medesimo gruppo di ricerche deve riferirsi l'organizzazione del secondo volume di Legge e società nella repubblica romana (2000)[53], e un contributo rivolto a illustrare Le fonti del diritto nella storia della costituzione romana, apparso nei volumi per il cinquantesimo della Corte costituzionale (2006)[54].

Quest'ultimo lavoro si divide idealmente in due parti.

La prima parte (§§ 1-4) è tratta dagli appunti utilizzati per una relazione tenuta a Pisa nel 2001 nell'ambito di un convegno sulle Immagini contemporanee delle fonti del diritto tra memorie storiche e scenari futuri. Rispetto alla prima formazione economico-sociale dominata dalla dialettica tra ius e lex Serrao rinvia a molti suoi scritti in materia e in particolare all'ultimo su lus e lex. Più interessante per noi è la trattazione della seconda e della terza formazione. Tra il III sec. a.C. e il III sec. d.C., nel campo del diritto pubblico la lex – la legge comiziale e, durante il principato, senatoconsulti e costituzioni imperiali – continua a svolgere il ruolo propulsivo, ma nel diritto privato questa funzione è assolta innanzi tutto dagli editti dei magistrati, e principalmente dei pretori. La storia del diritto privato è dunque, in larga misura, la storia degli editti e, per certi versi, la storia dei magistrati che li hanno elaborati – una storia, rileva Serrao, che deve essere ancora scritta, perché dagli studiosi moderni l'editto è studiato come un documento cristallizzato, mentre esso è uno strumento in continuo divenire. In questo processo, un ruolo fondamentale è svolto anche dai giuristi: l'editto è l'atto normativo che permette, sul piano giuridico-formale, la nascita del nuovo diritto privato, ma i prudentes svolgono una funzione essenziale di consiglio, proposta, interpretazione che permette di considerarli una 'fonte mediata' del diritto. Trattando del diritto della terza formazione, Serrao evidenzia in primo luogo le profonde trasformazioni delle strutture economiche e sociali, che mettono in crisi il sistema di economia-mondo sviluppatosi nella seconda formazione. Su questa situazione di involuzione si innesta la trasformazione del principato in dominato e la fine della grande giurisprudenza, tutti fattori che determinano il predominio assoluto delle costituzioni imperiali come fonti del diritto, e tra il V e VI secolo la nascita del nuovo fenomeno dei codici.

La seconda parte del contributo (§§ 5-8) è frutto di riflessioni successive alla relazione del 2001, e costituisce una originale lettura trasversale del problema. Dopo aver descritto le fonti del diritto, Serrao si preoccupa infatti di individuare in primo luogo le 'idee-forza'  che  di queste fonti furono i fattori determinanti, e le ravvisa nella centralità e sovranità del populus, che emerge in età repubblicana, ma il cui retaggio si trova ancora nel dominato con la lex de imperio; nelle connesse idee di libertas, variamente declinata dai movimenti aristocratici e popolari, e di autonomia privata; nelle nozioni di bonafides ed aequitas; nell'esigenza di adeguare il diritto  alla dinamica economica e sociale.  In secondo luogo, egli discute della dialettica tra le fonti. Vi è una dialettica 'interna': al ius, elaborato attraverso l'interpretatio; alla lex, nel rapporto tra plebisciti e leggi comiziali; agli editti, nel rapporto tra magistrati e tra magistrature; ai senatoconsulti, nelle discussioni assembleari. Vi è una dialettica 'esterna': tra ius e lex; tra ius civile e ius hornorarium; a partire dall'età tardo-classica, tra il diritto precedente, il ius novum creato dall'intervento imperiale, e la giurisprudenza. E vi sono le forze che animano la dialettica, ossia la classe politica dirigente e i giuristi.

