Università
di Sassari
Per lo studio delle
costituzioni imperiali in Sardegna: cursus publicus e humanitas costantiniana
SOMMARIO:
– 1. Nel segno di Giorgio La Pira. – 2. Natura non marginale del tema del cursus
publicus nella legislazione costantiniana. – 3. Un primo quadro delle costituzioni costantiniane per la Sardegna. – 4. La disciplina del cursus
publicus
nei secoli IV e V d.C. – a. La praepositura
mansionum. – b. La fornitura di animali da sella e da soma. – 5. Ius naturae e humanitas costantiniana. -
Abstract.
1. – Nel segno di Giorgio La Pira
Le costituzioni, emanate da Costantino, con riferimento specifico
alla Sardegna, rivestono un particolare interesse non solo, come è
ovvio, per la valutazione della attività normativa del Santo e
Imperatore[1],
ma, più in generale, per la analisi dell’incontro e dello scontro
fra i sistemi giuridici del Mediterraneo, e quindi fra le personae nel
loro concreto operare all’interno di quella straordinaria invenzione,
“macchina societaria per eccellenza” (l’espressione è
di Giovanni Lobrano) che è la città: Cic., rep. 1.49: quid est enim civitas nisi iuris societas civium? [2].
In questa prospettiva, l’identità, religiosa e
politica, del popolo sardo trova nel culto del Santo e Imperatore, lo ha messo
bene in evidenza Pierangelo Catalano, utilizzando una espressione cara
all’accademico dei Lincei Giovanni Lilliu[3],
un aspetto essenziale della “costante resistenziale sarda”, nel
quadro “dell’universalismo giuridico-religioso cristiano”[4].
Giorgio La Pira, nel 1974, nella sua “Riflessione
storico-politica”[5],
un testo denso di spunti giuridici e religiosi, persino commovente nel suo
ardore, a proposito di Costantino, individua, con la forza che
all’illustre romanista proviene dalla sua testimonianza di giurista e di
uomo di pace, il senso di quella che egli definisce la “struttura
bipolare” della Storia: la prima fase è quella di Augusto che
“prepara la venuta di Cristo”; la seconda è quella che si
apre con il “sogno di Costantino”, che permette alla Chiesa di
uscire dalle catacombe e di divenire “protagonista della storia”
dialogando con l’“Impero”, “sempre inteso non come
imperialista”, egli aggiunge, “ma come l’unità del
mondo intero”. Ecco, quindi, il significato della svolta costantiniana,
con il suo favorire il dialogo fra Chiesa e Impero, nel senso ora precisato, in
una costante apertura verso l’Oriente:
“Lui intanto fondò anche Costantinopoli. Se non
avesse fatto l’accordo con la Chiesa, poteva fare Costantinopoli? Ma
Costantinopoli significa l’Oriente. Aprì alla Chiesa, aprì
al Cristianesimo, aprì alla storia del mondo e della civiltà,
tutto l’Oriente fondando Costantinopoli, bellissima città, dalla
quale deriva poi Ravenna ecc... tutto il mondo orientale, il mondo russo, il
mondo greco parte di là. Se non avesse fatto la pace con la Chiesa,
poteva fare queste cose? No!”
È un testo forte, questo del La Pira, che ha la
capacità di scuotere le coscienze nel richiamare concetti e principi di
grande rilevanza giuridica e religiosa, in nome della svolta costantiniana: la
“unità dei popoli”, il “disarmo dei popoli”, la
“pace dei popoli”, la “giustizia dei popoli” e la
“grazia e la bellezza dei popoli”[6].
In questo momento storico, non di pace, ma di desiderio di pace,
il giurista deve trovare la forza di testimoniare con il La Pira che il sogno
di Costantino è un sogno vero, nel senso che esso ha il carattere della
profezia che si realizza nella tolleranza “dichiarata per tutti i popoli
della terra”, nella quale si può cogliere il significato
più profondo della svolta costantiniana[7].
2.
– Natura non marginale del tema
del cursus publicus nella legislazione costantiniana
È in questa prospettiva, delineata dal La Pira, in maniera
così semplice, e che dalla semplicità trae tutta una forza particolare,
che il tema del cursus publicus si presenta come un argomento non
marginale della attività normativa dell’Imperatore e quindi anche
come chiave di lettura per l’analisi della svolta costantiniana. Si deve,
infatti, tenere conto di due aspetti fondamentali, uno generale e uno
più specifico, entrambi connessi al cursus publicus.
In generale, occorre richiamare la funzione del cursus
publicus non solo come sistema viario di trasporti di persone o cose, ma
soprattutto come strumento di controllo e di diffusione di informazioni
essenziali alla gestione del potere politico e alla stessa applicazione del
diritto[8].
Si deve tenere presente, inoltre, che nell’ambito di quelle strutture
produttive che furono le villae,
aperte per destinazione agli scambi verso l’esterno, si andarono
determinando rapporti non esclusivamente orientati alla alienazione delle
merci, di cui si ha ampia attestazione nella letteratura de re rustica[9], ma anche alla costruzione di relazioni di
più ampio respiro fra città e campagna, di cui il cursus
publicus svela logiche e strutture essenziali in una visione che
è assieme attinente al piano del ius
publicum e a quello del ius privatum[10].
Si comprende, quindi, la importanza riconosciuta in età imperiale al cursus publicus.
Nello specifico, ed è questo il punto sul quale ci
soffermeremo, si può rilevare che le costituzioni emanate da Costantino
in tema di cursus publicus debbono
essere ricondotte a quella parte della sua attività normativa per
la quale si è parlato in dottrina di una particolare carica umanitaria[11].
In effetti, tali costituzioni possono essere assimilate, per il loro fondamento
umanitario, a quella serie di disposizioni che dell’Imperatore svelano
una sua attenzione alle condizioni sociali dei cittadini. Pensiamo anzitutto a
quelle con le quali egli introduce alcune importanti innovazioni in tema di
esecuzione della pena: dalle misure adottate in materia di giochi gladiatori[12],
all’abolizione della condanna alla croce e della pratica di spezzare le
gambe al sottoposto al supplizio[13];
dal divieto di marchiare il viso del condannato[14],
al riconoscimento della possibilità, per colui che fosse stato in attesa
di giudizio, di godere della luce del sole ogni giorno[15].
E poi anche pensiamo a quelle disposizioni con le quali Costantino prese alcune
misure a favore degli indigenti[16].
Per comprendere il carattere umanitario delle disposizioni
relative al cursus publicus, è
necessario anzitutto considerare le tensioni frequenti tra amministratori
preposti alla cura della stazioni di posta, i quali avevano fra l’altro
il compito di procurare gli animali da impiegare nei trasporti, e le
popolazioni locali, sulle quali invece gravava l’onere di consegnare gli
animali necessari[17].
Tensioni che a volte sconfinavano nei caratteri di veri e propri abusi.
Costantino intervenne in tema di cursus
publicus per tentare, anche per i problemi organizzativi ad esso connessi,
di rendere migliori le condizioni economiche e sociali della Sardegna, con
riferimento alle quali, come riscontra il Pais, “al periodo di relativa
felicità della quale fruirono le provincie romane dalla fine delle
guerre civili e dal reggimento di Augusto, che culminò sotto Traiano,
Adriano ed i primi Antonini,
succedette per le nostre Isole come per le altre parti dell’Impero un
periodo di oppressioni fiscali, di tristi condizioni economiche”[18].
Nella disciplina costantiniana del cursus publicus si può quindi intravedere una espressione
importante della tolleranza alla quale si riferisce il La Pira. La tolleranza
trova nella filantropia, che le fonti attribuiscono all’Imperatore, il
suo precipitato giuridico. Non è un caso che Eusebio, nel descrivere in
generale le qualità imperiali, impieghi il termine “εὐσέβια”,
la pietas[19], fino a fare di essa un aspetto centrale
del De vita Constantini[20], mentre, con riferimento alle
qualità dell’Imperatore nel rapporto con i cittadini, utilizzi
appunto il termine φιλανθρωπία, virtù modellata su quella divina[21].
Eusebio riconduce la φιλανθρωπία come qualità imperiale non solo, in
generale, al momento della produzione del diritto[22],
ma anche, specificamente, alla esazione delle tasse[23]
ed al rapporto dell’Imperatore con i popoli stranieri[24].
La filantropia dell’Imperatore è espressione importante della
tolleranza in quanto virtù cristiana, che si rivolge anche a coloro che,
fuori dell’Impero[25],
“gemono sotto l’oppressione della tirannide e della
persecuzione”[26]
e che, per il suo carattere, si manifesta anche nei riguardi dei nemici[27].
Una apertura universale della φιλανθρωπία che getta, quindi, una luce particolare sulla
assunzione da parte di Costantino dell’impegno a limitare il più
possibile le vessazioni alle quali i curiali, preposti alle stazioni postali,
spesso sottoponevano le popolazioni locali[28].
Proprio con riferimento a tali
vessazioni, Eusebio descrive il tiranno Massenzio, l’usurpatore, come
colui che detiene il potere esclusivamente con l’intenzione di opprimere
i cittadini:
Eus., hist. eccl. 8,14.6
e 10: [6] οὗτος μὲν
οὖν ἐπὶ Ῥώμης
τυραννῶν ούδ’ ἔστιν
εἰπεῖν οἷα δρῶν
τοὺς ὑπηκόους
κατεδουλοῦτο, ὡς ἤδη
καὶ τῶν ἀναγκαίων
τροφῶν ἐν ἐσχάτῃ
σπάνει καὶ ἀπορίᾳ
καταστῆναι, ὅσην ἐπὶ
Ῥώμης οὐδ’ ἄλλοτε
οἱ καθ’ ἡμᾶς
γενέσθαι
μνημονεύουσιν [10] ἐκ δὴ τούτων ὁρμώμενος, πόλιν μὲν οὐ
μίαν οὐδὲ
χώραν, ὅλας
δὲ ἄρδην τὰς ὑπ’ αὐτόν ἐπαρχίας
χρυσοῦ καὶ ἀργύρου
καὶ χρημάτων ἀμυθήτων
εἰσπράξεσιν ἐπισκήψεσίν
τε βαρυτάταις
καὶ ἄλλοτε ἄλλαις
καταδίκαις ἠνία
καὶ
κατεπίεζεν. τῶν γε μὴν
εύπορων τάς ἐκ
προγόνων
περιποιηθείσας
οὐσίας ἀφαιρούμενος, πλούτους ἀθρόως
καὶ σωροὺς
χρημάτων τοῖς ἀμφ’ αὐτόν κόλαξιν ἐδωρεῖτο[29].
