rinolfiCristiana M.A. Rinolfi

Università di Sassari

 

 

Pietas e pax deorum.

PAROLE INTRODUTTIVE Alla Conferenza di F. Botta «La vendetta come officium pietatis» (Sassari, 22 maggio 2015)

 

 

Il sintagma officium pietatis conduce all’antico concetto di pietas[1]. Cicerone collega strettamente la pietas al rapporto tra uomini e dèi, dove la pietà, unitamente alla sanctitas (cioè la scientia colendorum deorum[2]), è un fatto umano finalizzato alla placatio deorum, poiché – afferma l’oratore - la pietas e la sanctitas renderanno propizie le divinità[3]. Non solo, Cicerone nei Topica, nell’illustrare la tripartizione dell’aequitas, attesta che la pietas è l’aequitas esercitata nei confronti degli dèi superi[4]; dunque la pietas consiste nell’azione umana che si concretizza nella deferenza verso il culto spettante alle divinità, è la purezza dell’uomo in rapporto con il sacro.

Il cauto rispetto verso la religio del Populus Romanus, che consisteva nel compimento di tutte le cerimonie sacre al fine di evitare l’infausta rottura della pax deorum[5], comporta che la condotta del cittadino romano sia connotata dalla pietas[6]. Il civis deve osservare i suoi doveri verso gli dèi, i concittadini e i familiari. Del resto, Cicerone riporta l’esortazione di Scipione l’Africano al nipote: «coltiva la giustizia e la pietà, che è grande verso genitori e parenti prossimi, massima verso la patria»[7].

La pietas, quindi, cementa i rapporti familiari, per i loro stretti collegamenti con la religio. La pietas, ad esempio, modera il ius vitae et necis del paterfamilias, e ancora, impone la degna sepoltura al congiunto[8]. Non a caso Livio connette l’appellativo di Superbo dato all’ultimo re dei Romani per aver negato l’inumazione al suocero, Servio Tullio[9].

Così nella familia Romana si delinea un complesso insieme di doveri-poteri e aspettative, cioè l’officium pietatis, che trova origine nell’antica solidarietà familiare. Questo doveroso affetto, cioè il dovere di assistenza verso i congiunti, si registra sotto diversi profili: ad esempio, relativamente agli alimenta dovuti ai prossimi congiunti, riconosciuti in età classica dalla giurisprudenza e da costituzioni imperiali[10], o in materia di successione necessaria materiale. In questo caso, a partire dal primo secolo d.C., i parenti più stretti del de cuius non beneficiati, o beneficiati in modo esiguo, privati del necessario sostentamento, esercitavano la querela inofficiosi testamenti[11] contro gli eredi testamentari, quando il testamento era contrario all’officium pietatis.

La retorica elaborò, al fine di fare dichiarare la nullità del testamento inofficioso, l’espediente finzione del color insaniae, cioè la presunta follia del de cuius, tale espediente argomentativo divenne prassi del tribunale dei centumviri[12] con certezza intorno al I sec. d.C.: la pazzia quindi era contraria all’inottemperanza del dovere basato sulla pietas[13].

 



 

[1] Sul concetto della pietas vedi specialmente: H. Fugier, Recherches sur l’expression du sacré dans la langue latine, Paris 1963, 371 ss.; H. Wagenvoort, Pietas, in Id., Pietas. Selected Studies in Roman Religion, Leiden 1980 [discorso tenuto il 24 maggio 1924 all’atto di accettazione della carica di professore nell’Università di Groninga], 1 ss.

 

[2] Sulla sanctitas rimando per tutti a F. Sini, Sanctitas: cose, Dèi, (uomini). Premesse per una ricerca sulla santità nel diritto romano, in Diritto@Storia 1, 2002 (http://www.dirittoestoria.it/lavori/Contributi/Sini%20Sanctitas.htm), il quale sottolinea come «Pietas e sanctitas sono fondamentali per la placatio deorum».

 

[3] Cicero, de officiis 2.11: Ratione autem utentium duo genera ponunt deorum unum alterum hominum. Deos placatos pietas efficiet et sanctitas proxime autem et secundum deos homines hominibus maxime utiles esse possunt (vedi G. Emilie, Cicero and the Roman Pietas, in The Classical Journal 39, 1944, 536 ss.).

 

[4] Cicero, topica 90: Atque etiam aequitas tripertita dicitur esse; una ad superos deos, altera ad manes, tertia ad homines pertinere. Prima pietas, secunda sanctitas, tertia iustitia aut aequitas nominatur.

 