L’ultimo contributo di Serrao alla tematica delle fonti del diritto è rappresentato dalla relazione tenuta in Campidoglio nel 2007 in occasione dei duemilacinquecento anni della secessione plebea, e si intitola Secessione e giuramento[55]. è forse particolarmente in questo scritto – rivolto non solo agli specialisti – che emerge la passione dell’autore per l'inizio delle lotte plebee e, attraverso queste, per l’ideologia del partito democratico. «Nella secessione e  nel giuramento del 494-493», egli nota, «la memoria popolare troverà sempre la spinta ideologica alle battaglie per la libertà»:  non c'è, in queste parole, solo I’entusiasmo dello storico, ma anche la passione politica dell'uomo di sinistra, che nelle lotte popolari vede il cuore della democrazia.

 

11. – Il secondo gruppo è composto da ricerche ancora imperniate sul ruolo degli schiavi, sia nel campo degli illeciti che in quello imprenditoriale.

Vi sono innanzi tutto due lavori sulle actiones familiae nomine che possono essere letti di seguito, come una ricerca unitaria: Appunti sulle actiones familiae nomine è il testo di una relazione tenuta al convegno dell'Aristec del 1993[56]; Nuovi appunti sulle actiones familiae nomine è invece un contributo per gli scritti in onore di Mario Talamanca (2001)[57]. In questi due contributi Serrao affronta l'intero spettro dei rimedi impiegabili dai terzi nei confronti del dominus per gli illeciti compiuti da una familia servorum, non limitando la sua analisi alle actiones propriamente dette, ma estendendolo anche alla tutela interdittale. Sono lavori molto interessanti anche sul piano metodologico. Non vi troviamo solo l'attenzione, consueta per l'autore, ai contesti e alle finalità concrete dei rimedi, attenzione che lo spinge a rigettare interpretazioni contraddette non solo dalla lettera dei testi, ma addirittura dalla logica degli istituti così come disegnata dall'economia schiavistica. Vi rinveniamo soprattutto l'applicazione di quell'auspicio che Serrao aveva tante volte formulato, di uno studio dell'editto non chiuso sulla sistemazione giulianea – quando non addirittura sulla ricostruzione proposta nella terza edizione dell'Edictum perpetuum di Lenel, spesso recepita acriticamente e che invece Serrao studia in modo verticale, nelle diverse edizioni e nel confronto con le palingenesi precedenti e la dottrina successiva – ma attento alla stratificazione storica degli editti.

Anche la relazione Impresa mercato diritto. Riflessioni minime, tenuta nel 1997 in un convegno  organizzato da Elio Lo Cascio su Mercati permanenti e mercati periodici nel mondo romano[58], è importante per l’attenzione dedicata agli editti. Questa volta l'oggetto dell'analisi è l'editto degli edili, del quale Serrao cerca di ricostruire la stratificazione storica, prima della probabile sistemazione di Giuliano, interrogandosi sui rapporti tra il 'diritto del mercato' edilizio e gli altri ambiti dell'ordinamento romano – ius civile e ius praetorium – sia a Roma che nelle province.

L'ultimo scritto di Serrao è dedicato agli Studi in onore di Remo Martini, e si intitola Uomini d'affari, adstipulatores, lex Aquilia alla fine del III secolo a.C. (2009)[59]. Partendo da una nuova ipotesi di datazione della lex Aquilia al 211-210 a.C., egli si concentra sul secondo caput della legge per rilevare che esso doveva riferirsi al comportamento di veri e propri 'agenti', cui il creditore affidava la gestione del credito. La norma, rileva l'autore, doveva interessare gli uomini di affari appartenenti al ceto equestre, e si caratterizzava pertanto come espressione della politica del partito democratico, che proprio pochi anni prima aveva ritrovato forza nell'azione di C. Flaminio. Il caput avrebbe avuto lo scopo di proteggere il credito al pari delle res corporales protette dagli altri due capita, e – lungi dal non essere stato effettivamente vigente, come qualche volta si è affermato – avrebbe svolto un ruolo importante sul piano economico sino alla scomparsa in età giustinianea, quando viene meno anche la figura dell'adstipulator.

