VOLI CHARTER E PACCHETTI TURISTICI
Università
di Sassari
SOMMARIO: 1. Il Contesto. – 2. Il «charter»
ed i servizi aerei non di linea. – 3. L’assetto
negoziale. I soggetti coinvolti. – 4. L’avvento
dei charter per trasporto di persone
nel contesto della Convenzione di Chicago del 1944. – 4.a. La nozione di «servizio non di linea»
nella Convenzione di Chicago. – 4.b. Libertà
dell’aria garantite per i voli non di linea. – 4.c. L’accordo multilaterale del 1956.
– 4.d. L’avvento delle
compagnie low cost. – 5. I voli charter
ed i pacchetti turistici, con particolare riferimento alla disciplina
dell’Unione europea e del codice del turismo in Italia. – 6. Conclusioni. – Abstract.
Turismo e charter
aereo[1]
sono considerevolmente legati, anche attraverso i «pacchetti
turistici», come è stato posto in evidenza dal dibattito
dottrinale, quanto meno a partire dagli anni ‘70 del secolo scorso[2].
Il dibattito della questione è contemporaneo alla
presa di coscienza sull’evoluzione della realtà economica e
sociale del mondo occidentale, con l’avvento del trasporto aereo come
mezzo per garantire la mobilità delle persone, accanto al consolidarsi
della domanda di turismo da parte di strati sempre più ampi della
popolazione. Peraltro, il tema si inserisce nell’ambito più vasto
del viaggio turistico che, nel diritto dell’Unione europea, trova la sua
disciplina nella direttiva 90/314/CEE del 13 giugno 1990, che oggi è
attuata in Italia nell’ambito del «codice del turismo»[3]
recato dal d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79, che ha anche previsto (art. 3, comma
2) l’abrogazione della l. 27 dicembre 1977, n. 1084, con cui era stata
resa esecutiva la Convenzione internazionale sul contratto di viaggio (CCV) del
23 aprile 1970, che, pur essendo entrata in vigore, non aveva avuto alcun
successo[4].
In tale disciplina si rinviene una definizione di «pacchetto
turistico», che va inteso come la «combinazione di almeno due fra
gli elementi “trasporto”, “alloggio” e “servizio
turistico non accessorio al trasporto o all'alloggio”»[5].
Soprattutto nell’assemblaggio dei pacchetti
turistici, il charter si è
presentato come lo strumento per consentire un’offerta di trasporto aereo
meno onerosa, tenuto conto dell’assenza delle rigidità tariffarie
che caratterizzavano le compagnie aeree tradizionali e, comunque,
dell’assenza delle barriere di accesso al mercato presenti nei servizi di
linea prima dell’avvento dell’epoca della deregolamentazione e
della liberalizzazione[6].
Come si avrà modo di vedere più ampiamente
nel prosieguo, sebbene nella realtà odierna, anche in ragione di
deregolamentazione e liberalizzazione dei servizi di trasporto aereo, siano
apparse altre soluzioni per soddisfare la domanda di turismo di massa che
richieda mobilità aerea[7]
accanto al charter, è
innegabile che quest’ultimo mantenga tuttora un ruolo fondamentale
rispetto all’industria turistica ed allo sviluppo dei territori
interessati da essa, come fattore condizionante dell’offerta[8].
Va incidentalmente rilevata la tendenziale coincidenza (al
di là delle pur conosciute attività charter di vettori di linea, attraverso i c.d. «blocked
off charter», e di quelle concluse fra compagnie aeree
nell’ambito dei rispettivi servizi di linea, su basi di
reciprocità, attraverso i c.d. «flight operating agreement»)[9] del ricorso a schemi contrattuali
etichettati come «charter»
con l’area dei servizi aerei non di linea[10],
ai quali, per la prima volta, ha fatto espresso riferimento la Convenzione di
Chicago del 7 dicembre 1944 sull’aviazione civile internazionale,
apportando un elemento ulteriore rispetto alla Convenzione di Parigi del 13
ottobre 1919 [11].
Si riscontra un qualche parallelismo, mutatis mutandis, con quanto accade nell’ambito dei traffici
marittimi (che, però, sono prevalentemente traffici di merci), a
proposito dell’impiego delle cosiddette «navi vagabondiere» o
«tramp», in
contrapposizione alle navi di linea («liners»)[12].
D’altra parte, l’accesso diretto dei passeggeri ai voli non di
linea è stato per lungo tempo considerato sfavorevolmente sia a livello
internazionale, sia nella regolamentazione dei singoli Stati, tanto che, nella
prima fase dello sviluppo dell’aviazione civile, con riferimento al
trasporto di persone, la corrispondenza fra servizi basati su charter e servizi non di linea è
stata pressoché totale.
Anche quando sono sostanzialmente venute meno le barriere
per l’accesso diretto dei passeggeri ai voli non di linea, comunque questi ultimi non sono stati inseriti
nei sistemi CRS; tale fattore ha però perso la sua importanza con
l’avvento dell’informatica diffusa e di internet, che hanno
consentito un accesso diretto degli utenti alle piattaforme di vendita,
analogamente a quanto è accaduto per le compagnie low cost[13].
Per quanto concerne il charter
inteso come contratto, in ambito aeronautico, al di là dei c.d.
«bare hull charter» e
«dry lease», a cui
consegue il trasferimento dell’«esercizio
dell’aeromobile»[14]
e che non interessano in questa sede, si conoscono varie ipotesi.
Va menzionato il charter
c.d. per «uso proprio», per viaggi di affari (c.d. tipologia
«executive»)[15]
o per il trasporto di altre persone, ma nel proprio interesse, quale può
essere il caso del datore di lavoro che acquisisca la disponibilità di
un velivolo per assicurare il trasferimento dei propri dipendenti sul luogo
dove deve essere assicurata la loro prestazione lavorativa[16].
Sulla tipologia testé evocata pesa peraltro un assolutamente erroneo
precedente della Corte di cassazione italiana[17],
che (sulla scia della decisione della corte d’appello)[18],
escludendo l’applicazione della Convenzione di Guadalajara, mentre ha
ritenuto di individuare il vettore nel charterer,
ha poi escluso anche l’applicazione della Convenzione di Varsavia. La
Corte ha sì ritenuto che si trattasse di un trasporto aereo
internazionale, ma «senza corrispettivo», che, come tale, non
avrebbe integrato l’ipotesi, di cui all’art. 1, § 1, ultima
parte, della medesima Convenzione, in quanto non assunto da un vettore aereo
professionale. A me sembra che la previsione dell’art. 1, § 1,
ultima parte della Convenzione di Varsavia, come quella corrispondente della
Convenzione di Montreal vada intesa come riferita al fatto materiale
dell’esecuzione, e non già all’assunzione
dell’obbligazione di trasportare[19].
Va considerato il caso in cui il charterer non abbia un interesse proprio, ma operi
nell’interesse dei soggetti trasportati, come può avvenire nel
caso in cui un operatore debba garantire un trasporto nell’ambito di un
pacchetto turistico[20].
Ed è quest’ultima l’ipotesi su cui è incentrata la
mia riflessione.
È appena il caso, del resto, di fare menzione
dell’origine marittima dell’espressione «charter party»[21]
(con la quale si designano i contratti di utilizzazione dell’intera nave)[22],
come corruzione dell’italiano medievale «charta partita»[23],
diffusa anche con la contrazione «charter»,
che, a quanto consta, è stata recepita nella terminologia giuridica
aeronautica, a partire dalle Air Commerce Regulations degli Stati Uniti
d’America del 1934 [24]. Va peraltro condiviso il rilievo che l’espressione
«charter» nel campo
aeronautico è tanto diffusa, quanto generica, in quanto riferita
indistintamente ad ipotesi in realtà eterogenee[25].
In particolare nell’ottica del giurista di diritto
continentale, si pone il problema dell’inquadramento e della natura
giuridica dei contratti in questione e, così, per il giurista italiano,
si pone il problema della collocazione nell’ambito dei contratti di
utilizzazione del codice della navigazione[26].
Non mancano, nel panorama giuridico mondiale, sue
definizioni e delimitazioni, in qualche caso riferite all’id quod plerumque accidit, del charter a fini turistici[27].
Di particolare interesse appare il progetto di codice
aeronautico latinoamericano, elaborato da ALADA, che, all’art. 78 fa
riferimento alla messa a disposizione dietro corrispettivo della
capacità totale o parziale di un aeromobile[28],
di cui viene comunque mantenuto l’esercizio, per realizzare
finalità aeronautiche[29].
Questione particolarmente controversa nella dottrina italiana è quella
della classificazione dei contratti diffusi nella pratica rispetto ai contratti
di utilizzazione del codice della navigazione.
