RICORDO DI
FRANCA DE MARINI AVONZO
Università di Genova
Genova, 21 aprile 1927 - 20
febbraio 2012: un anno e mezzo fa è scomparsa all’età di 84 anni Franca De
Marini Avonzo. Da tempo non stava bene ed entrava e usciva da una clinica
vicina alla sua abitazione, dove tentavano di alleviare i suoi problemi
respiratori. Ma era ancora vivacissima e curiosa di assistere alla nuova
edizione della Bohème rappresentata al Carlo Felice: a questo scopo era
sfuggita ai controlli delle infermiere per farsi portare da un taxi a teatro in
una gelida serata, battuta da una implacabile tramontana genovese. Lo raccontava
con tenera ironia suo figlio, Giacomo De Marini, il giorno del funerale: non
poteva scegliere un modo migliore per accelerare il termine di un percorso
diventato troppo faticoso. In una telefonata, qualche mese prima, mi aveva
confessato che si divertiva molto poco ormai: pochi amici, poche uscite, pochi
stimoli, venuti a mancare perché molte persone a lei care erano morte, e le sue
condizioni di salute erano diventate precarie. L’affetto dei suoi familiari, in
particolare dei nipoti, era importante per lei, ma le mancava il ricco
intreccio di relazioni amicali e intellettuali che hanno accompagnato gran
parte della sua vita.
Franca De Marini Avonzo si
laurea giovanissima in Giurisprudenza nell’Ateneo genovese il 22/7/1949 con una
tesi in Diritto internazionale discussa con il professor Mario Scerni su L’adattamento del diritto interno al diritto
internazionale secondo la Costituzione della repubblica italiana.
L’incontro con Riccardo Orestano, avvenuto poco dopo (Orestano fu chiamato a
Genova nel 1950 e vi rimase fino al 1960), indirizza irreversibilmente il suo
percorso verso lo studio del diritto romano.
Nel 1950/51 viene nominata
assistente volontaria e poi assistente straordinaria (1954/55) alla cattedra di
Diritto romano ricoperta da Orestano di cui diventa la prima allieva. Il
maestro (chiamato poi a Roma) rimase una decina d’anni nella sede genovese, ma
i rapporti di discepolato durarono per tutta la vita. Una piccola traccia della
collaborazione della giovane Franca Avonzo con il suo maestro rimane in un’Appendice di 65 pagine al corso sulle Fondazioni pubblicato da Orestano nel
1959 [1]. Il
titolo dell’Appendice è La delimitazione territoriale nel mondo
romano. Significato religioso ed effetti giuridici; in nota si puntualizza
che era scaturita dagli appunti delle esercitazioni per gli studenti.
Da questo momento inizia la vera
e propria carriera di Franca De Marini. Conseguita la libera docenza in Storia
del diritto romano il 9/7/1959, ha tenuto poi gli insegnamenti di Esegesi delle
fonti del diritto romano e di Istituzioni di diritto romano per incarico ad
Urbino dal 1961/62 al 1967/68. Ternata al primo posto nel concorso di Diritto
romano bandito dall’Università di Camerino nel 1968, è chiamata a Genova come
professore straordinario di Esegesi delle fonti del diritto romano
dall’1/11/1971, incarico trasferito poi a Storia del diritto romano
dall’1/11/1974. Nell’anno 1972/73 è anche incaricata del corso di Istituzioni
di diritto romano presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Genova
(nell’ambito del corso di laurea in Storia). Dal 1974/75 al 1994/95 è stata
titolare della cattedra di Storia del diritto romano e dal 1995/96 al 1998/99
di Diritto romano, conservando per incarico l’insegnamento di Storia del
diritto romano. E’ nominata professore emerito della Facoltà di Giurisprudenza
il 24/02/2000.
E’ stata preside per due mandati
consecutivi (1987/88 - 1989/90; 1990/91 - 1992/93), succedendo all’amico
Giovanni Tarello, il filosofo del diritto prematuramente scomparso. Sugli
stretti rapporti tra questi due intellettuali, sull’influenza culturale
reciproca e sull’impronta da loro impressa alla Facoltà di Giurisprudenza
genovese ci sarebbe molto da dire, ma il discorso dovrebbe essere allargato al
numeroso gruppo degli amici che hanno insegnato nella Facoltà tra gli anni ‘60
e ‘80 e agli allievi più promettenti[2]. Una
traccia significativa rimane nei numerosi contributi che De Marini ha fornito
alla prestigiosa rivista fondata e diretta da Giovanni Tarello nel 1971, Materiali per una storia della cultura
giuridica.