 

12. Alla fine del maggio 2009, Serrao viene ricoverato al Policlinico 'Umberto I di Roma, a due passi dalla sua Facoltà. Questa vicinanza in qualche modo lo tranquillizza, o comunque lo fa sentire a casa. Durante la degenza, tra alti e bassi, riceve spesso visite di parenti, amici e allievi. In queste visite si parla di tutto: di politica attuale, di pensiero socialista, di accademia, di libri, del suo Maestro – che non si stanca mai di ricordare. Soprattutto, ha piacere di discutere di diritto romano e

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del progetto del secondo volume del manuale. Non è sicuro di riuscire a scriverlo, ma intanto, nel letto di ospedale, ne intravvede la struttura. Ci lascia il 27 giugno 2009 [60].

 

13. Gli studi di Feliciano Serrao spaziano dal diritto privato al processuale, al criminale, al costituzionale, ma seguono, come si è visto, un percorso lineare e coerente.

I lavori di diritto privato muovono dal tema della rappresentanza e si concentrano sul problema delle ripercussioni dei comportamenti di un soggetto sulla sfera giuridica di un altro, cui il primo è legato da un rapporto giuridico di dipendenza, di associazione  o di accessorietà: gli acquisti ai domini rispetto ai negozi del servo comune; il risarcimento del danno a carico degli eredi per i reati commessi dal defunto; la responsabilità del dominus per i fatti illeciti commessi dai propri schiavi, individualmente e come familia; gli effetti, sulla societas, dei negozi compiuti da uno dei soci; le azioni cd. adiettizie e il loro impiego imprenditoriale; il ruolo degli adstipulatores e gli effetti, sul creditore principale, della  loro lesione del credito.

I lavori di diritto processuale si concentrano sul ruolo del pretore e degli edili, nonché sui relativi editti, legandosi strettamente, attraverso questi, ai lavori di diritto privato, nei quali il profilo rimediale è sempre preminente.

Dai lavori di diritto processuale prendono le mosse le ricerche di diritto criminale, che si indirizzano in particolare sul crimen repetundarum, e che sono a loro volta connesse con alcuni lavori di diritto privato.

Gli studi di diritto criminale pongono il problema dei contesti politici entro cui si svolgono le dinamiche giuridiche, e ciò apre la strada a una serie di lavori di diritto pubblico in cui gli istituti, e in particolare la lex publica, vengono inseriti in una prospettiva pienamente storicizzata.

L'attenzione alle origini della lex, rintracciate nella lotta plebea, porta Serrao a interessarsi al rapporto tra la nuova fonte del diritto e il ius più antico. Ed è una felice coincidenza che ciò accada agli inizi del suo insegnamento delle Istituzioni di diritto romano, perché questo rapporto viene adottato come una sorta di spina dorsale del primo volume del manuale. Quest'ultimo costituisce in certo modo la sintesi del progetto scientifico dell'autore: gli istituti del diritto pubblico e privato vengono collocati nei contesti politici, economici e sociali di ciascuna epoca, mostrando come il diritto ne sia dipendente e a sua volta li condizioni, in un processo osmotico. Le ricerche condotte per il manuale si ripercuotono anche sui lavori minori: alcuni costituiscono approfondimenti di singoli aspetti trattati nel primo volume, altri precorrono i successivi, mostrando come il processo di riflessione dell'autore fosse già in corso. La lex, e soprattutto le XII tavole, che nella prima formazione economico-sociale ha rinnovato il ius più antico nell'incontro tra le tradizioni gentilizie e le nuove istanze plebee, nella seconda formazione cede il posto agli edicta come strumento di ulteriore rigenerazione del diritto privato romano. Ed è dunque non a caso che su questo solco – ius, lex, edicta  si collochi la maggior parte degli scritti raccolti nei due volumi qui pubblicati.

 

14. Per comprendere lo spirito che ha animato la produzione scientifica di Serrao non è però sufficiente analizzarne le opere. Occorre tener conto anche della sua formazione intellettuale marxista, che lo induceva a valorizzare la dialettica politica e le strutture sociali ed economiche, e soprattutto della sua personalità: la necessità di comprendere i processi umani nella loro concretezza, l'attenzione alla condizione degli strati sociali più deboli, si legavano a una profonda umanità e a una grande generosità.

