L’AFRICA
ROMANA
XX Convegno internazionale di Studi
«MOMENTI DI
CONTINUITÀ E ROTTURA:
BILANCIO DI
TRENT’ANNI DI CONVEGNI DE L’AFRICA ROMANA»
con il patrocinio dell'Association
Internationale d'Épigraphie Grecque et Latine
Alghero, 26-29 settembre
2013
Porto Conte
Ricerche
Nella splendida cornice naturalistica offerta dalla Baia di
Porto Conte, si è svolto tra giovedì 26 e domenica 29 settembre
2013 il XX Convegno internazionale di
Studi su «L’Africa romana»: il Congresso (la cui prima
edizione si è svolta a Sassari, nel dicembre 1983) ha celebrato
così il suo trentesimo compleanno, alla presenza di un numero imponente
di partecipanti, ben 287 tra studenti e studiosi provenienti, oltre
all’Italia, da 16 paesi (Tunisia, Algeria, Marocco, Spagna, Francia,
Olanda, Germania, Austria, Croazia, Grecia, Bulgaria, Polonia, Finlandia, Regno
Unito, Stati Uniti d'America e Giappone), a rappresentare più di 100
enti di ricerca tra Università, Soprintendenze e Istituti di cultura
nazionali ed internazionali impegnati su diversi fronti nello
studio, nella tutela e nella valorizzazione del patrimonio storico,
archeologico e culturale del Maghreb, dell’Europa e del Mediterraneo.
In verità, nell’auspicio espresso dal Comitato
Scientifico a conclusione dei lavori del XIX Convegno, il trentennale destinato
al tema «Momenti di continuità e rottura: bilancio di trent’anni di
Convegni de L’Africa romana» avrebbe dovuto celebrarsi in
terra d’Africa, ritornando in una località sulla sponda sud del
Mediterraneo dopo le recenti trasferte in Spagna (Siviglia, 2006) e Sardegna
(Olbia, 2008; Sassari, 2010): ma le conseguenze della Primavera Araba e della
tunisina Rivoluzione dei Gelsomini e le ristrettezze finanziarie imposte
dall’attuale crisi economica non hanno consentito di realizzare tale
intento al Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione e
al Centro di studi interdisciplinari sulle province romane
dell’Università degli Studi di Sassari, principali promotori ed
organizzatori del Congresso, d’intesa
con l’Institut National du Patrimoine de Tunis e la Faculté des
Lettres et des Sciences Humaines de Sousse.
La scelta del luogo di svolgimento è quindi ricaduta
ancora sulla Sardegna e non casualmente su Porto Conte, nella speranza che da
questo placido approdo, l’antico Nympheus
Portus menzionato nel II sec. d.C. dal geografo Tolomeo, la sempre
più numerosa famiglia di storici, geografi, archeologi, epigrafisti,
filologi e giuristi de “L’Africa romana” possa ripartire,
dopo aver fatto il punto sulla storia degli studi, per una nuova stagione di
ricerche e progetti.
Dunque non soltanto un importante momento di riflessione sul
cammino già percorso, sulla straordinaria mole di dati raccolti con
caparbietà negli anni dalle diverse équipes di ricerca,
principalmente impegnate nelle missioni archeologiche in Libia, Tunisia,
Algeria, Marocco e nelle numerose insulae
del Mare Interno (nelle quali spesso le Università di Sassari e Cagliari
hanno avuto un ruolo fondamentale, dalla costituzione degli accordi di
cooperazione internazionale – basti pensare agli scavi di Uchi Maius, Zama Regia, Neapolis, Uthina in Tunisia, Lixus in Marocco – alla divulgazione dei risultati
scientifici conseguiti), ma anche e soprattutto un’occasione preziosa,
pur tra oggettive difficoltà politiche, economiche e culturali, per
consolidare collaborazioni ed amicizie, creare nuove sinergie, focalizzare
nuovi obiettivi da traguardare.