Strettamente connessa alla φιλανθρωπία imperiale è la πρόνοια, il cui significato Raffaele Farina ha reso bene
con il termine “cura”, “sollecitudine previdente”[30].
Anche la πρόνοια, virtù cristiana, ha un carattere di
universalità, che Eusebio espressamente riconosce:
Eus., vita Const. 4.8:
πυϑόμενος
γέ τοι παρὰ τῷ
Περσῶν γένει
πληϑύειν τὰς
τοῦ ϑεοῦ ἐκκλησίας
λαούς τε
μυριάνδρους ταῖς
Χριστοῦ
ποίμναις ἐναγελάζεσϑαι,
χαίρων ἐπὶ τῇ
τούτων ἀκοῇ οἷά
τις κοινός τῶν ἁπανταχοῦ
κηδεμὼν πάλιν
κἀνταῦϑα τὴν
ὑπὲρ τῶν ἁπάντων
ἐποιεῖτο
πρόνοιαν[31].
L’Imperatore deve tendere alla virtù in particolare
nel rapporto con gli altri uomini. Si comprende, così, perché
Eusebio, nel primo libro della Praeparatio Evangelica, sintetizzi le
qualità dell’Imperatore nel segno della tolleranza:
Eus., praep. evang.
1,4,11: Τὸ δὲ καὶ
συλλήβδην ἀθρόως
μυριάδας ὅλας ἀνδρῶν
καὶ γυναικῶν
καὶ παίδων, οἰκετῶν
τε καὶ ἐλευθέρων, ἀδόξων
τε καὶ ἐπιδόξων, καὶ
προσέτι
βαρβάρων ὁμοῦ
καὶ Ἑλλήνων, κατὰ
πάντα τόπον καὶ
πόλιν καὶ
χώραν,
ἐν πᾶσι τοῖς ὑφ’ ἥλιον | ἔθνεσιν
ἐπὶ διδασκαλίᾳ
τῶν τοιούτων
μαθημάτων, οἵων ἀρτίως
μεμαθήκαμεν, φοιτᾶν
καὶ τὰς ἀκοὰς
λόγοις
παρέχειν ἀναπείθουσιν
οὐ μόνον ἀκολάστων
ἐγχειρημάτων, ἀλλὰ
καὶ τῶν κατὰ
διάνοιαν αἰσχρῶν
ἐνθυμημάτων
γαστρός τε καὶ
τῶν ὑπὸ
γαστέρα κρατεῖν·
τό τε πᾶν γένος ἀνθρώπων παιδείαν
παιδεύεσθαι ἔνθεον
καὶ
ευσεβῆ φέρειν
τε μανθάνειν
γενναίῳ καὶ βαθεῖ
φρονήματι τὰς
τῶν ἐπανισταμένων
ὕβρεις καὶ μὴ τοῖς ἴσοις
τοὺς φαύλους ἀμύνεσθαι, θυμοῦ δέ καὶ ὀργῆς καὶ πάσης ἐμμανοῦς
ὀρέξεως
κρείττους
γίνεσθαι, ναὶ μὴν
καί τῶν ὑπαρχόντων
ἀπόροις καὶ ἐνδεέσι
κοινωνεῖν
πάντα τε ἄνθρωπον
ὁμογενῆ δεξιοῦσθαι
καὶ τὸν
νενομισμένον
ξένον ὡς ἄν νόμῳ
φύσεως οἰκειότατον
καὶ
άδελφὸν
γνωρίζειν[32].
3.
– Un primo quadro delle
costituzioni costantiniane per la Sardegna
La ricognizione delle costituzioni, emanate con riferimento
specifico alla Sardegna, pone un complesso di problemi, sui quali la dottrina
ha da tempo richiamato l’attenzione. A questo proposito già il
Pais, nel rilevare come “gran parte delle costituzioni raccolte nel
Codice Teodosiano gettano indirettamente luce o riverbero anche sulla Sardegna
e sulla Corsica”, ammoniva sulla necessità di “abbandonare
il criterio, seguito anche da alcuni valorosi storici isolani i quali,
riferiscono in modo particolare alla Sardegna costituzioni delle quali abbiamo
solo la copia pubblicata quivi od in Corsica, ma che erano di interesse
generale per le altre provincie dell’Impero[33]”.
Dopo circa un cinquantennio dagli studi del Pais, anche il Meloni si pone lungo
la medesima scia, lamentando che all’interno del Codice Teodosiano siano
state considerate come specificamente rivolte alla Sardegna, anziché al
resto dell’Impero, diverse costituzioni “solo perché o sono
indirizzate a magistrati che avevano su di essa diretta giurisdizione, oppure
perché ci è pervenuta la copia pubblicata a Carales”. Al
contrario, vi sono costituzioni che debbono essere riferite alla Sardegna anche
se ad essa non fanno rinvio espresso[34].
Fino agli studi recenti di Attilio Mastino, il quale ha osservato che la
legislazione di Costantino relativa alla Sardegna risulta essere “Molto
innovativa”[35].
Una ricognizione il più possibile esauriente delle
costituzioni imperiali relative alla Sardegna, ricognizione che non mi è
possibile affrontare in questa sede, richiederebbe dunque un esame di tutte
quelle disposizioni che anche solo implicitamente si riferiscano
all’Isola, sia in quanto dirette a funzionari locali, sia in quanto
destinate, più o meno esclusivamente, a trovare applicazione nel contesto
locale. Qui di seguito intendo soffermarmi su alcune costituzioni emanate
dall’Imperatore Costantino dalle quali traspare un interesse per le
condizioni sociali dell’Isola e un atteggiamento di grande apertura verso
i suoi cittadini.
Si è più volte rilevato in dottrina che nel IV
secolo, in Sardegna, non vi furono, in larga parte, le guerre esterne che tanto
andavano impoverendo le province poste ai confini. In particolare, a seguito
della vittoria di Costantino su Massenzio l’Isola conobbe un “lungo
periodo di pace”[36].
Tuttavia, la Sardegna non trasse particolare vantaggio da tale situazione, in
quanto l’isolamento, che pure aveva permesso di tenere lontano le guerre,
determinò un peggioramento delle condizioni economiche e favorì
gli abusi perpetuati a danno delle popolazioni locali ad opera dei magistrati[37].
Costantino si interessa alla Sardegna subito dopo avere sconfitto
Massenzio, negli anni dunque compresi tra il 312 e il 315[38].
Di sicuro, nel 325, come è noto, è attestata
l’“unità amministrativa” della Sardegna, della Sicilia
e della Corsica, quando sappiamo che l’Imperatore emana alcune
disposizioni di carattere fiscale indirizzandole al rationalis trium
provinciarum, incaricato della gestione delle proprietà imperiali e
anche della esazione delle imposte[39].
È questo, dunque, l’ambiente nel quale Costantino
interviene con alcuni provvedimenti espressione di una certa capacità di
sintesi fra le diverse componenti sociali ed economiche del territorio e di una
sollecitudine nei confronti dei cives e anche dei barbari, che le fonti non esitano a
riconoscergli[40].
In questo senso, con riferimento alla Sardegna, può qui
essere anzitutto richiamata, fra le altre, la costituzione, del 315, CTh.
8.5.1, su cui intendo fra breve soffermare l’attenzione, con la quale
Costantino intervenne, in materia di cursus publicus, disciplinando vari
aspetti del sistema, e in particolare sancendo che non potessero essere
distratti i buoi adibiti al lavoro dei campi e dunque reprimendo gli abusi a
causa dei quali gli erano giunte lamentele[41].
Fra le costituzioni relative alla Sardegna, espressione di un
atteggiamento di apertura sociale, è anche possibile ricordare la
costituzione pubblicata a Cagliari, il 3 luglio del 321, con la quale
l’Imperatore ordina a Helpidius, vicarius urbi, che in occasione
della domenica non si tenessero processi, ma fosse comunque lecito emancipare i
servi[42].
Si devono poi ricordare nel medesimo senso le costituzioni, CTh. 12.6.2 e
12.7.1, con la prima delle quali Costantino provvide, nel 325, a disciplinare
la riscossione dei tributi, quasi certamente in occasione dei Vicennali,
stabilendo, al fine di limitare le conseguenze di una procedura in via
esecutiva contro i debitori, la possibilità di versare unitamente i
tributi dovuti anche nel caso di beni situati in regioni diverse e di pagare a
rate, e, con la seconda delle quali fissava il valore del solido e concedeva di
effettuare pagamenti in solidi o in oro[43].
La costituzione, in CTh. 2.25.1, con la quale, nel 325, egli intervenne nella questione
della separazione delle cosiddette “famiglie servili”, ordinando
che esse dovessero rimanere unite[44]:
“ut integra apud possessorem
unumquemque servorum agnatio permaneret”[45]. E la costituzione in
CTh. 1.16.2[46],
forse del 331[47],
con la quale si ordinava che i decreti provinciali, prima di essere sottoposti
al comitatus, dovessero essere presi in esame dai singoli giudici che
dovevano sentenziare, o quella in CTh. 9.40.3[48],
del luglio del 319, indirizzata a Festo preside della Sardegna, in cui si
stabilisce che coloro che siano stati condannati per debiti di scarso valore
debbano essere inviati a Roma perché siano impiegati nei forni pubblici.