Queste erano evidenti a tutti, e in primo luogo agli studenti, cui era carissimo. Durante la lezione dialogava direttamente con gli allievi, spesso chiamandoli per nome; al termine, si fermava a discutere con loro fuori dall'aula oppure nella sua stanza, ben oltre l'orario di ricevimento. Quando conosceva un ragazzo gli tendeva la mano e non la lasciava, mentre si informava dei suoi problemi o delle sue aspirazioni: e in questo contatto fisico, cosi inusuale, l'interlocutore comprendeva che per questo professore la preoccupazione di insegnare non riguardava genericamente la massa degli studenti, ma ciascuno singolarmente. L’effetto era che ognuno si sentiva importante, e dunque si appassionava alla vicenda che ascoltava tracciare dalla cattedra, sentendosi coinvolto in prima persona. Di qui era breve il passo a chiedere l'assegnazione della tesi di laurea, che a volte portava all'invito a collaborare con la cattedra e a continuare gli studi. Ciò non necessariamente al fine di intraprendere la carriera universitaria: Serrao ha sempre pensato che lo studio del diritto romano fosse utile per ogni professione giuridica, e perciò ha raccolto intorno a sé anche allievi che poi, seguendo le proprie inclinazioni, sono diventati avvocati, magistrati, notai, dirigenti, portando nella loro professione ciò che di buono è negli studi romanistici

Un rapporto più complesso si è costruito, naturalmente, con quelli tra i suoi allievi che hanno scelto la carriera accademica. Non è semplice descrivere questo rapporto: quando ci si guarda intorno, si ha la sensazione che sia stato del tutto eccezionale.

Serrao non voleva essere compiaciuto, amava l'indipendenza di giudizio. Tutti noi abbiamo iniziato a studiare sulla base di suggestioni presenti nelle sue opere: basti ricordare, a titolo di esempio, le monografie di Carlo Venturini sul crimen repetundarum, di Lorenzo Fascione sulla fraus legi, di Andrea Di Porto sull'impresa collettiva, di Aldo Petrucci sulle mensae argentariae, la mia sulla sacratio – ma l'elenco sarebbe lungo. Serrao voleva però che avessimo idee nostre, per quel suo principio metodologico – forse ovvio, ma a ben vedere non da tutti praticato – per cui si scrive solo se si ha qualcosa da dire. E se nel corso delle nostre ricerche alcune conclusioni divergevano dalle sue o addirittura le ponevano in discussione, non esercitava alcuna autorità, ma si metteva con pazienza ad analizzare le fonti insieme a noi, per individuare la soluzione più corretta. Ci dedicava giornate intere: leggendo i nostri manoscritti, discutendo di ipotesi, suggerendoci soluzioni, chiarendo dubbi, o semplicemente parlando per il piacere di stare insieme

Se fosse stato più egoista, avrebbe avuto più tempo per i propri lavori; ma nonostante avesse idee progetti continuamente nuovi, preferiva aiutarci a sviluppare i nostri. E quando arrivavano dei risultati, godeva autenticamente dei successi dei propri allievi.

Potrei sbagliare, ma io credo che tutto ciò fosse un riflesso del rapporto con Arangio-Ruiz, per il quale Serrao aveva un’autentica venerazione. Come il suo Maestro con lui, Serrao  ha fatto doni ai propri allievi del regalo più grande che uno studioso, soprattutto agli inizi, possa ricevere: una guida di cui fidarsi in modo assoluto, come di un padre, senza esserne mai delusi.

 

 



 

* Desidero ringraziare Teresa Serrao, per le preziose indicazioni biografiche, nonché Andrea Di Porto, Lorenzo Fascione е Aldo Petrucci, per aver letto е condiviso il testo.

 

[1] Pubblicazioni, n. 60.