Il charter aereo
per trasporto di persone, nella sua struttura classica, implica il coinvolgimento, oltre che
dell’esercente dell’aeromobile, di un soggetto che aggreghi i
passeggeri e che, acquisendo la capacità di trasporto dello stesso
aeromobile, instauri con essi una relazione contrattuale diretta che,
viceversa, generalmente non sussiste fra soggetto che mette a disposizione
l’aeromobile (che, utilizzando una terminologia che deriva da quella
marittima, potremmo chiamare «owner»;
tendenzialmente coincidente con l’esercente dell’aeromobile) e
passeggeri[30]. Non
sembra privo di interesse puntualizzare che, in campo marittimo, il charter è prevalentemente
utilizzato per i traffici di merci (come in gran parte di merci sono in genere
i traffici marittimi). E come non è pacifica la corrispondenza alle
tipologie del codice dei charter marittimi,
non lo è neanche quella dei charter
aerei. In particolare, in passato si è teso ad escludere in assoluto che
potessero riconoscersi ipotesi di noleggio[31],
tanto che si era ipotizzato di novellare il codice, espungendo il noleggio
nella parte aeronautica[32],
soluzione che, viceversa, non è stata seguita nella riforma del 2005
– 2006. A mio avviso (ma si tratta di tesi non del tutto pacifica) gli
estremi del noleggio vanno riconosciuti nel wet-lease[33],
di cui si è individuata la differentia
specifica rispetto al charter per
trasporto di persone comune sulla base della titolarità del potere di
determinare i voli da compiere, e sulla corrispondente incidenza dei costi
conseguenti[34].
Più dubbie sono altre ipotesi a cui pure nella
pratica si fa riferimento come «noleggio»,
che comunque andrebbero valutate caso per caso. Per lo più, il charter per trasporto di persone
andrebbe ascritto comunque al contratto di trasporto, in cui sarebbe il
passeggero ad acquistare i diritti, ed i corrispondenti obblighi, che non
potrebbero essere altro che suoi propri, come in particolare il diritto alla
protezione della sua incolumità personale[35].
Certamente, i singoli contratti di trasporto che vengono conclusi fra il charterer ed i passeggeri, presuppongono
in capo al primo la disponibilità della capacità di carico del
velivolo[36].
Come ben è stato segnalato nella letteratura
giuridica specialistica, la struttura peculiare dei rapporti non è priva di conseguenze sul
regime della responsabilità[37],
tanto che è si avvertita l’esigenza di affrontare la questione
nell’ambito della riforma della disciplina di diritto uniforme del
trasporto aereo internazionale[38],
e si è a suo tempo individuato in tali problematiche una delle ragioni
che rendeva opportuno procedere senza indugio alla ratifica della Convenzione
di Montreal del 28 maggio 1999 [39].
In effetti, nel charter si pone la
questione della dicotomia fra esercente dell’aeromobile e soggetto che
assume l’obbligazione di trasporto (e le relative responsabilità)
nei confronti dell’utente finale[40].
L’opportunità di un intervento chiarificatore
del legislatore di diritto uniforme si fondava anche sulla mancanza di una
definizione di «vettore» nella Convenzione di Varsavia e della
divergenza di posizioni registrata a suo tempo proposito
dell’individuazione del vettore responsabile, ai sensi della Convenzione
di Varsavia del 12 ottobre 1929 [41].
Al riguardo, scarso era stato il successo di ratifiche ottenuto dalla
Convenzione complementare di Guadalajara del 18 settembre 1961 [42],
che, pure, avrebbe potuto offrire una soluzione alla questione[43],
dopo che, nell’ambito dell’Organizzazione dell’Aviazione
civile internazionale, si era comunque escluso di adottare una convenzione ad hoc sulle problematiche del charter aereo[44].
Ed è da aggiungere che la strada di adottare una
disciplina ad hoc, che prescindesse dalla
collocazione in un tipo, è stata seguita anche dalla normativa
dell’Unione europea, in tema di compensazione ed assistenza ai passeggeri
in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato[45].
In particolare, il regolamento n. 261/2004 del Parlamento europeo e del
Consiglio, dell'11 febbraio 2004 imputa espressamente al «vettore aereo
operativo» ogni obbligo nei confronti del passeggero, facendo salvo
però i diritti di quest’ultimo sulla base di altre discipline.
È stato esattamente sottolineato come la «scelta di attribuire
l’obbligo di assistere i passeggeri al vettore operativo, e non a quello
contrattuale» non sia «casuale, trovando ragion d'essere nel fatto
che il vettore operativo, essendo presente in aeroporto, è maggiormente
in grado di adottare, nell'immediato, misure per minimizzare i disagi»[46].
L’avvento della diffusione del charter aereo per il trasporto di persone ha, a suo tempo,
comportato un collaudo di istituti e regimi legali che erano stati disegnati
ormai vari lustri prima, in un contesto, quello della definizione dei nuovi
assetti anche economici in previsione della conclusione della seconda guerra
mondiale, che era completamente diverso, e nel quale verosimilmente ancora non
si aveva contezza di quelli che sarebbero stati gli sviluppi successivi. Ed in
effetti, per impostare il discorso, è necessario prendere atto del
quadro normativo nel contesto del sistema della Convenzione di Chicago,
approvata nell’ambito della Conferenza del 1944.
Com’è noto, all’epoca, il disegno
statunitense di portare all’affermazione di un regime di totale
liberalizzazione dei servizi di trasporto aereo internazionale non ebbe
successo[47]. La
soluzione di compromesso era incentrata sulla distinzione, peraltro considerata
«evanescente» dalla dottrina[48],
fra «servizi di linea» e «servizi non di linea»,
evocata nel capo II della Convenzione sull’aviazione civile
internazionale[49].
Come è stato autorevolmente osservato, verosimilmente a quella soluzione
di compromesso si pervenne senza la piena consapevolezza di quelli che
avrebbero potuto essere gli sviluppi del traffico non di linea[50],
e che, in effetti, furono, anche grazie alla possibilità di impiegare
gli aeromobili «demilitarizzati», la cui disponibilità era
stata resa possibile dalla fine del conflitto.
L’ambito dei servizi non di linea è
identificato per esclusione: i servizi non di linea sono quelli in cui
«gli aeromobili non siano impiegati in servizi internazionali
registrati» (art. 5), mentre i servizi di linea (regolari) sono
identificati come «servizi internazionali registrati» (art. 6).
Occorre prendere atto che gli esatti termini della distinzione in questione,
sulla base delle norme fin qui evocate, appare quanto meno evanescente,
né nel contesto dei testi adottati dalla conferenza di Chicago si
rinviene alcun altro elemento utile per meglio delineare tali concetti, a
partire dall’art. 96 della stessa convenzione sull’aviazione civile
che, alla stregua dello schema tipico degli atti normativi della tradizione
giuridica anglosassone, detta alcune definizioni, che non sembrano, tuttavia,
rilevanti: in particolare, il termine «servizi aerei» contemplato
dalla convenzione nella lettera a
della testé menzionata disposizione, sembra riferirsi esclusivamente a
servizi aerei operati su base regolare.
Può incidentalmente aggiungersi che, alla carenza
di una definizione univoca di «servizi non di linea»[51],
al di là della tendenza alla sovrapposizione, soltanto in parte
giustificata (per le ragioni che si sono dianzi segnalate), con «charter»[52],
ha corrisposto comunque un uso promiscuo, per riferirsi, alla medesima
tipologia di servizi, di termini differenti, che è stata giustamente
segnalato dalla dottrina che ha studiato la materia[53].
Occorre soltanto prendere atto che l’art. 5 della
convenzione di Chicago garantisce comunque, su base multilaterale e reciproca,
il diritto di sorvolo del territorio degli Stati contraenti ai servizi non di
linea e di scalo tecnico, salvo le eccezioni e con i limiti consentiti per
ragioni di sicurezza (art. 5, § 1), nonché il diritto di imbarcare
e sbarcare passeggeri, merci e posta, sia pure a condizione di rispettare
«regulations, conditions, or
limitations» previste dallo Stato interessato (5, § 2), che
hanno finito, in concreto, per comprimere fortemente tale libertà, se
non per annullarla[54].
Diversamente, per i servizi di linea, com’è
noto, il successivo art. 6 detta una disciplina ben più rigida: i
servizi aerei di linea non possono essere esercitati se non a seguito di
specifica autorizzazione dello Stato interessato, con l’obbligo di
attenersi alle prescrizioni in essa dettate[55].
Per i soli servizi aerei di linea, l’accordo sul
transito, anch’esso concluso il 7 dicembre 1944, nell’ambito della
conferenza di Chicago, accorda su basi multilaterali le sole cosiddette
libertà tecniche. L’assoluto insuccesso di ratifiche
dell’accordo sul trasporto aereo, ulteriore strumento adottato dalla
conferenza di Chicago, ha implicato che il solo strumento sulla base del quale
venivano scambiati (su base bilaterale) i diritti di traffico, generalmente
corrispondenti a quelli di terza e quarta libertà, fosse quello degli
accordi di traffico, che erano certamente funzionali alla fase delle
«compagnie di bandiera»[56],
generalmente a capitale interamente o prevalentemente pubblico, che venivano
designate dagli Stati parte degli accordi bilaterali, ai fini
dell’espletamento dei servizi di linea, con la rilevante eccezione degli
Stati Uniti d’America, che non avevano compagnie pubbliche, e che
designavano conseguentemente le due compagnie a capitale privato, TWA e Pan Am,
che operavano traffici internazionali.
La conferenza di Chicago aveva comunque approvato un
modello di formulario di base di accordo bilaterale di traffico aereo, che
trovò la sua prima applicazione concreta, sia pure con qualche
variazione, nell’accordo bilaterale negoziato fra gli Stati Uniti
d’America ed il Regno Unito, universalmente noto come «Bermuda
I», che ha costituito il paradigma su cui sono stati negoziati, fino agli
anni ‘70 del secolo scorso, tutti gli accordi bilaterali conclusi fra i
vari Stati della comunità aeronautica internazionale.