Con riferimento a tali disposizioni non sembra possa accogliersi
il rilievo, troppo rigido, del Pais secondo il quale “nessuna di queste
costituzioni ha tratti caratteristici che rivelino condizioni speciali
dell’Isola”. Certo, anche per altri territori sono attestate misure
analoghe a quelle intraprese con le disposizioni ora richiamate, ma sembra che
esse possano avere trovato, proprio con riferimento alle particolarità
del territorio sardo, un significato particolare. Non a caso ammette lo
studioso che, anche se tali disposizioni dovevano essere state emanate in
relazione “a mali comuni alle
varie provincie dell’Impero”, proprio con riferimento alle Isole
doveva trattarsi di problemi particolarmente gravi[49].
Tali disposizioni permettono, quindi, di aprire una prospettiva
di più ampio respiro per comprendere le condizioni in cui
l’Imperatore dovette intervenire nella riorganizzazione del cursus
publicus.
4. – La disciplina del cursus
publicus nei secoli IV e V d.C.
a.
– La praepositura mansionum
Uno degli aspetti più interessanti nella disciplina del cursus
publicus si può identificare, per il connubio tra organizzazione e
amministrazione, nei problemi connessi alla realizzazione e alla gestione delle
stazioni di posta, alle quali era indissolubilmente connesso il tema della
efficienza dell’intero sistema dei trasporti, con risvolti
particolarmente significativi anche per il giurista in relazione alla
comunicazione fra il potere centrale e quello periferico e alla circolazione
delle persone e delle merci.
Per il periodo compreso fra il IV e V d.C. sappiamo della
esistenza di stazioni di posta con mansiones attrezzate di alberghi per
il pernottamento, di stalle per gli animali e di magazzini per le merci, ed
anche di impianti termali. La exhibitio cursus publici, la gestione
delle mansiones, costituisce, quindi, come testimoniato nel Codice
Teodosiano[50]
e nelle fonti letterarie[51],
uno dei munera fondamentali delle diverse comunità municipali.
Spinte di forze diverse andavano esprimendo in questo periodo una
complessa relazione tra “centralismo e autonomie”[52].
Sono così frequenti, nella gestione delle stationes, i contrasti
tra gli agentes in rebus, appartenenti alla burocrazia centrale, e i curiales,
incardinati, invece, nella amministrazione cittadina[53].
I primi, praepositi cursus publici, incaricati della ispezione delle
stazioni, i secondi, exactores e praepositi cursus publici, messi
a capo delle operazioni di esazione e incaricati della direzione delle stazioni[54].
Si può ritenere che, proprio a partire da Costantino, i praepositi
mansionum siano stati scelti nell’ambito dell’ordo
decurionum. Ciò è attestato da una costituzione del 335[55],
riportata in:
CTh. 12.1.21: [Idem (Constantinus) A.
ad Felicem P(raefectum) P(raetorio)]. Quoniam Afri curiales conquesti sunt
quosdam in suo corpore post flamonii honorem et sacerdotii vel magistratus
decursa insignia praepositos compelli fieri mansionum, quod in singulis curiis
sequentis meriti et gradus homines implere consuerunt, iubemus nullum
praedictis honoribus splendentem ad memoratum cogi obsequium, ne nostro fieri
iudicio iniuria videatur. [Dat. Prid. Non. Aug. Viminacio Const(ant)io et
Albino Conss.] (335 Aug. 4).
Il
numero degli animali dei quali potevano disporre i viaggiatori dipendeva dal
tipo di cursus. Per quello denominato clabularis, il trasporto
pesante di merci o di equipaggiamenti militari, erano previsti due angariae,
due buoi; nel caso invece di quello denominato velox, il trasporto
veloce di messaggi o di persone, erano previsti veredi, i cavalli della
posta, in numero diverso a seconda dei funzionari (CTh. 8.5.35;49); parhippi
(cavalli di riserva) in numero di uno (CTh. 8.5.22); e poi mulae, otto
d’estate e dieci di inverno (CTh. 8.5.8); e asini necessari al trasporto
dei bagagli (CTh. 8.5.38).
In
particolare i veredi, i cavalli della posta, classificati nel novero
degli animalia publica[64],
rientravano fra quelli che gli abitanti delle province dovevano pagare sotto
forma di tributo (praebitio). E sappiamo dalle fonti che tali cavalli
dovevano essere tenuti in buna forma[65],
fino al punto che in alcuni casi potevano essere sottoposti alla rassegna
dell’Imperatore che di persona ne verificava le condizioni[66].
CTh. 8.5.4: [Idem (Constantinus) A. Menandro].
Certis nuntiis compertum est, quod plures veluti sibi ac necessitatibus
propriis petitas angarias taxato pretio distrahunt. quamvis itaque raro posthac
et non nisi merentibus evectiones praebendae sint, omnes tamen, qui ubique sunt
cursus publici observatione districti, inquirant, si quis in hoc genere
criminis possit intercipi, ut emptor et venditor in insulam relegentur, illis
etiam, qui observare iussi sunt, pro dissimulatione vel neglegentia idem
supplicium luituris. 1 non improbum tamen est, si is, qui angarialem habet
copiam, ad tutelam vitae vel laborem adeundum itineris pro solacio sibi quendam
sociaverit. namque hoc factum meretur veniam nec latere poterit explorantes;
illud poena superius dicta plectendum est. super qua re proconsules rectores
provinciarum praefectos vehiculorum adque omnes, qui cursui publico praesunt,
admoneri conveniet. [Dat. X Kal. Iul. Constantino A. VII et Constantio Caesare
Conss] (326 iun. 22).
Tanto più importante questa politica se si considera il
malcostume dei praepositi di accumulare merci e foraggio in modo da far
salire i prezzi[73].
Occorre inoltre considerare che con Costantino risulta quantomeno
osteggiato il sistema, in vigore da Augusto, delle requisizioni degli animali
che aveva dato origine ad abusi gravissimi[74].
Della rarità degli animali destinati al cursus publicus, da
attribuire anche alle continue vessazioni, lo stesso Costantino dovette
sopportarne le conseguenze in occasione di un suo viaggio, quando trovò
difficoltà a mettere insieme venti esemplari: magna atque anxia
dispositione vix vicenorum agminalium numerus[75].
Si tenga conto, inoltre, che Costantino, già nel 319, con
una costituzione diretta a Catullino, proconsole d’Africa, riportata in
CTh. 11.16.1, e un’altra indirizzata a Ulpio Flaviano, consularis
Aemiliae et Liguriae, del 323, stabiliva l’esenzione dalle
contribuzioni straordinarie per i fondi imperiali e per quelli enfiteuticari[76].
Una costituzione di Costantino del 315 a.C. ordinava ai presidi
della Sardegna di non consentire che i buoi, distratti dal lavoro dei campi,
con le conseguenze nefaste che ciò doveva comportare per i piccoli
proprietari, fossero impiegati nel cursus publicus:
CTh. 8.5.1: [Imp. Constantinus A. Ad
Constantium]. Si quis iter faciens bovem non cursui destinatum, sed aratris
deditum duxerit abstrahendum, per stationarios et eos, qui cursui publico
praesunt, debito vigore correptus aut iudici, si praesto fuerit, offeratur aut
magistratibus municipalibus competenti censura tradatur eorumque obsequio
transmittatur, aut si eius fuerit dignitatis, ut nequaquam in eum deceat tali
vigore consurgere, super eius nomine ad nostram clementiam referatur. qui enim
explicaverit mansionem, si forte boves non habuerit, inmorari debet, donec
fuerint exhibiti ab his, qui cursus publici curam gerunt, nec culturae terrae
inservientes abstrahere. [Acc. XI Kal. Feb. Caralis Constantino A. IIII et
Licinio IIII Conss.] (315 Ian. 22).
Sempre con specifico riferimento agli animalia publica, su
un piano diverso è la costituzione, riportata in CTh. 8.5.2, nella quale l’Imperatore poneva limiti precisi al
trattamento crudele al quale venivano sottoposti gli animali pubblici impiegati
nei trasporti:
CTh. 8.5.2: [Idem (Constantinus) A. ad Titianum]. Quoniam
plerique nodosis et validissimis fustibus inter ipsa currendi primordia
animalia publica cogunt quidquid virium habent absumere, placet, ut omnino
nullus in agitando fuste utatur, sed aut virga aut certe flagro, cuius in
cuspide infixus brevis aculeus pigrescentes artus innocuo titillo poterit
admonere, non ut exigat tantum, quantum vires valere non possunt. Qui contra hanc fecerit sanctionem
promotus, regradationis humilitate plectetur: munifex poenam deportationis
excipiat. [Dat. Prid. Id.
Mai. Sabino et Rufino Conss.] (316 Mai. 14).
Tale costituzione non può essere rettamente intesa se non
si considerano i presupposti filosofico-giuridici dai quali traspare, in
generale a Roma, e nello specifico nella legislazione costantiniana, una attenzione
particolare per il mondo animale[77].
Solo trascurando tali presupposti si può comprendere perché
taluno abbia potuto ridicolizzare il significato profondo della disposizione
ora richiamata rilevando che «qualche presidentessa d’una qualsiasi
società di protezione degli animali» potrebbe porre «anche
il nome di Costantino… fra i grandi precursori del grande movimento che
le starebbe a cuore!»[78].
Contro questa impostazione semplicistica già il Pais, osservando che
«dall’età di Costantino in poi furono talvolta prese
disposizioni informate a sensi di maggiore umanità», rilevava con
riferimento a CTh. 8.5.2 come nella legislazione costantiniana «miti
sensi non si rivelano solo rispetto agli uomini ma talora anche verso gli
animali»[79].