Come preside De Marini ha
promosso e ha collaborato a realizzare il progetto di una sede distaccata della
Facoltà di Giurisprudenza ad Imperia, che fa parte ancora oggi del Polo
universitario imperiese e ne costituisce una vitale realtà, sopravvivendo, per
ora, alla politica di riduzione delle sedi universitarie. Alla biblioteca del
Polo di Imperia De Marini ha donato nel 2004 buona parte del suo personale e
ricco patrimonio librario.
Dall’uscita dal servizio,
avvenuta nel novembre del 1999, si è sottratta sempre più decisamente all’amata
Università, a parte la partecipazione a qualche evento di particolare
importanza quale, da ultimo, alla giornata di studio in memoria di Giuliana
Lanata avvenuta il 28 ottobre 2009 presso la sede della Facoltà genovese, con
una relazione sulla monografia di Lanata sugli atti dei martiri usati come
documenti di processi[3].
Diceva che “non aveva più voglia
di studiare” e che, dunque, non valeva la pena frequentare l’Istituto.
Mi pare che si possa dire che
Franca De Marini sia stata una componente costitutiva della Facoltà di
Giurisprudenza di Genova per la costante partecipazione al funzionamento della
stessa, a partire dalla Biblioteca centrale “Paolo Emilio Bensa”, di cui si è
lungamente occupata, e per l’assidua, attiva e ininterrotta partecipazione alla
vita accademica in tutti i suoi aspetti. Anche l’ex Istituto di Diritto romano
deve molto a lei, in particolare il variegato patrimonio librario che riflette
interessi antichistici multidisciplinari. Gli innumerevoli legami con i
colleghi genovesi, giuristi e non, frequentati spesso già a partire dagli anni
giovanili, le consentivano di muoversi in un ambiente famigliare. Diceva spesso
dei colleghi: «Siamo tutti amici!», anche se talvolta nelle lotte accademiche
l’amicizia veniva meno, e la sua signorilità non le consentiva di lamentarsene.
La storia della Facoltà di
Giurisprudenza e dell’Ateneo genovese si è intrecciata per cinquant’anni con
lei e non credo sia azzardato affermare che sia stata tra le prime donne
intellettuali che hanno contato non solo nell’ambiente universitario genovese,
ma anche, e soprattutto, in quello romanistico, particolarmente ostico allora
alle “studiose”. E’ stata la prima donna professore ordinario chiamata nella
Facoltà di Giurisprudenza di Genova e, secondo Mario Amelotti, che ha
appoggiato la sua candidatura, la decisione non era stata presa con facilità,
proprio in quanto donna. Il motivo fondamentale della preminenza a lei
riconosciuta, nonostante la non favorevole appartenenza sessuale, risiede nella
forte originalità del suo pensiero e della sua personalità, che si riflettono,
ora che lei non c’è più, solo nelle sue opere.
La formazione orestaniana è
diventata parte integrante della personalità scientifica di Franca De Marini,
in particolare il metodo dello studio storico del diritto e l’interesse verso
la ricostruzione della storia della cultura giuridica, nei confronti della
quale, come abbiamo visto, ha fatto fronte comune con l’amico e collega
Giovanni Tarello. Altro punto di riferimento forte sono state le ricerche di
Arnaldo Momigliano con le quali condivideva la prospettiva unitaria della
ricerca storica, mettendo in discussione la distinzione tra storici e storici
del diritto, fino a quel momento imposta dal dogmatismo imperante (e ancora
vitale oggi). Era aperta a tutte le novità, alle ricerche che percorrevano
strade nuove, e innanzitutto alle correnti storiografiche di matrice marxista,
che hanno posto in rilievo come oggetto di studio del mondo antico la società e
l’economia e proponevano una lettura politica e ideologica del diritto.
Nel complesso della sua
produzione scientifica si possono individuare alcuni interessi principali: il processo;
le fonti e la relativa contestualizzazione; la politica legislativa imperiale
nel tardo antico; la repressione penale intrecciata alla politica. Alcuni di
questi aspetti sono stati illustrati nelle relazioni tenute a Genova il 17
maggio 2013 nella giornata commemorativa organizzata dal Dipartimento di
Giurisprudenza di Genova e dai colleghi romanisti a un anno dalla sua scomparsa[4].
Cercherò di descrivere
sommariamente gli apporti dati a ciascuno di questi temi di ricerca, avvertendo
che, al di là del soggetto specifico, il filo conduttore è sempre costituito
dalla metodologia adoperata dall’autrice, che pone al centro il problema delle
fonti.
