Università
del Popolo della Cina, Pechino
L’actio
de effusis vel deiectis nella vigente Legge sulla responsabilità da illecito
civile della Repubblica Popolare Cinese
Sommario: Premessa.
– 1. Le
fattispecie previste nel diritto romano.
– 1.1. Actio de effusis vel deiectis. – 1.2. Actio
de positis vel suspensis. – 1.3. La
previsione delle fattispecie nelle Istituzioni di Giustiniano fra i c.d.
quasi-delitti.
– 2. L’actio de effusis vel deiectis nei diritti moderni.
– 2.1. Le previsioni nei codici civili europei. – 2.2. Le
previsioni nei codici civili dell’America Latina. – 2.3. Diritto anglo-americano.
– 2.4. I
Codici civili degli altri paesi. – 3. Le
regole nella vigente Legge sulla responsabilità da illecito civile della
Repubblica Popolare Cinese. – 3.1. L’iter che ha portato alle norme dettate
nella legge del 2009. – 3.2. Interpretazione degli articoli 85 e 87.
– 3.3. La polemica sull’articolo 87.
– Abstract.
L’ actio de
effusis vel deiectis è un antico istituto di diritto romano, con cui
il pretore fornì dei rimedi giuridici per i casi di danno cagionato da
cose gettate o versate da abitazioni con più piani. A partire dagli anni
‘80 e ‘90 del secolo scorso, con il grande sviluppo economico che
ha interessato la Cina le tipologie di abitazione sono cambiate. Nel rispondere
all’esigenza di sistemare più persone in spazi limitati, si sono
avute conseguenze analoghe a quelle che si verificarono nell’antica Roma.
Come già si fece sul finire della Dinastia Qing, il legislatore e gli
studiosi hanno rivolto nuovamente la loro attenzione al diritto romano nel
tentativo di trovare delle soluzioni. In tale contesto, l’art. 87 della
Legge sulla responsabilità da illecito civile della Repubblica Popolare
Cinese[1], che regola appunto tali casi, si è rivelata una
norma molto discussa e il dibattito al riguardo prosegue ancora oggi.
Con l’espansione avvenuta tra
il IV ed il II secolo a.C., la città di Roma ha conosciuto un forte
sviluppo economico ed una rilevante crescita della popolazione. Le abitazioni
con un solo piano non poterono più soddisfare i nuovi bisogni. Nel 387
a.C., l’incendio provocato dalla incursione dei Galli ebbe come
conseguenza la distruzione di gran parte della città e, dopo il
disastro, la struttura abitativa di Roma iniziò a mutare notevolmente
aspetto. Gli edifici a più piani e con finestre affacciate sulla strada[2]
vennero ad essere sempre più numerosi. Se tale cambiamento si è
rivelato utile al fine di riuscire a risolvere i problemi legati alle esigenze
abitative, esso ha altresì portato all’emersione di un nuovo
problema, quello dei danni ai passanti che potevano essere cagionati dalle cose
gettate o versate dalle finestre dei piani alti.
Al fine di proteggere la sicurezza
pubblica, il pretore emanò due editti: uno contro coloro che, da un
edificio a più piani, avessero gettato o
versato qualcosa cagionando danni; un altro contro coloro che avessero
posto degli oggetti sulle tettoie e cornicioni in modo che, se caduti, avrebbero
potuto arrecare danni. Il secondo editto fu, alla luce di quanto si legge in
D.9.3.5.7, considerato come portio del primo[3].
La ratio della creazione di queste due azioni è ben messa in
luce dalla evidenziazione del fatto che le persone devono poter passare per le
vie “sine metu et periculo”[4];
attestazioni di un simile approccio si trovano, ad esempio, già
dall’età di Quintus Mucius[5]. Il pretore, al fine di creare degli
adattamenti rispetto al nuovo tessuto urbanistico di Roma, modificò i
requisiti tradizionali della responsabilità per i delitti. Ulpiano, al
riguardo, evidenziò che “summa cum utilitate id praetorem edixisse
nemo est qui neget”[6].
Da D.9.3.1pr. può osservarsi
che questa azione era rivolta contro coloro che avessero posto in essere una condotta
di gettare o versare qualcosa di sotto. Da D.9.3.1.3 [7] può tuttavia notarsi come,
per Ulpiano, la fattispecie era estesa sino a ritenere come si considerasse
“gettata di sotto” anche una cosa caduta mentre qualcuno la
appendeva, o che fosse caduta o versata mentre era sospesa senza che ciò
sia avvenuto contestualmente o a seguito di un’azione umana. Quindi
è evidente che al pretore non interessasse molto la condotta, quanto
piuttosto la conseguenza dannosa.
L’editto prevedeva che il legittimato passivo
dell’azione fosse stato colui che abitava nell’edificio da cui gli
oggetti erano gettati e quindi il responsabile poteva essere sia il
proprietario dell’edificio, sia la persona che abitava lì in base
ad una locatio o gratuitamente[8]. Inoltre,
Ulpiano aggiunse la possibilità di esperire l’azione contro altri
soggetti, quali ad esempio i gestori di magazzini o i conduttori di locali per
la conservazione di provviste etc., che, dunque, non abitavano in un dato
luogo, ma avevano la disponibilità di tale spazio: anche questi vennero
appunto a essere considerati come responsabili per il danno prodottosi da quel
luogo in quanto erano loro ad avere il diritto di decidere, in riferimento a
tale locale, come disporre le cose[9]. L’ospite, invece, non poteva essere ritenuto
responsabile perché non “abitava” nell’edificio, ma
era responsabile per l’ospite colui che vi avesse abitato e che lo
ospitava[10].
Dato che il criterio in base a cui era attribuita la
responsabilità era solo quello legato all’abitare
nell’edificio, Ulpiano venne ad analizzare il caso in cui il figlio in
potestà o il servo avessero abitato autonomamente in un piano superiore
di un edificio e da questo si fosse verificato un danno: si sarebbe dovuto, in
tal caso, convenire in giudizio una persona in potestà del padre o del
padrone. Per il figlio, il giurista ritiene che non si potesse esperire
l’actio de peculio contro il
padre perché l’obbligazione non derivava da un contratto, ma la si
poteva esperire contro il figlio stesso[11]. Infatti, Gaio riferisce che già alla sua epoca
“Filius familias ex omnibus causis
tamquam pater familias obligatur et ob id agi cum eo tamquam cum patre familias
potest” (D.44.7.39)[12] ed è possibile quindi che il giurista Ulpiano,
successivamente, avesse affermato che il figlio assumesse personalmente la
responsabilità in base all’editto di cui si discute.
Più complicato è capire quale fosse il
regime giuridico riguardo al servo: l’obbligazione non deriva né
dall’attività negoziale né dal delitto del servo, quindi si
esclude l’applicazione sia dell’azione nei limiti del peculio, che
sarebbe scaturita da una attività negoziale, sia dell’azione
nossale, che sarebbe scaturita da un delitto[13]; il servo poi, a differenza del figlio, non può
essere convenuto in proprio nome tramite un’azione. Il giurista,
tuttavia, venne comunque a ritenere che il servo dovesse essere punito anche se
non avesse personalmente arrecato ad altri alcun nocumento, poiché la
responsabilità stabilita in questo editto non era legata all’aver
posto in essere una condotta delittuosa, ma era fondata sul solo presupposto
dell’abitare nel luogo da cui è caduto o si è versato
ciò che ha prodotto il danno. Quindi, il servo avrebbe dovuto essere
castigato dal giudice in via straordinaria nell’esercizio del suo ufficio[14].
Per quanto riguarda i requisiti della
responsabilità nei casi riconducibili all’editto de effusis vel deiectis, questi
presentano delle differenze rispetto a quelli richiesti per i delitti
tradizionali. La prima divergenza è legata alla colpa di coloro che abitano.
È chiaro che il pretore non avesse menzionato la colpa in questo editto,
però, si è visto, che in D.9.3 più di un giurista parlava
della colpa degli abitanti[15]. Alcuni studiosi ritengono che la mancanza della colpa
costituisca la differenza essenziale tra quanto previsto da questo editto e
quanto previsto dalla legge Aquilia[16].
Sono d’accordo con tale opinione. Infatti, Ulpiano
ha messo in rilievo che “nec
adicitur culpae mentio vel in fitiationis, ut in duplum detur actio, quam vis
damni iniuriae utrum que exiget”[17].
Abbiamo già segnalato che i due verbi impiegati in
questo editto, cioè deiecere e
effundere[18], possono descrivere un danno causato dall’atto di
un uomo, da cui scaturisce la responsabilità sia con dolus che con culpa, cioè, come ad esempio ricorda Paolo in un testo
famoso, ove è fatto richiamo a Quinto Mucio, in cui pure siamo in
presenza di un deicere su un luogo
dove si passa ed in cui si sia agito in modo riprovevole: “culpam
autem esse, quod cum a diligente provideri poterit, non esset provisum
aut tum denuntiatum esset, cum periculum evitari non possit”[19]. Anche Ulpiano ha riferito in D.9.2.11.4 un caso di deicere considerandosi la condotta di
più persone che hanno lasciato cadere una trave e schiacciato un servo[20].
Secondo i giuristi più antichi, gli autori di tale
condotta sarebbero stati responsabili in base alla legge Aquilia. Tuttavia, in
quest’ultimo caso non è chiarito se la caduta della trave sia
avvenuta da un edificio con più piani e, soprattutto, così come
nel testo di Paolo da ultimo richiamato, gli autori della condotta non sono
individuati. Possiamo, pertanto, osservare che, se un libero avesse gettato o
versato qualcosa dalla finestra di un piano superiore sarebbe stato, in
base alla legge Aquilia, responsabile per la propria colpa; se, invece, tale
atto fosse stato posto in essere da un servo, sarebbe stato necessario
distinguere se il padrone ne fosse stato o meno a conoscenza. Nel primo caso
anche il dominus sarebbe stato
responsabile in base all’azione ex
lege Aquilia, perché avrebbe potuto essere considerata come
una sua colpa anche l’aver avuto tolleranza per il delitto del servo[21]. Nel secondo caso, invece, il dominus avrebbe potuto liberarsi dando il servo a nossa[22]. Insomma, secondo le regole già esistenti, il
responsabile del danno, cagionato da una cosa gettata o versata
dall’edificio con più piani, dovrebbe essere la persona che ha
gettato o versato, oppure il dominus
sciens del delitto dell’alieni
iuris.
Va tenuto però presente che se l’attore
avesse voluto esperire l’azione ex
lege Aquilia avrebbe dovuto essere in grado di provare, appunto, la colpa
del convenuto e il problema sarebbe allora stato legato al come provare tale
colpa. In concreto, è molto difficile per il passante vedere o sapere
cosa è successo nella camera di un piano superiore e ancora di
più riuscire a provare una colpa. Come si sarebbero potuti risolvere i
casi in cui non fosse stato possibile individuare chi avesse gettato di sotto
degli oggetti e nessuno lo avesse confessato? Il pretore si preoccupò
che non si verificasse una situazione per cui la vittima avesse dovuto
sopportare, appunto, un danno, mentre le persone che abitavano nei piani
superiori avessero potuto gettare o versare di sotto le cose senza preoccuparsi
del fatto che qualcuno fosse passato proprio lì sotto in quel momento.
Per tali casi avrebbe dunque previsto delle azioni che avrebbero potuto
esperirsi a prescindere dal dolo o dalla colpa della parte.
Dai testi di Ulpiano sulla ratio e sui requisiti dell’actio de effusis et deiectis possiamo vedere come questa sia stata
la risposta al già menzionato problema del mettere le persone in
condizione di poter percorrere le strade senza timore né pericolo; il
pretore avrebbe eliminato il requisito della colpa, richiesto dall’azione
per danno ingiusto, creando una nuova azione, giacché la precedente
regola, posta dalla legge Aquilia, non era in grado di regolare in modo
adeguato gli aspetti relativi a tali, specifiche, fattispecie. Con questa nuova
azione, l’attore non avrebbe avuto bisogno di individuare chi avesse
posto in essere la condotta che aveva prodotto il fatto dannoso né di
provare la colpa dell’autore della condotta stessa. Infatti, con riguardo
a tale tipologia di eventi dannosi cagionati da cose cadute o versate, non
sarebbe interessato al pretore se l’autore fosse stato individuato o se
avesse confessato, né se la cosa fosse caduta contestualmente o a
seguito di una condotta posta in essere da qualcuno[23]. Qualora qualcosa fosse caduto e si fosse verificato un
danno, sarebbe stata riconosciuta l’azione contro gli abitanti. Tuttavia
resta da chiarirsi il perché nei testi di Ulpiano e Paolo siano presenti
anche dei riferimenti alla colpa del responsabile. Mi pare che forse tale
discussione rifletta la tendenza a stabilire non solo un principio generale e
comune della responsabilità extracontrattuale, ma di stabilirlo in modo
del tutto esclusivo[24], con la conseguenza di eliminare la specificità
della responsabilità oggettiva di questo editto che invece aveva
considerato prioritaria la tutela della sicurezza delle persone in certi luoghi
determinati.
Una questione che, sebbene creasse difficoltà, si
presentava come reale era quella dell’allocare la responsabilità
nei casi in cui diverse persone abitavano nello stesso alloggio di un piano
superiore. Dai passi di Ulpiano, Gaio e Paolo[25], può vedersi che i giuristi distinguevano i casi
in cui più persone abitavano in un alloggio con locali separati o meno.