Si tratta di un rispetto particolare dell’uomo verso gli
altri animali che ancora il popolo sardo attribuisce espressamente a
Costantino, in quella che nell’Isola è una delle feste di culto e
di tradizioni più importanti e risalenti nel tempo: l’Ardia che si celebra
ogni anno il 6 e 7 luglio a Sedilo, in provincia di Oristano, durante la quale
si svolge una corsa equestre in onore del Santo Imperatore[80].
Le
fonti antiche attestano la rilevanza anche politica dell’atteggiamento
dell’Imperatore nei confronti degli animali. Con riguardo ai cavalli del cursus
publicus, Costantino, già nel 306, per sottrarsi a Galerio, si
sarebbe diretto all’appuntamento col padre impiegando i cavalli del cursus publicus fino allo sfinimento e
provvedendo lui stesso a sgarrettarli man mano che procedeva nel viaggio. Il
tono diverso con cui le fonti cristiane e quelle non cristiane descrivono
l’evento induce ad accostare l’evento al rifiuto costantiniano di
compiere sacrifici cruenti. Ed in effetti, le fonti cristiane descrivono la fuga
di Costantino in toni incruenti, mentre le fonti non cristiane accentuano il
risvolto sanguinario dell’evento evidentemente per porre in discredito
l’Imperatore. Per le prime, Lattanzio racconta che Costantino, nel 306,
per sottrarsi a Galerio sarebbe partito di notte per recarsi dal padre
impiegando i cavalli delle stazioni di posta. Galerio, l’indomani,
avrebbe cercato di inseguirlo ma non vi sarebbe riuscito perché le
stazioni del cursus publicus erano
ormai prive di cavalli[81].
Eusebio, poi, riferisce della fuga di Costantino per ricordare che grazie
all’intervento divino egli fu messo in salvo da Diocleziano e Galerio[82].
Per le fonti non cristiane, si può ricordare anzitutto Aurelio Vittore,
il quale afferma che Costantino sarebbe giunto in Britannia uccidendo i cavalli
del cursus publicus per evitare che i suoi inseguitori potessero
raggiungerlo[83].
Ma soprattutto è Zosimo a mettere in risalto la importanza politica
dell’atteggiamento assunto dall’Imperatore nei confronti dei
cavalli del cursus publicus raccontando
che Costantino, a causa della aspirazione all’impero, fece tagliare i
tendini dei cavalli delle stazioni[84].
Anche
il momento fondamentale dello scontro tra Costantino e Massenzio, a Saxa Rubra,
è ricondotto dalle fonti al diverso atteggiamento tenuto dai due
protagonisti nei confronti degli animali: il primo, descritto nel momento del
rifiuto del sangue sacrificale, affida completamente la sua vittoria nelle mani
di Dio[85];
il secondo, presentato come addirittura sanguinario[86],
non ha alcun timore a sgozzare donne gravide, scrutare le viscere dei neonati,
uccidere leoni, invocare demoni[87].
Ho già tentato di ricondurre il fondamento di tale
atteggiamento costantiniano ad una linea di pensiero che risale a quelle stesse
filosofie che, sin da epoca risalente a Roma, rivelano una concezione
simpatetica tra uomo e altri esseri animati[88].
Se si considera siffatta ascendenza la costituzione, in CTh. 8.5.2, non appare dettata da ragioni di carattere grettamente
economiche, nel senso che il divieto qui stabilito di infliggere tormenti con
bastoni per incitare gli animali impiegati nel trasporto della posta e quindi
la proibizione di sottoporli ad un lavoro sfiancante non risponde ad una
semplice misura di conservazione del patrimonio pubblico[89].
Sul piano esegetico depongono, a favore di questa interpretazione
ricostruttiva in cui oggetto della tutela sia l’animale come essere
senziente, alcuni elementi. Anzitutto il fatto che nella costituzione sia presa
in considerazione la violenza utilizzata da coloro che preposti alla guida dei
quadrupedi impiegati nel cursus publicus li
incitano “nodosis et validissimis
fustibus”. E quindi il
riferimento alla entità degli sforzi degli animali utilizzati: “inter ipsa currendi primordia animalia publica cogunt quidquid virium habent absumere”. Soprattutto degno della massima attenzione
è poi il fatto che l’inciso “non ut exigat tantum, quantum vires valere non possunt” sveli una attenzione
particolare per la condizione animale che trascende la ottica puramente
utilitaristica. Obiettivo della disposizione non è semplicemente quello
di evitare una menomazione o addirittura la uccisione dell’animale. Anche
gli strumenti che possono essere impiegati per la guida del quadrupede, in
quanto normalmente non cruenti, divengono vietati quando essi conducano ad uno
sforzo intollerabile.
5. – Ius
naturae e humanitas costantiniana
Le
antiche concezioni che nella filosofia greca e nella scienza giuridica erano
tese al riconoscimento del valore della vita animale trovano il loro vertice
espressivo nella riflessione di Ulpiano sullo ius naturale:
D. 1,1,1,3 (Ulp. 1 inst.):
Ius naturale est, quod natura omnia animalia docuit: nam ius istud non humani
generis proprium, sed omnium animalium, quae in terra, quae in mari nascuntur,
avium quoque commune est. hinc descendit maris atque feminae coniunctio, quam
nos matrimonium appellamus, hinc liberorum procreatio, hinc educatio: videmus
etenim cetera quoque animalia, feras etiam istius iuris peritia censeri.
Non
è questa la sede per tornare sulle ragioni che hanno spinto per lungo
tempo la dottrina romanistica a trascurare la importanza della concezione
ulpianea per relegarla nell’ambito del non giuridico[90].
Qui preme invece mettere in rilievo la linea di continuità tra
Costantino e le riflessioni di favore per la condizione animale che confluiscono
nella concezione ulpianea ora richiamata.
Certo
è ancora insufficiente la nostra conoscenza dell’ambiente
culturale in cui Costantino dovette maturare la sua scelta, tema questo sul
quale Lucio De Giovanni ha raggiunto risultati importantissimi[91],
di rifiuto del sacrificio cruento e quindi la adozione di un atteggiamento in
linea con la riflessione ulpianea[92].
Ma si può, grazie agli studi appena richiamati, ritenere assai
verosimile che Costantino possedesse una conoscenza specifica anche delle discussioni
in tema di condizione animale. Sembra infatti assai difficile immaginare che,
mentre l’Imperatore intratteneva rapporti anche istituzionali con
esponenti di quegli stessi ambienti nei quali la questione relativa al valore
etico della vita animale e quella sui sacrifici cruenti avevano suscitato una
vasta eco, egli potesse ignorare un dibattito così vivace. Depongono a
favore della consapevolezza da parte di Costantino di tale dibattito la
conoscenza diretta di Lattanzio, di cui è nota la linea di
continuità con l’opera di Ulpiano[93].
Ma soprattutto è importante riflettere sulla amicizia
dell’Imperatore con Sopatro, operante all’interno di quella scuola
neoplatonica di Giamblico, al quale si deve una biografia del filosofo
Pitagora, il più strenue sostenitore, nell’antichità, del
valore etico-giuridico della vita animale[94].
Ancora, nella Oratio ad sanctorum coetum[95],
il discorso che Eusebio nel IV libro della Vita
Constantini attribuisce direttamente all’Imperatore, viene citato
Virgilio[96],
di cui è noto il sentimento di particolare rispetto per gli animali[97],
come esempio di profezia dell’avvento del Cristianesimo. Il richiamo a
Virgilio è degno della massima attenzione perché esso rivela,
come ha osservato Lucio De Giovanni, “la continuità tra la nuova fede
religiosa da lui appoggiata e le intuizioni dei più grandi spiriti del
mondo romano, laddove essi non avevano ceduto alla tentazione di superstiziose
credenze”[98].
L’attenzione
di Costantino per il diritto naturale è evidente. Come ha rilevato Maria
Pia Baccari nelle costituzioni costantiniane riportate all’interno del
Codice Teodosiano, il termine natura compare quattro volte (CTh. 2.17.1;
2.19.2; 9.42.1; 9.43.1)[99]
ed una sola volta ricorre l’aggettivo naturalis (CTh. 4.6.3) per
distinguere la condizione giuridica dei filii
naturales da quella dei legitimi[100]. Si trova la espressione ius naturae in una costituzione di Costantino del 330, nei Fragmenta Vaticana, 248, con la quale si stabilisce la
revoca dell’emancipazione nel caso in cui si verifichi grave ingratitudine
dell’emancipato: superbe
crudeliterque se tollere: “volumus
igitur ut, si constiterit iuxta patrem liberos, contra quam humanitatis ratio
deposcit, superbe crudeliterque se tollere, emancipatio firmitudine evacuetur,
idque quod liberis pater donationibus contulit, patris dicioni naturaeque iuri
subiugati patriae reddant potestati …”. Molto importante
è il fatto che sia qui stabilita una connessione fra il concetto di ius naturae e la humanitatis ratio, il quale è a sua volta un concetto
di grande importanza per la giurisprudenza romana in genere e, soprattutto, per
Ulpiano[101].
La linea di continuità tra Costantino e Giustiniano, con riferimento al
diritto naturale nelle sue connessioni con la humanitas, è nota: Giustiniano attribuisce a Costantino la
capacità di dare corso a importanti innovazioni e gli riconosce un
proposito umanitario[102]:
“Naturalium nomen Romanae
legislationi dudum non erat in studium, nec quaelibet circa hoc fuerat
humanitas, sed tamquam alienigenum aliquid et omnino alienum a republica
putabatur; a Constantini vero piae memoriae temporibus in constitutionum
scriptum est libris” (Nov.
89 praef. del 539).
La
prospettiva dell’Imperatore Giustiniano, il quale inserisce in posizione
centrale, nei suoi Digesta e nelle Institutiones, la dimensione del
rapporto tra uomo e altri esseri animati non è pensabile se non
attraverso la sintesi dell’Imperatore Costantino[103].