[5] In materia rimando alle fondamentali le opere di Francesco Sini: Bellum nefandum. Virgilio e il problema del “diritto internazionale antico”, Sassari 1991, 256 ss.; Populus et religio dans la Rome républicaine, in Archivio storico e giuridico sardo di Sassari 2 n.s., 1995 [ma 1996], 77 ss.; Sua cuique civitati religio cit. 167 ss., 262 ss.; «Fetiales, quod fidei publicae inter populos praeerant»: riflessioni su fides e “diritto internazionale” romano (a proposito di bellum, hostis, pax), in Il ruolo della buona fede oggettiva nell’esperienza giuridica storica e contemporanea. Atti del Convegno internazionale di studi in onore di A. Burdese (Padova – Venezia – Treviso, 14-15-16 giugno 2001), a cura di L. Garofalo, III, Padova 2003, 535 ss.; Uomini e Dèi nel sistema giuridico-religioso romano: pax deorum, tempo degli Dèi, sacrifici, in Diritto@Storia 1, 2002 (http://www.dirittoestoria.it/tradizione/F.%20Sini%20-%20Uomini%20e%20D%E8i%20%20nel%20sistema%20giuridico-religioso%20roman.htm); Ut iustum conciperetur bellum. Guerra “giusta” e sistema giuridico-religioso romano, in Seminari di storia e di diritto, III. «Guerra giusta»? Le metamorfosi di un concetto antico, a cura di A. Calore, Milano 2003, 71 ss.; Religione e sistema giuridico in Roma repubblicana, in Diritto@Storia 3, 2004 (http://www.dirittoestoria.it/3/Memorie/Organizzare-ordinamento/Sini-Religione-e-sistema-giuridico.htm); Bellum, fas, nefas: aspetti religiosi e giuridici della guerra (e della pace) in Roma antica, in Diritto@Storia 4, 2005 (http://www.dirittoestoria.it/4/Memorie/Sini-Guerra-pace-Roma-antica.htm); Diritto e pax deorum in Roma antica, in Diritto@Storia 5, 2006 (http://www.dirittoestoria.it/5/Memorie/Sini-Diritto-pax-deorum.htm).

 

[6] Sul collegamento tra pietas, religio e divinità, vedi Cicero, de haruspicum responso oratio 19: ... sed pietate ac religione atque hac una sapientia, quod deorum numine omnia regi gubernari que perspeximus, omnis gentis nationes que superavimus; de natura deorum 1.116: Quae porro pietas ei debetur a quo nihil acceperis, aut quid omnino cuius nullum meritum sit ei deberi potest? Est enim pietas iustitia adversum deos; cum quibus quid potest nobis esse iuris, cum homini nulla cum deo sit communitas?; 1.117: ... religionem, quae deorum cultu pio continetur. R. Schilling, L’originalité du vocabulaire religieux latin, in Revue belge de philologie et d’histoire 49, 1971, 52 s. (ora in Id., Rites, cultes, dieux de Rome, Paris 1979, 51 s.), ha particolarmente sottolineato la reciprocità di tale rapporto: «La pietas se fonde sur l’équité, sur une sorte de justice distributive qui règle les obligations des hommes envers les dieux [...]. Mais la réciproque est également vraie. Les dieux se doivent de répondre par leur bienveillance à la vénération des humains. En ce sens, la pietas est une notion univoque qui s’applique aux dieux comme aux hommes».

 

[7] Cicero, de re publica 6.16: ... iustitiam cole et pietatem, quae cum magna in parentibus et propinquis, tum in patria maxima est ... Vedi ancora de inventione 2.66: ... pietatem, quae erga patriam aut parentes aut alios sanguine coniunctos officium conservare moneat ...; 2.161: ... pietas, per quam sanguine coniunctis patriaeque benivolum officium et diligens tribuitur cultus ... Come evidenzia P. Berdowski, Pietas erga patriam: ideology and politics in Rome in the early first century BC. The evidence from coins and glandes inscriptae, in Within the Circle of Ancient Ideas and Virtues. Studies in Honour of Professor M. Dzielska, a cura di K. Twardowska, M. Salamon, S. Sprawski, M. Stachura, S. Turlej, Krakow 2014, 143 s., l’oratore fa costantemente riferimento a unatriple characterization of pietas”: pietas erga parentes, pietas erga familiares, pietas erga deos.

 

[8] Per i risvolti della pietas nei rapporti familiari vedi specialmente R.P. Saller, Pietas, obligation and authority in the Roman family, in Alte Geschichte und Wissenschaftsgeschichte. Festschrift für K. Christ zum 65 Geburtstag, a cura di P. Kneissl-V. Losemann, Darmstadt 1988, 393 ss. (ivi letteratura e fonti). Cfr. C.J. Bannon, The brothers of Romulus: fraternal pietas in Roman law, literature, and society, Princeton, New Jersey 1997.

 

[9] Livius 1.49.1: Inde L. Tarquinius regnare occepit, cui Superbo cognomen facta indiderunt, quia socerum gener sepultura prohibuit, Romulum quoque insepultum perisse dictitans.

 

[10] Vedi, ad es., D. 25.3.5.15 e 17 (Ulpianus 2 de officio consulis): A milite quoque filio, qui in facultatibus sit, exhibendos parentes esse pietatis exigit ratio. 17. Item rescriptum est heredes filii ad ea praestanda, quae vivus filius ex officio pietatis suae dabit, invitos cogi non oportere, nisi in summam egestatem pater deductus est; C. 5.26.4: (Impp. Severus et Antoninus AA. Sabino) Si patrem tuum officio debito promerueris, paternam pietatem tibi non denegabit. Quod si sponte non fecerit, aditus competens iudex alimenta pro modo facultatium praestari tibi iubebit. Quod si patrem se negabit, quaestionem istam in primis idem iudex examinabit (a. 197).

 

[11] Vedi, tra le opere più recenti dedicate all’argomento, D. Di Ottavio, Ricerche in tema di «querela inofficiosi testamenti». I. Le origini, Napoli 2012.

 

[12] Sui centumviri rimando a L. Gagliardi, Decemviri e centumviri. Origini e competenze, Milano 2002.

 

[13] Così D. Di Ottavio, Sui precedenti retorici della «querela inofficiosi testamenti» nel I sec. a.C., in Index 37, 2009, 293 ss. (lavoro confluito con qualche variante in Ead., Ricerche in tema di «querela inofficiosi testamenti» cit. 43 ss.).