Con riferimento ai primi, Ulpiano riteneva che la soluzione più equa sarebbe
stata quella di concedere l’azione solo nei confronti di colui che
abitava dalla parte da cui fosse stato versato e non anche contro gli altri[26]. Invece, per i casi in cui non si fosse potuta
individuare la parte dell’alloggio da dove delle cose fossero state
gettate di sotto o per i casi in cui le cose fossero state gettate da locali
comuni, si riteneva opportuno che tutti gli abitanti assumessero una
responsabilità solidale[27]. Infatti, nei casi in cui, per dirla con Gaio “sane impossibile est scire, quis deiecisset
vel effudisset”[28], secondo Ulpiano l’attore avrebbe avuto la
facoltà di agire contro uno qualsiasi degli abitanti e gli altri
sarebbero stati liberati[29], ma non dal momento della istituzione del giudizio,
bensì da quello in cui il pagamento fosse stato effettuato. La persona
che avesse pagato la pena avrebbe poi potuto rivalersi sugli altri con azioni
particolari[30].
Il tipo di azione da esercitare era individuato sulla
base dei diversi eventi lesivi e/o dannosi che venivano a prodursi tenendosi
conto, al fine di svolgere valutazioni al riguardo, anche del soggetto che
avesse avuto diritto a proporre l’azione. L’azione proposta per la
morte di un uomo libero era poenalis et
popularis e non era data né all’erede né contro
l’erede; era tuttavia data a coloro che avessero avuto interesse o che
fossero stati legati da vincoli di affinità o di consanguineità
con il defunto. Se invece fossero stati arrecati danni corporali ad un uomo
libero senza che ne fosse stata comunque cagionata la morte, il danneggiato
avrebbe avuto un diritto perpetuo all’esercizio dell’azione, gli
altri avrebbero dovuto esercitarla entro l’anno. Il giudice avrebbe
deciso in base a ciò che è buono ed equo “quasi non fosse
un danno pecuniario”. Se si fosse trattato di danno soltanto
patrimoniale, il diritto di azione sarebbe stato perpetuo e trasmissibile agli
eredi[31].
Nell’editto, il pretore aveva regolato anche le
diverse sanzioni: il doppio della quantità, per il danno soltanto
patrimoniale cagionato; cinquanta aurei, per la morte di un libero, e, in caso
di danno corporale ad un libero che non ne avesse comunque cagionato la morte,
una pena in base a ciò che è buono ed equo. Gaio sottolinea che
il corpo di un libero non poteva essere stimato e poi aggiunge che si sarebbe
dovuto fare riferimento alle spese mediche ed alle giornate di lavoro di cui la
persona fosse stata privata o sarebbe stata privata nel caso in cui fosse stata
resa inabile; non chiarisce, tuttavia, se questi siano parametri per la valutazione
di ciò che è buono ed equo o per una valutazione aggiuntiva per
il danno patrimoniale subito[32]. Infine, nell’editto, si inserisce la c.d.
clausola nossale, in base alla quale se a far ciò fosse stato un servo
“senza che il padrone lo sapesse”, al padrone sarebbe stato
permesso dal pretore di dare il servo a nossa[33].
Il pretore, nel secondo editto, prevede altresì
che colui che avesse tenuto sulla tettoia o sul cornicione degli oggetti che,
se caduti, avrebbero potuto arrecare danni alle persone che fossero passate o
che si fossero trattenute lì sotto, avrebbe dovuto pagare una pena di
dieci aurei[34]. In questo editto, considerato, come si è
già visto, parte del precedente, il pretore ha dimostrato la
volontà di proteggere, in via preventiva, la sicurezza dei luoghi
pubblici, il fine di tali disposizioni era infatti quello per cui “si quid in his partibus aedium periculose
positum esset, non noceret”[35]. In questo caso, il pretore venne a ridurre
ulteriormente i requisiti della responsabilità per danno ingiusto dato
che non rileva neanche il fatto che degli oggetti fossero veramente caduti, ma
l’azione era data per il solo fatto che alcune cose fossero state sospese
in luoghi in cui ciò avesse comportato il pericolo che, qualora le cose
fossero cadute, avrebbero potuto cagionarsi dei danni. Sembra comunque chiaro
che qui, alla luce della ratio della
sicurezza pubblica, il pretore avesse, tuttavia, eliminato sia riferimenti
diretti alla condotta dannosa che alla colpa del responsabile, configurando un
caso di responsabilità oggettiva. Il responsabile è la persona
che ha collocato la cosa: può essere, nei fatti, sia il proprietario
dell’alloggio, sia l’abitante o chiunque altro. Secondo Ulpiano, la
responsabilità era estesa persino a coloro che non avevano posto
l’oggetto, ma che ne avessero tollerato la presenza in una posizione
pericolosa[36]. Questa era un’azione popolare: l’editto
proteggeva, infatti, la sicurezza dei luoghi pubblici ove ognuno avrebbe potuto
passare o restare e quindi tutti avrebbero potuto avere interesse ad esperire
l’actio de positis vel suspensis.
La sanzione era una pena con quantità fissa, era infatti impossibile
riferire la quantità della pena ad un danno patrimoniale poiché
questo non si era verificato. Il paterfamilias
avrebbe potuto liberarsi con la clausola nossale quando la cosa che se caduta
avesse potuto arrecare danni fosse stata posta dal servo.
Nella sostanza può dunque riconoscersi come questi
due editti siano stati emanati dal pretore in relazione alla necessità
di soddisfare esigenze legate ai cambiamenti sociali che la città di
Roma andò attraversando. La ratio
della protezione della sicurezza dei passanti ha determinato la struttura e i
caratteri delle due azioni facendo sì che il pretore intervenne
modificando in modo piuttosto significativo i requisiti che venivano disposti
dalla legge Aquilia con riferimento ai delitti.
Nelle Istituzioni di Giustiniano, in I.4.5.1 [37], l’imperatore richiamò i due editti del
pretore e venne a precisare, con riferimento a tutte le fattispecie del titolo,
che, in base ad esse, si è tenuti ‘come se’ si fosse tenuti
per delitti, espressione che poi diventa nella traduzione in greco,
quasi-delitti. Questa classificazione era spiegata dicendo che in queste
fattispecie il responsabile è tenuto “non proprie ex maleficio sed [...] utique peccasse aliquid intellegitur”[38].
Una cosa di non poco interesse è, comunque, che
Giustiniano osservava che l’actio
de effusis vel deiectis era esperita in casi in cui l’abitante
responsabile veniva ad esser tenuto per lo più in base ad una condotta
di alieni iuris sotto la sua
potestà, che si trovavano con lui nell’abitazione[39]. Giustiniano sottolineava, quindi, che il rispondere per
una colpa di altri non costituisse propriamente un delitto, ma un fatto per il
quale si è tenuti ‘come se’ si fosse trattato di un delitto,
cioè con effetti simili a quelli previsti per i delitti. Egli, comunque,
non dice ‘sempre’ ma ‘per lo più’, segnalando
che, appunto, per lo più vi è una colpa dei figli o servi, ma non
esclude la possibilità che avesse potuto esservi una colpa propria,
così come quella che vi sia potuta essere una assenza di colpa sia propria
sia delle persone del proprio gruppo familiare. Questa ambiguità nella
lettura si affianca a quanto affermato nel citato I.4.5pr. per l’intera
categoria e ci riconduce alla compresenza in età giustinianea delle due
linee interpretative già visibili da quanto segnalato sopra a proposito
di D. 9.3.1.3 e di D. 9.3.6.2, e ad un uso più frequente e più
elastico del riferimento alla colpa che però, a proposito di questo
editto, non sembra capovolgere l’impostazione chiaramente sottolineata da
Ulpiano.
Nell’ALR prussiano del 1794, la
fattispecie de effusis vel deiectis è
regolata nella Parte I, Tit. 6, artt. 66-68 come un tipo particolare di danno
legato al fatto di terzi: infatti, per quanto riguarda il locatore, si riteneva
che se questi avesse tollerato un inquilino che, con negligenza, gettava
abitualmente di sotto oggetti, in tal caso, avrebbe dovuto risarcire quanto non
poteva essere risarcito dall’autore della condotta. Inoltre, se un danno
fosse stato cagionato dai domestici, dai garzoni di artigiani o da apprendisti,
o da inquilini della propria casa, e il padrone dei domestici,
l’insegnante, o il proprietario della casa non avessero potuto indicare
l’autore del danno, sarebbero stati tenuti essi stessi direttamente a
risarcire il danno.
I progetti di C.c. italiano risalenti
al 1802-1805 regolavano la fattispecie in cui più persone avessero
co-abitato nella casa da cui oggetti erano gettati di sotto ed era previsto
che, in generale, l’autore del danno avrebbe dovuto essere il
responsabile vero e finale. Se l’autore non poteva, tuttavia, essere
individuato, secondo una prima versione, tutti gli abitanti avrebbero dovuto
assumere la responsabilità in via solidale; in una seconda stesura
venne, però, ad essere disposto il contrario, ossia, che “a meno
che non contasse di un caso meramente fortuito e non imputabile
all’abitatore della casa. Se non si è veduto [...] si attribuirà
a mero caso fortuito”[40]. Tali regole non sono state accolte
né dai C.c. dei diversi Stati italiani anteriori alla formazione di uno
Stato unitario, né dal C.c. del 1865 realizzato dopo
l’unificazione, né dal C.c. del 1942 che, sul punto, hanno seguito
il codice francese e tedesco. Per quanto riguarda la
giurisprudenza, un caso interessante, è quello in cui, non riuscendosi a
identificare l’autore della condotta ingiusta, si è considerato
tenuto al risarcimento, sulla base dell’art. 2051 (Danno cagionato da
cosa in custodia) del C.c. italiano del 1942 il costruttore del sovrappasso per
un danno cagionato da un lancio di pietra dal sovrappasso stesso mentre era in
costruzione[41]. Altre volte, invece, viene
impiegato l’art. 2053, relativo alla fattispecie di danno arrecato dalla
rovina di edifici di cui si è proprietari. Questa sorta di alternanza
tra l’applicazione dell’art. 2051 e 2053 testimonia forse la
presenza di una lacuna.
Prima della promulgazione del C.c.
francese del 1804, il Projet Portalis nel
trattare “Des engagements qui se
forment sans convention” prevedeva all’art. 16 la
responsabilità solidale per le fattispecie de effusis vel deiectis. Tale regola venne però eliminata dal Consiglio di Stato e dunque nel C.c. francese del 1804 non esiste un
articolo che sia in particolare dedicato ad affrontare il problema in esame, ma
questo è stato da taluno (ad esempio Toullier) ritenuto assorbito dalle
regole sul delitto in generale (art. 1382-1383), mentre da altri (ad esempio
Delvincourt) si è, invece, ritenuto trattarsi di una lacuna da colmare
in via di interpretazione applicando direttamente il diritto romano[42].
L’ABGB del 1811, nel par. 1318,
lo ha, invece, incluso nel danno cagionato da altrui fatti ingiusti non
compiendo, comunque, riferimento alla responsabilità solidale. Il padrone
o colui che nella pratica usa l’abitazione può liberarsi con la
prova di non aver commesso omissioni, e quindi non solo indicando
l’autore del danno. Il padrone dopo aver pagato gode del diritto di
rivalsa contro colui che sia stato in concreto l’autore
dell’illecito (par. 1313).
La legislazione spagnola è
maggiormente vicina all’actio de
effusis vel deiectis del diritto romano. Nell’art. 1904 del progetto del
1852, è detto non solo che l’abitante di una parte di una casa o
di un alloggio risponde per i danni causati da ciò che si versa o cade
da dove abita, ma altresì che, se non si individua da quale abitazione
derivi il danno tutti gli abitanti rispondono congiuntamente per tutto quanto
necessario a riparare il danno causato dalla cosa caduta dalla casa dove
abitano. L’art. 1910 del C.c. Spagnolo del 1889 prescrive in modo chiaro
che il capo della famiglia sia responsabile per danno cagionato dalla cosa
gettata di sotto o versata dalla casa in cui abita tutta la famiglia.
Infine, per quanto riguarda la
legislazione tedesca, il Dresdener Entwurf del 1866 ha previsto (in 4
articoli dedicati alla fattispecie in esame) che
tutti gli abitanti avrebbero dovuto assumere responsabilità qualora non
fossero stati in grado di indicare chi avesse posto in essere la condotta
dannosa. Poi, nell’Erster Entwurf del 1888 tale previsione è stata ricondotta al quadro
delle prescrizioni generali sugli illeciti. Il C.c. tedesco non prevede, di
conseguenza, delle disposizioni particolari al riguardo, ma è necessario
fare riferimento alla regola generale dell’art. 823.