Il riferimento da parte di Costantino alla concezione del diritto naturale, anche
nel connesso ripudio del sacrificio cruento[104],
mostra che attraverso le concezioni
religiose, filosofiche e giuridiche di favore per la condizione animale egli
giunse ad una prospettiva di più ampio respiro nella elaborazione della
stessa concezione imperiale del diritto, dalla quale è possibile
guardare ad una concreta e puntuale disciplina quale quella relativa al cursus
publicus non solo come normazione in funzione della conservazione del
patrimonio ma anche come manifestazione della sua stessa humanitas[105].
Nella disciplina in tema di cursus publicus, Costantino seppe proporre
una sintesi di quegli orientamenti,
‘pagani’ e cristiani, che nella filosofia greca e poi nella cultura
latina avevano riconosciuto il valore della vita animale. L’Imperatore,
nel riprendere alcuni aspetti della cultura filosofico-giuridica greca e
romana, assegna ad essi un ruolo di grande importanza rispetto al loro contesto
originario, in modo che la individuazione del tema della natura e della
condizione animale diviene una chiave di lettura per la interpretazione della
sua stessa attività normativa.
Le costituzioni emanate da Costantino, con riferimento generale
alla Sardegna, sono importanti non solo per la valutazione della
attività normativa del Santo e Imperatore, ma anche per l’analisi
dell’incontro e dello scontro fra i sistemi giuridici del Mediterraneo e
per la valutazione dell’identità religiosa e politica del popolo
sardo. La disciplina del cursus publicus, nello specifico, è espressione importante di quella
legislazione con la quale Costantino intese ricercare la tolleranza e la humanitas come principi guida delle sue
relazioni con i cittadini.
With general reference to Sardinia, the constitutions
issued by Constantine are important not only for the evaluation of the Holy
Emperor regulatory intervention, but also for the analysis of encounter and
conflict between Mediterranean legal systems and the evaluation of the
Sardinian people religious and political identity. In particular, the cursus publicus discipline is an
important expression of the legislation by which Constantine intended to seek
tolerance and humanitas as guiding
principles in his relationship with citizens.
[Per la pubblicazione degli articoli della sezione “Tradizione
Romana” si è applicato, in maniera rigorosa, il procedimento di peer review.
Ogni articolo è stato valutato positivamente da due referees, che hanno operato con il sistema del double-blind].
[1] Sul
culto di Costantino, “Santo” e “Imperatore”, una messa
a fuoco è quella realizzata nel corso dei diversi ‘Seminari
internazionali di studi’, organizzati, grazie alla iniziativa di
Pierangelo Catalano, Giovanni Lobrano, Francesco Sini e Pietro Paolo Onida, dal
1997 ad oggi, dal Dipartimento di Scienze Giuridiche, dalla Facoltà di
Giurisprudenza ed ora dal Dipartimento di Giurisprudenza
dell’Università di Sassari, in collaborazione con
l’ISPROM-Istituto di Studi e Programmi per il Mediterraneo. Si veda Aa.Vv., Poteri religiosi e istituzioni: il culto di San Costantino Imperatore tra Oriente e Occidente (a cura di F.
Sini-P.P. Onida), ISPROM-Giappichelli, Torino 2003, ove sono raccolti i
testi di relazioni e comunicazioni presentate alle edizioni dei Seminari su
“San Costantino Imperatore”, tenutisi a Oristano-Sedilo, 4-5 luglio
1997, a Roma, 3-4 Ottobre 1997, a Sassari-Pozzomaggiore, 4-7 luglio 1998, a
Sassari-Sedilo-Oristano, 3-6 luglio 1999.
[2]
Così G. Lobrano, “Dell’homo artificialis – deus mortalis dei Moderni comparato alla societas degli Antichi”, in Aa.Vv., Giovanni Paolo II. Le vie della giustizia. Itinerari per il terzo
millennio, a cura di A. Loiodice-M.
Vari, Roma 2003, 164.
[3] G. Lilliu, “La costante
resistenziale sarda”, in Studi
Sassaresi, serie III, Anno accademico 1970-71, vol. 3, Autonomia e diritto di resistenza (Università di Sassari -
Società sassarese per le scienze giuridiche), Milano 1973, pp. 47-60, e
in Costante resistenziale
sarda, Cagliari 1971, pp. 41-56 (ora in La
costante resistenziale sarda,
a cura di A. Mattone, Nuoro 2002,
225-237).
[4] Si
veda P. Catalano,
“Premessa”, in Aa.Vv., Poteri religiosi e istituzioni: il
culto di San
Costantino Imperatore tra
Oriente e Occidente cit., VII ss., il quale
rileva: «Nel sistema giuridico di formazione romano-cristiana (fino
all’età delle rivoluzioni borghesi!), e analogamente in quello
islamico, non si ha “isolamento” del diritto rispetto alla morale e
alla religione. Lo ius publicum,
secondo la giurisprudenza classica così come secondo i Digesta dell’Imperatore cristiano
Giustiniano I, consiste in sacra, sacerdotes, magistratus. Da tale punto di vista (positio studii del diritto) si comprende bene che il culto di San
Costantino Imperatore, affermatosi anche in Occidente e particolarmente in
Sardegna, costituisca ancora oggi elemento essenziale
dell’identità del popolo sardo».
[5] G. La Pira, “Riflessione
storico-politica”, in Chiesa e
Stato dal IV al VI secolo (Prospettive,
Quaderno 2), Firenze 1974, 134-137 (ora in Aa.Vv., Poteri religiosi e istituzioni: il culto di San Costantino Imperatore tra Oriente e Occidente cit., pp. 461 ss., da cui si cita).
[6] Su
Giorgio La Pira romanista si veda per tutti P.
Catalano, “Alcuni concetti e principi giuridici romani secondo
Giorgio La Pira”, in Aa.Vv.,
Il ruolo della buona fede oggettiva nell’esperienza giuridica storica
e contemporanea. Atti del Convegno internazionale di studi in onore di Alberto
Burdese, a cura di L. Garofalo,
Volume I, Padova 2003, 61 ss., con ampi riferimenti alla precedente letteratura
(= ora in Diritto @ Storia, 5, 2006).
[8] Si
veda per tutti L. Di Paola, Viaggi,
trasporti e istituzioni. Studi sul cursus publicus, Soveria Mannelli 1999,
15, la quale osserva che con la espressione cursus publicus, nelle fonti,
si intende il «sistema statale dei trasporti terrestri romani
comprendente sia il servizio postale (cursus velox) – e quindi la
diffusione e la circolazione delle informazioni ufficiali (notizie di vittorie
o di sconfitte, morte o acclamazione di imperatori, trasmissione di dispacci,
documenti, leggi, ordini, atti amministrativi e giudiziari), sia il trasporto
di persone e beni dello stato (cursus clabularis)».
[9] Cfr. E. Lo Cascio, Forme
dell’economia imperiale, in Storia di Roma, 2,2, Torino 1991, 356,
il quale ricorda Cato, agr. 1.3; Varro rust. 1.16; Colum. agr.
1.2, ed osserva come non sia affatto “casuale che tutti gli scriptores
de re rustica insistano
sulla localizzazione del fondo in luoghi strategicamente utili a
conseguire” il duplice obiettivo della alienazione dei prodotti e dei
rapporti con il mondo esterno.
[10] Si
veda M. Fasolo, La Via Egnatia, vol. 1: Da Apollonia e Dyrrachium ad Herakleia
Lynkestidos, Roma 2003, il cui cap. 10, par. 7, dedicato al cursus publicus, è stato
ripubblicato in
http://www.archaeogate.org/classica/article/244/1/le-strade-nel-mondo-romano-di-michele-fasolo.html.
[11] Cfr.
per tutti R. Martini, Su alcuni provvedimenti costantiniani di
carattere sociale, in Aa.Vv., Poteri religiosi e istituzioni: il culto di San Costantino Imperatore tra Oriente e Occidente cit., 181 ss.
[12] CTh.
15.12.1 (cfr. C. 11.44.1). Sulla legge in materia di giochi gladiatori e sulla
crudeltà dei giochi nell’arena, si veda quanto osservano, da un
lato, Seneca, epist. 1.7.5 e,
dall’altro, Lattanzio, inst.
6.20.10-12; epit. 58.3-5; Agostino, conf. 6.8.13, citati da L. De Giovanni, Costantino e il mondo
pagano cit., 85-86; 93.
[15] Si
veda CTh. 9.3.1, con riguardo alla quale costituzione R. Martini, “Su alcuni provvedimenti costantiniani di
carattere sociale” cit., 188,
parla di “tutela ante litteram
dei diritti dell’uomo”.
[16] Eus., vita Const.
3.58, racconta che Costantino avrebbe fatto delle donazioni ai poveri di Eliopoli.
Si veda per un provvedimento analogo, a favore dei pupilli e delle vedove,
Eusebio, vita Const. 4.28. Si ricordi ancora i provvedimenti a favore dei poveri
d’Italia e d’Africa in CTh. 11.27.1-2. Cfr. L. De Giovanni, Costantino
e il
mondo pagano cit., 88 ss.
[18] Le
espressioni fra virgolette sono di E.
Pais, Storia della Sardegna e della Corsica durante il periodo romano,
Roma 1923, rist. an. s.d. Cagliari, 418 ss. (ora in Id., Storia della Sardegna e della Corsica durante il
periodo romano, a cura di A. Mastino,
Nuoro 1999, 167, da cui si cita e a cui si rinvia per l’ampio e
utilissimo “Saggio introduttivo”, e le altrettanto utili
“Nota biografica” e “Nota bibliografica” del curatore).
[19] Tra i
numerosi luoghi della opera di Eusebio in tema di εὐσέβια, per un
primo esame, si veda vita Const.
4.52.1; Prep. Evang.1.1.2-6.