È con questo spirito che, nella Sala Auditorium presso i
locali di Porto Conte Ricerche a Tramariglio, si sono aperti nel pomeriggio di
giovedì 26 settembre i lavori del XX Convegno, che si è svolto
con il patrocinio dell'Association Internationale d'Épigraphie Grecque
et Latine, dell’Associazione Internazionale di Studi sul Mediterraneo e
l’Oriente, dell’Associazione Nazionale Archeologi e della Provincia
di Sassari.
Il tradizionale discorso d’apertura è stato tenuto
dal Rettore dell’Università di Sassari Attilio Mastino, Presidente del Comitato Scientifico, ideatore e
da sempre infaticabile coordinatore dell’organizzazione dei Convegni de
“L’Africa romana”. Facendosi interprete dell’emozione
dei colleghi e collaboratori che l’hanno affiancato in questi anni, ha
affermato che «l’iniziativa si è sviluppata ben al di
là di quanto noi stessi potessimo allora immaginare: l’incontro di
questi giorni documenta la crescita collettiva, il coinvolgimento sempre
più ampio di specialisti, l’attenzione con la quale la
comunità scientifica internazionale ha seguito la nostra
attività, che ha finito per colmare uno spazio importante negli studi
classici», con la consapevolezza e l’orgoglio di aver contribuito a
costruire «una rete di relazioni, di informazioni, che crediamo sia il
risultato più importante dell’esperienza che abbiamo vissuto in
questi anni, con il sostegno e l’incoraggiamento delle autorità e
di tanti amici, soprattutto i nostri
amici del Maghreb».
Dopo i saluti delle autorità e dei rappresentanti delle
istituzioni accademiche, ha preso parola il nuovo Direttore del Centro di studi
interdisciplinari sulle province romane Paola
Ruggeri. Nel riaffermare con convinzione l’intento di voler
continuare la cooperazione con i colleghi libici, tunisini, algerini e
marocchini, con l’auspicio che «le rivoluzioni della Primavera
Araba non siano state solo un’illusione e che presto l’Africa del
Nord torni ad accoglierci con quell’ospitalità per cui quelle
terre sono note in tutto il Mediterraneo», ha poi messo in evidenza
l’opportunità di aprire nuove frontiere per la ricerca ad Oriente,
in particolare nell’area balcanico-danubiana dell’impero e sul Mar
Nero, facendo riferimento ai risultati preliminari della nuova missione
archeologica italo-romena nell’antica Moesia
Inferior, organizzata a (L)ibida
dall’Università degli Studi di Sassari in accordo con
l’Istituto di Ricerche Eco-Museali di Tulcea, le cui premesse sono state
recentemente illustrate da Mihaela Iacob, Antonio Ibba, Dorel Paraschiv e
Alessandro Teatini al “2nd International Conference on the Roman Danubian Provinces” (Ferrara, Novembre
2013).
Nel porgere
il saluto dell'Association Internationale d'Épigraphie Grecque et
Latine, Manfred G. Schmidt ha
sottolineato, in estrema sintesi, i punti di forza di quello che lui stesso ha
definito «il segreto del grande successo de “L’Africa
romana”»: l’interdisciplinarietà dei temi;
l'internazionalità dei partecipanti; la programmazione e la
puntualità, di volta in volta, nella pubblicazione dei contributi
presentati. Rammentando quanto il problema del confronto e dello scambio
d’idee all’interno della comunità scientifica fosse caro al
suo maestro Géza Alföldy, il Presidente dell’AIEGL ha
invitato tutti i presenti a lavorare con responsabilità per perseguire
l’obiettivo della realizzazione di una ‘nouvelle Méditerranée
solidaire’ della conoscenza, che scavalchi gli ostacoli linguistici, ideologici e dottrinali ed
abbatta gli steccati tra le discipline. Secondo Schmidt, in un certo senso,
sarà necessario trovare ispirazione in quel
«véritable vivre ensemble, qui favorisait l'osmose
ethno-culturelle sans exclure les différences» che
contraddistingueva il Mare Nostrum dei Romani, evocando
un’espressione contenuta nel messaggio di amicizia inviato nel dicembre
2010 a tutti i partecipanti de “L’Africa romana XIX” dal
collega maghrebino M’hamed Hassine Fantar.