In sostanza, nei vigenti codici civili europei, è raro incontrare
previsioni riguardanti il danno causato dalle cose gettate di sotto da un
edificio con più piani, invece, nelle parti dedicate alla responsabilità
extracontrattuale è regolata la responsabilità per i danni che
derivino da un edificio (o simile costruzione) per rovina dello stesso, come
nel caso dell’art. 1386 del C.c. francese, nel par. 836 di quello
tedesco, nell’art. 2053 di quello italiano, etc. La responsabilità
per la rovina dell’edificio è un frutto del diritto moderno. Molti
paesi europei hanno ricondotto all’ambito regolato da queste previsioni
anche i casi di responsabilità per il danno provocato dalla caduta di
una parte dell’edificio[43], ma non sarebbe, invece, incluso il danno causato dalla cosa gettata di
sotto da una persona[44]. Quindi, la responsabilità del danno da edificio non
corrisponderebbe a quella regolata dall’actio de effusis vel deiectis. Tuttavia, la ragione per cui rivolgo
la mia attenzione a questa forma moderna di responsabilità è
perché dalla fine del XIX secolo, i paesi asiatici, come la Cina, non
avendo una adeguata conoscenza delle regole vigenti nel diritto romano,
elaborarono i propri Codici civili sulla base di quello francese o tedesco,
venendo dunque a conoscere solo la responsabilità del danno da rovina
dell’edificio ma non l’actio
de effusis vel deiectis[45]. La mediazione di questi Codici ha quindi avuto un impatto negativo sulla
ricezione di alcuni modelli del diritto romano nel diritto cinese[46].
Diversamente dalla maggiore parte dei
paesi europei, in cui l’actio de
effusis vel deiectis non è stata accolta, diversi paesi
dell’America Latina hanno invece proseguito mantenendosi più
chiaramente nel solco della tradizione romanistica emanando norme più
simili a quelle originarie.
L’art. 2328 del C.c. del Cile
del 1857 prevede che coloro che abitano nella parte dell’edificio da cui
il danno è stato cagionato sono responsabili per il danno, a meno che
riescano ad indicare la persona che effettivamente ha posto in essere la
condotta dannosa per dolo o colpa (1° comma). Al 2° comma è,
invece, regolata l’azione, che può essere promossa da chiunque,
volta al far rimuovere una cosa che minacci di cadere e recare danno.
Diversamente da quanto previsto in altre regole in materia, tali norme in
materia di actio de effusis vel deiectis
dettate nel C.c. cileno non prendono in considerazione l’ingiustizia
della condotta, ma solo il fatto che una cosa sia caduta da un piano alto e che
da ciò sia derivato un danno. La fattispecie in esame è inclusa
nei quasi-delitti, e ciò apre la strada ad un problema interpretativo,
cioè se il requisito della colpa previsto in generale per i quasi-delitti
(art. 2284 co. 4) sia richiesto anche per questa fattispecie nonostante essa
sia descritta in modo tale da non esigerla (sembra ripresentarsi la
dualità di prospettive già segnalata nei testi di Giustiniano).
Anche i codici civili di Colombia ed Ecuador adottano la stessa soluzione.
L’art. 1119 co. 3 del C.c. argentino del 1871
prevede che tutti gli abitanti siano responsabili per il danno in esame
cagionatosi dall’edificio in cui abitano, a meno che sia possibile
individuare l’autore della condotta ingiusta, nel qual caso sarebbe solo
questi ad essere tenuto come responsabile. Nell’art. 1121, il legislatore
ha poi chiarito che tale responsabilità fra gli abitanti non è
solidale, ma che ognuno è responsabile in proporzione alla parte
dell’edificio della quale dispone.
L’art. 1529 del C.c. Brasile del 1917 detta una
stessa regola con riferimento al danno cagionato da una cosa gettata da
qualcuno o che sia caduta spontaneamente. Responsabili per tutte due le
modalità a seguito delle quali si è verificato il danno sono
comunque le persone che abitano nell’edificio da dove deriva la causa
dell’evento, perché, spiega l’autore del Codice civile,
Bevilaqua, la individuazione della responsabilità dipende solo dalla
disponibilità della casa, quindi alcuni soggetti possono essere ritenuti
come responsabili anche in assenza di una propria colpa, come indicato nel
passo di Paolo D.9.3.6.2 [47]. Il codice successivo (2003) non ha sostanzialmente
modificato tale previsione (art. 938).
Gli altri paesi ex-colonie spagnole
quali Cuba, Puerto Rico, Panama e Messico seguono le regole del
C.c. spagnolo.
Per quanto riguarda la regola posta
con l’actio de positis et suspensis
nella seconda parte dell’editto del pretore, può notarsi che
la sua introduzione nei codici civili sia stata piuttosto rara. Questa è
disciplinata nel C.c. del Perù del 1851 e nel C.c. argentino del
1871 rispettivamente agli art. 2198 n. 1 e 1119 co. 3, in cui è stata,
tuttavia, sostanzialmente trasformata da regola di prevenzione a ipotesi di
risarcimento nel caso in cui dovesse conseguire il cagionarsi del danno. Nel
diritto civile moderno, infatti, sembra possa considerarsi affermatasi in modo
chiaro l’idea secondo la quale il diritto civile non interviene
prevenendo una responsabilità per atti illeciti in relazione ad una cosa
che non sia caduta ancora, poiché non essendoci stato danno non si
ritiene necessario fornire un rimedio. Tuttavia, mentre non sono previste delle
azioni del cui diritto all’esercizio sia titolare il singolo cittadino e
nessuno deve pagare una pena per un danno non ancora verificatosi, in quasi
tutti gli Stati odierni è riconosciuto a tutte le persone il diritto di
denunciare alla polizia, o ad altra autorità amministrativa, il pericolo
perché affinché possa venire eliminato[48]. Invece, tale fattispecie
dell’actio de positis et suspensis
al pieno della propria funzione è conservata nel C.c. del Cile, art.
2328 co. 2 (uguale al C.c. Colombia ed Ecuador) che prevede altresì una
azione popolare spettante ad ogni cittadino per chiedere la rimozione della
situazione di pericolo.
Anche nel Common Law, possiamo
trovare dei casi[49] aventi ad oggetto fattispecie simili
a quelle contemplate dall’actio de
effusis vel deiectis. Il 14 agosto 1945, si celebrava, negli USA, la
vittoria nella guerra contro il Giappone. Il soggetto che poi sarebbe divenuto
l’attore stava percorrendo la via Post davanti l’Hotel St. Francis
quando venne colpito sulla testa da una sedia caduta dal piano alto di un
edificio. Nessuno vide chi gettò la sedia e su questa non vi era alcun
simbolo che permetteva di individuare chi ne fosse stato proprietario.
Poiché, tuttavia, i risultati delle indagini indicavano che la sedia
fosse stata gettata da un piano alto dell’hotel, l’attore
chiamò in giudizio il gestore dell’hotel e chiese il risarcimento
in base al principio per cui la prova è costituita dal fatto. Tuttavia, il giudice ritenne che, premesso che non si era potuto
determinare esattamente chi avesse provocato il danno, non si poteva affermare
che la sedia fosse stata sotto un “exclusive
control”[50] del gestore al momento in cui il
danno fu cagionato. Infatti, anche i clienti avrebbero avuto la
possibilità di gettare la sedia e sarebbe stato impossibile per il
gestore dell’hotel osservare per tutto il giorno il comportamento di
tutti i clienti affinché questi non gettassero delle sedie. Nella
situazione prospettata in questo caso, il giudice affermò che il gestore
aveva adempiuto al suo obbligo di ragionevole diligenza e quindi non venne
ritenuto responsabile per il danno subito dall’attore.
In questa sentenza può notarsi
che il giudice non abbia voluto ampliare la responsabilità per il
risarcimento al gestore o al proprietario dell’hotel, fondandola solo
sulla gestione dell’hotel da cui la sedia cadde, anche se questi
avrebbero potuto poi godere anche di un diritto di rivalsa contro
l’autore. Dal fatto che si faccia riferimento ad un esame del dovere di
diligenza, mi pare che risulti che il giudice americano, qui, in relazione al
problema discusso, abbia preferito applicare comunque il principio della colpa.
Tra il materiale riguardante altri paesi che sono
riuscita ad analizzare, sono rimasta sorpresa che il codice civile etiopico del
1960 abbia previsto l’actio de
effusis vel deiectis in questi termini: il possessore dell’edificio
è tenuto per qualsiasi danno causato dalla cosa caduta
dall’edificio (art. 2084-4. Objects
falling from a building)[51]. Il dato testuale della disposizione normativa non
sembra permetta di distinguere se la cosa caduta sia una parte
dell’edificio né la causa per cui questa sia caduta. La
fattispecie è considerata un danno relativo all’edificio (art.
2077-Buildings) ed inserita nel
titolo dei quasi-delitti con una responsabilità che quindi deriva
direttamente dalle disposizioni di legge, anche se il possessore non avesse una
propria colpa per il danno cagionato.
Non mi pare un fatto casuale la presenza di un istituto
del diritto romano nel C.c. etiopico del 1960, perché questo è il
risultato del lavoro svolto per 6 anni da René David, un celebre
giurista francese, specialista di diritto comparato, che ha lavorato su invito
dell’imperatore Hailé Selassié, ed ha realizzato un trapianto
del diritto civile europeo della tradizione romanistica. A mio avviso è
particolarmente rilevante e significativo che vi siano nel codice civile etiope
previsioni riguardanti l’actio de
effusis vel deiectis mentre queste sono assenti anche nello stesso C.c.
francese. Il C.c. etiopico è tuttavia, a ben vedere, il risultato di 150
anni ulteriori riflessioni teoriche e di esperienze pratiche che hanno fatto
seguito alla promulgazione del C.c. francese[52]. I redattori furono, inoltre, studiosi con solide
conoscenze di diritto comparato, il che dovrebbe forse spingerci a riflettere
sul valore reale dell’actio de
effusis vel deiectis inserita, appunto, anche da René David in
questo codice africano.
Accanto alle speranze riposte da David in
quest’ultimo codice[53], può venire in rilievo l’importanza e
l’impatto che questa azione romana potrebbe avere non soltanto con
riferimento all’Etiopia o all’Africa, ma qualora inserita nel
disegno di un codice civile moderno per il sistema giuridico romanistico.
In Cina, questa antica disciplina è stata ripresa
nella nuova Legge sulla responsabilità da illecito civile della
Repubblica Popolare Cinese del 2009 (d’ora in avanti, la “Legge del
2009”), in particolare nelle previsioni riguardanti le fattispecie in cui
vi siano più responsabili. Anche se l’iter che ha portato all’elaborazione della Legge è
stato, sul punto, piuttosto lungo e tortuoso, con diverse discussioni che si
sono susseguite, nessuno può negare che, così come i pretori
romani, anche il legislatore cinese ha compiuto una scelta finalizzata
all’adozione di regole che potessero essere il più possibile
adeguate in riferimento alle condizioni sociali e quindi, tenendo conto delle
condizioni attuali in Cina, si è cercato di favorire la sicurezza
pubblica, dando una protezione speciale ai passanti che subiscono danni da cose
gettate.
Le norme della Legge del 2009 vedono come loro precedente
le disposizioni dettate nell’art. 126 della “Legge sui Principi
Generali di Diritto Civile della PRC” (Principi Generali), che già
prevedevano una disciplina parzialmente simile a quella dell’actio de effusis vel deiectis del
diritto romano. In tale art. si legge che “建筑物或者其他设施以及建筑物上的搁置物、悬挂物发生倒塌、脱落、坠落造成他人损害的,它的所有人或者管理人应当承担民事责任,但能够证明自己没有过错的除外” (“Qualora un
edificio od un’altra struttura crolli o qualcosa da un edificio si distacchi
o cada una cosa appoggiata o appesa, cagionando ad altri un danno, il
proprietario o gestore di esso/essa deve assumere la responsabilità
civile salvo che possa provare di non avere colpa”). Si ritiene che
tale norma sia quella che regola la “responsabilità per danni da
edificio”[54], e che includa le fattispecie del danno causato da: a)
la rovina dell’edificio stesso, b) la rovina di altra costruzione
(immobili), eccetto le cose accatastate[55]; c) la caduta delle cose poste o sospese
sull’edificio[56]. In rapporto al contenuto, l’art. 126 è una
imitazione del par. 836 del C.c. tedesco, ma con la particolarità che,
siccome non limita chiaramente le cose cadute a quelle che sono parte
dell’edificio, la caduta della cosa che è stata posta o sospesa da
una persona può anche essere inclusa come possibile fattispecie. Quindi,
la somiglianza con le fattispecie discusse in D.9.3.1.3 è del tutto
superficiale. La differenza è la seguente: nei Principi Generali,
è previsto un danno cagionato da una cosa, per il quale il proprietario
o il gestore è responsabile per la violazione del dovere di sorveglianza
e può liberarsi dalla responsabilità con la prova di assenza
della colpa propria[57]. Infatti, ci sono due responsabilità diverse
regolate nell’art. 126, una per la rovina dell’edificio od altra
struttura (come nell’art. 2053 del C.c. italiano vigente), un’altra
invece per il danno cagionato dalla cosa in custodia (come nell’art. 2051
C.c. it.), la quale, sotto il profilo della fattispecie, ha poche somiglianze
con l’actio de effusis vel deiectis,
e sono diversi i requisiti in base ai quali è individuato il
responsabile. In definitiva, può dirsi che prima della Legge del 2009,
non esisteva una regola esatta ed indipendente circa un’actio de effusis vel deiectis. Le
questioni alla luce dell’art. 126 potevano risolversi sia sulla base del
principio generale della colpa, sia con le regole riguardanti altre ipotesi di
responsabilità, come viene fatto nella maggior parte dei paesi europei.