[20] Cfr. R. Farina, L’impero e l’imperatore cristiano in Eusebio di Cesarea. La prima
teologia politica del Cristianesimo, Zürich 1966, 211
ss.; Id., “La
pietas del servo di Dio Costantino
Imperatore. Santità e culto di Costantino Imperatore nella ‘Vita
di Costantino’ di Eusebio di Cesarea”, in Aa.Vv., Poteri
religiosi e Istituzioni: il culto di San Costantino Imperatore tra Oriente e
Occidente cit., 297 ss., al
quale si rinvia per una dettagliata rassegna delle fonti sul concetto di e×s¡bia e di filanqrwp…a in Eusebio.
[25] R. Farina, L’impero e
l’imperatore cristiano in Eusebio di Cesarea. La prima teologia politica
del Cristianesimo cit., 222.
[29]
«6 Non è possibile
riferire quel che fece mentre era tiranno di Roma per tenere soggiogati i
sudditi. Li ridusse a un bisogno così estremo - facendo mancare persino
gli alimenti necessari - che i nostri contemporanei non ricordano
alcunché di simile né a Roma né altrove. 10 Muovendo da
tali presupposti, oppresse non una città o una provincia, ma tutte le province
a lui soggette, senza eccezioni, imponendo riscossioni d’oro, argento e
ricchezze immense, con ingiunzioni pesantissime e ogni altro genere di
tassazione. Dopo aver spogliato i ricchi dei beni ricevuti dagli antenati,
regalava agli adulatori, che gli stavano intorno, ricchezze improvvisate e
mucchi di denaro». La traduzione è di G. Lo Castro, in
Eusebio di Cesarea, Storia
ecclesiastica/2, Traduzione e note Libri VI-VII a cura di F. Migliore;
Traduzione e note Libri VIII-X a cura di G. Lo Castro, 2a ed., Roma 2005,
175-176.
[30] Cfr. R. Farina, L’impero e l’imperatore cristiano in Eusebio di Cesarea. La prima
teologia politica del Cristianesimo cit., 222.
[31]
«Quando poi apprese che presso i Persiani numerose erano le chiese di Dio
e che immenso era il numero dei fedeli che si raccoglieva nelle greggi di
Cristo, esultante per questa notizia, e quasi assumendosi il cómpito di
comune protettore dei cristiani di ogni parte della terra, volle prodigare
anche in questo paese ogni sua premura per il bene di tutti». La traduzione
è di L. Tartaglia, in Eusebio di Cesarea, Sulla vita di Costantino
(a cura di L. Tartaglia), Napoli
1984, 170-171.
[32] Eus., praep.
evang. 1.4.9-11: … Una massa infinita, unita assieme, di uomini,
donne e bambini, servi e liberi, nobili e ignobili, e inoltre Barbari insieme e
Greci, in ogni luogo, città e regione e in ogni nazione che è
sotto il sole, per l’insegnamento di quei precetti, di cui sopra dicemmo,
si raccoglie e presta orecchio a discorsi, che inducono non solo alla
moderazione di azioni intemperanti, ma anche di turpi pensieri nella mente, e
domina le richieste del ventre e degli istinti che sotto il ventre hanno sede;
ogni specie di uomini è erudita nella dottrina celeste e impara
nobilmente a sopportare piamente con animo forte le ingiurie dei nemici e a non
punire, usando i loro stessi mezzi, i malvagi, e si rende padrona
dell’ira e di ogni sfrenato desiderio, così da rendere partecipi
dei propri beni i poveri e gli indigenti e considera della stessa specie umana
ogni uomo, come congiunto per vincolo di natura e fratello. Traggo la
traduzione da R. Farina, L’impero e l’imperatore cristiano in Eusebio di Cesarea.
La prima teologia politica del Cristianesimo cit.,
208 nt. 13.
[33] Si
veda E. Pais, Storia della Sardegna
e della Corsica durante il periodo romano cit., 420 nt. 1.
[40]
Sull’uso dei termini barbarus e
barbaricus nelle costituzioni costantiniane si veda M.P. Baccari, “Costantino
Imperatore rivoluzionario? A proposito di barbaricus
e barbarus nelle costituzioni di
Costantino”, in Aa.Vv., Poteri religiosi e istituzioni: il culto di San Costantino Imperatore tra Oriente e Occidente cit., 248 ss., la quale osserva che
«l’atteggiamento di Costantino nei confronti dei barbari risulta
complesso. A fronte di un atteggiamento di apertura, una sorta di parificazione
politica, corrisponde, nella legislazione, un’esigenza di rimarcare le
differenze tra Romani e barbari. Si può ipotizzare che
l’Imperatore rivoluzionario, proprio nel momento in cui “apre
l’impero ai barbari”, avverta la necessità, anche per
evitare contrasti interni, di mettere in risalto le differenze
giuridiche».
[42] CTh.
2.8.1: [Imp. Constanti(nus) A. Helpidio]. Sicut indignissimum videbatur,
diem solis, veneratione sui celebrem, altercantibus iurgiis et noxiis partium contentionibus
occupari, ita gratum ac iucundum est, eo die, quae sunt maxime votiva,
compleri. Atque ideo emancipandi et manumittendi die festo cuncti licentiam
habeant, et super his rebus acta non prohibeantur. [P(ro)p(osita). Y Non. Iul.
Caralis, Crispo II. et Constantino II. Caess. Conss.]. (321 Iul. 3). Cfr.
E. Pais, Storia della Sardegna
e della Corsica durante il periodo romano cit., 169 nt. 335. Sul culto
solare, in età costantiniana, con riferimenti anche alla presente
costituzione, si veda L. De Giovanni,
L’Imperatore Costantino e il mondo pagano, nuova edizione, 5a ed.,
Napoli 2003, 108 ss.
[43] CTh.12.6.2 pr.: [Imp.
Constantinus A(ugustus) ad Eufrasium rationalem trium provinciarum]. Post alia:
pro multis etiam et in diversis locis constitutis liceat simul auri pondus
inferre, ita ut pro omnibus fundis securitas emissis cautionibus detur, ne
separatim ab unoquoque auro exacto multis et adsiduis incrementis provincialium
utilitas fatigetur. 1 Hoc quoque addimus, ut unusquisque quod debet intra anni
metas, quo tempore voluerit, inferat et per tabularium apparitorem illatio
cognoscatur absque omni mora auro suscipiendo, ne quis in aliena civitate
sumptus faciat vel, quod est gravius, legem commissi frustratus incurrat. Nam
si solvere volens a suscipiente fuerit contemptus, testibus adhibitis
contestationem debebit proponere, ut hoc probato et ipse securitatem debitam
commissi nexu liberatus cum emolumentis accipiat et qui suscipere neglexerit,
eius ponderis quod debebatur duplum fisci rationibus per vigorem officii tui
inferre cogatur. [Dat. XIIII kal. Aug. Paulino et Iuliano conss.] (325 Iul.
19). CTh.12.7.1: [Imp. Constantinus a. ad
Eufrasium rationalem trium provinciarum]. Si qui solidos appendere voluerit,
auri cocti septem solidos quaternorum scripulorum nostris vultibus figuratos
adpendat pro singulis unciis, XIIII vero pro duabus, iuxta hanc formam omnem
summam debiti illaturus. Eadem ratione servanda, et si materiam quis inferat,
ut solidos dedisse videatur. Aurum vero quod infertur aequa lance et libramentis
paribus suscipiatur, scilicet ut duobus digitis summitas lini retineatur, tres
reliqui liberi ad susceptorem emineant nec pondera deprimant nullo examinis
libramento servato, nec aequis ac paribus suspenso statere momentis. Et cetera.
[Proposita XIIII kal. aug. Paulino et Iuliano conss.] (325 iul. 19).
[44] CTh. 2.25.1: [Imp. Constant(inus) A. Gerulo Rationali
Trium Provinciarum]. In Sardinia fundis patrimonialibus vel
emphyteuticariis per diversos nunc dominos distributis, oportuit sic possessionum
fieri divisiones, ut integra apud possessorem unumquemque servorum agnatio
permaneret. Quis enim ferat, liberos a parentibus, a fratribus sorores, a viris
coniuges segregari? Igitur qui dissociata in ius diversum mancipia traxerunt,
in unum redigere eadem cogantur: ac si cui propter redintegrationem
necessitudinum servi cesserunt, vicaria per eum, qui eosdem susceperit,
mancipia reddantur. et invigilandum, ne per provinciam aliqua posthac querela
super divisis mancipiorum affectibus perseveret. [Dat.
III. Kal. Mai. Proculo et Paulino Coss.] (inc. a. April. 29). Certo le
disposizioni di Costantino in relazione alle famiglie servili attestano una
preoccupazione per le tensioni sociali, anche al di là, degli ambienti servili,
legate al serpeggiare di istanze di rivolta. Ma sarebbe riduttivo, come spesso
si ritiene, che l’Imperatore sia stato animato a intervenire
esclusivamente per la preoccupazione di “eventuali torbidi” come
ritiene P. Meloni, La Sardegna
romana cit., 214 ss. Come d’altra parte, non può, di questo
studioso, accettarsi la tesi secondo cui l’altro fondamentale obiettivo
perseguito dall’Imperatore sarebbe stato semplicemente
“l’esigenza di assicurare una efficiente produttività del
patrimonio imperiale con la diffusione della nuova conduzione enfiteutica e la
conseguente possibilità di soddisfare le continue, pressanti richieste
di approvvigionamento di Roma e della penisola. Con quali occhi, infatti,
l’autorità centrale continuò a guardare verso l’isola
in questo IV secolo, è attestato dalle disposizioni che il codice
Teodosiano ci ha tramandato, relative ai trasporti pubblici che si effettuavano
lungo le grandi strade di comunicazione”. Come si vedrà, sono
proprio queste disposizioni a poter essere ricondotte su un piano non meramente
economico e a essere rappresentative di una cura dell’Imperatore che
sembra riconducibile su un piano umanitario.
[45] Per lo
stato della dottrina si veda per tutti M.P.
Baccari, “Il conubium nella legislazione di
Costantino”, in Aa.Vv., Poteri religiosi e istituzioni: il culto di San Costantino Imperatore tra Oriente e Occidente cit., 203 ss.