Il
Bureau e il Comité dell’AIEGL hanno del resto colto
l’occasione per riunire i propri membri, anche intorno a questi temi,
durante una Tavola rotonda svoltasi nel pomeriggio di venerdì 27
settembre, presso la Sala Anghelu Ruju.
A nome dei quasi 40 colleghi maghrebini presenti e dei numerosi
specialisti del Nord Africa che contribuiranno con un testo scritto alla XX
edizione degli Atti, Ridha Kaabia
(Directeur du Département d'Histoire de la Faculté des Lettres et
des Science Humaines de l’Université de Sousse) ha ringraziato
l’Università di Sassari per la sua consueta ospitalità e
per aver assicurato negli anni la necessaria continuità
all’organizzazione dei nostri Convegni africani, i quali ormai
rappresentano un’occasione irrinunciabile di dibattito e divulgazione per
il lavoro svolto sul campo dalle unità di ricerca locali, che da sempre
offrono un ricco ed indispensabile apporto scientifico al Congresso.
Alla
relazione di Guido Clemente è stato affidato il non
facile compito di sintetizzare questi 30 anni di lavori. Partendo dalla
rievocazione del lungo periodo di studio trascorso da Attilio Mastino,
nell’autunno del 1982, a visitare i siti archeologici più
importanti della Tunisia (un episodio che simboleggia un vero momento di
folgorazione per lo studioso e segna l’inizio di un nuovo viaggio, quello
dell’avventura scientifica de “L’Africa romana”), Guido
Clemente ha significativamente affermato che «porre l’Africa romana al centro di un progetto di lavoro
di tale rilevanza significa riconoscere il valore profondo che lo studio di
quella regione riveste per i nostri studi, e per la nostra intera storia».
Nell’evidenziare
come la serie dei Congressi, nella vastità e importanza delle energie
impiegate e delle istituzioni coinvolte, abbia contribuito a recuperare in modo
più compiuto l’identità storica dei paesi del Maghreb (oggi
tormentati da durissime lotte intestine che oppongono integralismi religiosi,
nazionalismi, dittature e fragili democrazie, alimentando la dolorosa piaga
dell’emigrazione clandestina), ha asserito che “L’Africa
romana” ha costituito «un esempio di come la ricerca possa essere
organizzata e il sapere trasmesso»: un forum, un reale spazio di incontro e aggiornamento, che per 30 anni
ha messo a confronto grandi studiosi, ma anche giovani ricercatori che in
questa ‘fucina’ hanno affinato le loro competenze, al fianco di
illustri maestri.
Antonella Laganà ha
poi tracciato un bilancio di sintesi sugli ultimi 15 anni di edizioni Carocci
degli Atti dei Convegni, fornendo una serie di dati indicativi, a partire dalla
XIII edizione de “L’Africa romana”, sulla crescita
progressiva del numero di pagine dei tomi, sull’accuratezza
dell’editing, sulla capillare distribuzione dei volumi presso le
biblioteche di università e note istituzioni culturali ed archeologiche,
italiane ed estere.
Al suo intervento sono
seguiti alcuni istanti di raccoglimento in ricordo
di due studiosi recentemente scomparsi, Vincenzo Aiello ed Emilio
Gabba, affidati rispettivamente alle parole di Lietta de Salvo e Guido
Clemente.