Al processo è dedicato il primo
lavoro, risalente al 1954, sulla connessione tra iudicium publicum e privatum,
che rivela già una notevole maturità di elaborazione rispetto a un tema poco
studiato e complesso, quale è la possibile correlazione, per la stessa causa,
di un procedimento privato rispetto ad un procedimento penale[5]. Pochi
anni dopo viene pubblicata la sua prima monografia che riguarda la funzione
giurisdizionale del senato romano, e diventerà un punto di riferimento
imprescindibile per le ricerche future[6]. Nella
tematica affrontata e nel metodo usato si può riconoscere una continuazione
degli studi di Orestano sul processo, in particolare quelli sulla cognitio extra ordinem[7]. Punto
di arrivo della ricerca di De Marini è la revisione della tesi di Mommsen
sull’origine della competenza del senato in materia criminale: è la volontà
imperiale che riconosce valore di giudicato al senatoconsulto. Al 1967 risale
il lavoro sulla res litigiosa[8].
L’inalienabilità delle cose
oggetto di lite era stata sancita come principio generale del diritto romano
dalla dottrina pandettistica: l’accurato studio della giovane studiosa giunge a
smontare questa costruzione, distinguendo puntualmente nei testi le
stratificazioni di epoche diverse. Un’antica disposizione che risalirebbe alle
XII Tavole, ma riportata da Gaio, proibisce di consacrare le cose controverse.
Partendo dal presupposto della difficoltà di ricostruire il dettato originario
della norma, De Marini tenta di fissare gli elementi conoscibili per inquadrare
correttamente il problema, passando attraverso le poche tracce rimaste in età
repubblicana, per giungere all’età di Gaio e di Giustiniano. L’analisi si
sposta, poi, sui divieti di acquistare e trasferire le cose litigiose partendo
da un problematico passo del Fragmentum
de iure fisci, che riporta un editto di Augusto, e, successivamente,
spostando l’analisi ad una costituzione di Costantino e all’età giustinianea.
Critica testuale e studio storico del diritto rappresenta il primo lavoro
pensato e scritto per gli studenti dei suoi corsi, in questo caso gli iscritti
a Esegesi delle fonti del diritto romano
e costituisce una vera e propria introduzione ai problemi della trasmissione e
dell’uso dei testi giuridici dall’età classica al tardo antico. Nato sotto
forma di piccola dispensa ciclostilata di 90 pagine per le lezioni dell’anno
accademico 1968-69, si è poi sviluppato in una vera e propria pubblicazione che
ha avuto ben tre edizioni[9]. Esso
costituisce una summa dei suoi temi
di ricerca e della sua metodologia. I temi vengono sviluppati attraverso un
ampio ventaglio cronologico che va dall’età repubblicana (con qualche cenno
anche al mondo ellenico) all’umanesimo giuridico, passando attraverso l’età del
principato, del tardo impero e del medioevo. Inoltre è data dignità a tutto
quello che riguarda il libro, sia giuridico che non, la sua preparazione, pubblicazione
e trasmissione testuale dall’antichità ai secoli successivi. L’interpretazione
del testo giuridico è contestualizzata: il soggetto che la fa, con quale
metodo, in che modo, da quale tipo di fonte viene riportata, come è stato
trasmesso il testo. Un discorso complesso, che tocca tutti i problemi della
filologia e richiede l’uso di raffinati strumenti storiografici; una
contestualizzazione completa delle fonti a noi giunte, dei testi e degli autori
antichi in esse riportati. In questa concisa e densa dispensa trovano posto
l’insegnamento del diritto e della struttura delle scuole nelle varie epoche;
la diffusione della conoscenza delle norme vigenti nei veri periodi; l’autorità
del testo nella cultura cristiana e l’influenza sull’autorità della legge
imperiale.
Il tardo impero è stato oggetto
di molte ricerche, soprattutto in forma di singoli saggi, la maggior parte dei
quali è stata raccolta a cura della stessa autrice, in un libro[10], e di
una dispensa per gli studenti del corso di Storia
del diritto romano (1971-1972; 1974-1975)[11] che si
occupa prevalentemente della politica normativa imperiale avente ad oggetto le leges e gli iura. Il fulcro è costituito dalla legislazione di Valentiniano III
(in particolare la legge delle citazioni) e dalle costituzioni di
programmazione e pubblicazione del codice Teodosiano, i cui testi sono
riprodotti, con la relativa traduzione, all’inizio del libro: interventi
normativi e codificatori che hanno influenzato in maniera decisiva il lavoro
dei tribunali e la conservazione del pensiero di alcuni giuristi “classici”. Il
taglio è originale: ambiente storico e cultura giuridica nel V secolo;
formazione dei giudici; ruolo e influenza del senato romano d’Occidente;
cultura pagana e cultura cristiana; il problema della certezza e conoscibilità
del diritto nei tribunali; la recitatio
dei testi giuridici. Una efficace sintesi dei problemi metodologici suscitati
dallo studio del tardo antico si legge negli Atti del Simposio internazionale promosso dall’Accademia
Romanistica Costantiniana nel 1998: Franca De Marini e Mario Bretone, a lei
legato da un lungo sodalizio, in forma di dialogo, trasmettono la complessità
della loro pluridecennale esperienza di lavoro interpretativo sulle fonti tarde[12].