[46]
CT.1.16.2: [Idem (Constantinus) A. ad Bassum]. Decreta provincialium non prius ad comitatum perferri oportet, quam singuli
quique iudicantes ea inspexerint atque probaverint suaque adscriptione
signaverint. si quid fiat contrarium, competens ultio exerceatur. [Proposita VIII K. Oct. Carali Gallicano et
Basso Consul] (317 sept.
24).
[48] CTh.
9.40.3: [Idem (Constantinus) A. ad Festum Praesidem Sardiniae]. Quicumque cohercitionem mereri ex causis
non gravibus videbuntur, in urbis romae pistrina dedantur. quod ubi tua
sinceritas coeperit observare, omnes sciant eos, qui, sicut dictum est, ex
levioribus causis huiusmodi meruerint
subire sententiam, ergastulis vel pistrinis esse dedendos adque ad urbem romam,
id est ad praefectum annonae, sub idonea prosecutione mittendos. [Dat. IIII Kal. Aug. Constantino A. V et
Licinio Conss.] (319 Iul.
29).
[49] Si
veda E. Pais, Storia della
Sardegna e della Corsica durante il periodo romano cit., 177, il quale
osserva che “anziché insistere ulteriormente nel dimostrare il
carattere generale di tali disposizioni, che a torto sono state talora
considerate provvedimenti presi per particolare riguardo alla sola Sardegna,
è piuttosto il caso di prendere in esame quelle che realmente furono
fatte per rimediare ai danni che l’Isola riceveva dalla poca solerzia o
dall’avarizia di coloro che erano chiamati ad amministrarla”.
[52] Si
veda Centralismo e autonomie nella tarda Antichità. Categorie
concettuali e realtà concrete, Perugia-Spello, 1-4 ottobre 1997.
[54] CTh.
8.5.51: [Idem AAA. (Valentinianus, Theodosius et Arcadius) Potamio Praefecto
Augustali]. Publici cursus exhibitio antiqua ex consuetudine inducta
curialibus viritim per curias debet pensata locorum hominum facultatum
qualitate distribui. [Dat. III Kal.
Aug. Constantinopoli Arcadio A. II et Rufino Conss.] (392 Iul. 30). Cfr. F. De Martino, Storia della
Costituzione romana, V, Napoli 1975, 289 ss.
[55] Sui
problemi della datazione si veda L. De
Giovanni, L’Imperatore Costantino e il mondo pagano cit.,
153 nt. 105.
[59] CTh.
6.29.9: [Idem AA. (Arcadius
et Honoris) Euchario Procons(uli) Afric(ae)]. Cursus publici praepositos scire
praecipimus, si sibi et militiae suae consulunt, nihil eos contra veterem
disciplinam debere praesumere: cui cum generatur iniuria, haut dubie sacrilegii
crimine obligantur. 1
libera quin etiam facultas mancipi sit contemplatione proprii discriminis coempta
sanitate robusta usui cursus animalia sua sollicitudine praeparare. [et cetera. Dat. Prid. Kal. Mart. Honorio
VIIII et Theodosio V. AA. Conss.] (412 Febr. 29).
[60] CTh. 8.5.60: [Idem AA. (Arcadius et Honorius) Messalae P(raefecto) P(retori)o].
Animalia publica, dum longe maiore ac periniquo pretio pabula aestimantur, per
mancipes adque apparitores aperte vexantur. ne id contingat, sublimitas tua
disponat, ut neque pabula mutationibus desint neque provinciales ultra, quam
iustitiae sinit ratio, praegraventur. [Dat.
V K. Dec. Mediolano Stilichone et Aureliano Conss.] (400 Nov. 27).
[61] CTh. 8.5.24: [Idem AA. (Valentinianus et Valens) ad
Buleforum Consul(arem) Campaniae]. Nonnullos id agere compertum est, ut,
si forte defecta fuerint animalia, quae vehiculis deputata sunt, veredorum
numerum, qui alteri serviunt necessitati, ad raedas quibus utuntur usurpent.
hanc licentiam per mancipes locorum omnifariam prohiberi conveniet, ut, si quis
extiterit, qui formam nostrae sanctionis excedat, cuiuscumque fuerit dignitatis,
tamdiu resistere ac residere cogatur, quamdiu animalia, quibus iter peragat,
revertantur. [Dat. VIIII Kal. April. Mediolano
Valentiniano et Valente AA. Conss.] (365 Mart. 24). CTh. 8.5.25: [Idem AA. (Valentinianus et Valens) ad Symm(achum)
Corrector(em) Lucaniae et Brittiorum]. Compertum est usurpatione
quorundam in publici cursus damna grassante ab itinere solito deviari. proinde
si quis iter faciens cuiuscumque dignitatis fuerit militans ab itinere recto
deverterit quingentis passibus, poena in eum competens proferatur et ad nostram
scientiam referatur. [Dat. VIII Kal. April. Mediolano Valentiniano
et Valente AA. Conss.] (365 Mart. 25).
[62] CTh.
8.5.53: [Impp. Arcadius et Honorius AA. Dextro Praefecto Praetorio]. Quia
comperimus quosdam animalia publica subtraxisse, ea per inquisitionem mulionum
et mancipum volumus redhiberi, adque ideo per muliones et mancipes, nisi
animalia perducta fuerint, diligenti inquisitioni et plenae cognitioni locus
non negetur, et cum manifesta ratione deprehenderit illicita usurpatione cursum
publicum fuisse vexatum, in quadruplum superductorum animalium pretium inferri
censemus. et ne idem etiam in futurum admittatur, praecipimus, ut, si qui vel
per unam mutationem veredum mulamve aut bovem superducendum esse crediderit,
memoratam fisci viribus multam inferat. [Dat.
XV Kal. April. Mediolano Olybrio Et Probino Conss.] (395 Mart. 18). Cfr. L. Di Paola, Viaggi, trasporti e
istituzioni. Studi sul cursus publicus cit., 44.
[63] CTh.
8.5.14: [Idem A. (Iulianus) ad Mamertinum P(raefectum) P(retori)o]. Qui
contra adnotationem manus nostrae plures quam evectio continebit veredos
crediderit usurpandos, capitalem rem fecisse videbitur, et si instantis
necessitatis gratia non retineatur, quis tamen ille sit ad censurae tuae, tum
ad serenitatis nostrae conscientiam referendum est. 1 et quamquam, quid sit
parhippus, et intellegere et discernere sit proclive, tamen, ne forte
interpretatio depravata aliter hoc significet, sublimitas tua noscat parhippum
eum videri et habendum esse, si quis usurpato uno vel duobus veredis, quos
solos evectio continebit, alterum tertiumve extra ordinem commoveat. 2 nihil
autem interesse debet nec ad crimen vocari, utrum agens in rebus suo anne
mulionis itineri subiugando, modo evectionis datae formam et licentiam non
excedat. [Dat. V Id. Sept. Mamertino
et Nevitta Conss.] (362
sept. 9). Cfr. L. Di Paola,
Viaggi, trasporti e istituzioni. Studi sul cursus publicus cit., 61 ss.
[64] CTh.
8.5.2 (316); 8 (356); 10 (395); 53 (395); 60 (400); Amm. 21.26.21. Cfr. L. Di Paola, Viaggi, trasporti e
istituzioni. Studi sul cursus publicus cit., 48 nt. 54.
[66] Con
Costanzo II si stabilisce il peso massimo che un veredus poteva trasportare
(CTh. 8.5.8); Valentiniano proibisce di aggiogarli (CTh. 8.5.24).
[69] CTh.
8.5.16 pr.: [Idem (Iulianus) A. ad Mamertinum P(raefectum) P(raetori)o]. In
provincia Sardinia, in qua nulli paene discursus veredorum seu paraveredorum
necessarii esse noscuntur, ne provincialium status subruatur, memoratum cursum
penitus amputari oportere decernimus, quem maxime rustica plebs, id est pagi
contra publicum decus tolerarunt. excellens igitur auctoritas tua officio
praesidali necessitatem tolerandae huiusmodi exhibitionis imponat, aut certe,
si hoc existimant onerosum, suis animalibus uti debebunt, quotiens eos commeare
per provinciam necessitas publica persuaserit. 1 sane angariarum cursum
submoveri non oportet propter publicas species, quae ad diversos portus
deferuntur. proinde considerata rerum necessitate pro locorum situ atque
itineris qualitate tantum numerum angariarum collocari oportere decernas,
quantum necessarium esse adhibitae plenissime deliberationes suaserint. [Dat. VII Kal. Dec. Antiochiae Iuliano A.
IIII et Sallustio Conss.] (363
nov. 25). Sulle “precarie condizioni economiche della popolazione
rurale” alla luce della costituzione ora richiamata si veda A. Mastino, “Rustica plebs id est
pagi in provincia Sardinia: il santuario rurale dei Pagani Uneritani della
Marmilla”, in POIKILMA. Studi
in onore di Michele R. Cataudella, La Spezia 2001, 783 ss.; Id., Storia
della Sardegna antica cit., 153 ss.
[70] CTh.
8.5.16: [Idem (Iulianus) A. ad Mamertinum P(raefectum) P(raetori)O.]. In
provincia Sardinia, in qua nulli paene discursus veredorum seu paraveredorum
necessarii esse noscuntur, ne provincialium status subruatur, memoratum cursum
penitus amputari oportere decernimus, quem maxime rustica plebs, id est pagi
contra publicum decus tolerarunt. Excellens igitur auctoritas tua officio
praesidali necessitatem tolerandae huiusmodi exhibitionis inponat, aut certe,
si hoc existimant onerosum, suis animalibus uti debebunt, quotiens eos commeare
per provinciam necessitas publica persuaserit. Sane angariarum cursum submoveri
non oportet propter publicas species, quae ad diversos portus deferuntur.