A tale tipologia di accordi, ha fatto seguito il modello
cosiddetto della «predetermination»
caratterizzato in generale da una maggior rigidità di programmazione dei
traffici fra i due Stati contraenti e, in particolare, dall’estensione
anche ai traffici operati con voli charter[57];
fu soltanto con la fase degli accordi «open sky»[58]
che si addivenne ad un’apertura ai charter,
ammessi ad operare sulla base delle regole dello Stato di appartenenza[59].
Alla resistenza ad ammettere in concreto la diffusione del
traffico aereo non di linea di trasporto di passeggeri non fu estranea la
contrapposizione della IATA[60],
nell’ottica di impedire l’affermarsi di una concorrenza di fatto ai
servizi che venivano gestiti dai suoi associati che, del resto, in quella
particolare fase, coincidevano, quasi integralmente, con le compagnie di
bandiera, imprese con forma privata, ma di proprietà pubblica, che,
sulla base di un particolare rapporto con gli Stati di appartenenza,
assicuravano i servizi aerei di linea sia interni che internazionali[61].
La possibilità di viaggiare con voli charter, in particolare per i
collegamenti sull’Atlantico, era stata circoscritta ad alcune ipotesi
specifiche[62],
come gli affinity charter, dei quali,
ai sensi della c.d. clausola di «affinity
group», potevano avvalersi gruppi precostituiti, sulla base di
fattori etnici, politici, religiosi, sportivi, o affini. Altre possibili
ipotesi erano quelle dell’«advance
book charter», in base al quale il vettore charter poteva vendere i posti al pubblico sulla base di
prenotazione e pagamento anticipati, nonché (ed è questa
l’ipotesi di maggior rilievo) lo «Inclusive Tour Charter»[63].
È da dire, però, che nella pratica, le regole di restrizione
dell’accesso ai voli charter
erano frequentemente eluse, se non completamente disattese[64].
Il testé ricordato (non dettagliato) quadro
normativo circa i servizi aerei non di linea aveva implicato una qualche
incertezza sull’effettiva libertà di offrire tali servizi a
livello internazionale e sull’effettivo confine tra tale ipotesi è
quella dei servizi aerei di linea, che, sebbene anch’essi non identificati
normativamente con una definizione netta ed incontrovertibile, erano,
viceversa, certamente oggetto, quanto meno in ambito internazionale, di quel
rigido regime a cui abbiamo avuto modo di far cenno più sopra. Prendendo
atto degli ostacoli che venivano frapposti all’effettivo sviluppo del
traffico aereo non di linea, già nel 1956, in ambito ECAC, venne
concluso a Parigi uno specifico accordo multilaterale volto a superare le
limitazioni in questione[65],
con una disciplina dei servizi di trasporto aereo non di linea, che, come si
è visto, non erano neanche contemplati negli strumenti della conferenza
di Chicago, se non per quella scarna ed ambigua disciplina, di cui al
già menzionato art. 5 della Convenzione sull’aviazione civile.
Del resto, già agli inizi degli anni ’60 del
secolo scorso era stata già maturata la consapevolezza che la
possibilità per i vettori aerei non-regolari, di eseguire «régulièrement des transports
non réguliers» avrebbe inciso negativamente sulle tradizionali
compagnie aeree[66]; le
posizioni contrarie alla diffusione del charter
finirono per essere abbandonate, in coincidenza con l’espansione del
mercato turistico[67].
Fra i fattori di successo dei servizi aerei non di linea, rispetto a quelli di
linea, era «la piena flessibilità di esercizio»[68],
assieme al maggior fattore di carico[69].
Gli sviluppi successivi, come si sa, è appena il caso di dirlo, sono
andati ben al di là di quelle previsioni.
Certamente i voli charter
hanno contribuito a rendere accessibile ad un più vasto pubblico il
trasporto aereo; è con riferimento ad essi che si è parlato per
la prima volta di «low-cost
transporation»[70];
va tuttavia incidentalmente puntualizzato che, oggi, grazie anche a
deregolamentazione e liberalizzazione, si è consolidato un modello di
servizi aerei «low cost»
(«no frills»)[71],
che rientrano comunque nell’ambito dei servizi aerei di linea, piuttosto
che in quelli non di linea[72].
Ciò non toglie che gli uni e gli altri condividano alcuni aspetti, ed in
particolare, al di là dei livelli tariffari mediamente più
contenuti, la struttura di offerta dei servizi «point-to-point», piuttosto che quella «hub-and-spoke», che caratterizza i
servizi di linea delle compagnie aeree tradizionali. Al di là del
differente assetto, tuttavia compagnie low
cost e compagnie charter possono
intercettare domande di mobilità e turismo nella stessa fascia di
utenza, sebbene, tendenzialmente, le prime operino in prevalenza su rotte di
breve raggio e le seconde per lo più sui collegamenti di medio e lungo
raggio[73].
E, nonostante si basino su formule che dovrebbero essere
diverse, possono offrire prodotti sovrapponibili[74];
ed è anche vero che l’industria del charter, specialmente in Europa, ha subito una contrazione a
seguito della liberalizzazione e della concorrenza subita dalle compagnie
«low cost» ed anche da
parte delle compagnie tradizionali, spinte dal nuovo contesto a comprimere le
tariffe[75].
Ed è anche vero che il cadere delle barriere (più o meno nette)
fra voli di linea e voli non di linea è testimoniato anche dalla
tendenza del legislatore (ivi compreso quello UE) a non discriminare le due
tipologie di servizi neanche in tema di affermazione di diritti
dell’utente: ad esempio, se il regolamento CEE n. 295/91 del Consiglio
del 4 febbraio 1991 si applicava ai soli vettori aerei di linea, il già
menzionato reg. n. 261/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11
febbraio 2004, che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed
assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o
di ritardo prolungato, si applica indistintamente sia ai vettori di linea, sia
a quelli non di linea[76].
Il trasporto di passeggeri sulla base di un charter, nella sua struttura diffusa
nell’ambito dell’offerta di pacchetti turistici, vede da un lato il
rapporto fra owner e charterer (esercente e noleggiatore) e,
dall’altro fra noleggiatore/organizzatore del pacchetto turistico (tour operator) e passeggero/utente del
pacchetto turistico.
Tralasciando di affrontare in generale le implicazioni del
collegamento negoziale, qui possiamo limitarci ad osservare che il problema
dell’individuazione del soggetto su cui far ricadere la
responsabilità vettoriale sembra avviarsi verso una soluzione
sufficientemente condivisa, grazie al maggior successo di ratifiche che sta
avendo la Convenzione di Montreal del 1999, rispetto a quello che è
stato per la Convenzione di Guadalajara del 1961: il tour operator che abbia assunto in proprio l’obbligazione di
trasportare (in quanto vettore contrattuale), risponderà in solido con
il charterer (quale vettore di fatto)
per i danni subiti dal passeggero/utente del pacchetto turistico.
In base alla direttiva 90/314/CEE, il passeggero/utente
del pacchetto turistico, anche per l’inadempimento delle prestazioni di
trasporto, come in generale per tutte quelle comprese nel pacchetto turistico,
può agire, oltre che contro l'inadempiente, anche contro il tour operator, il quale, a sua volta,
potrà surrogarsi nei diritti del passeggero verso il responsabile (in
Italia, ora art. 43, comma 2, cod. turismo)[77].
Il codice del turismo ribadisce (art. 44) che il passeggero debba essere
risarcito secondo le norme stabilite dalle convenzioni internazionali, di cui
sono parte l'Italia o l'Unione Europea, che disciplinano il trasporto e (ai
sensi dell’art. 45) le eventuali clausole di limitazione della
responsabilità per i danni alle cose non potranno derogare alle medesime
convenzioni (e, dunque, attualmente, per quanto qui rileva, in base alla
Convenzione di Montreal del 1999, da intendersi richiamata attraverso il
meccanismo di «rinvio dinamico» già sperimentato dal legislatore
italiano in altre discipline in tema di trasporto, ed impiegato anche in
quest’ultima norma, che si riferisce alle «convenzioni
internazionali, di cui sono parte l’Italia o l’Unione europea, che
disciplinano le singole prestazioni che formano oggetto del pacchetto
turistico, così come recepite nell’ordinamento italiano»)[78].
Per quanto concerne i danni che rientrano
nell’ambito di applicazione della Convenzione di Montreal del 1999, il
turista di un pacchetto che comprenda un volo charter, sembra offrire
in effetti un livello di protezione maggiore di quello garantito dal sistema
della Convenzione di Varsavia del 1929, non integrato dalla Convenzione di
Guadalajara del 1961, nel caso in cui il tour
operator avesse assunto direttamente le obbligazioni vettoriali, prevedendo
una responsabilità solidale fra vettore contrattuale e vettore. Sarebbe,
però, auspicabile anche l’adozione di una disciplina uniforme per
i contratti turistici che sia compatibile tanto con la Convenzione di Montreal,
quanto con la disciplina adottata in ambito UE, e che possa aver maggior
successo di ratifiche rispetto a quella che ebbe a suo tempo la Convenzione di
Bruxelles del 23 aprile 1970 sul contratto di viaggio.