La prima volta che si è venuti a riflettere
sull’actio de effusis vel deiectis
è stato nella Bozza del Codice Civile cinese del Dic. 2002, nella parte
8 della stessa riguardante la responsabilità per gli illeciti civili.
L’art. 55 era una copia dell’art. 126 dei Principi Generali;
l’art. 56 aveva previsto la situazione in cui non è possibile
individuare il colpevole effettivo dell’aver gettato le cose di sotto, e
recitava: “Qualora delle cose gettate, distaccate o cadute da un edificio
cagionino ad altri un danno e sia impossibile individuare il responsabile
specifico, tutti gli usuari dell’edificio sono tenuti responsabili per il
risarcimento, salvo che quelli che non riescano a provare di non essere il
concreto danneggiante”. Tale regola è stata ampiamente criticata
perché lede gli interessi di una pluralità di persone rendendo
“tutti gli usuari dell’edificio” responsabili nella
situazione in cui non si può individuare il responsabile nonostante che
il danno sia probabilmente derivato da una persona concreta a causa di una sua
condotta ingiusta[58].
Le prime due bozze della Legge del 2009 avevano
reintrodotto tale regola della bozza di C.c. cinese sotto il titolo
“Responsabilità per danno da cose”, questa regola venne
ripresa, con pochi cambiamenti, negli artt. numerati come artt. 82 e 83.
Nell’art. 82 [59] era stato, tuttavia, rimosso il vago riferimento al
“它的(di esso/essa)”[60] e “la responsabilità civile” era
stata sostituita con “la responsabilità da illecito civile”.
Tale articolo affermava ancora una responsabilità basata su di una colpa
presunta ed offriva, a colui che sarebbe stato ritenuto responsabile in base a
tale presunzione, il potere di agire in regresso nei confronti del colpevole
effettivo nel caso in cui fosse stato ritenuto responsabile sulla base della
presunzione. Invece, nell’art. 83 [61], prima era stata rimossa la fattispecie del danno
causato dalle cose distaccate dall’edificio, poi, ma in modo più
importante, era stato cambiato il responsabile con “l’usuario
dell’edificio, il quale è il probabile autore del danno”.
Nella terza bozza, tali articoli sono stati numerati come
artt. 85 e 86 senza che ne sia stato modificato il contenuto. Tuttavia, dopo
diverse discussioni e dibattiti, alcuni studiosi avevano proposto di rafforzare
la responsabilità per i crolli degli edifici, al fine di fare pressione
per un miglioramento della qualità dell’edilizia[62]. Nella quarta bozza, dunque, è stata separata la
fattispecie del crollo dell’edificio dalle fattispecie relative alla
caduta delle cose distaccatesi dall’edificio stesso e quelle poste o
sospese sull’edificio, prevedendo delle regole nell’apposito art.
86 [63]. L’articolo riguardante i danni causati dalle cose
gettate per le quali non fosse stato individuato chi le avesse fatte cadere
è stato, dunque, spostato in avanti come art. 87. Nella Legge del 2009,
quindi, l’art. 85 detta regole in riferimento al danno cagionato dalle
cose distaccatesi o cadute dell’edificio, l’art. 86 in riferimento
al danno cagionato dalla rovina dell’edificio stesso, e l’art. 87
si riferisce ai casi di danno cagionato dalle cose gettate o cadute in cui non
si possa però individuare l’autore della condotta né un
soggetto che possa ritenersi come responsabile di tale evento.
Alla fine, nella versione della Legge del 2009 che
è stata poi promulgata, il discusso art. 87 è stato modificato
nuovamente. “Il risarcimento” è stato sostituito con
“un indennizzo” per dar risalto al come la responsabilità
cui ci si riferisce in questo articolo non sia la “ordinaria” responsabilità
da fatti illeciti né una punizione nei confronti del responsabile quanto
piuttosto una spartizione delle perdite subite dal danneggiato sulla base di
criteri equitativi[64].
第八十五条建筑物、构筑物或者其他设施及其搁置物、悬挂物发生脱落、坠落造成他人损害,所有人、管理人或者使用人不能证明自己没有过错的,应当承担侵权责任。所有人、管理人或者使用人赔偿后,有其他责任人的,有权向其他责任人追偿。
Art. 85: “Qualora da edifici, da costruzioni o da
altre strutture, così come in relazione a cose appoggiate o appese,
alcunché si stacchi o cada cagionando ad altri un danno, il
proprietario, il gestore[65], l'usuario[66], che non riesca a provare di essere esente da colpa,
incorre nella responsabilità da illecito civile. Dopo che il
proprietario, il gestore, l'usuario abbiano risarcito, qualora vi siano altre
persone responsabili, essi hanno diritto di rivalsa nei confronti di queste
altre persone”.
第八十七条从建筑物中抛掷物品或者从建筑物上坠落的物品造成他人损害,难以确定具体侵权人的,除能够证明自己不是侵权人的外,由可能加害的建筑物使用人给予补偿。
Art. 87: “Qualora delle cose gettate o cadute da un
edificio cagionino ad altri un danno e sia impossibile individuare il concreto
danneggiante, l’usuario dell’edificio, il quale è il
probabile autore del danno, paga un indennizzo, salvo che non riesca a provare
di non essere il responsabile”.
Questi due articoli appartengono al Titolo XI,
Responsabilità per danno da cose (inanimate), che è considerata,
in Cina, una responsabilità speciale; il proprietario, il gestore o
l’usuario è tenuto per il danno causato dalla cosa che è
nella sua disponibilità, a causa di un difetto della cosa o di
un’omissione di sorveglianza[67].
La cosa ‘distaccatasi’ o ‘caduta’
a cui ci si riferisce nell’art. 85 indica due tipologie di oggetti: A) la
prima è quella costituita da parti dell’edificio stesso, ad es. le
piastrelle poste sulla facciata dell’edificio etc.; B) la seconda,
invece, è costituita dalle cose poste o sospese sull’edificio.
Queste possono ricomprendere: a) cose poste o sospese da persone, che possono
essere sia cose che abbiano la funzione di decorare l’edificio o di
sussidio alla funzione principale dell’edificio, ad esempio la scala di metallo
sulla torre, la fioriera metallica incastrata nel muro; oppure possono essere
quelle che non hanno alcun rapporto con l’edificio quali ad esempio la
tazza di caffè lasciata sul davanzale; b) cose che si trovano ad essere
poste o sospese a causa di eventi naturali, come, ad esempio, la neve sul tetto
o il ghiaccio sospeso alle gronde, etc.[68]. La determinazione del responsabile alla luce dei
criteri stabiliti dall’art. 85 avviene sulla base della cd. colpa per
custodia. Colui che avesse avuto, cioè, l’obbligo di sorvegliare
la cosa, ma non avesse provveduto ad evitarne la caduta, è considerato
responsabile per il danno arrecato dalla stessa ad altri. Quindi, per le cose
rientranti in A) ed in B)b) il responsabile è il proprietario, il
gestore o l’usuario dell’edificio, invece, per quelle rientranti in
B)a), a dover rispondere è il proprietario, gestore o l’usuario
della cosa che ha danneggiato[69]. Per evitare il risarcimento, il convenuto deve provare
di non avere colpa per il danno verificatosi o dimostrare l’esistenza di
una delle cause generali di esclusione della responsabilità.
Nell’art. 87 quella che è, invece, definita
come “cosa gettata” è quella che una persona ha gettato
dall’edificio,mentre quella che è definita come
“cosa caduta” è la cosa per la quale non può accertarsi
se sia stata gettata o meno da qualcuno. Il riferimento alla “cosa
caduta” è stato in realtà aggiunto successivamente,
perché alcuni studiosi hanno sottolineato il fatto che talvolta non si
può verificare se la cosa dannosa sia caduta a seguito della condotta di
una qualche persona o se sia caduta da sé e perciò è stato
ritenuto inappropriato limitare la fattispecie solo alla “cosa
gettata”. L’obiettivo essenziale per cui il legislatore ha
elaborato tale regola era quello di risolvere un ostacolo tecnico costituito
dalla impossibilità di determinare il responsabile sia secondo il
principio generale, sia in base alla responsabilità per danno di
edificio, sia in base alla responsabilità per danno da cosa in custodia.
Al fine di ripartire la perdita, il legislatore del 2009 ha cercato di dare un
rimedio al danneggiato prescrivendo direttamente che sia “l’usuario
dell’edificio, il quale è il probabile autore del danno” ad
indennizzarla perché “le persone che hanno in uso l’edificio
nel tempo in cui si sia verificato il danno, controllano tale edificio e le
cose che vi sono dentro, …quando non è determinabile altrimenti un
responsabile, è coerente con il buon senso individuarlo in loro”[70]. I giudici determinano una certa somma di denaro a
titolo di indennizzo sulla base delle condizioni finanziarie delle vittime e
degli abitanti. Non è precisato, nell’art. 87, se la
responsabilità fra i convenuti sia solidale o no, ma per gli studiosi, e
anche nella pratica, si è distribuita in eguale proporzione in base al
numero dei convenuti[71].
In sostanza, dunque, l’art. 85 è relativo a
fattispecie simili a quelle trattate in D.9.3.1.3, dove Ulpiano ha parlato
della caduta di una cosa sospesa sull’edificio quamvis nemo hoc effuderit. I legislatori cinesi, tuttavia, non
hanno seguito il criterio romano di rendere responsabile colui che abiti un
dato edificio, ma hanno previsto, con la responsabilità per danno da
cose, un istituto con cui si determina il responsabile in base ai rapporti di
proprietà o disponibilità della cosa che provoca il danno. In
genere, si è ritenuto che il proprietario, il gestore o l’usuario
abbia l’obbligo di aver cura della cosa che è nella sua
disponibilità, se tale cosa dovesse cadere si rientrerebbe allora in una
loro colpa-negligenza presunta iuris tantum
con altresì un’inversione dell’onere della prova,
perché secondo il principio di “vicinanza della prova”,
è più facile per il convenuto provare che non ha avuto colpa per
la caduta.
Invece, il contenuto dell’art. 87 è simile a
quello delle fattispecie discusse in D.9.3.1.10 a D.9.3.3 dove si considera una
pluralità di persone che abitano nello stesso edificio da dove è
stato provocato il danno e non si può individuare colui che ha gettato o
che sia responsabile della cosa caduta. Il legislatore cinese, come i romani,
con lo scopo di dare una tutela alla vittima e mantenere la sicurezza dei
luoghi frequentati dalla gente, ha dovuto scegliere se creare un apposito
istituto oppure utilizzare in via analogica uno già esistente. Sembra
evidente che abbia scelto la seconda strada, cioè la
responsabilità per danno da cose, tuttavia, il dettato
dell’articolo non sembra essere coerente con tale inquadramento. In
realtà, l’ambigua espressione impiegata nell’art. 87 è
in pieno contrasto con i principi essenziali di tutta la legge. Sebbene sembri
che il legislatore nel formulare tale regola avesse avuto la miglior
volontà di risolvere i problemi in modo adeguato, questa è stata
sin dagli inizi una delle regole maggiormente discusse. Per questo approfondisco
ora i termini della discussione che ha suscitato.
3. 3.1. La ratio sociale dell’elaborazione
dell’art. 87
Nel primo periodo successivo all’instaurazione
della Repubblica Popolare Cinese, erano in genere rari gli edifici alti più
di 8 piani; la maggiore parte dei cittadini abitava in case ad un solo piano, e
dunque i danni cagionati da cose gettate di sotto erano quasi del tutto
assenti. Dagli anni 80 del XX secolo, con la crescita della popolazione urbana,
la soluzione della costruzione di edifici con più piani, al fine di
arginare i problemi legati alla necessità di abitazioni, è stata
adottata su larga scala a Shanghai, Pechino ed è poi stata estesa alle
città di medie dimensioni ed a parte della stessa campagna[72]. Con l’attuazione di tale cambiamento, il numero
di danni causati dalle cose gettate giù dagli edifici è cresciuto
sempre di più[73]. Questi danni costituiscono una minaccia per la
sicurezza in particolare dei residenti delle città e le perdite che ne
derivano, umane ed anche in termini economici, sono elevate.
A mio avviso, salvo il cambiamento della tipologia di
abitazioni, ci sono altre cause che assumono rilievo in riferimento a tale
problema: 1) Le cattive abitudini acquisite quando si viveva in case con un
piano solo o una corte: prima dell’inurbamento, in campagna, era normale
l’abitudine di versare l’acqua o gettare i rifiuti direttamente nel
proprio cortile. Purtroppo, alcune persone non riescono a smettere di farlo
dopo essersi trasferite nel piano alto di una nuova casa, anzi alcune di loro
arrivano addirittura a pensare che non possa essere attribuito a loro il fatto
che qualcuno risulti colpito. Tale problema esiste anche nelle metropoli[74]; 2) la mancanza di un’efficiente gestione delle
proprietà comuni: la gestione delle proprietà comuni, infatti,
è un fenomeno nuovo[75] e manca ancora un sistema di controllo effettivo sia
dell’accesso nei condomini sia delle cose che ogni condomino può o
non può porre sul balcone o in altri spazi comuni; 3)
l’inefficienza delle indagini giudiziarie: dopo il verificarsi del danno,
date le circostanze spesso complesse, è difficile individuare
l’effettivo colpevole[76].