Per l’anno accademico successivo
(1976-1977), un altro lavoro in forma di dispensa per gli studenti
approfondisce il tema dei rapporti tra repressione penale e interessi pubblici
tra repubblica e principato e riflette il profondo interesse della studiosa nei
confronti degli scopi degli interventi del potere politico (la politica
legislativa e giudiziaria, in particolare): Il
senato romano nella repressione penale[13]. La
repressione del rito dei Baccanali avviene attraverso un’articolata decisione
del senato, inviata anche nei territori italici degli alleati: è la prima
ingerenza del senato nella repressione penale per ristabilire l’ordine
pubblico. L’uso di questo strumento repressivo viola il principio della provocatio ad populum, sancito più volte
nel corso dell’età repubblicana attraverso leggi popolari. A partire dalle
rivolte dei Gracchi viene emanato un senatoconsulto ultimo ogni volta che
qualcuno tra i rappresentati di parte popolare sia conclamato hostis publicus: per questa via viene
dato mandato ai consoli di condannare a morte senza possibilità di un giudizio
pubblico. Nel processo contro Rabirio, che ha ucciso il tribuno della plebe
Saturnino ed è difeso da Cicerone, viene per la prima volta messa in
discussione la legittimità di questo procedimento, ma la sentenza sarà di assoluzione
dell’imputato. Nel passaggio al principato, per volontà del princeps, al tribunale senatorio vengono
delegati i processi politici: ora l’ordine pubblico coincide con la persona del
principe e con la sua sicurezza.
A Critica testuale e studio storico del diritto e alle due dispense
appena citate si aggiunge, verso la fine dell’attività di insegnamento di De
Marini, Lezioni di storia del diritto romano (1999): una notevole produzione
di opere dedicate alla didattica, su cui hanno studiato
generazioni di studenti, che ci suggerisce quale considerazione avesse
l’autrice per la sua attività come docente e quanto desiderasse trasmettere i
suoi metodi e la sua cultura.
In questi lavori sono confluite le sue ricerche e le sue letture, che trapelano
nonostante la mancanza di riferimenti bibliografici; la novità e originalità
dei suoi interessi e il posto occupato dalle fonti; il tutto trattato con
elegante accuratezza e sintetica limpidità di stile.
Per ricordare la mia Maestra,
Franca De Marini, ho scelto di riproporre la lettura del suo primo lavoro di
ricerca: Coesistenza e connessione tra “iudicium publicum” e “iudicium privatum”,
uscito nel 1954 nel Bullettino
dell’Istituto di Diritto Romano. E’ un lungo articolo la cui impostazione
risente dell’interpolazionismo, allora ancora prevalente, ma che colpisce per
la maturità di inquadramento delle problematiche e la sottile capillarità di
sviluppo delle argomentazioni. Opinioni consolidate e autorevoli avevano
costruito una teoria su regole predeterminate che stabilivano la precedenza del
processo pubblico rispetto al processo privato per medesimi fatti. Una puntuale
disamina delle fonti conduce la giovanissima studiosa a stabilire che i mezzi
di repressione pubblici e privati erano considerati dai giuristi romani come
coesistenti e non come concorrenti. Inoltre, per casi di interferenze tra
processi pubblici e privati non esisteva una regola generale per determinare la
successione cronologica dei giudizi; l'eventuale conflitto tra i giudicati non
era considerato come inconciliabile e non determinava invalidità di una delle
sentenze contrastanti.
[1] Il problema delle fondazioni in diritto romano. Appunti dalle lezioni
tenute nell’Università di Genova, parte I, Torino 1959. Nell’Avvertenza Orestano ringrazia la dott.ssa
Franca De Marini per l’Appendice, che
si precisa fare parte del programma d’esame, e sia lei che il dott. Luigi Raggi
per aver collaborato alla raccolta del materiale e al riordino degli appunti.