The article examines the
evolution in the field of <charter>
flights in the carriage by air of passengers. Charter flights have been the cheap alternative to scheduled
flights, basically monopolized by the <flag> airlines.
The radical change in
the regulatory framework has allowed entry of <low cost> companies. The latters, while operating on radically
different parameters, has eroded a portion of the market for charter operators. Nowdays, The
inclusive tour market depends to a large extent on charter flights. Arises in this regard, the problem of identifying
the carrier liable for the carriage. The problem today, however, seems to have
solution by rules on actual carrier introduced by Montreal Convention of 2009.
European legislation has to be considered. Council Regulation EC 261/2004 shall
also be considered. It applies to scheduled carriers as well as non-scheduled
carriers. Directive 90/314/EEC of 13 June 1990 (now implemented in Italy by
"code of tourism" of 2011). It would be desirable to adopt a new
uniform convention for "all inclusive packages" compatible with the
Montreal Convention and with the EU rules.
[Per la
pubblicazione degli articoli della sezione “Contributi” si è
applicato, in maniera rigorosa, il procedimento di peer review. Ogni
articolo è stato valutato positivamente da due referees, che hanno operato con il sistema del double-blind].
[1] L’importanza del charter era stata avvertita in pieno
già prima della Seconda Guerra mondiale, tanto che il CITEJA aveva
incaricato di studiare la tematica Pietro Cogliolo, eminente studioso italiano
di diritto aeronautico dell’epoca. Sulla vicenda e i suoi sviluppi
nell’ambito del CITEJA, v. la ricostruzione di A. Ambrosini, Noleggio
e trasporto aereo, in Nuova riv. dir. comm., 1952, I, 224,
ivi, 225 e di J.W.F. Sundemberg, Air Charter, Stockholm, 1961, 129. Per cenni,
più recentemente, v. M. Donato,
Articulación y naturaleza
jurídica del charter aeronáutico, in Congreso Internacional de Transporte Aéreo, Aeropuertos y
Turismo 50 Años ALADA, a cura di M.O. Folchi, Buenos Aires, 2011,
99, ivi, 112.
[2] Per quanto concerne la letteratura
giuridica europea sembra opportuno ricordare quantomeno il fondamentale studio
di G. Romanelli, In tema di trasporto su voli charter, in
Annali di diritto aeronautico, II,
1970-71, 31 (testo a cui si riferiscono le citazioni odierne), pubblicato anche
in Arch. giur. «Filippo
Serafini», 1972, 5. Possono poi menzionarsi: F. Loustau, Los vuelos
charter: (problemática jurídica), Madrid, 1973, 12 ss.; M. Grigoli, Aspetti sistematici del volo «charter», in Dir. aereo, 1975, 159; più
recentemente, V. Franceschelli, Voli charter e turismo aereo, ne Il nuovo diritto aeronautico. In ricordo di
Gabriele Silingardi, Milano, 2002, 1019. V. anche gli atti del congresso
internazionale di Taormina del 19-21 novembre 1976 Trasporto aereo charter e movimento turistico, Milano, 1977, fra
l’altro con le relazioni di L.M.
Bentivoglio, Disciplina giuridica
del volo «charter» nel quadro di una politica nazionale del
trasporto aereo (ivi, 31; il contributo è peraltro pubblicato anche
in Trasporti, 11/1977, 3); V. del Gaudio, Il trasporto aereo «charter» e suo influsso sul movimento
turistico (ivi, 97); F. Loustau
Ferran, Aspetti economici,
statistici e tecnici del trasporto aereo "charter” (ivi, 113).
V. anche (forse con enfasi eccessiva nel definire il «charter» come «contratto
turistico»: A. Conde Tejón,
El contrato de charter aéreo. Especial atención a la
responsabilidad en caso de retrasos y cancelaciones. accidentes, daño a los equipajes y overbooking, Granada,
2008, 1 ss. Nell’ambito dell’attività di ALADA, v. L. Herrera Esteban, El protagonismo del transporte aéreo
en el desarrollo turistico de destinos lejanos, in temas de aviacion comercial
y derecho aeronautico y espacial V, a cura di M.O. Folchi, Buenos Aires,
2001, 1. Nella letteratura recente, v. D.
Benitez, El pasajero frente al
incumplimiento del contrato de
transporte aéreo y su repercusión en el turismo. Posibles
soluciones, in Riv. it. dir. tur., 3-2011, 43.
[3] Più precisamente: «Codice della normativa statale in tema di
ordinamento e mercato del turismo, e la disciplina dei contratti di
multiproprietà, prodotti per le vacanze di lungo termine, vendita e
scambio, in attuazione della direttiva 2008/122/CE».
[4] Sullo scarso successo della convenzione
in questione e sulle (non lineari) vicende della sua denunzia da parte
dell’Italia, v. E.G. Rosafio,
Pacchetti turistici e posizione del
consumatore: brevi considerazioni, in ALADA en Cabo Verde (atti delle XXXVI
Jornadas Latinoamericanas de derecho aeronáutico y espacial), a cura di
M.O. Folchi, Buenos Aires, 2013, 188.
[5] Tale disciplina supera il limite
cronologico minimo di ventiquattro ore che era richiesto, in alternativa alla
inclusione di una notte, nella direttiva 90/314/CEE, ed a cui si erano
pedissequamente conformati i primi provvedimenti italiani di recepimento: cfr. F. Morandi, I contratti di viaggio alla prova del codice del turismo, in Riv. it. dir. tur., 4-2012, 5; R. Santagata, La nuova disciplina dei contratti del turismo organizzato nel codice
del turismo «dimidiato», in Nuove
leggi civ., 2012, 1105, ivi, 1115 ss.
[6] Il campo elettivo di maggior diffusione
del charter è, in effetti,
quello del trasporto del turismo nell’ambito dei pacchetti turistici; v.
in proposito C. De Marzi, Il charter aeronautico, in Contratti del trasporto, t. 1, Trasporto aereo e marittimo, a cura di
Morandi, Bologna, 2013, 53, ivi, 54 ss.
[8] V. in
proposito J. Palacin Fernandez,
Linea aérea de bandera de
bajo costo del Peru, in Liber
amicorum en honor al prof. Manuel Augusto Ferrer, diretta da M.O. Folchi,
con il coordinamento di M. Donato, Buenos Aires, 2011, 259, ivi, 265 ss.; v.
anche Id., Transporte aereo internacional y turismo, Ponencia presentada en el
III Encuentro latinoamericano sobre política aerea y espacial, La
Habana, Julio, 1990, in Revista Cubana de
Derecho, 2/1991, 128, ivi, 135. Nelle trattazioni generali di diritto del turismo, v. C. Alvisi, Il diritto privato del turismo nell’ordine giuridico del mercato,
Torino, 2007, 297.
[9] Sui blocked off charter, v. J.W.F. Sundemberg, Air Charter, cit., 45. Tali tipologie contrattuali erano ammesse anche per le compagnie
IATA, e presupponevano un contratto di viaggio organizzato, con l’offerta
di un pacchetto turistico da parte di un operatore, che avesse assunto su di
sé il rischio economico del trasporto aereo e che offrisse
altresì ulteriori servizi come (ad esempio) il vitto, l’alloggio,
le guide, gli interpreti (c.d. ITC, ovvero «Inclusive Tour Charter»): cfr. E. Mapelli, Estudio
sobre un modelo de proyecto de contrato de «fletamento» a la
demanda o vuelo «charter», in Dir. aereo, 1974, 235, ivi, 237; per i flight operating agreement, v.
T. Ballarino, S. Busti, Diritto aeronautico e spaziale, Milano,
1988, 564.
[10] Cfr. J.W.F. Sundemberg, Air Charter, cit.; Á.
Bauza Araujo, Tratado de derecho
aeronautico, II, Montevideo, 1977, 309; F.N.
Videla Escalada, Derecho
Aeronáutico, III, Buenos Aires, 1977, 106. Per una rassegna delle clausole dei
formulari charter per trasporto non
di linea, v. E. Petenzi, Note sul charter di aeromobile con
equipaggio, in Dir. trasp., 2006,
481, ivi, 491 ss. Nel sistema originario del codice della navigazione italiano,
i servizi di linea erano assoggettati a concessione amministrativa (art. 776,
v.s., c. nav.), mentre per i servizi non di linea erano assoggettati da un
regime di licenza o, nel caso di stranieri, di autorizzazione (art. 788, v.s.,
c. nav.): in tema v. in generale G.
Martini, Il servizio di trasporto
aereo di linea, Milano, 1976; L. M.
Bentivoglio, In tema di
concessione di servizi aerei di linea: «privilegium
ad excludendos alias excludendum», in Trasporti, 11/1977,
127; G. Guarino, L’esclusività
nelle concessioni di servizi aerei di linea, in Dir. aereo, 1977,
117). Il quadro è radicalmente cambiato a seguito dell’entrata in
vigore del terzo pacchetto comunitario sui trasporti aerei (regolamenti CE nn.
2407, 2408 e 2409 del 23 luglio 1992, oggi rifusi nel regolamento CE n.