3.3.2. La mancanza di
uniformità negli orientamenti giurisprudenziali
Prima dell’elaborazione della Legge del 2009, quando
si verificavano danni da cose gettate di sotto e non si poteva individuare chi
fosse stato il danneggiante, la vittima spontaneamente provava a citare in
giudizio tutti gli abitanti dell’edificio da cui gli oggetti erano stati
gettati ed attendeva poi la decisione dei giudici. Tuttavia,
nell’affrontare tali questioni, i giudici cinesi, non potendo creare
diritto, erano da una parte vincolati dalle teorie tradizionali sulla
responsabilità extracontrattuale e dalle regole di diritto processuale,
dall’altra parte provavano empatia per la vittima e cercavano sempre di
darle un risarcimento. Alla luce di ciò sono venute a registrarsi
decisioni diverse per casi simili, creandosi confusione. Si riportano ora, a
titolo esemplificativo, 3 casi:
a) Caso verificatosi a Chongqing[77]. I giudici hanno applicato l’art. 4 della
Interpretazione n. 20 del 2003 della Corte Suprema relativa a talune questioni
riguardanti l’applicazione della legge nei giudizi di danni alla persona,
che detta disposizioni in riferimento agli illeciti provocati con atti
pericolosi posti in essere da più autori[78] ed hanno deciso che il convenuto, se non può
provare che il danno non sia stato causato dal suo comportamento, deve assumere
la responsabilità per il danno subito dall’attore, e che “tutti
gli abitanti dell’edificio devono assumere la responsabilità
solidale a causa del fatto che non si può verificare chi sia stato il
proprietario della cosa che ha cagionato il danno”.
b) Caso verificatosi a Jinan[79]. Il giudice ha considerato il caso come un caso di
normale atto illecito ed ha applicato il principio della colpa. L’attore
avrebbe, dunque, avuto l’onere di provare l’atto dannoso compiuto
da una persona determinata, il danno reale, il nesso causale e la colpa del
danneggiante. Poiché, tuttavia, l’attore non è riuscito a
fornire prove circa gli altri tre elementi salvo il danno, il giudice ha
respinto la domanda.
c) Caso verificatosi a Shenzhen[80]. Il giudice del tribunale di primo livello non ha
accolto la domanda con cui si chiedeva che tutti gli abitanti dividessero tra
di loro la responsabilità di risarcire un danno causato da un
danneggiante indeterminato, accogliendo invece la domanda in base alla quale
era richiesto che fosse ritenuta responsabile l’impresa che gestiva le
proprietà comuni per aver omesso di adempiere al dovere di stipulare
un’assicurazione. Ha deciso che la società di gestione del
condominio assumesse responsabilità contrattuale per il 30% del
risarcimento del danno. Molto interessante è, tuttavia, osservare che in
grado di appello tale sentenza sia stata modificata, proprio nel mese
precedente all’entrata in vigore della Legge del 2009, eliminandosi la
responsabilità della società di gestione condannando, invece,
tutti i settantaquattro proprietari
della parte da cui è derivato il danno a pagare un indennizzo di 4000
RMB ciascuno[81].
Il primo dei giudizi ha suscitato critiche relative al
fatto che la decisione era carente in rapporto alla determinazione della natura
del caso ed all’applicazione dei principi in materia probatoria. Il
secondo, anche se basato su una stretta applicazione delle regole giuridiche,
negando il risarcimento alla vittima ha creato disappunto presso
l’opinione pubblica. Nel terzo giudizio, il giudice del tribunale di
primo livello ha provato ad individuare la responsabilità in modo
più chiaro e determinato: poiché, infatti, il danno era stato
prodotto dal vetro di una finestra, è stato più semplice far leva
sull’omissione da parte dell’impresa di gestione della proprietà
condominiale piuttosto che non determinare il colpevole effettivo. Da tali
giudizi può comunque vedersi come anche i giudici non fossero ancora
riusciti a trovare delle soluzioni adatte a poter risolvere tutti i problemi.
3.3.3 Le discussioni
tra gli studiosi circa l’azione per il danno causato dalle cose gettate o
cadute di sotto
Sin dai primi giudizi successivi all’emanazione
della Legge del 2009, le discussioni tra gli studiosi hanno principalmente
avuto ad oggetto l’articolo 87, in riferimento al quale le voci critiche
sono ben maggiori di quelle favorevoli.
I favorevoli alla regola dell’art. 87 ritengono che
essa abbia risolto un grande problema della pratica, raggiungendo lo scopo e la
funzione della Legge del 2009 di promuovere l'armonia e la stabilità
della società. Essi sostengono che l’art. 87 si basa non su di una
presunzione di colpa, ma sul rapporto di causalità. Tali studiosi
pensano dunque che questa sia coerente con la teoria della ripartizione della
responsabilità trasferendo la perdita della vittima agli abitanti che
hanno avuto la possibilità di cagionare il danno e che hanno la
capacità di compensarlo. L’articolo 87 non detterebbe quindi una
regola che viola l’equità del diritto, ma ne dimostrerebbe bene lo
spirito umanitario con una tutela adeguata alla protezione degli interessi
individuali. Inoltre, tale regola avrebbe la funzione di ridurre i rischi in
termini di sicurezza pubblica: gli abitanti, che non avessero voluto correre il
rischio di dover indennizzare la vittima, avrebbero dovuto gestire in modo
migliore la propria famiglia e proprietà, usando in modo più
adeguato anche gli spazi comuni dell’edificio in cui abitano. Nel
contempo, con riguardo alla critica secondo cui è ingiusto far sì
che degli abitanti innocenti possano dover pagare l’indennizzo, alcuni
studiosi hanno sottolineato che, in concreto, i convenuti possono escludere la
propria responsabilità fornendo la prova di non aver contribuito alla
caduta degli oggetti che hanno cagionato i danni. Quindi non è iniquo
neanche per gli abitanti.
Vi sono, tuttavia, come detto, molti che invece hanno
un’opinione contraria alla previsione di una azione per il danno
cagionato dalle cose gettate di sotto nei casi in cui non vi sia un
danneggiante determinato[82]. Le ragioni poste a fondamento di tale opinione sono: a)
non vengono soddisfatti i requisiti previsti per la responsabilità da
illecito. Secondo le teorie tradizionali, infatti, i due elementi essenziali
per determinare la responsabilità sono l’atto illecito ed il danno
causato sia per il danno provocato in base ad una colpa sia per il danno
cagionato da comportamenti pericolosi. Quindi, non deve essere attribuita
responsabilità ad una persona se non ha agito in modo illecito[83]; b) la compensazione pecuniaria data dagli abitanti
dell’edificio a seguito del giudizio civile non può svolgere il
ruolo di un’assicurazione sociale o di una compensazione da parte dello
Stato. Il trasferimento della compensazione dallo Stato, che è tenuto a
farsi carico egualmente per tutti i membri della comunità di eventuali
compensazioni, ad alcuni abitanti dell’edificio da cui le cose sono
gettate di sotto, non è coerente rispetto al principio dell’Equality in Public Burden[84]; c) nel campo della responsabilità da illeciti,
è un problema frequente che il colpevole sia difficile da determinare e
quindi non vi è bisogno di stabilire una regola speciale volta ad
espandere la cerchia dei convenuti, altrimenti si rischia di prevedere una
responsabilità per dei convenuti per qualcosa che non hanno mai fatto[85]. Tale utilizzo di un’azione come un “株连(zhulian)”[86] del diritto moderno non è accettabile[87]. Anche i
giudici della Corte Suprema ritengono che non sia equo far sì che tutti
gli abitanti debbano partecipare alla divisione del risarcimento, ritenendo che
questa sia “una norma che manca di giustizia” nei confronti di tali
“responsabili”[88].
Vi sono, inoltre, degli altri studiosi che restano
neutrali rispetto a tali discussioni, da un lato riconoscendo la presenza di
difetti nell’articolo 87, dall’altro non disconoscendone, comunque,
il significato pratico di riuscire a risolvere un problema reale[89]. Yang Lixin, ad esempio, sostiene che “questa
regola non è né l’incarnazione della morale socialista,
né può definirsi come una norma cattiva, è semplicemente
l’ultima possibile scelta di fronte alla <bassa> moralità
dei cittadini”[90].
Insomma, considerata la frequenza e la gravità dei
danni che in Cina sono causati da cose gettate, sono d’accordo con
l’accettare l’articolo 87. Allo scopo diretto di dare un rimedio a
favore della vittima, si realizza la condivisione del danno fra più
persone; allo scopo di diminuire in futuro il danno da cose gettate o cadute di
sotto, esso è l’unico modo per indurre gli usuari degli edifici a
prendere le misure preventive, cioè a regolare il proprio comportamento
e quello delle persone nella loro potestà, a custodire bene le cose
dentro al loro appartamento, e sviluppare una migliore co-gestione e
co-manutenzione degli spazi pubblici. Questo è coerente con la finalità
della Legge del 2009.
3.3.4. I difetti
dell’articolo 87
Tuttavia, ci sono anche dei difetti che sarebbe difficile
non riconoscere:
a) Il principio di responsabilità stabilito
nell’art.87 è vago.
Considerato il titolo a cui l’art. 87 appartiene
(“Responsabilità per danno da cose”) e il termine usato:
“l’usuario dell’edificio”, dovrebbe costituire una pura
responsabilità per danno da cose, come fatto nella Bozza del C.c.
cinese, rendendo responsabili tutti gli usuari dell’edificio (oppure
della parte da dove sia caduta la cosa). La ragione di tale
responsabilità è legata all’utilizzabilità
dell’edificio e dello spazio interno che fonda un obbligo di provvedere
ad evitare il danno cagionato da persone o cose nel proprio spazio di
utilizzazione dell’edificio. L’usuario sarà responsabile con
una presunzione di omissione di sorveglianza, ed egli potrà liberarsi
provando che l’evento di danno si è realizzato senza una sua
colpa. Però i legislatori hanno cercato di delimitare la cerchia degli
usuari dell’edificio potenzialmente perseguibili facendo riferimento
all’usuario che “è il probabile autore del danno”
rompendo così la struttura della responsabilità per danno da
cose, e riportando la discussione sull’atto illecito e sul principio
della colpa, prospettando che la ragione per cui l’usuario deve assumere
la responsabilità non è che egli gode dei vantaggi
dell’edificio o che è obbligato alla sorveglianza, ma
perché lui è la persona che, probabilmente, ha gettato di sotto.
La responsabilità si trasferisce quindi a questi convenuti soltanto per
“la incapacità” sia dell’attore che dei giudici di
identificare la persona che ha commesso l’illecito per una propria colpa.
Invece, in realtà, secondo il principio della colpa, la maggioranza dei
convenuti non ha il minimo rapporto con il danno (ed è possibile che
ciò sia vero anche per tutti i convenuti, se un terzo entrato senza
permesso ha gettato di sotto qualcosa da uno spazio comune).
b) L’onere della prova stabilito nell’art. 87
è irragionevole.
Secondo i criteri generali della responsabilità,
sarebbe ragionevole che per una responsabilità senza colpa degli
abitanti, il convenuto possa liberarsi indicando colui che ha compiuto
l’atto di gettare; oppure, secondo i criteri per la responsabilità
per danno da cose con presunzione di colpa, l’usuario dovrebbe poter
eliminare la propria responsabilità provando di non avere colpa. Invece,
l’art. 87 parla di un “usuario dell’edificio, il quale
è il probabile autore del danno” che deve provare di non essere il
danneggiante, cosa che è meno ragionevole, perché è come
sospettare di uno e richiedergli di provare la sua innocenza mentre vi è
già, prima del giudizio, una presunzione che sia colpevole. Non
è, infatti, logico che un convenuto debba provare di non avere mai avuto
la cosa dannosa o di non avere mai compiuto l’azione illecita di per
sé. Invece, anche se il convenuto avesse potuto provare che non stava
nell’edificio al momento in cui si è verificato il danno, non
significa che può liberarsi dalla responsabilità perché il
danno potrebbe essere stato cagionato anche dalla caduta di una sua cosa senza
la condotta umana[91].
c) I problemi riguardanti l’indennizzo scaturente
dall’art. 87.
Come già detto, per superare i problemi legati
all’imputabilità dei responsabili, il legislatore ha sostituito,
nell’articolo 87, il riferimento alla responsabilità da fatti
illeciti con quello ad un “indennizzo”. Nella pratica, però,
quello della determinazione della quantità di denaro che ogni
corresponsabile deve pagare è ancora un problema da risolvere. Sembra
che non sia adeguato né il rimedio della divisione del quantum di indennizzo in parti uguali,
né quello della divisione posta in essere sulla base della situazione
finanziaria dei responsabili.
d) La possibilità che l’art. 87 porti anche ad
un abuso di impiego dell’azione che si fonda su di esso.