Un passaggio significativo della giornata di apertura dei lavori
è stato senz’altro simboleggiato dalla cerimonia di consegna ad
Attilio Mastino della targa per la nomina a socio Onorario dell'Associazione
Nazionale Archeologi per mano di Salvo
Barrano, Giuseppina Manca di Mores
(Presidente e Vicepresidente nazionale ANA) e Franco G.R. Campus (Presidente ANA Sardegna), a riconoscimento del
suo impegno istituzionale a sostegno della nascita della Scuola
di Specializzazione in Beni Archeologici Nesiotikà del Consorzio UNO di
Oristano e, più in generale,
per essersi battuto costantemente negli anni per arricchire l'offerta formativa
di tutti i corsi di laurea «che avessero come punto di unione la storia e
l'archeologia della Sardegna e del Mediterraneo»; infine,
per aver contribuito pubblicamente in prima persona al dibattito sulla
valorizzazione della figura professionale dell’archeologo (uno dei
capisaldi, quest’ultimo, delle battaglie portate avanti dall'Associazione Nazionale Archeologi).
Attraverso la creazione dei Convegni de "L'Africa
Romana" – che, sottolinea Franco G.R. Campus, di fatto costituisce
la maggiore rivista archeologica della Sardegna – l’isola è
divenuta un centro d’eccellenza per lo studio della romanizzazione delle
realtà periferiche dell’impero e in particolare per
l’indagine storico-archeologica dell’Africa fenicio-punica, romana,
vandala, bizantina e islamica, al contempo promuovendo la formazione di una
scuola di studiosi sardi oggi riconosciuta a livello internazionale per la
validità dei suoi prodotti di ricerca.
Come ormai
d’abitudine, in occasione della giornata di apertura del Congresso
è stata dedicata un’ampia parentesi alla presentazione di 10 nuovi volumi di archeologia, epigrafia e storia
antica: tra di essi meritano una specifica menzione almeno “Mourir
à Ammaedara. Épitaphes latines païennes
inédites d’Ammaedara (Haïdra)
et de sa region” di Zeïneb
Benzina Ben Abdallah con la collaborazione di Antonio Ibba e Lotfi Naddari; “Ex
oppidis et mapalibus. Studi sulle città e le campagne
dell’Africa romana” di Antonio Ibba con il contributo di
Attilio Mastino e Raimondo Zucca; "Epì oinopa ponton. Studi sul Mediterraneo antico in ricordo di
Giovanni Tore" a cura di Carla Del Vais; "Ruri mea vixi colendo. Studi in onore di Franco Porrà"
a cura di Antonio Maria Corda e Piergiorgio Floris; "Giganti di Pietra - Monte Prama.
L’Heroon che cambia la storia della Sardegna e del Mediterraneo"
di
Alessandro Bedini, Carlo Tronchetti, Giovanni Ugas e Raimondo Zucca; il
recentissimo volume su “Olbia
romana” di Giovanna Pietra.
La presentazione dei 3
tomi degli Atti del XIX Convegno de “L’Africa romana”, editi dalla Carocci editore e dedicati
al tema “Trasformazione dei
paesaggi del potere nell’Africa settentrionale fino alla fine del mondo
antico”, era invece già stata ospitata in anticipo (Roma,
dicembre 2012) nella prestigiosa cornice offerta dall’Istituto Nazionale di Studi Romani sull’Aventino.
Il simposio si
è articolato in quattro dense giornate di lavori, suddivise in ben 6 sessioni tematiche che si sono svolte
nell’Aula Auditorium (Sessione I “Momenti di continuità e
rottura”: 43 interventi; Sessione VI “Sardegna”: 33
interventi) e nella Sala Nettuno (Sessione II “Storia degli studi”:
11 interventi; Sessione III “Tardo antico”: 21 interventi; Sessione
IV “Epigrafia”: 19 interventi; Sessione V “Rapporti”: 9
interventi). In totale, sono state presentate 136 relazioni in
italiano, francese, inglese, spagnolo e tedesco, sempre accompagnate
dal consueto dibattito a conclusione di ogni sessione.