1008/2008 del 24 settembre 2008). Sull’impatto dei regolamenti in
questione sui servizi aerei: S. BUSTI,
La nuova disciplina comunitaria sui servizi aerei, in
Trasporti, 61/1993, 71; G.
CAMARDA, Le imprese
di trasporto aereo nell'ordinamento dei servizi aerei, ne Il
diritto aeronautico tra ricodificazione e disciplina comunitaria, a cura di
B. Franchi e S. Vernizzi, Milano, 2007, 25, ivi.
[11] G.
Martini, Il servizio di trasporto
aereo di linea, cit., 30. D’altra parte, la nozione di
«trasporto di linea» era quantomeno evocata nell’art. 34
della Convenzione di Varsavia del 1929, che, per definire l’ambito delle
ipotesi astratte dal suo campo di applicazione, menzionava i voli effettuati
dalle imprese di trasporto aereo a titolo di esperimento di servizi aerei di
linea (ipotesi contemplata anche nella formulazione del medesimo articolo, come
emendato dall’art. 16 del Protocollo dell’Aja del 28 settembre
1955). La disciplina della Repubblica argentina si pone nella medesima
direzione di quella originaria del codice della navigazione italiana (art. 102 Código Aeronáutico): in
tema cfr. N. Balian, Código Aeronáutico, Buenos Aires, 2013, 228 ss.
[12] Il parallelismo in questione era stato
ben colto da autorevole dottrina: G.
Romanelli, In tema di trasporto su
voli charter, cit., 32 ss.; P.
Chaveau, Le transport à la
demande, in Studi in onore di Antonio
Ambrosini, Milano, 1957, 334, ivi, 335. Per riferimenti ai traffici
marittimi tramp in rapporto ai liner, v. da ultimo M. Casanova,
M. Brignardello, Diritto dei
trasporti, I, Infrastrutture ed
accesso al mercato, ed. II, Milano, 2011, 233 ss.
[13] V. in
proposito M. Donato, Articulación y naturaleza
jurídica del charter aeronáutico, cit., 105.
[14] Si tratta di espressioni equivalenti
(l’impiego della seconda si è affermato negli Stati Uniti
d’America: v. L.M. BENTIVOGLIO, Private
International Air Law, in Recueil des
Cours, 119/1963, 69, ivi, 140). Cfr.
M.M. Comenale Pinto, E.G. Rosafio,
La locazione di nave e di aeromobile,
ne I
contratti di utilizzazione dei beni, a cura di V. Cuffaro, Trattato dei contratti, diretto da P.
Rescigno ed E. Gabrielli, 2008, 371, ivi, 391; L. Tullio, Contratto di
Noleggio, Milano, 2006, 372.
[16] Era questo, ad esempio, il caso alla base
della nota vicenda dell’aeromobile della compagnia «Air 70»,
andato distrutto durante un tentativo di atterraggio, definita da Cass. 20
aprile 1989, n. 1855, in Dir. trasp.,
II/1991, 194, con nota di E. Fogliani,
Aerotaxi e sistema di Varsavia. La
sentenza in questione è anche pubblicata in Nuova giur. civ. comm., 1990, I, 424, con nota di S. E. Pizzorno, ivi, 435, nonché
in Giur. It., 1990, I, 1, 1480, con
nota di A. De Mauro, ivi, 1480,
ed in Foro it., 1990, I, 1970, con
nota di L. Carbone, Vettore per caso. In generale
sull’ipotesi considerata, cfr. E.
Petenzi, Note sul charter di aeromobile con equipaggio, cit., 493 e 496. Sulla linea di
confine fra il trasporto come prestazione di un contratto concluso dal datore
di lavoro per consentire al lavoratore di pervenire fino al luogo della
prestazione di lavoro e il trasporto che «costituisce soltanto il modo o
il mezzo, sia pure necessario, per rendere possibile l’attuazione di un
rapporto giuridico avente natura, contenuto e finalità diverse»,
v. U. La Torre, La definizione del contratto di trasporto,
Napoli, 2000, 42 ss.
[18] App. Venezia, 19 aprile 1986, in Dir. mar., 1988, 160, con nota di M.M. Comenale Pinto, Brevi
cenni intorno al vettore di fatto e alla colpa grave di pilotaggio, ivi,
161.
[19] Ho già avuto modo di esprimermi al
riguardo annotando (sul punto in senso difforme) App. Venezia, 19 aprile 1986,
cit.: M.M. Comenale Pinto,
Brevi cenni intorno al vettore di
fatto e alla colpa grave di pilotaggio, cit., 162. Credo ancora che la
norma di estensione dell’ambito di applicazione della Convenzione al di
là dei trasporti a titolo oneroso vada letta in maniera non
eccessivamente riduttiva, tenuto conto che, in effetti, non fa riferimento
all’assunzione dell’obbligo di trasportare, ma all’esecuzione
(sembrerebbe materiale) del trasporto: «Elle s'applique également aux transports gratuits
effectués par aéronef par une entreprise de transports
aérien». Altrettanto può dirsi per la corrispondente
previsione, dell’art. 1, § 1, ultima parte, della Convenzione di
Montreal, di cui si riportato, di seguito, i testi (ufficiali) in francese,
inglese e spagnolo: «Elle s'applique également aux transports
gratuits effectués par
aéronef par une entreprise de transports aérien»; «It
applies equally to gratuitous carriage by aircraft performed by an air transport undertaking»; «Se aplica
igualmente al transporte gratuito efectuado
en aeronaves por una empresa de transporte aéreo» (anche qui i corsivi sono
aggiunti).
[21] Cfr. K. Grönfors,
Air Charter and the Warsaw Convention, Stockholm,
1956, 15; L. Tullio, Articolazioni e natura giuridica del charter aeronautico, in Congreso
Internacional de Transporte Aéreo, Aeropuertos y Turismo 50 Años
ALADA, cit., 85. D’altra parte, anche a non condividere la «tesi
unitaria» del diritto della navigazione (su cui si fonda il codice della
navigazione italiano) non può fare a meno di rilevarsi la derivazione
marittima di gran parte della terminologia di cui si fa uso per i contratti di
utilizzazione dell’aeromobile, come ebbe espressamente a riconoscere il
Gruppo di esperti nominato dall’Assemblea dell’ICAO su lease, charter ed interscambio
di aeromobili, con l’ammissione di osservatori della IATA, che si
riunì dall’11 al 15 ottobre 1976 (v. amplius G. Fitzgerald,
The Lease, Charter and Interchange of
Aircraft in International Operations: amendments to the Chicago and Rome
Conventions, in A.A.S.L., 1977,
105, ivi, 111).
[22] E così è rispetto
all’aeromobile anche per il charter
aeronautico inteso nel senso suo
proprio (che, peraltro è confermato nell’accordo di Parigi del
1956, a cui si farà più ampio cenno nel prosieguo). In generale,
v. Á. Bauza Araujo, Tratado de derecho aeronautico,
Montevideo, 1977, II, 309; F. Loustau, Los vuelos charter: (problemática
jurídica), cit., 20; B. Cheng,
The Law of International Air Transport,
London-New York, 1962, 177; E. Mapelli,
Estudio sobre un modelo de proyecto de
contrato de «fletamento» a la demanda o vuelo «charter»,
cit., 237; F.N. Videla Escalada, Derecho Aeronáutico, III, cit.,
105.
[23] Il riferimento era al documento redatto
in duplice originale, a destra e sinistra di un unico foglio («charta»), che veniva poi diviso
longitudinalmente, con scambio di ciascuna delle due porzioni così
ottenute fra le parti contrattuali: per riferimenti v. T. Ballarino, S. Busti, Diritto
aeronautico e spaziale, cit., 539; E.
Petenzi, Note sul charter di aeromobile con equipaggio, cit., 481, ivi, 487 sub nota 10; S. Zunarelli, M.M. Comenale Pinto, Manuale di diritto della navigazione e dei trasporti, I, Padova,
2013, ed. II, 244.
[24] V. per
riferimenti M. Trajkovic, La nature du contrat de charter dans le
droit aérien, in Ann. Ist.
dir. aer., II, 1970-71, 9, ivi 12 ss.
[25] V. al
riguardo K. Grönfors, Air Charter and the Warsaw
Convention, cit., 20; M.O. Folchi, La Convención de Guadalajara y los contratos de utilización de aeronaves, in Dir.
aer., 1966, 30, ivi, 33. Più recentemente Id., Los contratos de utilización de
aeronaves, in Estudios de derecho aéreo:
aeronave y liberalización, a cura di F. Martínez Sanz -
M. Victoria Petit Laval, Madrid - Barcelona - Buenos Aires, 2009, 21, ivi 49
ss. Nella medesima direzione:
v. L. Tullio, Articolazioni e natura giuridica del charter aeronautico, cit., 85.
[26] Rispetto al diritto spagnolo, nonostante
la contraria posizione della giurisprudenza, si è dubitato della
correttezza dell’applicazione al noleggio di aeromobile della
corrispondente disciplina marittima, in assenza di un rinvio legislativo espresso:
cfr. I. Meca GavillÁ, J. López Quiroga, Los contratos de utilización de
aeronaves y la responsabilidad contractual en el Convenio de Montreal de 1999,
in Estudios de Derecho aeronáutico
y espacial, atti XXXI Jornadas Latinoamericanas de Derecho
Aeronáutico y Espacial (Sevilla, España, 20-23 de marzo de 2007),
a cura di M. Folchi, M. Jesús Guerrero Lebrón e Agustín
Madrid Parra, Madrid - Barcelona - Buenos Aires, 2008, 193, ivi, 199.