[2] Una generazione che è cresciuta
insieme: in particolare Enrico Zanelli (Diritto commerciale), Emanuele Somma
(Diritto e processo penale), a cui si unisce poi il più giovane Vito
Piergiovanni (Diritto medievale e moderno). C’erano diverse persone di grande
levatura a Genova in quegli anni, come Mario Casanova e Sergio Ferrarini
(Diritto marittimo); Pietro Trimarchi e poi Stefano Rodotà con Mario Bessone e
i più giovani Guido Alpa e Enzo Roppo (Diritto privato); Victor Uckmar e, dopo,
Gianni Marongiu (Diritto delle finanze).
[3] Leggere gli atti dei martiri come documenti processuali, in Filologia e diritto nel mondo antico. Giornata di studio in memoria di Giuliana
Lanata, a cura di G. Viarengo, S.
Castignone, Genova 2011, 79-94.
[4] Il titolo dell’incontro è Cultura giuridica e scienza del diritto
nell’opera di Franca de Marini Avonzo. Hanno partecipato Mario Amelotti,
Maria Campolunghi, Carlo Lanza, James Caimi e Gloria Viarengo; l’organizzazione
della giornata si deve all’iniziativa di Mariagrazia Bianchini. Le relazioni
saranno pubblicate nel primo fascicolo del 2014 dei Materiali per una storia della cultura giuridica.
[5] Coesistenza e connessione tra “iudicium
publicum” e “iudicium privatum”, in
Bullettino dell’Istituto di Diritto Romano, 59-60, 1954, 125-198.
[7] Mi riferisco in particolare a Appunti sulla cognitio extra ordinem, Corso di diritto romano (a. a. 1950-51), Genova 1951; L'appello civile in diritto
romano, Torino
1952 (II ed., 1953).
[9] Critica testuale e studio storico del diritto. Appunti dalle lezioni
introduttive al corso di Esegesi delle fonti del diritto romano, Torino
1970, 1975 (II ed.), 2001 (III ed.); quest’ultima edizione contiene un
ampliamento ad opera di Carlo Lanza che dal ‘600 giunge fino alla formazione
del diritto moderno.
[10] Dall'impero cristiano al medioevo. Studi sul diritto tardo antico,
Goldbach 2001. All’interno si trovano i seguenti saggi: La repressione penale della violenza testamentaria (CI.6.34.1) [Iura, 6, 1955]; Giustiniano e
le vicende della “praescriptio centum annorum” [Studi in onore di E. Betti, 3, Milano 1962]; La giustizia nelle province agli inizi del basso impero. I. I principi
generali del processo in un editto di Costantino [Studi Urbinati, 31, 1965]; S.
Gregorio Nazianzeno e la donazione della lite al fisco [Studi in onore di G. Grosso, 2, Torino
1968]; La giustizia nelle province agli
inizi del basso impero. II. L’organizzazione giudiziaria di Costantino [Studi Urbinati, 34, 1968]; Due citazioni del Codex Iustinianus nella Historia Tripartita di Cassiodoro [Scritti per il XL della morte di P.E. Bensa, Milano 1969]; Pagani e cristiani nella cultura giuridica
del V secolo [Materiali per una
storia della cultura giuridica, 2, 1972]; Due giuristi severiani per un imperatore sconosciuto [Materiali per una storia della cultura
giuridica, 4, 1974]; Codice
Teodosiano e Concilio di Efeso [Atti
Accademia Romanistica Costantiniana,
Napoli 1984]; Secular and Clerical
Culture in Dionysius Exiguus’ Rome [Monumenta
Iuris Canonici (Series C, Subsidia 7), Città del Vaticano 1985]; La pubblicazione in Alessandria di una legge
di Teodosio II [Annali della Facoltà
di Giurisprudenza di Genova, 20, 1984/5]; I vescovi nelle Variae di
Cassiodoro [Atti Accademia
Romanistica Costantiniana, Napoli 1990]; I libri di diritto a Costantinopoli nell’età di Teodosio II [Annali della Facoltà di Giurisprudenza di
Genova, 24, 1991/92]; Diritto e
giustizia nell’Occidente tardoantico [La
giustizia nell’alto Medioevo, Spoleto 1995]; I rescritti nel processo del IV e V secolo [Atti Accademia Romanistica Costantiniana, Napoli 1996].
[11] La politica legislativa di Valentiniano III e Teodosio II. Appunti della parte speciale del corso di
Storia del diritto romano (a. a. 1974-75), Torino 1971, 1975 (II ed.).
[12] F. De Marini Avonzo, M. Bretone, Prospettive attuali per lo studio del
tardoantico, in 25 anni di studi sul
Tardoantico, Atti del Simposio
internazionale (Spello, 1998), a cura di A. Mancinelli, Napoli 2007, 42-60.