 

[2] Cfr. un suo ricordo in AA.VV., Giornata di studio in memoria di Gregorio Serrao, studioso di poesia alessandrina, Cagliari 2003, con l’intervento conclusivo di Feliciano Serrao, qui non riprodotto: Pubblicazioni, n. 74.

 

[3] Pubblicazioni, n. 1.

 

[4] È lo stesso Serrao a scriverlo, nel ricordo di Emilio Albertario pronunciato all’Università Lateranense (Pubblicazioni, n. 73, qui riprodotto alle pp. 639 ss.).

 

[5] Da A. Di Porto, Feliciano Serrao, in «BIDR» 105 (2011) 7.

 

[6] Tra il 1949 e il 1952 Serrao pubblica anche alcune note a sentenza in materia civilistica, qui non riprodotte: Pubblicazioni nn. 2-4 .

 

[7] Pubblicazioni n. 5, qui riprodotto alle pp. 3 ss. In questo stesso anno Serrao cura insieme ad Alberto Berruti, la pubblicazione litografata delle lezioni di Arangio-Ruiz sul processo privato dell’anno accademico 1950-1951: V. Arangio-Ruiz, Corso di diritto romano. Il processo privato (a cura degli assistenti F. Serrao e A Berruti) Roma 1952.

 

[8] Pubblicazioni n. 6.

 

[9] Pubblicazioni n. 21, qui riprodotto alle pp. 595 ss.

 

[10] Pubblicazioni n. 7.

 

[11] E. Badian, From the Gracchi to Sulla (1940-59), in «Historia» 11 (1962) 223.

 

[12] Pubblicazioni nn. 8, 9, 14, 16, 17, 25, 26, 28, 29, 30, 32, 35, 40, 43, 45, 46, qui prodotte alle pp. 699 ss.

 

[13] Pubblicazioni n. 12.

 

[14] Di cui Serrao ha dato conto in una rassegna del 1956 (Pubblicazioni n. 14): cfr. infra, 718 s.

 

[15] Pubblicazioni n. 13, qui riprodotto alle pp. 41 ss.

 

[16] Pubblicazioni n. 31.

 

[17] Pubblicazioni n. 19, qui riprodotto alle pp. 93 ss.

 

[18] Pubblicazioni n. 23, qui riprodotto alle pp. 119 ss.

 

[19] Pubblicazioni n. 20, qui riprodotto alle pp. 99 ss. con l’aggiunta di correzioni manoscritte dell’autore alle pp. 99, 100, 102, 103, 105. Del convegno, Serrao scrive anche una cronaca (Pubblicazioni n. 18), qui riprodotta alle pp. 675 ss.

 

[20] Pubblicazioni n. 9 (relativo al II volume), qui riprodotto alle pp. 705 ss.; n. 17 (relativo al III volume), qui riprodotto alle pp. 735 ss.; n. 30 (relativo al IV volume), qui riprodotto alle pp. 765 ss.; n. 32 (relativo al V volume), qui riprodotto alle pp. 769 ss.; n. 42 (relativo al VI volume e alla seconda edizione del I e del III), qui riprodotto alle pp.·787 ss.; n. 44 (relativo alla seconda edizione del II e della prima parte del IV volume), qui riprodotto alle pp. 791 ss.

 

[21] Pubblicazioni n. 25, qui riprodotto alle pp. 743 ss.

 

[22] Pubblicazioni n. 46, qui riprodotto alle pp. 795 ss.

 

[23] Pubblicazioni n. 67, qui riprodotto alle pp. 621 ss.

 

[24] Pubblicazioni, nn. 27, 33, 36, 40.

 

[25] Pubblicazioni, n. 35.

 

[26] Pubblicazioni, n. 37, qui pubblicato alle pp. 127 ss.

 

[27] Il progetto è sinteticamente rappresentato in Lotta di classe e ‘legislazione’ popolare nel V e IV secolo a.C. (Pubblicazioni, n. 48).

 

[28] Pubblicazioni, nn. 47 e 69.

 

[29] Pubblicazioni, n. 38.