[27] In tale direzione può farsi
riferimento, ad esempio, alla disciplina argentina di cui al Decreto 1470/97
del 30 dicembre 1997. V. in proposito: M.
Donato, Articulación y
naturaleza jurídica del charter aeronáutico, cit., 110.
[28] Sembra interessante segnalare come nella
riforma della parte aeronautica del codice della navigazione italiano,
introdotta con il d. lgs. 9 maggio 2005, n. 96, con la novella dell’art.
940, sia stato previsto il noleggio di parte della capacità
dell’aeromobile. La questione apre, però, una serie di problemi
che non possono certamente trovare soluzione in questa sede.
In tema, v. G. Mastrandrea, L.
Tullio, La revisione della parte
aeronautica del codice della navigazione, in Dir. mar., 2005, 1201, che, genericamente, giustificano la novella
nell’ottica di tener conto che «nuove forme contrattuali atipiche,
sconosciute all’epoca della redazione del codice, potrebbero essere
qualificate come noleggi»
(ivi, 1228). In uno scritto
successivo gli stessi autori aggiungono che «poiché con
l’accordo detto block space si
cede parte della capacità dell’aeromobile, il secondo comma
dell’art. 940 prevede appunto il noleggio di parte della capacità
dell’aeromobile» (G. Mastrandrea, L. Tullio, Il compimento della revisione della parte
aeronautica del codice della navigazione, in Dir. mar., 2006, 699, ivi, 727). La soluzione del legislatore
italiano della riforma è certamente suggestiva, ma non convincente nel
passo in più che fa rispetto al progetto ALADA di codice aeronautico, se
va intesa come inclusione del block space
nel noleggio: in effetti si basa su un falso sillogismo, di cui le premesse
(corrette) conducono ad una sintesi non corretta. È vero che una parte
dei contratti c.d. di charter rientrano
nello schema del noleggio,
nell’ambito del sistema dei
contratti di utilizzazione concepito dal legislatore originario del codice
della navigazione (ma un’altra parte rientra nel trasporto e, fra questi,
ad esempio, per far riferimento a
quelli espressamente tipizzati nella parte marittima del codice della
navigazione, certamente vanno menzionati i contratti di «trasporto di
carico totale o parziale», ed un’altra parte ancora, che è
caratterizzata dalla demise, va
ascritta alla locazione); è anche vero che il block space viene incluso nella categoria (non dogmatica, ma
pratica, non differentemente da quella dei «contratti di
utilizzazione») dei charter, ma
questo non implica affatto che il block
space sia un noleggio, né
la diversa qualificazione che ne ha operato il codice della navigazione della
riforma del 2005-2006 può mutarne la natura e la struttura. In tema v.
anche (non specificamente sul noleggio parziale, ma in un ambito in cui si
contesta tout-court il mantenimento
del noleggio nel codice) v. S. Vernizzi,
La disciplina dei contratti di
utilizzazione dell'aeromobile a seguito della revisione, in Resp. civ., 2006, 737, ivi, 740 s.
[30] Sulla struttura tendenzialmente (ma non
necessariamente) trilaterale del charter
aereo con finalità di trasporto di persone, v. G. Romanelli, In tema
di trasporto su voli charter, cit., 38 ss.; v. anche S. Ferrarini, Il «charter» per trasporto di persone, in Riv. dir. comm., 1965, I, 1, ivi, 4.
Nella letteratura recente (con riferimento agli ITC), sui rapporti fra
esercente, tour operator e
passeggero, v. L. Tullio, Articolazioni e natura giuridica del charter aeronautico, cit., 87, nonché M. Donato, Articulación
y naturaleza jurídica del charter aeronáutico, cit., 112.
[31] Perfino la dottrina che più
sostiene l'espansione di tale tipo contrattuale del noleggio, ne ha escluso la
diffusione in campo aeronautico: E. Spasiano, Contratto
di noleggio, Milano, 1986, 61. Per
perplessità sulla scelta del legislatore del 2005 di mantenere
(ed ampliare) una disciplina del noleggio di aeromobile, a fronte della sua
scarsa rilevanza pratica, v. A. Antonini, I contratti di utilizzazione
dell’aeromobile, in Dir. mar.,
2006, 641, ivi, 642; ma v. E.G. Rosafio,
Studio sul contratto di noleggio, Studio sul contratto di noleggio, Roma,
2008, 11 ss. Per la confutazione
della tesi che escludeva l’estensione del noleggio al campo aeronautico,
v. a suo tempo A. Ambrosini, Noleggio e trasporto aereo, cit., 225.
[32] Si allude al progetto predisposto dalla
Commissione per la revisione organica del codice della navigazione, presieduta
dal Prof. Gabriele Pescatore, che terminò i suoi lavori nel 1986,
consegnando il 2 luglio 1986 all’allora Ministro di grazia e giustizia,
uno schema di disegno di legge delega recante delega al Governo per emanare un
nuovo codice della navigazione, che escludeva il noleggio dall’ambito dei
contratti di utilizzazione dell’aeromobile. Lo schema di disegno di legge
delega è pubblicato in Foro it.,
1986, V, 352.
[33] Cfr. L.
Tullio, Contratto di Noleggio, cit., 373; F.
Rossi dal Pozzo, Servizi di trasporto
aereo e diritti dei singoli nella disciplina comunitaria, Milano, 2008,
121. L’inquadramento proposto non è pacifico: per la collocazione
nel trasporto v. M. Casanova, M.
Brignardello, Diritto dei
trasporti, I, cit., 293; A. Antonini,
Il noleggio di aeromobile, ne Il trasporto aereo tra normativa comunitaria
ed uniforme, a cura di R. Tranquilli Leali ed E.G. Rosafio, Milano, 2011,
367, ivi, 373.
[34] V. al
riguardo M. Donato, Articulación
y naturaleza jurídica del charter aeronáutico, cit., 111.
[35] G.
Romanelli, In tema di trasporto su
voli charter, cit., 41. V. anche (con riferimento a formulari specifici
all’epoca in uso da parte di compagnie aeree di linea: A. Ambrosini, Noleggio e trasporto aereo, cit., 236. Sugli obblighi di protezione
trasporto di persone, nella letteratura recente v. G. Mastrandrea, L’obbligo
di protezione trasporto aereo di persone, Padova, 1994.
[36] Si pone, così, il problema
dell’assetto complessivo delle responsabilità, comprese quelle
derivanti dal trasporto, nell’ambito dei pacchetti turistici. Sulla
questione si tornerà nel prosieguo, ma, in generale, sia pure per il quadro italiano,
riferita ancora, per ragioni temporali, alla trasposizione della direttiva
90/314/CEE contenuta nel «codice del consumo» (d. lgs. 6 settembre
2005, n. 206), ed oggi recata dal «codice del turismo» (d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79) v. F. Morandi, Alcune riflessioni sui rapporti tra contratto di viaggio e contratto di
trasporto aereo, ne Il trasporto
aereo tra normativa comunitaria ed uniforme, cit., 411.
[37] V., a suo
tempo, M. Bravo Navarro, Responsabilidad civil en vuelos charter,
in Dir. aereo, 1968, 31. Va peraltro incidentalmente ricordato che
da alcuni si era persino dubitato dell’applicabilità della
Convenzione di Varsavia ai voli charter,
sulla base del testo originario del suo art. 34 (ma, per
l’applicabilità della Convenzione di Varsavia al contratto di
noleggio di aeromobile v. G. Romanelli,
Profilo del noleggio, Milano, 1979,
188 ss.). È da puntualizzare che nella scarna giurisprudenza sull’art.
34 della Convenzione di Varsavia non si rinviene l’affermazione di un
carattere straordinario od eccezionale dei voli charter, tale da giustificare la loro esclusione dal campo della
Convenzione (Block v. Compagnie Nationale
Air France, 386 F.2d 323 (U.S. C.A., 5th Cir., 8 novembre 1967);
d’altronde, ogni dubbio al riguardo dovrebbe essere stato superato alla
stregua dell’emendamento introdotto con il Protocollo dell’Aja del
1955, che ha circoscritto l’ambito di esclusione dell’applicazione
alle sole norme sulla documentazione del trasporto, dettate dagli articoli da 3
a 9 della stessa Convenzione (v. F.N.
Videla Escalada, Derecho
Aeronáutico, III, cit., 112). Ancora più definita (e tale da
non indurre alcun dubbio sul fatto che non sia riferita ai charter) è la corrispondente previsione dell’art. 51
della Convenzione di Montreal del 1999, circa la non applicabilità di
norme in tema di documentazione ai trasporti eseguiti in circostanze
straordinarie, al di fuori della normale sfera di affari di un vettore (su
quest’ultima disposizione, v. M.O.