Vi è stato, ad es., a Chonqing il caso in cui
l’attore era stato colpito da un cane caduto dal piano superiore
dell’edificio. La vittima ha esercitato l’azione contro tutti gli
abitanti dei ventinove appartamenti dei piani superiori. Il giudice ha ritenuto
che si trattava di danno cagionato da animale, ed ha deciso negando la pretesa
dell’attore per non avere questi identificato il proprietario o la
persona che aveva in custodia quel cane. L’attore ha proposto poi appello
ed il giudice di secondo grado ha ritenuto che si trattava di danno da cosa
gettata di sotto (cioè di quanto nella fattispecie regolata
nell’art. 87) e quindi ogni convenuto, in base alla regola della “vicinanza
alla prova”[92], dovette provare di non essere stato egli stesso il
responsabile del danno[93]. Siamo cioè di fronte alla concorrenza di due
prospettive di responsabilità. Qualora non ci fosse l’art. 87,
tale problema sarebbe stato risolto con la responsabilità del danno da
animale in base all’art. 78 della legge, secondo il quale la persona che
possiede/alleva o custodisce l’animale deve assumere la
responsabilità oggettiva per quasi tutti i danni cagionati
dall’animale, perché è un’attività rischiosa
avere un animale ed il proprietario o colui che lo custodisce ha
l’obbligo di sorvegliare l’animale. Perciò, se uno è
danneggiato da un animale, deve citare in giudizio il proprietario o il custode
dell’animale con la prova del fatto che questi avesse avuto
‘disponibilità’ dell’animale. Se, invece, egli non
dovesse riuscire ad ottenere adeguate prove per identificare il convenuto non
potrebbe allora avere successo in giudizio. Tuttavia, dopo che è stato
introdotto l’art. 87, l’attore potrà evitare di farsi carico
di tutto ciò citando più convenuti che possono essere
identificati quasi senza alcuna difficoltà. I convenuti, e cioè
“l’usuario dell’edificio, il quale è il probabile
autore del danno”, invece, in base alla regola della “vicinanza
della prova”, quasi non possono liberarsi dall’obbligo
dell’indennizzo, non essendo per loro facile indicare il vero
responsabile perché spesso, in un grande condominio, non si conosce chi
sia stato il proprietario di un piccolo animale (come provare che uno aveva una
piccola tartaruga?).
Certamente, però, per l’attore provarlo
è ancora più difficile, e la norma dell’art. 87 lo tutela
nei confronti di questa difficoltà, e lo avvantaggia (essa, però,
può anche indurre i vicini, ai quali è addossata una
responsabilità, a dire quello che sanno che, altrimenti, potrebbero
essere indotti a non dire)[94]. Il vantaggio dell’attore in base all’art.
87 ha come conseguenza il trasferimento del suo danno su più persone
anche innocenti, e ciò potrebbe accadere anche se lui dovesse sapere chi
sia il concreto danneggiante, ma dovesse preferire non indicare per motivi
diversi da quelli della impossibilità di individuarlo e quindi abusando
della norma (ad es., perché ritiene che sia patrimonialmente non in
grado di risarcire il danno in base all’entità dello stesso, o
perché teme che questi sia in grado di provare di essere esente da colpa
ai sensi dell’art. 85). Tali aspetti, ovviamente, non possono essere
ignorati, e ci si può chiedere se le esigenze di ‘sicurezza di
coloro che passano nei luoghi pubblici’, che si è visto essere
state a fondamento già dell’editto del pretore romano, non debbano
essere tutelate anche con altri strumenti che integrino l’articolo in
esame.
3.3.5. Proposte per migliorare
il quadro complessivo della normativa relativa ai danni dalle cose gettate o
cadute di sotto
3.3.5.1. La regola
dell’art. 87 dovrebbe essere migliorata
a) In primo luogo, a mio avviso sarebbe meglio che
l’art. 87 adottasse il criterio che la responsabilità in esame si
riferisce solo agli usuari della parte dell’edificio da dove il danno
è stato prodotto[95] (questa limitazione, in verità, può essere
anche realizzata in base alla sola interpretazione storica [supra e n. 25-27] e logica, dato che si
tratta di responsabilità suppletiva [infra]
per il caso in cui non si possa provare la responsabilità di
danneggiante concreto).
b) Inoltre, l’evento di danno preso in esame viene
classificato fra i quasi-delitti, che includono figure nelle quali la responsabilità
può anche essere fondata su fattispecie tipiche che la estendono alla
considerazione di situazioni nelle quali non vi è colpa propria o delle
persone in propria potestà. Ciò premesso, in rapporto all’evento
di danno qui preso in esame, l’individuazione del responsabile si fonda
sul criterio dalla disponibilità dell’edificio, o di parte di
esso, cioè dall’esserne un usuario stabile. Questo criterio
è connesso e limitato dall’essersi il danno verificato in luogo
pubblico o aperto al pubblico, limitazione, anche questa che scaturisce dalla
interpretazione storica e logica e che potrebbe essere resa esplicita.
c) In terzo luogo, gli usuari assumono questa
responsabilità solo se non può essere individuato con prove
adeguate uno specifico responsabile che usa la parte dell’edificio dalla
quale sia derivato l’evento, il quale, peraltro, incorre in
responsabilità solo se non riesca a provare di essere senza colpa. La
responsabilità degli usuari, nel loro complesso, è quindi solo
suppletiva. Essa non dovrebbe essere in solido a carico di uno di loro, ma
ciascuno è tenuto per la propria quota: ciò si deduce, infatti,
dal fatto che il diritto di rivalsa, di cui all’art. 85, non si riferisce
a loro, ma al responsabile specifico che, nella propria abitazione può
avere tollerato condotte improprie di altri e quindi può rivalersi nei
loro confronti. Tuttavia, a mio avviso, si dovrebbe dare agli usuari un diritto
di rivalsa nei confronti del responsabile specifico del danno dal momento in
cui questo sia individuato.
3.3.5.2. La
comunità dovrebbe rafforzare le misure preventive
È certo che, per risolvere bene il problema
discusso, non sono sufficienti solo le regole della legge sulla
responsabilità extracontrattuale; devono essere migliorate altre misure
preventive:
a) è da raccomandare che ci si equipaggi con sistemi
avanzati di monitoraggio per i luoghi in cui i danni accadono con maggiore
frequenza, facendo sì che vi possano poi essere delle prove nel caso in
cui dovessero verificarsi dei danni. Ad Hong Kong, è stato organizzato
un gruppo formato da personale della polizia in pensione, equipaggiato di
apparecchiature elettroniche avanzate al fine di svolgere attività di
controllo in particolare con riguardo alle cose gettate di sotto[96]. L’esperienza e la pratica di Hong Kong possono
essere emulate anche in altri luoghi.
b) Sono da rafforzare gli obblighi delle società di
gestione dei condomini e il sostegno finanziario per la gestione degli
immobili. Nell’agosto del 2007, il governo centrale cinese ha modificato
il Regolamento sulla Gestione degli
Immobili e poi i governi locali hanno emanato le discipline di dettaglio
relative a tale Regolamento. Vi sono, tuttavia, delle norme troppo astratte che
sono difficili da applicare compiutamente[97]. Inoltre, in molti dei condomini meno nuovi così
come nelle aree meno sviluppate, gli abitanti non intendono pagare molto per la
gestione di quanto comune. Ritengo, dunque, che parallelamente ad un
rafforzamento degli obblighi legati alla sicurezza in capo alla società
di gestione dei condomini, i governi locali dovrebbero aumentare il sostegno
finanziario per la gestione degli immobili e far sì che venga migliorato
il livello di gestione. In tal modo possono essere individuati e rimossi per
tempo elementi di pericolo negli edifici stessi o negli spazi comuni
così come si può controllare in modo più efficace
l’ingresso dei terzi nei condomini limitando la possibilità che
questi possano cagionare dei danni.
3.3.5.3. Le
autorità pubbliche dovrebbero svolgere un ruolo più incisivo
a) Avvalendosi delle investigazioni della polizia nella
preparazione del processo civile. Nella vigente disciplina del processo civile
in Cina, i giudici decidono basandosi principalmente sulle prove proposte dalle
parti, senza che sia prevista una partecipazione investigativa della polizia[98]. Recentemente, però, in un numero sempre maggiore
di processi civili, viene richiesto il supporto della polizia con le proprie
tecniche investigative per la determinazione del colpevole o del quantum della perdita pecuniaria prima
che sia proposta l’azione o nelle fasi iniziali della procedura anche se
appunto non si tratta di casi di ambito penale bensì civile. Mentre
nella pratica fino ad ora, in riferimento al danno causato dalle cose gettate o
cadute di sotto l’investigazione dalla polizia cessa dopo che sia stata
esclusa la possibilità di un illecito penalmente rilevante, lasciando
sola la vittima nel proporre il processo civile, tale intervento dovrebbe
estendersi anche in tali circostanze.
b) Rafforzando le regole sull’intervento delle
autorità amministrative di controllo riguardanti il gettare di sotto o
la caduta di oggetti dagli edifici o di cose poste o sospese
sull’edificio. La soluzione fondamentale al fine di arginare il
verificarsi di tali tipologie di danni è quella di far sì che,
nella loro attività quotidiana, gli organi della pubblica
amministrazione contribuiscano ad eliminare i pericoli ed impediscano che
comportamenti dannosi siano posti in essere. Nei fatti, quasi in ogni città
cinese esistono delle norme di diritto amministrativo aventi ad oggetto tali
questioni. Tuttavia, non si riesce a proibire o reprimere in modo efficace le
attività degli abitanti degli edifici o a promuovere una tutela
diligente del patrimonio da parte, appunto, dell’avente diritto sullo
stesso[99]. Quindi, le pubbliche amministrazioni ed i governi
locali dovrebbero rafforzare i controlli riguardanti casi in cui oggetti sono o
possono essere gettati di sotto. Uno strumento di prevenzione importante
potrebbe essere quello di attribuire ad ogni cittadino il potere-dovere di
compiere denuncia e richiedere che l’organo amministrativo preposto
adotti le misure preventive idonee per eliminare il pericolo e punire anche
coloro che pongano in essere tali comportamenti pericolosi pur se a questi non
abbia poi fatto seguito il verificarsi di un danno ad altri (non si tratterebbe
di una azione come quella de positis ac
suspensis ricordata sopra, ma di una denuncia alla amministrazione).
3.3.5.4. Le
autorità amministrative potrebbero articolare delle sanzioni
amministrative mirate e educative nei confronti degli usuari di edifici che non
si adeguano alle esigenze del modo di abitare in essi
Quanto al tipo di sanzioni amministrative, può
seguirsi l’esempio delle misure adottate ad Hong Kong che collegano il
porre in essere comportamenti inadeguati con delle conseguenze negative in
rapporto all’accesso a benefici sociali per l’autore di tali
comportamenti: se un soggetto frequentemente getta di sotto cose o si rifiuta
di sistemare le sue cose poste in modo pericoloso viene privato della
possibilità di prendere in locazione o acquistare l’abitazione con
sovvenzioni del governo, o viene abbassato il suo rating per i casi in cui intendesse ricorrere al credito per
acquistare un’abitazione[100]. Anche la Cina continentale potrebbe stabilire tale
registrazione della capacità personale di adeguamento alle esigenze
della convivenza negli edifici con molti inquilini nelle città di grandi
dimensioni[101].
Around
the 4th century BC,in order to protect the public
safety, praetors of Roman Public enacted an edict about actio de effusis vel deiectis which made the
“abitante”, regardless
of whether he is at fault or not, responsible for the damages caused by something
threw down o fallen down from the tall building where he lives. And this is the
so-called quasi delictum that is
different from the delictum.
Afterwards, they added actio de positis
vel suspensis to further reduce the possibly happened damages for the same
reason. Since the first modern civil code in 1804, there are two different
attitudes to this roman tradition: most European countries, also
Anglo-Saxon’s, already gave it up by concluding this kind of damages into
the field of general principle of fault; on the contrary, however, most Latin
American countries and few African country still reserved it as quasi delictum in their civil codes. The
earlier Chinese civil law, affected by Soviet Civil Code and German theory, did
not consider the actio de effuses e
deiectis either. But since the year of 2000, as a great many of changes
have taken place in residential forms and settlement patterns, serious physical
damage and property loss happen frequently in large and medium-sized cities.
Whereas, for a lack of proof and testification, the victims are always hard to
obtain compensation according to the civil law at that time. The same
difficulties that the roman jurists used to faced with has raised a heated
debate in China, and finally, the Chinese Tort Law of 2009, for the same
humanized purpose as the roman jurists used to have, set the liability of harm
caused by object thrown out of a building or falling down from a building (art.
87). But different from the roman tradition, art. 87 asks “the users of
the building who possibly commit the tort but those who can prove that they are
not the tortfeasor” to make indemnity, which is still the liability of
fault but in disguises. The problem is, although the provision of art. 87
provides the victims a way to obtain legal relief, it caused a new injustice to
the “person liable” at same time for its intrinsic legal drawbacks
in logic by making a presumption of wrongful behavior under the principle of
fault. In the author’s opinion, the right way to revise art.87’s is
to follow the roman tradition, that is, adopting the liability caused by object
under control as its theoretical support and forcing the actual users of the
part of building where damages occurred to undertake supplementary liability
when they can’t track out the real tortfeasor. In the meantime, for the
purpose of minimizing the damages caused by object thrown down or fallen down
from the tall building, Chinese government should make a great effort in the
regulation of community property management, the investigation and supervision
of the police and the development of social insurance and security system.