Nella sessione
“Momenti di continuità e rottura” si è concentrato il
maggior numero di interventi: sono stati affrontati una serie di problemi
legati all’urbanistica (ad
esempio con Maria
Paola Del Moro (Roma): Il Quartiere
Centrale di Cirene: espressione della continuità della città
nella rottura con la polis),
all’architettura (con gli interventi di Fulvia Bianchi, Matthias Bruno e Scott Pike (Roma) sull’apparato
architettonico in marmo pentelico e in pietra locale del complesso severiano di
Leptis Magna; con le ricerche a Volubilis di Layla Es-Sadra (Rabat);
con le note di Maria Ricciardi e Gilberto Montali (Macerata) sugli anfiteatri di Leptis Magna e Sabratha), allo studio dei materiali
(con le relazioni di Bruno
D’Andrea (Roma): Continuità
e rottura nel passaggio dall’età punica all’età
romana in Nord Africa: l’esempio delle stele votive; Fabiana Fabbri (Prato): I votivi anatomici fittili dell'Africa
Romana. Un elemento di continuità cultuale; Giulia Baratta (Macerata): Oggetti
in piombo dalle province africane). Sono state presentate alcune recenti scoperte della
numismatica (Saïd
Deloum (Alger): Un trésor
monétaire inédit découvert à Sobha Chlef) e nuove riflessioni sullo studio dei culti
indigeni (Antonio Tejera Gaspar, Josué Ramos
Martín (La Laguna): La concepción de la divinidad entre
los antiguos libios). Numerosi
gli interventi sul ricco patrimonio musivo africano e ispanico, studiato da José
Maria Blázquez Martinez
(Madrid), Luz Neira (Madrid) e Mercedes Durán Penedo (Barcelona);
per arrivare poi all’organizzazione del territorio (Annapaola Mosca (Trento): Problemi
di viabilità antica e di organizzazione territoriale nell'Africa
Proconsolare. Alcuni casi di studio; Arbia
Hilali (Caen): Les réalités régionales du limes africain: le Sud tunisien) e infine
alle note di Mounir Fantar, Ouafa Ben Slimane (Tunis), Pier Giorgio Spanu e Raimondo Zucca (Sassari) sulla IV
missione italo-tunisina a Nabeul, l’antica Colonia Iulia Neapolis, che
ha visto lavorare fianco a fianco gli studenti tunisini e quelli oristanesi
della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici Nesiotikà
dell’Università di Sassari.
Una
sessione speciale dedicata alla “Storia degli studi” ha consentito di tracciare quadri di sintesi generale,
spesso partendo proprio dai contributi editi nei precedenti volumi della serie
degli Atti de “L’Africa romana”, come avvenuto ad esempio con
Alessandro Campus
(Roma) e la sua relazione dal titolo “L'Africa
Romana” per l'epigrafia punica: trent'anni di ricerche; consistente l’apporto alla storia delle
ricerche sul campo (Silvia
Forti (Macerata): L'archeologia
italiana in Libia durante la seconda guerra mondiale: continuità e
rottura; Alberto Andreoli
(Ferrara): “L’Afrique est ma
province”. Charles Tissot e l’esplorazione scientifica della valle
della Medjerda). Numerose le relazioni sulle Mauretaniae, che hanno spaziato dalla numismatica (Zakia Ben Hadj Naceur-Loum (Tunis): 30 ans de numismatique maghrébine:
quel bilan et quelles perspectives?) all’antropologia (ad esempio con
Christine Hamdoune (Montpellier): Les apports de “L'Africa romana” à la connaissance
du monde des gentes maurétaniennes). Moncef Ben Moussa (Tunis) ha chiuso la sessione con una relazione
dedicata alla storia degli studi sulla ceramica sigillata africana.