Folchi, sub Art. 51, in Transporte Aéreo Internacional. Convenio para la unificacion de ciertas
reglas para transporte aéreo internacional – Montreal 1999, diretto da
M.O. Folchi, Buenos Aires, 2002, 449). Molto efficacemente, con riferimento
alla Convenzione di Varsavia e al Protocollo dell’Aja, si è
rilevato che «El vuelo a la demanda
… no se efectúa como ensayo ni en circunstancias extraordinarias,
y, por tanto, no queda fuera de regolación del Convenio de Varsovia,
siempre que concurran las necessarias circustancias de internacionalidad»:
così E. Mapelli Lopez, El Contrato de transporte aéreo
internacional. Comentarios al Convenio de Varsovia, Madrid, 1968, 289.
[38] In
tema v. R. Gardiner, Revising the Law of Carriage by Air:
Mechanisms in Treaties and Contract, in ICLQ,
47/1998, 278, ivi 291.
[39] V. in
proposito M. Donato, Responsabilidad del porteador tras el
Convenio de Montreal de 1999, in Simposio
de Buenos Aires. 40º Aniversario de ALADA, a cura di M.O. Folchi,
Buenos Aires, 2001, 31, ivi, 50.
[41] Cfr. S.
Zunarelli, La nozione di vettore
(Contracting Carrier ed Actual Carrier), Milano, 1987, 145 ss.; M.M. Comenale Pinto, La nozione di «preposto» nel
trasporto aereo, in Dir. trasp.,
2001, 371, ivi, 392 ss.; Id., La nozione di servant or agent, ne La nuova disciplina del trasporto aereo.
Commento alla Convenzione di Montreal del 1999, a cura di L. Tullio,
Napoli, 2006, 285, ivi, 287 ss. Nel senso di una lacuna della Convenzione
del 1929, v. D. Goedhuis, Les contrats de charte et de louage des
aeronefs en connexion avec la Convention de Varsovie du 12 octobre 1929, in
Revue de droit international et de
législation comparée, 1932, 687.
[42] Per un esame di tale convenzione, e per
la sua collocazione nel sistema della Convenzione di Varsavia, con confutazione
delle tesi (ormai superate) volte a circoscrivere il suo ambito di applicazione
e ad escluderne i rapporti scaturenti da charter
o da subtrasporto, S. Zunarelli,
La nozione di vettore (Contracting
Carrier ed Actual Carrier), 151 ss. Dato lo scarso successo di ratifiche,
non ampia è la giurisprudenza che ne ha fatto applicazione: nella
già ricordata vicenda
«Air 70», definita da Cass. 20 aprile 1989, n. 1855, in
primo grado Trib. Padova 14 luglio 1982, in Resp.
civ. prev., 1983, 249, aveva ritenuto di poter applicare la Convenzione,
ma, sul punto, era stata riformata dalla Corte d’appello (App. Venezia,
19 aprile 1986, cit.), sull’assunto (non condivisibile, ma confermato
dalla Cassazione) che non fosse applicabile la Convenzione di Varsavia, in
quanto si sarebbe trattato di trasporto gratuito non eseguito da impresa di
trasporto aereo. Ai fini dell’individuazione della giurisdizione
competente, in base all’art. VIII della Convenzione di Guadalajara,
rispetto ai trasporti aerei internazionali effettuati da persona diversa dal
trasportatore contrattuale, si è ritenuto che l’azione di
responsabilità relativa al trasporto effettuato dal vettore di fatto
possa essere proposta, a scelta dell’attore, sia dinanzi al giudice del
luogo di domicilio o sede principale del vettore di fatto, sia dinanzi ad uno
qualunque dei fori dinanzi ai quali, secondo l’art. 28 della Convenzione
di Varsavia (ed ora secondo l’art. 33 della Convenzione di Montreal del
1999): Cass., sez. un., sez. un., 29 luglio 2003, n. 11647, in Dir. mar., 2005, 180, oppure in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 2004,
1001. V. anche il commento di P. Bertoli,
Incidenti aerei, danni alla persona,
criteri di competenza giurisdizionale e possibilità di forum shopping
(in margine al disastro del “Catullo”), in Int'l Lis, 1/2004, 33.
[43] Cfr. in tale ottica M. Pourcelet, Transport aérien international et responsabilité,
Montréal, 1964, 146 s. Con riferimento all’applicabilità,
nel caso di noleggio, della disciplina della Convenzione di Montreal alla
posizione del vettore di fatto, v. I.
Meca GavillÁ, J.
López Quiroga, Los
contratos de utilización de aeronaves y la responsabilidad contractual
en el Convenio de Montreal de 1999, cit., ivi, 200 s.
[44] Da
ultimo, anche per utili
riferimenti, cfr. M.O. Folchi, Contratos de utilización de aeronaves,
in Tratado de Derecho Aeronáutico
y Política de la Aeronáutica Civil, IJ-LXVII-568. È incidentalmente da dire che in
Italia, a seguito della riforma della parte aeronautica del codice (di cui al
d. lgs. 9 maggio 2005, n. 96 e nel d. lgs. 15 marzo 2006, n. 151), al di
là dell’estensione della disciplina del corrispondente istituto
della parte marittima, si sono dettate alcune norme derogatorie, fra cui, in
particolare, la previsione espressa della sostituibilità
dell’aeromobile designato con altro di caratteristiche e capacità
equivalenti o superiori (v. per tutti E.G.
Rosafio, Studio sul contratto di
noleggio, cit., 12).
[45] Sul rilievo della sovraprenotazione (sia
nel trasporto aereo, sia nell’area non disciplinata ad hoc dei servizi alberghieri): v. (sia pure riferito
essenzialmente al previgente regolamento CEE n. 295/91 del Consiglio del 4
febbraio 1991) A. Arlotta, Il
contratto di viaggio e le conseguenze del suo inadempimento: «danno da
vacanza rovinata» e overbooking, in Nuova giur. civ. comm., 2004, II, 456, ivi, 470.
[46] M.
Brignardello, La tutela dei
passeggeri in caso di negato imbarco, cancellazione del volo e ritardo
prolungato. Normativa vigente e prospettive di riforma, Torino, 2013, 24.
[47] Per una sintesi della vicenda, v. L. Welch Pogue, The International Civil Aviation Conference (1944). And Its Sequel Anglo-American
Bermuda Air Transport Agreement (1946), in A.A.S.L., I/1984, 1; N.
Mateesco Matte, Traité de
droit aérien – aéronautique, Montréal –
Paris, 1980, 127 ss.; Id., La Convenzione di Chicago. Quo vadis OACI?, in Studi in onore di Antonio Lefebvre d’Ovidio. In occasione dei
cinquant’anni del codice della navigazione, a cura di E. Turco
Bulgherini, Milano, 2005, 641, ivi , 643 ss.
[48] S.
Busti, Contratto di trasporto
aereo, Milano, 2001, 91; conf. V.
Franceschelli, Voli charter e
turismo aereo, cit., 1019.
[49] Sulla distinzione in questione,
limitandosi alla letteratura italiana, v. in generale G. Silingardi, Liberalizzazione del trasporto aereo
charter e riflessi sullo sviluppo delle attività turistiche, in Riv.
giur. circ. trasp., 1995,
668; E. Turco Bulgherini, Servizi
aerei di linea e servizi aerei non di linea, ne Il nuovo diritto
aeronautico. In ricordo di Gabriele Silingardi, a cura di A. Antonini, B.
Franchi, F. Morandi, Milano, 2002, 389; S.
Zunarelli, A. Pullini, I servizi di trasporto aereo, ne Il
diritto del mercato, a
cura di S. Zunarelli, Padova, 2008, 11. In lingua inglese,
v. W. Guldimann, The distinction between scheduled and non-
scheduled air services. Another exercise in international frustration, in A.A.S.L., 1979, 324.
[50] Cfr. E. Mapelli, Estudio sobre un modelo de proyecto de contrato de
«fletamento» a la demanda o vuelo «charter», cit.,
236.
[51] Al più è possibile
ricavarla in negativo da quella di «servizi di linea» che fu
elaborata nella risoluzione dell’Assemblea ICAO A2-18 - ICAO
Doc. 7278-C/841 (1952) del 25 marzo 1952 (sulla quale, nel senso di norma
meramente interpretativa
dell’art. 6 della Convenzione di Chicago, v. M. Milde, International
Air Law and ICAO, Utrecht, 2008, 101; v. anche H.A. Wassenbergh, Post-war
international civil aviation policy and the law of the air, The Hague, ed. II, 1962, 30). Sulla base di tale risoluzione
(oggi non più in vigore: cfr. Assembly
Resolutions no Longer in Force (as of 8 October 2010) - A16-1) «A scheduled international air service is a
series of flights that possesses all of the following characteristics: (a) it passes through the airspace over the
territory of more than one state; (b) it
is performed by aircraft for the transport of passengers, mail or cargo for
remuneration, in such a manner that each flight is open to use by members of
the public; (c) it is operated, so as
to serve traffic between the same two or more points; either, (i) according to
a published time-table, or (ii) with flights so regular or frequent that they
constitute a recognizable systemic series».
[52] E tuttavia appare corretto individuare
nei voli charter la principale
categoria dei voli non di linea a cui fa riferimento il menzionato art. 5 della
Convenzione di Chicago: v. in proposito G.
Romanelli, In tema di trasporto su
voli charter, cit., 33.