[Per la pubblicazione degli articoli della
sezione “Tradizione Romana” si è applicato, in maniera
rigorosa, il procedimento di peer review. Ogni articolo è stato
valutato positivamente da due referees,
che hanno operato con il sistema del double-blind]
* L’autrice è membro del Centro di Ricerca sul Diritto Civile e
Commerciale (CCCL) e Centro di Diritto Romano dell’Università del
Popolo della Cina, Assistente Professoressa della Facoltà di
Giurisprudenza della stessa Università. Dottoressa di Diritto Romano.
[1] Per la traduzione in italiano di tale legge, si veda S.
PORCELLI, in Roma e America. Diritto romano comune, 28/2009, 229 ss.
[2] Cfr. S. SCHIPANI, Contributi
romanistici al sistema della responsabilità extracontrattuale, G.
Giappichelli Editore, Torino, 2009, 104.
[5] D.9.2.31 (Paul.10 ad
Sab.): […] Sed Mucius etiam dixit, si in privato idem
accidisset, posse de culpa agi: culpam autem esse, quod cum a diligente
provideri poterit, non esset provisum aut tum denuntiatum esset, cum periculum
evitari non possit […].
[7] D.9.3.1.3 (Ulp. 23 ad
ed.): Quod, cum suspenderetur,
decidit, magis deiectum videri, sed et quod suspensum decidit, pro deiecto
haberi magis est. proinde et si quid pendens effusum sit, quam vis nemo hoc
effuderit, edictum tamen locum habere dicendum est.
[9] D.9.3.5.3 (Ulp. 23 ad ed.): Si horrearius aliquid deiecerit vel effuderit aut conductor apothecae
vel qui in hoc dumtaxat conductum locum habebat, ut ibi opus faciat vel doceat,
in factum actioni locus est, etiam si quis operantium deiecerit vel effuderit
vel si quis discentium.
[11] D.9.3.1.7 (Ulp. 23 ad ed.): Si filius familias
cenaculum conductum habuit et inde deiectum vel effusum quid sit, de peculio in
patrem non datur, quia non ex contractu venit: in ipsum ita que filium haec actio competit.
[12] L’esclusione
dell’abbandono nossale del figlio in età di Giustiniano ci
è attestata in I. 4.8.7; ma già precedentemente il figlio veniva
ammesso a difendersi processualmente se il padre non ne assumeva la difesa (D.
9.4.34-35).
[13] D.9.3.1.8 (Ulp. 23 ad ed.): Cum servus habitator
est, utrum noxalis actio danda sit, quia non est ex negotio gesto? an de
peculio, quia non ex delicto servi venit? Neque enim
recte servi dicitur noxa, cum servus nihil nocuerit.
È da notare
che è appunto chiarito che servus
nihil nocuerit, cioè non vi è una sua condotta dannosa. Non
ci si può nascondere che rimane non molto agevole la comprensione del
testo in relazione all’applicazione della clausola nossale indicata in D.
9.3.1pr. La stessa Glossa segnala tale difficoltà tentando di
individuare quando si applichi la clausola nossale e quando la punizione extra ordinem.
[14] D.9.3.1.8 (Ulp. 23 ad ed.):[…] sed ego puto impunitum servum esse non oportere, sed extra ordinem
officio iudicis corrigendum.
[15] D. 9.3.1.4 (Ulp. 23 ad ed.): […] culpa enim peneseum est.[…]; anche D. 9.3.6.2 (Pal. 19 ad ed.): Habitator suam suorum que culpam praestare debet.
[16] Cfr. F. Glück, Commentario
alle Pandette, lib. IX, tradotto ed annotato dall’avv. Prof. U.
Pranzataro, Milano, 1905, 86-87.
[20] D.9.2.11.4 (Ulp. 18 ad ed.): Si plures trabem
deiecerint et hominem oppresserint, aeque veteribus placet omnes lege Aquilia teneri.
[21] D. 9.2.45pr. (Pal. 10 ad Sab.): Scientiam hic pro
patientia accipimus, ut qui prohibere potuit teneatur, si non fecerit.
[22] Tab.12.2: Ex maleficio filiorum familias servorumque – noxales actiones proditae
sunt, uti liceret patri dominove aut litis aestimationem sufferre aut noxae
dedere.
[23] D.9.3.1.3 (Ulp. 23 ad ed.): Quod, cum suspenderetur, decidit, magis deiectum videri, sed et quod
suspensum decidit, pro deiecto haberi magis est. proinde et si quid pendens
effusum sit, quam vis nemo hoc effuderit, edictum tamen locum habere dicendum
est.
[24] Al Prof. S. Schipani sembra probabile che la
frase “culpa enim penes eum est”,
presente nel passo di Ulpiano, sia legata ad un intervento di compilatori o di
copisti che abbiano inserito una annotazione scritta al margine del testo. Vedi S. Schipani, Rileggere i Digesti. Contributi romanistici al sistema della
responsabilità civile.
Riassunto-schema delle lezioni (testo provvisorio ad uso interno del corso, riservato
agli studenti e integrativo del libro il cui studio non è limitato ai
punti richiamati nelle lezioni), “Sapienza” Università
di Roma, A.A. 2013-2014 < http://www.scienzegiuridiche.uniroma1.it/sites/default/files/docenti/schipani/DR13-14.pdf >, p. 50.
[25] Dal D. 9.3.1.10 al D. 9.3.5.2.
[26] D.9.3.5pr. (Ulp. 23 ad ed.): Si vero plures diviso
inter se cenaculo habitent, actio in eum solum datur, qui inhabitabat eam
partem, unde effusum est. Anche
D.9.3.5.2 (Ulp. 23 ad ed.): Interdum tamen, quod sine captione actoris
fiat, oportebit praetorem aequitate motum in eum potius dare actionem, ex cuius
cubiculo vel ex edra deiectum est, licet plures in eodem cenaculo habitent: […].
[27] D.9.3.5.2 (Ulp. 23 ad ed.): […] quod si ex
mediano cenaculi quid deiectum sit, verius est omnes teneri. Cfr. la puntuale sottolineatura che la
responsabilità si limitava a colui che abitava la parte specifica
dell’alloggio solo se sine captione
actoris fiat, cioè, se ciò poteva essere fatto senza un
pregiudizio per l’attore in relazione, evidentemente, alla prova della
provenienza di quanto versato da una o da altra parte.
[29] D.9.3.3 (Ulp. 23 ad ed.): Et quidem in
solidum: sed si cum uno fuerit actum, ceteri liberabuntur.
[30] D. 9.3.4 (Pal. 19 ad ed.): […] praestaturi
partem damni societatis iudicio vel utili actione ei qui solvit.
[31] D.9.3.5.5 (Ulp. 23 ad ed.): Haec autem actio,
quae competit de effusis et deiectis, perpetua est et heredi competit, in
heredem vero non datur […].
[32] D.9.3.7 (Gai. 6 ad ed. provinc.): Cum liberi hominis corpus ex eo, quod
deiectum effusumve quid erit, laesum fuerit, iudex computat mercedes medicis
praestitas ceteraque impendia, quae in curatione facta sunt, praeterea
operarum, quibus caruit aut cariturus est ob id, quod inutilis factus est.
Cicatricium autem aut deformitatis nulla fit aestimatio, quia liberum corpus
nullam recipit aestimationem.
[33] D.9.3.1pr. (Ulp. 23 ad ed.): […] si servus
insciente domino fecisse dicetur, in iudicio adiciam: aut noxam dedere.
[34] D.9.3.5.6 (Ulp. 23 ad ed.): Praetor ait:
"Ne quis in suggrunda protectove supra eum locum, qua "quo"
volgo iter fiet inve quo consistetur, id positum habeat, cuius casus nocere cui
possit. Qui adversus ea fecerit, in eum solidorum decem in factum iudicium
dabo. si servus insciente domino fecisse dicetur, aut noxae dedi iubebo".
[36] D.9.3.5.10 (Ulp. 23 ad ed.): Positum habere etiam is recte videtur, qui ipse quidem non posuit,
verum ab alio positum patitur: quare si servus posuerit, dominus autem positum
patiatur, non noxali iudicio dominus, sed suo nomine tenebitur.
[37] I.4.5.1: Item is, ex cuius cenaculo vel proprio ipsius vel conducto vel in quo
gratis habitabat deiectum effusumve aliquid est, ita ut alicui noceretur, quasi
ex maleficio obligatus intellegitur: ideo autem non proprie ex maleficio
obligatus intellegitur, quia plerumque ob alterius culpam tenetur aut servi aut
liberi. Cui similis est is, qui ea parte, qua vulgo iter fieri solet, id
positum aut suspensum habet, quod potest, si ceciderit, alicui nocere: quo casu
poena decem aureorum constituta est […]. (Vedi anche D. 44.7.5.5 di Gaio, sulla cui base è redatto
il testo delle I. e nel quale già troviamo una anticipazione della
classificazione dei c.d. quasi delitti).
[39] I.4.5.1:
[…] ideo autem non proprie ex maleficio obligatus intellegitur, quia
plerumque ob alterius culpam tenetur aut servi aut liberi […].
[40] Cfr. P. Peruzzi,
Progetto e vicende di un Codice civile
della Repubblica Italiana (1802-1805), Milano, 1971, 394.
[41] Trib. Verona, 8 Gen. 1992, in Foro Pad., 1993, I, 127, citato da Marco Rodolfi, La responsabilità civile sinistri stradali, codice delle
assicurazioni, immissioni ed altri fatti illeciti, IPSOA, 2007, 108, nota
96.
[43] Cfr. C. von Bar, Gemeineuropäisches
Deliktsrecht (cinese), vol. 1, Legal
Press, 2004, 297, nt. 1354; invece no per Francia dove si adopera
l’art. 1384, e per Italia dove si usa l’art. 2051.
[45] Vedi art. 955 della Bozza di Codice Civile della dinastia
Qing; art. 717 del C.c. giapponese del 1890, art. 191 del “Codice
civile” di Taiwan, art. 758 del C.c. coreano del 1958.
[46] Ad esempio, vi sono anche taluni autori che
ritengono che la responsabilità per danno da rovina dell’edificio
sia originata nell’actio de effusis
vel deiectis. Si veda Qinquan zeren
fa lifa beijing yu guandian quanji, Beijing, 2009, 1008.
[47] Cfr. S. Schipani, Contributi romanistici, cit.,
124.
[49] Larson v. St. Francis Hotel (District Court of Appeal of
California, 1948.83 Cal. App. 2d 210, 188 P. 2d 513), citato da Pan Weida, Casebook of Anglo-American Tort Law, High Education Press, 2005,
125-126.
[51] Il Codice civile è stato pubblicato sulla Negarit Gazeta in aramaico e in inglese,
ed è questa seconda che io uso.
[52] Cfr. Xu
Guodong, Il Codice civile
etiopico, il risultato delle due riforme, Scienza Giuridica, 2002, vol. 2,
62-74.
[53] Cfr. Xia
Xinhua, René David e il
Codice Civile Etiopico, West Asia and Africa, 2008, vol. 2, 58-63.
[54] Cfr. Wang Liming
& Yang Lixin, Tort Law, Legal Press, 2002, 292-294.
[55] Interpretazione della Corte Suprema
della Legge sui Principi Generali di Diritto Civile della PRC, art. 176: «Qualora delle cose
accatastate crollino provocando un danno ad altri, la persona che ha colpa per
il danno assume la responsabilità civile. Qualora nessuna delle persone
coinvolte abbia colpa, la questione deve essere accuratamente risolta alla luce
del principio di equità».
[56] Cfr. Wang Liming,
Yang Lixin, Tort Law, cit.
294-295.
[57] Cfr. Wang Liming,
Yang Lixin, Tort Law, cit.
296-297.
[58] Cfr. La Spiegazione e le Norme Relative alla Legge sulla
responsabilità da illecito civile della Repubblica Popolare Cinese,
a cura della Commissione Legislativa del Comitato Permanente di NPC
(Dipartimento di Diritto Civile), Peking University Press, 2010, 35.
[59] Art. 82: “1° Qualora un edificio od
un’altra struttura crolli, e qualora da un edificio si distacchi o cada
una cosa appoggiata od appesa, cagionando ad altri un danno, il proprietario od
il gestore, che non riesca a provare di essere esente da colpa, incorre nella
responsabilità da illecito civile. 2° Dopo che il proprietario od il
gestore abbiano risarcito, qualora vi siano altre persone responsabili, essi
hanno diritto di rivalsa nei confronti di queste altre persone”. Cfr. la
Bozza della Legge del 2009 (la prima pubblicata il 28 Dic. 2008).
[60] Infatti, era poco chiaro a cosa si riferisse il
termine “它的(di esso/essa)” che compare
nell’art. 126 dei Principi Generali. Nella prassi, vi erano state,
infatti, controversie nell’identificare il responsabile nel caso in cui
la cosa caduta non fosse appartenuta allo stesso proprietario
dell’edificio.
[61] Art. 83: “Qualora delle cose gettate o
cadute da un edificio cagionino ad altri un danno e sia impossibile individuare
il concreto danneggiante, l’usuario dell’edificio, il quale
è il probabile autore del danno paga un risarcimento, salvo che non
riesca a provare di non essere il danneggiante”. Cfr. la Bozza della
Legge del 2009 (la prima pubblicata nel 28 Dic. 2008).
