Università
di Verona
PRESENTAZIONE
DEGLI ATTI DEL CONVEGNO[1]
È trascorso un anno e mezzo dal convegno intitolato «Nomen contractus. Tutele edittali nella
Roma classica», da me organizzato assieme a Carlo Pelloso presso il
Dipartimento giuridico di Verona, con il coinvolgimento di Luigi Garofalo e
Paola Lambrini, con i quali avevamo condiviso un Prin riguardante i «Patti tra
pre-giuridico e giuridico», di cui il convegno stesso ha rappresentato un
tassello non marginale.
Avevamo deciso di affidare
le relazioni a studiosi di ultime generazioni che negli ultimi anni si fossero
occupati specificamente del tema della contrattualità atipica, così provando a
realizzare un seminario ‘alla tedesca’, nel senso che ciascuno dei partecipanti
– essendo ancora fresche di stampa le pagine da loro scritte – fosse nelle
migliori condizioni per entrare nel vivo di ogni singolo aspetto dei problemi,
con precisa cognizione dei presupposti di fonti e letteratura: Riccardo Fercia
dell’Università di Cagliari, Giuseppe Romano dell’Università di
Palermo ed Enrico Sciandrello
dell’Università di Torino hanno subito aderito con generosità ed entusiasmo
all’invito.
La presenza di Luigi
Garofalo e Paola Lambrini, come pure quella di Carlo Pelloso e mia, accomunati
dal fatto di essere da tempo – sebbene da punti di osservazione in parte
diversi – concentrati sullo studio del fenomeno contrattuale (nonché tutti in
varia misura e lungo un arco cronologico ormai ventennale ‘di casa’ a Verona),
ha assicurato un più ampio scambio di idee su tanti aspetti emersi nel corso
dell’incontro; infine, numerosi erano i dottorandi, ma anche i laureati e
laureandi in materie romanistiche presenti e attivamente coinvolti
nell’iniziativa.
Eccoci dunque oggi, per la
cortese ospitalità della rivista Diritto @
Storia, nonché in particolare di
Francesco Sini, in grado di pubblicare quei contributi, mettendoli in
condivisione con la velocità che l’edizione on
line consente, ma anche con l’autorevolezza che la rivista si è conquistata
sul campo nel corso degli anni. Esprimo la gratitudine più sincera per questa
bella sinergia.
Aggiungo ora qualche
rapidissima considerazione; e in particolare mi chiedo, perché la domanda è
ineludibile: c’era ancora bisogno di studiare il contratto, in specie sul
difficile terreno dell’atipicità, nel diritto romano? Non ne avremo discusso
fin troppo?
Il dubbio sorge anche
nella mente di chi ha dedicato molta parte dei propri sforzi negli ultimi anni
a questi temi. La sensazione dell’eccesso di speculazione, della vacua
superfetazione talora affiora e si fa sentire anche tra chi è ‘dentro’ il
dibattito.
Sono
però persuaso che la risposta sin qui debba essere rassicurante: nei testi dei prudentes
in tema di contratto è
condensata tanta e tale elaborazione – primigenia, fondativa – delle idee che
ancor oggi rappresentano le architetture preziosissime del contratto, da non
poter davvero rinunciare al loro incessante studio. Labeone, Aristone, Pedio,
Ulpiano ci hanno lasciato spicchi di conoscenza sempre fertili, da cui possiamo
ricavare giorno per giorno un sapere giuridico sempre rinnovato.
E
però questa risposta genera un’ulteriore domanda, meno rassicurante: si può
continuare a studiare quei testi sempre allo stesso modo, con approcci, metodi,
strutture mentali, addirittura linguaggio uguale a quello di – anche solo –
trenta o vent’anni fa?
Ebbene,
è questo che pare a me oggi davvero non più proponibile.
Allora
penso che quella parte di cultura giuridica che abbia a cuore la tradizione –
intesa anche come continuità – romanistica può, non rinunciando al livello
‘endoparadigmatico’ del dibattito (ove acquista senza dubbio un senso anche il
dialogo da ‘iniziati’, quale a tratti appare un seminario come questo sulla
contrattualità atipica), trovare le vie e gli strumenti per l’elaborazione di
un diverso livello ‘esoparadigmatico’, in corrispondenza del quale i risultati
della ricerca arrivino a parlare con chiarezza e forza di contenuti giuridici a
chi – provenendo da qualunque area, anche lontana dal diritto romano – voglia
condurre un lavoro sulle categorie derivanti dalla tradizione romanistica e
sulla loro storia interna.
Scambio,
gratuità, synallagma,
corrispettività, causa, accordo, adempimento: l’elenco potrebbe continuare a lungo,
fino a censire chissà quante altre idee che ancora possono essere sottoposte
fruttuosamente a un lavoro di recupero archeologico.
Su
questo, proprio perché forti di una conoscenza sofisticatissima, coloro che
hanno il privilegio di mantenere il contatto diretto con le fonti romane
possono giocare un ruolo primario – vorrei dire addirittura egemonico, stante
il generale disorientamento dogmatico – all’interno della cultura giuridica
europea.
Presupposto
imprescindibile, però, è che si intenda per davvero condurre un lavoro di
ricerca sulle idee del diritto.
Con
questa persuasione, maturata forse guardando agli studi romanistici nella
prospettiva ‘estero verso Italia’ più ancora che ‘Italia verso estero’, esprimo
l’auspicio che questo seminario, per la cui buona riuscita ringrazio tutti
coloro che vi hanno preso parte con disponibilità e impegno, sia solo l’inizio
di un percorso appassionante da intraprendere insieme.
Verona,
novembre 2014
[Gli scritti della sezione “Memorie” sono stati oggetto
di valutazione da parte dell’organizzazione scientifica del Convegno, d'intesa
con la direzione di Diritto @ Storia].
[1] [Atti del Convegno di Studi «Nomen contractus. Tutele
edittali nella Roma classica», organizzato dal Dipartimento di Scienze
Giuridiche dell’Università di Verona (14 maggio 2013), per iniziativa di
Tommaso dalla Massara e Carlo Pelloso. n.d.r.]