[53] Ad esempio, nella terminologia inglese,
si sono adoperati come sinonimi «nonscheduled
air transportation», «charter»,
«supplemental transportation»
e «bulk transportation»,
così come per «scheduled»,
«route» e «individually ticketed»: in tema E.J.
Driscoll, The Role of Charter
Transport in International Aviation, in Air
Law, 1975, 74, ivi, 75.
D'altra parte, è anche da ricordare
come, a livello di normativa italiana, il quadro dei «servizi di
linea» (anche aerei), a cui avrebbe dovuto applicarsi la disciplina
specifica dell’art. 1679 cod. civ., dettata in tema di diritto
all'accesso al trasporto e condizioni di prestazione del servizio, appariva
formalmente condizionata al presupposto che il servizio di trasporto in
questione fosse svolto sulla base di una concessione amministrativa; quando, a
seguito della liberalizzazione del trasporto aereo, è venuto meno tale
presupposto, ci si è chiesto se fosse venuto meno anche l'ambito di
applicabilità della norma, o se alla stessa potesse darsi
un'interpretazione evolutiva, secondo quella che appare la tesi preferibile
(cfr. F. Smiroldo, L’art. VIII sul rifiuto al trasporto e
art. 1679 c.c., in Spunti di studio
su: Le condizioni generali del trasporto aereo di persone, a cura di G.
Romanelli e L. Tullio, Cagliari, 1997, 129, ivi, 139 s., sulla scìa di G. Romanelli, Il trasporto aereo di persone, Padova, 1959, 100).
[55] H.A. Wassenbergh, Innovation in international air transportation regulation (The
US-Netherland’s agreement of 10 March 1978, in Air Law, 1986, 106, ivi, 112. Sulle «libertà
dell’aria» v. in generale A.
Giannini, Le libertà
dell'aria e le convenzioni di Chicago, in Riv. dir. nav., 1953, I, 143; S.
Cacopardo, Quante sono le cinque
libertà dell'aria, in Studi in
onore di Antonio Ambrosini, Milano, 1957, 183.
[57] Con riferimento all’accordo bilaterale
fra Stati Uniti e Regno Unito (c.d. «Bermuda II») del 23 luglio
1977, v. J. Dutheil de la Rochère,
Aspects nouveaux du bilatéralisme
aérien, in A.F.D.I., 1982,
914, ivi, 919. V. anche L.M. Bentivoglio,
Bermuda Revised: ad una svolta la politica internazionale del trasporto aereo, in Trasporti, 12/1977, 79, ivi, 84; M. de Juglart, Traité de droit aérien, I, ed. II, a cura di E. du
Pontavice, J. Dutheil de la Rochère, G.M. Miller, Paris, 1989, 825. In
precedenza, la regolamentazione dei charter
attraverso gli accordi bilaterali era piuttosto rara: H.A. Wassenbergh, Post-war international civil aviation policy and the law of the air,
cit., 32.
[58] V. in generale G. Boi, Gli accordi di
traffico aereo: la nuova frontiera degli open skies, ne Il nuovo diritto aeronautico, cit., 65.
[59] Cfr. S.D. Rynerson, Everybody Wants to Go to Heaven, But Nobody Wants to Die: The Story of
the Transatlantic Common Aviation Area, in Transp. L. J. 30/2002, 421, ivi, 426.
[60] Sulle preoccupazioni in ambito IATA per
l’acquisizione di quote di traffico da parte dei vettori charter, v. J.W.S. Brancker, IATA
and what it does, Leyden, 1977, 69.
[61] Sulle conseguenze del superamento del
concetto di «compagnia di bandiera», v. G. Camarda, Le imprese
di trasporto aereo nell'ordinamento dei servizi aerei, cit., 29.
[62] Regolamentazione ispirata dalla IATA,
venne recepita dalle CAB'S Economic
Regulations, part 207. In tema v. F. Marx, Non –
scheduled air services: A survey of regulations on the North Atlantic routes, in Air & Sp. L., 1981, 130, ivi, 135.
[63] V.
anche J. Kamp, Air charter regulation. A Legal, Economic,
and Consumer Study, New York, 1976, 2.
[64] V. per
riferimenti P.S. Dempsey, Turbulence in the «Open Skies»:
The Deregulation of International Air Transport, in Transp. L. J. 12/1982, 305, ivi, 343, sub nota 130. Per
l’esperienza canadese, v. A.P.
Ellison, The Rise and Decline of
Protective Economic Airline Regulation in Canada, in Transp. L. J. 15/1986, 89, ivi, 115. La questione non ha mancato di
provocare contenziosi: v. al riguardo, K.
Venstra, «Special Event
Charter Flights» and «Scheduled Air Service»: Some problems
of interpretation, in Air Law,
1975, 294.
[65] Per una sintesi dei contenuti, v. M. Żylicz, International Air Transport Law, Dordecht, 1992, 116. M. Lemoine, L'idée
européenne de transport et l'accord multilatéral sur les droits
commerciaux pour les transports aériens non réguliers en Europe,
in Rev. fr. dr. aér., 1957, 1;
E. Du Pontavice, Le Statut juridique des affrètements
aériens dits «charter», in Rev. gén. air, 1970, 241, ivi, 247. V. anche E. M. Weld, Some Notes on the Multilateral Agreement on Commercial Rights of
Non-Scheduled Air Services in Europe, in Journ. air law and comm., 23/1956, 80, nonché E. J. Driscoll, The Role of Charter Transport in International Aviation, cit., 76.
[66] L.
Cartou, Le droit aérien,
Paris, 1962, 55, che invitava a non sottovalutare il pericolo che derivava
dalle compagnie non di linea (considerate pure attività commerciali),
rispetto ai servizi aerei di linea, da intendersi, viceversa, come «servizio pubblico».
[67] F.
Loustau Ferran, Aspetti economici,
statistici e tecnici del trasporto aereo "charter”, cit., 164.
[69] A.
Schiavo, Aspetti economici e
tecnici del trasporto aereo merci, in Trasporto
aereo charter e movimento turistico, cit., 197, ivi, 202.
[70] Cfr. J.
Kamp, The near future of air
charter regulation, the case for more experimentation in public policy, in Journ. air law and comm., 41/1975, 389, ivi
395 s.; L. Lioi, Evoluzione del concetto charter e
necessità di adeguamento della regolamentazione interna ed
internazionale per un armonico sviluppo dei trasporti aerei, in Trasporto aereo charter e movimento
turistico, cit., 403, ivi, 408 s.
[71] V. in tema M. Donato, Articulación y naturaleza jurídica del charter
aeronáutico, cit., 99. In realtà i primi tentativi in Europa di fare concorrenza
alle compagnie tradizionali di linea, avvalendosi delle opportunità
aperte dalla liberalizzazione comunitaria del trasporto aereo, ed operando
secondo il modello «no frills»,
furono operate con scarso successo proprio dalle compagnie charter, ma con scarso successo, tanto che la maggior parte di esse
si ritirò dallo specifico mercato già agli inizi degli anni
’90 del secolo scorso: v. in proposito A.
Bordoni, Le Robin Hood
dell’aria. Il modello «low cost» nel settore
dell’aviazione civile, Roma, 2008, 43 ss.
[72] Sui servizi «low cost», v. ex
plurimis M. Deiana, Problematiche giuridiche del trasporto low
cost, in Dir. trasp., 2010, 671.
Con riferimento anche ai profili economici, v. F. Domanico, The
European airline industry: law and economics of low cost carriers, in Eur. J. Law Econ., 2007, 199.
[74] Si è in effetti constatata, a
seguito della liberalizzazione, una certa contaminazione fra le modalità
operative di compagnie low cost e
compagnie charter: D.
Bocchese, L'accesso dei vettori
aerei low cost al mercato, in Dir.
trasp., 2012, 399, ivi, 408. Già negli anni ’70 del secolo
scorso, del resto, si era constatata una tendenza alla «régularisation» dei servizi
charter: così J.-P. Tosi,
L’affrètement aérien,
Paris, 1977, 283.
[75] P.P.C.
Haanappel, Competition Between Network,
Feeder and Low-Cost Airlines, in Z.L.W., 2004, 532, ivi, 533 ss.
[76] Sul contesto dell’estensione ai
voli non di linea, v. M. Brignardello,
La tutela dei passeggeri in caso di
negato imbarco, cancellazione del volo e ritardo prolungato. Normativa vigente
e prospettive dì riforma, cit., 13. È stato peraltro
esattamente sottolineato che «Nel caso […] di negato imbarco
rispetto ad un trasporto non di linea e, pertanto, non soggetto alle
modalità di espletamento del servizio regolare, l’inadempimento
sarà totale, vista l’impossibilità di ripetere, almeno in
via strettamente teorica, attraverso un volo successivo, la prestazione di
trasferimento pattuita»: E.G.
Rosafio, Il negato imbarco, la
cancellazione del volo e il ritardo nel trasporto aereo di persone: il regolamento
n. 261/2004/CE, in Giust. civ.,
2004, II, 469, ivi, 474. Registra la
(ormai) generalizzata tendenza del legislatore comunitario a «regolare il
trasporto comunitario “ad imitazione” del trasporto aereo di
linea»: V. Franceschelli, Voli charter e turismo aereo, cit.,
1022.
[77] In tema, v. R. Santagata, La nuova
disciplina dei contratti del turismo organizzato, cit., 1121.