 

[30] Pubblicazioni, n. 41.

 

[31] Pubblicazioni, n. 43.

 

[32] Pubblicazioni, n. 44, 46.

 

[33] Pubblicazioni, n. 45.

 

[34] Pubblicazioni, n. 48.

 

[35] Pubblicazioni, n. 50.

 

[36] Pubblicazioni, n. 75.

 

[37] Fr. Schulz, Classical Roman law, Oxford 1951, 2.

 

[38] Cfr. la recensione di R. Sotty, in «Latomus» 47 (1988) 457.

 

[39] Pubblicazioni, n. 58, qui riprodotto alle pp. 167 ss.

 

[40] Pubblicazioni, n. 54, qui riprodotto alle pp. 141 ss.

 

[41] Pubblicazioni, n. 55, qui riprodotto alle pp. 149 ss.

 

[42] Pubblicazioni, n. 53, qui riprodotto alle pp. 135 ss.

 

[43] Pubblicazioni, n. 52.

 

[44] Pubblicazioni, n. 59.

 

[45] Pubblicazioni, n. 60.

 

[46] Pubblicazioni, n. 56. È stata pubblicata anche la replica agli interventi dei partecipanti al convegno, con il titolo Alcune norme decemvirali. Il ‘codice aperto’ di un ‘economia mondo. Le tendenze sistematrici tra Silla e Cesare (Pubblicazioni, n. 57).

 

[47] Pubblicazioni, n. 63, qui riprodotto alle pp. 337 ss.

 

[48] Pubblicazioni, n. 61, qui riprodotto alle pp. 209 ss.

 

[49] Pubblicazioni, n. 62, qui riprodotto alle pp. 253 ss. con l’aggiunta di correzioni manoscritte dell’autore a p. 290.

 

[50] C. Venturini, Premessa a Societas-ius. Munuscula di allievi a Feliciano Serrao, Napoli 1999, XI.

 

[51] Pubblicazioni, n. 65, qui riprodotto alle pp. 369 ss.

 

[52] Pubblicazioni, n. 66, qui riprodotto alle pp. 393 ss.

 

[53] Pubblicazioni, nn. 69 e 70

 

[54] Pubblicazioni, n. 76, qui riprodotto alle pp. 509 ss.

 

[55] Pubblicazioni, n. 77, qui riprodotto alle pp. 555 ss.

 

[56] Pubblicazioni, n. 64, qui riprodotto alle pp. 351 ss.

 

[57] Pubblicazioni, n. 71, qui riprodotto alle pp. 471 ss.

 

[58] Pubblicazioni, n. 68, qui riprodotto alle pp. 433 ss.

 

[59] Pubblicazioni, n. 78, qui riprodotto alle pp. 569 ss.

 

[60] Ricordi di Feliciano Serrao sono stati pubblicati in alcune delle principali riviste romanistiche: cfr. C. Venturini, Feliciano Serrao (1922-2009), in «Seminarios Complutenses» 22 (2009) 839-841, tradotto in spagnolo in «Nova Tellus» 28/2 (2010) 317-320; G. Hamza, In mernoriam Feliciano Serrao (1922-2009), in «Annales Universitatis Scientiarum Budapestinensis de R. Eötvöos nominatae - Sectio iuridica» 50 (2009) 437-440; R. Fiori, Feliciano Serrao (24.4.1922-27.6.2009), in «ZRG RA» 127 (2010) 667-673; Di Porto, Feliciano Serrao, cit., 7-12. Cfr. anche il ricordo, letto da J.-F. Gerkens, nella sessantatreesima conferenza della Société Internationale Fernand de Visscher pour l’Histoire des Droits de l’Antiquité tenutasi nel settembre 2009 e pubblicato in «RIDA» 56 (2009) 224-226, nonché la voce Serrao, Feliciano scritta da C. Venturini per I. Brocchi - E. Cortese - A. Mattone - M. N. Miletti (a cura di), Dizionario biografico dei giuristi italiani (XII-XX secolo), II, Bologna 2013, 1855-1856.