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Dalla-Massara-fotoTommaso dalla Massara

Università di Verona

 

PRESENTAZIONE DEGLI ATTI DEL CONVEGNO[1]

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È trascorso un anno e mezzo dal convegno intitolato «Nomen contractus. Tutele edittali nella Roma classica», da me organizzato assieme a Carlo Pelloso presso il Dipartimento giuridico di Verona, con il coinvolgimento di Luigi Garofalo e Paola Lambrini, con i quali avevamo condiviso un Prin riguardante i «Patti tra pre-giuridico e giuridico», di cui il convegno stesso ha rappresentato un tassello non marginale.

Avevamo deciso di affidare le relazioni a studiosi di ultime generazioni che negli ultimi anni si fossero occupati specificamente del tema della contrattualità atipica, così provando a realizzare un seminario ‘alla tedesca’, nel senso che ciascuno dei partecipanti – essendo ancora fresche di stampa le pagine da loro scritte – fosse nelle migliori condizioni per entrare nel vivo di ogni singolo aspetto dei problemi, con precisa cognizione dei presupposti di fonti e letteratura: Riccardo Fercia dell’Università di Cagliari, Giuseppe Romano dell’Università di Palermo ed Enrico Sciandrello dell’Università di Torino hanno subito aderito con generosità ed entusiasmo all’invito.

La presenza di Luigi Garofalo e Paola Lambrini, come pure quella di Carlo Pelloso e mia, accomunati dal fatto di essere da tempo – sebbene da punti di osservazione in parte diversi – concentrati sullo studio del fenomeno contrattuale (nonché tutti in varia misura e lungo un arco cronologico ormai ventennale ‘di casa’ a Verona), ha assicurato un più ampio scambio di idee su tanti aspetti emersi nel corso dell’incontro; infine, numerosi erano i dottorandi, ma anche i laureati e laureandi in materie romanistiche presenti e attivamente coinvolti nell’iniziativa.

 

Eccoci dunque oggi, per la cortese ospitalità della rivista Diritto @ Storia, nonché in particolare di Francesco Sini, in grado di pubblicare quei contributi, mettendoli in condivisione con la velocità che l’edizione on line consente, ma anche con l’autorevolezza che la rivista si è conquistata sul campo nel corso degli anni. Esprimo la gratitudine più sincera per questa bella sinergia.

 

Aggiungo ora qualche rapidissima considerazione; e in particolare mi chiedo, perché la domanda è ineludibile: c’era ancora bisogno di studiare il contratto, in specie sul difficile terreno dell’atipicità, nel diritto romano? Non ne avremo discusso fin troppo?

Il dubbio sorge anche nella mente di chi ha dedicato molta parte dei propri sforzi negli ultimi anni a questi temi. La sensazione dell’eccesso di speculazione, della vacua superfetazione talora affiora e si fa sentire anche tra chi è ‘dentro’ il dibattito.

Sono però persuaso che la risposta sin qui debba essere rassicurante: nei testi dei prudentes in tema di contratto è condensata tanta e tale elaborazione – primigenia, fondativa – delle idee che ancor oggi rappresentano le architetture preziosissime del contratto, da non poter davvero rinunciare al loro incessante studio. Labeone, Aristone, Pedio, Ulpiano ci hanno lasciato spicchi di conoscenza sempre fertili, da cui possiamo ricavare giorno per giorno un sapere giuridico sempre rinnovato.

E però questa risposta genera un’ulteriore domanda, meno rassicurante: si può continuare a studiare quei testi sempre allo stesso modo, con approcci, metodi, strutture mentali, addirittura linguaggio uguale a quello di – anche solo – trenta o vent’anni fa?

Ebbene, è questo che pare a me oggi davvero non più proponibile.

Allora penso che quella parte di cultura giuridica che abbia a cuore la tradizione – intesa anche come continuità – romanistica può, non rinunciando al livello ‘endoparadigmatico’ del dibattito (ove acquista senza dubbio un senso anche il dialogo da ‘iniziati’, quale a tratti appare un seminario come questo sulla contrattualità atipica), trovare le vie e gli strumenti per l’elaborazione di un diverso livello ‘esoparadigmatico’, in corrispondenza del quale i risultati della ricerca arrivino a parlare con chiarezza e forza di contenuti giuridici a chi – provenendo da qualunque area, anche lontana dal diritto romano – voglia condurre un lavoro sulle categorie derivanti dalla tradizione romanistica e sulla loro storia interna.

Scambio, gratuità, synallagma, corrispettività, causa, accordo, adempimento: l’elenco potrebbe continuare a lungo, fino a censire chissà quante altre idee che ancora possono essere sottoposte fruttuosamente a un lavoro di recupero archeologico.

Su questo, proprio perché forti di una conoscenza sofisticatissima, coloro che hanno il privilegio di mantenere il contatto diretto con le fonti romane possono giocare un ruolo primario – vorrei dire addirittura egemonico, stante il generale disorientamento dogmatico – all’interno della cultura giuridica europea.

Presupposto imprescindibile, però, è che si intenda per davvero condurre un lavoro di ricerca sulle idee del diritto.

Con questa persuasione, maturata forse guardando agli studi romanistici nella prospettiva ‘estero verso Italia’ più ancora che ‘Italia verso estero’, esprimo l’auspicio che questo seminario, per la cui buona riuscita ringrazio tutti coloro che vi hanno preso parte con disponibilità e impegno, sia solo l’inizio di un percorso appassionante da intraprendere insieme.

 

 

Verona, novembre 2014

 

 



 

[Gli scritti della sezione “Memorie” sono stati oggetto di valutazione da parte dell’organizzazione scientifica del Convegno, d'intesa con la direzione di Diritto @ Storia].

 

[1] [Atti del Convegno di Studi «Nomen contractus. Tutele edittali nella Roma classica», organizzato dal Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Verona (14 maggio 2013), per iniziativa di Tommaso dalla Massara e Carlo Pelloso. n.d.r.]