Particolarmente
significativa anche la sessione ”Tardo antico”: ai contributi
dedicati all’età costantiniana da Yutaka Oshimizu (Shiga), Esteban
Moreno Resano (Zaragoza) e Santiago
Iglesias García (Madrid), hanno fatto seguito Samira Sehili e Kamel
Nasraoui (Tunis): Eléments de
réflexion sur la permanence de l'occupation humaine du centre ouest
tunisien dans l'Antiquité tardive; Rached Hamdi
(Tunis): Eléments architecturaux et de décor architectonique
tardifs de Thysdrus; Aurora
Cagnana (Genova): La fine delle
attività estrattive nell’Africa Romana nel quadro delle
trasformazioni dell’età tardoantica. Thomas Villey (Caen), Ralf
Bockmann (Roma), Ridha Kaabia (Sousse), Chantal Gabrielli (Firenze) e Sabine
Fialon (Montpellier) si sono
soffermati sugli sviluppi religiosi nella tarda antichità, mentre Lietta De Salvo, Lucietta Di Paola e Emilio
Coppolino (Messina) hanno analizzato rispettivamente l'attività
commerciale mediterranea fra età imperiale ed età tardoantica,
l’amministrazione provinciale dell’Africa in epoca giustinianea, le
strategie difensive nella Cirenaica tardoantica; Sergio Ferdinandi (Roma) ha invece discusso della difesa
dell'Egitto bizantino.
Nella sessione
appositamente dedicata all’epigrafia (anche se gli approfondimenti
epigrafici, in realtà, hanno trasversalmente attraversato tutte le altre
sessioni) sono
intervenuti, tra gli altri, Intissar
Sfaxi (Aix-en-Provence): Expériences
de traduction dans l'univers libyque: l'apport des inscriptions bilingues; Antonio Ibba e Alessandro Teatini (Sassari): Mel(---) quaestura: riflessioni su un mosaico di Cartagine assai
noto ma poco studiato; Camilla
Campedelli (Berlin): Iscrizioni nuove
e riviste da Mustis e Thamugadi; Lotfi Naddari (Tunis): Decennalia et vicennalia d'Antonin
le Pieux dans les provinces romaines d'Afrique; Zheira Kasdi (Paris): Les
dédicaces impériales de Maurétanie Césarienne:
aspects d’une continuité épigraphique; Francisco Beltrán Lloris
(Zaragoza): Dinámica
cronológica y geográfica de las tábulas de hospitalidad y
patronato norteafricanas; Marc Mayer
(Barcelona): Propiedades de los Minicii Natales de Barcino en
África; Maria
Luisa Sánchez León (Palma de Mallorca) e Raimondo Zucca (Sassari): I graffiti latini del santuario di Son Oms (Palma
de Mallorca).
La
sessione tradizionalmente dedicata ai rapporti tra le province è stata
arricchita dalle relazioni di Grazyna
Bakowska (Cracovia) e Rafal Czerner
(Breslavia): Le influenze dell'Occidente
Romano sull'antica città di Marina el-Alamein in Egitto; María Luisa Sánchez
León, Jaume Cardell
Perelló, Maria Magdalena
Estarellas, Josep Merino, Francisca Torres (Palma de Mallorca) e
Raimondo Zucca (Sassari): Los Caecili Metelli en las Islas Baleares,
Cerdeña y África; Dino
Demicheli (Zagabria): Dalmatians in
the Roman Provinces of Africa.
Come
al solito particolarmente ricca di interventi la sessione
“Sardegna”, che ha permesso di aprire una finestra sulle
attività condotte sul campo dalle Università e dalle
Soprintendenze isolane in diverse aree costiere ed interne dell’isola: si
è passati dalla presentazione del progetto di catalogazione, studio ed
edizione della stipe votiva S. Giuseppe a Padria, illustrato da Paola Ruggeri, Rubens D’Oriano (Sassari) e Giovanna Scanu (Padria), alle relazioni di Paolo Bernardini (Sassari): Tradizione e cambiamento,
continuità e rottura nella Sardegna della prima età del Ferro:
l’esempio di Monte Prama; Jeremy Hayne (Glasgow), Emanuele
Madrigali (Sassari) e Andrea Roppa
(Leichester): Continuità e
innovazioni formali nei materiali da S’Uraki: un riflesso di interazioni
tra Nuragici e Fenici; Giuseppina
Manca di Mores (Sassari): Il Sardus
Pater ad Antas e la tarda repubblica
romana. Salvatore De Vincenzo
(Berlin) ha illustrato i risultati della nuova campagna di indagini
archeologiche a Cornus, mentre Antonietta Boninu, Gabriella Gasperetti,
Antonella Pandolfi ed Enrico
Petruzzi (Sassari) hanno presentato
i risultati delle ultime ricerche terrestri e subacquee a Turris Libisonis. Come sempre numerosi gli interventi su Nora, sul Sulcis e vari siti
archeologici nel Campidano.