[62] Liang Huixing, della CASS, aveva suggerito che,
per ridurre i danni cagionati dai crolli degli edifici, si dovrebbe far
sì che i costruttori dell’edificio crollato assumano la
responsabilità oggettiva. Cfr. Liang
Huixing, I commenti e le proposte
di modifiche della Legge RE della PRC, in http://www.lawtime.cn/info/xiaofeizhe/lunwen/2011092641823.html.
[63] Art. 86: “1° Qualora edifici, costruzioni o altre strutture crollino
cagionando ad altri un danno, l’ente appaltante ed il costruttore
appaltatore incorrono nella responsabilità solidale. Dopo che questi
abbiano risarcito, qualora vi siano altre persone responsabili, essi hanno
diritto di rivalsa nei confronti di queste altre persone. 2° Qualora
edifici, costruzioni o altre strutture crollino a causa della
responsabilità di altri <diversi dai soggetti predetti> cagionando
ad altri un danno, tali soggetti incorrono nella responsabilità da
illecito civile”.
[64] Cfr. Yang
Lixin, La storia ed i problemi della
Legge sulla responsabilità da illecito civile, Law Press, 2011, 266.
[65] Con il riferimento al ‘gestore’ si
indica colui che non è il proprietario, ma ha l’obbligo di
amministrare e mantenere l’edificio, costruzione od altra struttura, e le
cose appoggiate o appese sopra.
[66] Con il riferimento allo ‘usuario’ si
indica colui che usa l’edificio od altre strutture per la causa di
locazione, prestito, etc.
[67] Cfr. La Spiegazione e le Norme Relative, cit. 343.
[68] Cfr. Yang
Lixin, L’interpretazione e
la guida della Legge RE di PRC, China Court Press, 2010, 535-536.
[69] Alcuni ritengono che quando il
proprietario, il gestore o l’usuario dell’edificio non è lo
stesso della cosa sospesa o posta, loro tutti devono assumere un tipo di
responsabilità solidale in base alla quale la vittima può
richiedere il risarcimento ad uno qualsiasi di loro e poi se il proprietario,
gestore o l’usuario dell’edificio avessero pagato, potrebbero avere
un diritto di rivalsa contro quello della cosa caduta mentre non sarebbe possibile
il contrario. Cfr. Yang Lixin, La proposta dell’Interpretazione della
Legge RE di PRC (bozza), vedi http://baike.baidu.com/view/6003037.htmhttp://baike.baidu.com/view/6003037.htm.
[70] Interpretazioni e le regole relative della Legge sulla
responsabilità da illecito civile della Repubblica Popolare Cinese del
2009, a cura dal
Comitato legale (dipartimento del diritto civile) del Comitato permanente di
NPC, Beijing Università Press, 2010, 354.
[71] Cfr. La Spiegazione e le Norme Relative, cit. 355; Cfr. Wang Cheng, Lu Zhiyong, La ricerca sul danno cagionato dalle cose
gettate di sotto, Law Review, 2007 (2), 141-151.
[72] Cfr. Zhang Jing, Development of High-rise Residents in China,
Science&Technology Information, 17th, 2010, 350-351.
[73] Nella giurisprudenza possono trovarsi numerosi
casi emersi negli ultimi dieci anni nelle grandi città di ogni
provincia: nel 2002, il signor Yang della provincia del Sichuan è stato
colpito alla testa da una pietra gettata giù da un edificio e ciò
è costato un migliaio di RMB per le spese mediche; nel 2006, il signor
Zeng di Wuhan è stato a sua volta colpito sulla testa da un posacenere
gettato e ciò è costato 170.000 RMB; nel 2007, un bambino di 4
anni a Shenzhen è stato colpito da una bottiglia in metallo e ha
ricevuto tre punti di sutura sulla testa; la signora Jin, a Beijing, è
stata colpita gravemente da un vaso di fiori; il signore Wang a Chongqing
è morto dopo essere stato colpito sulla testa da un ombrello; nel 2008,
un altro uomo è stato colpito a morte da un mattone gettato giù.
Nel 2009, una piccola bambina è morta poiché anch’essa
colpita da un mattone, etc. Vedi: http://www.wccdaily.com.cn/epaper/hxdsb/html/2010-07/12/content_211291.htm; http://www.xmnn.cn/hxwfcpd/dcxw/cy/200711/t20071129_389153.htm; http://www.sznews.com/news/content/2007-07/14/content_1337988.htm; http://news.ccd.com.cn/Htmls/2007/11/20/200711201510264390-1.html;
http://news.sohu.com/20090420/n263487076.shtml.
[74] Cfr. Wang Lun, Wu
Songlin, Present Situation and
Counter measures of Domestic Garbage Disposal in Rural Places of China,
Chinese Journal of Environmental Management, 2008, vol. 2, 3-6. Vedi anche il discorso “i
problemi della Legge sulla responsabilità da illecito civile della
Repubblica Popolare Cinese”, fatto da Liang Huixing, ricercatore della
CASS, alla Facoltà di giurisprudenza dell’Università di
finanza ed economia in Jiangxi, 2010.10.7,
http://law.jxufe.cn/xzbg/ShowArticle.asp?ArticleID=316.
[75] È del marzo 1981 la costituzione nella
provincia di Shenzhen della prima impresa per la gestione comune. Cfr. Property management 10 important moments,
Urban Development, 2011, vol. 9, 56-59.
[76] Prima di tutto, è difficile riuscire a
verificare il luogo da cui gli oggetti provengono dato che questo è di
solito fuori del campo di viso dei passanti. Poi, al verificarsi di un simile
evento dannoso la prima cosa che fanno le persone che si trovano nelle
vicinanze è cercare di soccorrere la vittima piuttosto che non
preoccuparsi di individuare il luogo da cui gli oggetti siano provenuti.
Infine, considerando l’alta densità di popolazione nelle
città cinesi, in alcuni casi, neanche la polizia riesce ad individuare
chi sia stato l’autore dell’illecito se la vittima non è in
grado di fornire informazioni sufficienti.
[77] La mattina del 1° Maggio 2000, l’attore
è stato colpito sulla testa da un portacenere caduto da un edificio
residenziale. L’attore ha chiamato in giudizio tutti i 24 abitanti di
tale edificio poiché non riusciva ad identificare chi lo avesse gettato
di sotto né chi ne fosse stato il proprietario. La corte del distretto
di Yuzhong a Chongqing ha sostenuto che salvo i 2 convenuti che non si
trovavano nell’edificio nella notte dell’incidente, gli altri 22
convenuti avrebbero dovuto dividere tra loro il danno di 170.000 RMB.
[78] Art. 4: “Qualora due o più persone
pongano congiuntamente in pericolo la sicurezza fisica di altri e in conseguenza
di tali comportamenti si verifichi un evento di danno, se non è
possibile stabilire chi sia stato il reale autore della condotta dannosa, tutte
le persone predette devono assumere solidalmente la responsabilità in
base all’art. 130 della Legge dei Principi Generali. Qualora uno degli
autori di tali condotte pericolose congiunte sia in grado di provare che le
conseguenze dannose non siano derivate dalla propria condotta, questi non
assume responsabilità”.
[79] Il 20 giugno, 2001, una persona venne uccisa da
un tagliere gettato di sotto. A causa dell’impossibilità di
identificare il colpevole o il proprietario, gli eredi hanno chiamato in
giudizio tutti gli abitanti dei piani superiori al secondo.
[80] Il 31 maggio, 2006, un bambino
è stato ucciso sulla strada al ritorno dalla scuola elementare colpito
sulla testa da un vetro gettato dall’edificio Haolaiju. Poiché non
fu possibile identificare l’autore colpevole né il proprietario, i
genitori della vittima hanno esercitato un’azione civile contro tutti gli
abitanti sopra il secondo piano dell’edificio e la società di
gestione del condominio.
[81] Cfr. Chen
Dongwen, La Discussioni sulla
decisione del caso Haolaiju di Shenzhen, Modern Property Management New
Proprietor, 2010.08, 61-62.
[82] Cfr. Liu
Shiguo, Come fare con il caso di
morte causata dalle cose gettate di sotto, e Wang Zhu, Il danno
causato dalle cose gettate dall’edificio, compensare o No?, vedi
http://www.civillaw.com.cn.
[83] Cfr. Wang
Xuguang, Man Hongjie, Regolamento del danno causato dalle cose gettate
dall’edificio, vedi
http://www.law.sdu.edu.cn/child/mss/paper/2010-06/963.html.
[85]Cfr. Wang
Zhu, Negazione del riconoscimento
di responsabilità per indennizzo regolata dall’art. 87,
http://www.civillaw.com.cn.
[86] Questo era un istituto creato dallo Shang Yang
della Dinastia Qin (356-350 a.C.), con cui si puniva tutta la famiglia o tutti
i membri relativi per un crimine commesso da un membro solo.
[87] Cfr. Zhang
Gu, Il danno causato dal
portacenere e la responsabilità implicata in età moderna, http://article.chinalawinfo.com/Article_Detail.asp?ArticleID=33080.
[88] Cfr. Commento e applicazione dell’Interpretazione sul danno alle
persone dato dalla Corte Popolare Suprema, a cura della Prima Sezione
civile della Corte Suprema, Corte del popolo Editrice, 2004, 67.
[89] Cfr. Long
Weiqiu, La struttura e lo sviluppo
della Legge sulla responsabilità da illecito civile della Repubblica
Popolare Cinese, Social Science in China, 2012, vol. 12, 103-122.
[91] In genere, ci sono 4 eccezioni per
cui il convenuto potrebbe liberarsi dalla responsabilità, vedi Yang Lixin, L’interpretazione e la guida della Legge RE di PRC, China
Court Press, 2010, 555-556.
[92] In deroga al principio secondo cui chi vuole fare
valere un diritto deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, in
virtù della regola della ‘vicinanza della prova’,
l’onere viene posto a carico della parte prossima alla fonte di prova.
Questa regola è una esplicitazione dei doveri di lealtà e
probità e del principio del giusto processo, e, nel caso, comporta che
sia il convenuto a provare di non essere in colpa per il danno verificatosi,
dato che rispetto all’attore, il convenuto, di solito, ha un vantaggio di
informazione o tecnico. Questa regola viene utilizzata nei casi in cui la prova
non possa essere data perché la parte contro la quale il fatto da
provare viene addotto, come nel caso di insufficienza di dati in un documento,
resiste a fornirli, ma qui, come ho detto supra,
al convenuto, invece, è chiesto di provare che non aveva arrecato il
danno.
[93] Nel 19 luglio 2009, una ragazza è stata
colpita sulla testa da una tartaruga (2.5 grammi di peso) caduta da un edificio
e nessuno sa chi sia stato il proprietario di tale tartaruga, anche i genitori
vogliono esercitare un’azione contro tutti gli abitanti
dell’edificio secondo l’art. 87. Vedi
http://www.cqwb.com.cn/cqwb/html/2009-11/27/content_184968.htm.
[94] Se ci si domanda
perché un tale vantaggio non sia riconosciuto in linea generale a colui
che è vittima di un danno arrecato da un animale, si deve tenere
presente che l’animale si muove anche allontanandosi e non è
individuabile un altro criterio in base al quale riferire ad una o più
persone determinate la responsabilità se quello indicato nella legge che
fa riferimento a colui che lo alleva o che lo ha ricevuto da custodire (art. 78
ss.).
[95] Di solito, in un edificio civile
c’è una pluralità di unità o parti di una grande
unità, perciò ritengo che, senza il pregiudizio per
l’attore convenuti dovrebbero essere soltanto gli usuari delle
unità da cui è dimostrabile sia derivato il danno.
[96] Vedi
http://www.gywygl.com/6/11878.htm.
[97] Ad es., Regolamento sulla Gestione dei Condominii
(Decreto del Consiglio di Stato della RPC No.379) l'art. 56: “1°
Qualora le proprietà del condominio dovessero presentare dei rischi
nascosti che possano mettere in pericolo gli interessi pubblici o i legittimi
diritti ed interessi degli altri, il responsabile di tali proprietà che
presentino dei pericoli deve tempestivamente compiere le opere di riparazione e
manutenzione, ed i proprietari interessati devono prestare assistenza. 2°
Qualora i responsabili di tali proprietà che non adempissero all'obbligo
di riparazione e manutenzione, con il consenso dell’assemblea dei condomini,
la riparazione e la manutenzione possono essere effettuate dall'impresa di
gestione immobiliare e le spese saranno a carico dei responsabili”.
[98] Cfr. Zhu
Chunming, L’applicazione
della tecnologia dell'informazione nel processo civile, vedi http://www.chinacourt.org/article/detail/2002/12/id/27976.shtml.
[99] Per esempio, “L’avviso
di Punire Severamente gli Atti Incivili nei Luoghi Pubblici” emanato dal
governo della provincia del Guangzhou contiene un divieto di gettare o versare
dall’edificio con molti piani, alla cui violazione è connessa una
sanzione di 200 RMB. Tuttavia, in realtà, tale regola è sempre
poco efficace per il disordine nell’amministrazione.
[100] Per ridurre l’incidenza di
tali danni, il governo di Hong Kong ha disposto che colui che avesse gettato
cose di sotto non potrà rientrare tra gli aventi diritto a richiedere un
pubblico alloggio a basso costo. Vedi http://news.21cn.com/domestic/taihaijushi/2010/08/14/7741882.shtml.