In
contemporanea con lo svolgimento delle sessioni, molti convegnisti hanno
inoltre usufruito della possibilità di arricchire la loro permanenza in
Sardegna con le tradizionali gite archeologico-turistiche nel territorio,
visitando lo splendido centro storico di Alghero, la falesia di Capo Caccia con
l’isola Foradada e le Grotte di Nettuno, il villaggio nuragico e la villa maritima di S. Imbenia, le rovine
di Turris Libisonis e la maestosa
Basilica di San Gavino a Porto Torres.
Con ben 32 manifesti
esposti, anche la sezione dedicata alla mostra
dei posters (che troverà
uno specifico spazio di pubblicazione all’interno degli Atti) ha fornito
la possibilità di presentare alla comunità scientifica internazionale
i risultati di numerose ricerche archeologiche ed epigrafiche in corso in vari
paesi del bacino del Mediterraneo e in particolare della Sardegna: tra i temi
esaminati, ampio spazio hanno trovato le novità provenienti dalle recenti campagne di scavo
effettuate in varie località dell’isola (Nora, Sulcis Iglesiente, Sant’Antioco, Settimo S. Pietro, San
Vero Milis, Ortueri, Bosa, S. Imbenia, Alghero, Porto Torres), con peculiare
attenzione al contributo offerto alla ricostruzione dei processi storici
dall’archeologia del paesaggio e dall’archeometria.
Nei
prossimi mesi si lavorerà per assicurare la regolare pubblicazione degli Atti del XX Convegno
(prevista per l’inverno del 2015), che si andranno ad aggiungere ai 46
volumi che racchiudono le migliaia e migliaia di pagine già edite dalla
I alla XIX edizione: come ricordato da Manfred Schmidt nel suo messaggio di
saluto, «ogni studioso interessato alla materia ritrova, negli imponenti
volumi della serie, lo stato della ricerca relativo a una questione inerente
alla sua disciplina, inserita nel contesto più ampio delle scienze
connesse. La pubblicazione, nella molteplicità dei suoi contributi,
riunisce in sé la ricerca concernente il Nord Africa romano e
costituisce oggi il punto di partenza per ogni ulteriore lavoro su questo
tema».
La chiusura dei lavori è stata affidata agli
interventi di Attilio Mastino, di Jean-Paul Morel (Aix-en-Provence) e dei
colleghi magrebini Layla Es-Sadra
(Rabat), Saïd
Deloum (Alger) e Ridha
Kaabia (Sousse). Nel suo saluto
conclusivo, nell’esprimere soddisfazione per i risultati conseguiti
durante le quattro intense giornate di lavori congressuali, il Direttore del Centro
di studi interdisciplinari sulle province romane Paola Ruggeri ha
ricordato, con emozione e affetto, l’impegno e l’entusiasmo profuso
in quei giorni dagli studenti, dai dottorandi e dai dottori di ricerca della
Scuola Europea di Dottorato in “Storia, Letterature e Culture del
Mediterraneo” dell’Università degli Studi di Sassari, ai
quali è ormai tradizionalmente affidato l'allestimento del Convegno;
un’opportunità concreta di crescita professionale e culturale, con
l'augurio che lo stesso entusiasmo alimenti la formazione scientifica di
ciascuno e la nascita, anche attraverso il loro contributo, di una nuova
generazione di studiosi delle res
africanae, che contribuisca alla costruzione di quella Méditerranée solidaire per la quale si è
alacremente lavorato dal 1983 fino ai nostri giorni: per continuare, anche
attraverso i Convegni de “L’Africa romana”, a tendere ponti
tra le sponde e i popoli del Mediterraneo.
MARIA BASTIANA COCCO
Università di Sassari