Proinde considerata rerum necessitate pro locorum situ adque itineris qualitate
tantum numerum angariarum collocari oportere decernas, quantum necessarium esse
adhibitae plenissime deliberationes suaserint. [Dat. VII kal. dec. Antiochiae
Iuliano a. IIII et Sallustio Conss.].
[74] CTh.
8.5.3: [Idem (Constantinus) A. ad Acindynum P(raefectum) P(retori)o].
Praesidibus et rationalibus ceterisque, quibus propterea res publica et annonas
et alimenta pecoribus subministrat, usurpandi agminalis seu paraveredi licentia
derogetur. quibus illud quoque licere non patimur, ne quid de provincialibus
citra ordinem poscant nisi hi tantum, quorum fides cognita est, cum usus
necessitatis exegerit. vestrae vero gravitatis ubi ratio exegerit, cursus
publicus praesto est, quibus si a publico itinere aliqua militari via
devertendum fuerit, ubi evectio non erit, publicis utemini agminalibus, sed
modice et temperate tantum ad usum proprium necessariis. quae res si neglecta
fuerit, vobis aestimationis vestrae notam incurrentibus praesides periculum
sustinebunt, cum super hac re exploratores iam missi sint. quae enim mala
provincialibus inferantur, conici ex eo etiam potest, quod nostris itineribus,
quos publica utilitas movet, magna atque anxia dispositione vix vicenorum
agminalium numerus subministrari queat. [P(ro)p(osita)
XV Kal. Mart. Constantino a. VII et Constantio Caes. Conss.] (326 [339] Febr. 15).
[76] CTh. 11.16.1: [Imp. Constantin(us)
A. Ad Catullinum P(ro)c(onsulem) Afric(ae)]. Patrimoniales fundos extraordinariis oneribus vel mediae aut tertiae
portionis obsequiis fatigari non convenit, cum eosdem et auri speciem et
frumenti plurimum modum constet persolvere, ita ut qui violare statuta
temptaverit puniatur. [P(ro)p(osita) VI Kal. Sep. Karthagine
Constantino A. V et Licinio Conss.] (319 [?] aug. 27). CTh. 11.16.2: [Idem (Constantinus) A.
ad Ulpium Flavianum Cons(ularem) Aemiliae et Liguriae]. Ab
extraordinariis omnibus fundi patrimoniales adque emphyteuticarii per Italiam
nostram constituti habeantur immunes, ut canonica tantum et consueta dependant
ad similitudinem per Africam possessorum. [Dat.
XII Kal. Iun., lecta aput acta Severo et Rufino Conss.] (323
mai. 21).
[77] In generale
sulla attenzione per gli animali nella antichità si veda P.P. Onida, Studi sulla condizione degli animali non
umani nel sistema giuridico romano, Torino 2002, spec. 21 ss. Per lo
studio dei presupposti filosofico-giuridici di favore per la condizione animale
e delle influenze sulla legislazione costantiniana si veda P.P. Onida, “Il divieto dei sacrifici di animali
nella legislazione di Costantino. Una interpretazione sistematica”, in Aa.Vv., Poteri religiosi e istituzioni: il culto di San Costantino Imperatore tra Oriente e Occidente
cit, 126 ss. Sull’amore di Costantino per gli animali si veda V. Poggi, “Perché in
Sardegna Costantino è santo”, ibidem,
337 ss.
[79] Si
veda E. Pais, Storia della
Sardegna e della Corsica durante il periodo romano cit., 186 nt. 380.
[80] A
Sedilo si trova un santuario, meta di devozione e di pellegrinaggi da tutta
l’Isola, dedicato a Santu Antine (San Costantino).
[85] Eus., laus Const. 9.9; vita Const.
1.37; 1.39.3; 4.19; 4.29.3. Sulla “fiducia in Dio” da parte
dell’Imperatore, cfr. R. Farina,
L’impero e l’imperatore cristiano in Eusebio di Cesarea
cit., 190; 200 ss.
[86] Eus., vita Const.
1.48, considera che la celebrazione dei decennali
di Costantino avvenne con “sacrifici privi di fuoco e di fumo”.
Cfr. A. Hamman, “La
prière chrétienne et la prière païenne, formes et
différences”, in Aufstieg
und Niedergang der römischen Welt, II.23.2, Berlin-New York 1980, 1193 ss.; S. Bradbury, “Constantine and the
problem of anti-pagan legislation in the fourth century”, in Classical Philology, 89 (1994), pp. 129 ss.; Id., “Julian’s pagan revival and the decline of
blood sacrifice”, in Phoenix,
49 (1995), 331 ss.; A. Fraschetti,
La conversione cit., 23 e nt. 21 ss.
[87] Eus., hist. eccl. 8.14.5, su cui ha richiamato l’attenzione L. De Giovanni, Costantino e il mondo
pagano cit., 74 ss.
[88] Si
veda P.P.
Onida, “Il divieto dei
sacrifici di animali nella legislazione di Costantino. Una interpretazione
sistematica” cit., 73 ss.
[89]
Sembrano interpretare la costituzione come misura di semplice conservazione del
patrimonio C. Dupont, Le Droit Criminel dans les Constitutions de
Constantin. Les infractions, Lille 1953, 105; M. Sargenti, “Aspetti e problemi dell’opera
legislativa dell’imperatore Giuliano”, in Accademia romanistica costantiniana, Atti III Convegno Internazionale (Perugia-Trevi-Gualdo Tadino, 28 settembre-1º ottobre
1977), Perugia 1979, 47 ss. (=Id.,
Studi sul diritto del tardo
impero, Padova 1986, 208 ss.).
Riconducono, invece, la costituzione alla funzione di protezione degli animali
D. Serrigny, Droit public et administratif romain, II, 1862, 273, il quale parla
di “loi protectrice des animaux”; E.
Pais, Storia della Sardegna e della Corsica durante il periodo romano
cit., 186 nt. 380, il quale, si è già ricordato sopra, parla
di “miti sensi” nei confronti degli animali; A. Cosseddu, “Maltrattamento di animali”,
in Digesto delle Discipline Penalistiche,
VII, 4a ed., Torino 1993, 529, che cita CTh. 8.5.2 come esempio di una
“tradizione peraltro, sicuramente già radicata
nell’antichità, volta ad evitare trattamenti comportanti inutili
sofferenze per gli animali”.
[90] Si
rinvia a P.P.
Onida, Studi sulla condizione
degli animali non umani nel sistema giuridico romano cit., 115 ss.
[91] Cfr. L. De Giovanni, Costantino e il mondo
pagano cit., 151 ss.; Id., “Mondo tardoantico e
formazione del ‘Diritto romano cristiano’. Riflessioni su CTh.
9,16,1-2” cit., 181 ss.
[92] Sul
tema del rifiuto del sacrificio e del suo nesso con la concezione del diritto
naturale in Costantino si veda P.P. Onida, “Il divieto dei sacrifici di animali nella legislazione di Costantino.
Una interpretazione sistematica” cit., pp. 130 ss. Per lo studio del
sacrificio nel sistema giuridico-religioso romano si rinvia a F.
Sini, “Aspetti giuridici e rituali della religione romana:
sacrifici, vittime e interpretazioni dei sacerdoti”, in Aa.Vv., Poteri religiosi e istituzioni: il culto di San Costantino Imperatore tra Oriente e Occidente
cit., 3 ss.
[93] Sul
legame tra l’opera di Lattanzio e di Ulpiano si vedano: C. Ferrini, op. cit., 467
ss.; J. Gaudemet, “Lactance
et le droit romain”, in Accademia
Romanistica Costantiniana, Atti II
Convegno Internazionale, Spello-Isola
Polvese sul Trasimeno-Montefalco (18-20 settembre 1975), Perugia 1976, 81
ss.; F. Amarelli, Vetustas-innovatio cit., 140; Id., “Due recenti studi su
Lattanzio”, in Studia et Documenta
Historiae et Iuris, 50 (1984), 474
ss.; M.P. Baccari, “Il conubium
nella legislazione di Costantino” cit., 216.
[95] Si possono
dire superati in larga parte i dubbi della dottrina meno recente (I.A. Heikel, Eusebius Werke,
GCS, Leipzig 1902) sulla autenticità della Oratio ad sanctorum coetum. Sulla questione, anche per i problemi
relativi alla datazione della Oratio,
si vedano: R. Farina, L’impero e l’imperatore cristiano in Eusebio di Cesarea
cit., 15-16 ss.; S. Mazzarino, Antico, tardoantico ed èra
costantiniana, I, Bari 1974, 99 ss.; C.
Monteleone, “Costantino”, in Enciclopedia Virgiliana,
I, Roma 1984, 913 ss.; L. De Giovanni,
Costantino e il mondo pagano cit., 174
ss.; U. Pizzani,
“Costantino e l’‘Oratio
ad sanctorum coetum’”, in
Costantino il Grande. Dall’Antichità all’Umanesimo. Colloquio sul Cristianesimo nel mondo
antico. Macerata 18-20 dicembre 1990 (a cura di G. Bonamente-F. Fusco), II, Macerata 1992, 791 ss.; A. Fraschetti, La conversione. Da Roma
pagana a Roma cristiana, Roma-Bari 1999, 78 nt. 3; L. De Giovanni, “Mondo
tardoantico e formazione del ‘Diritto romano cristiano’.
Riflessioni su CTh. 9,16,1-2” cit., 182 ss.
[96] Or.
ad sanct. coet. 20. Il fatto che, come ha osservato L. De Giovanni, Costantino e il mondo
pagano cit., 178, l’Imperatore,
nella Oratio ad sanctorum coetum,
interpreti la quarta ecloga “minuziosamente … quasi verso per
verso”, dimostra che egli possedeva una conoscenza particolare di
Virgilio.
[97] Nella
vasta letteratura sul tema degli animali in Virgilio si vedano: S. Rocca, Etologia virgiliana,
Genova 1983; Ead.,
“Animali”, in Enciclopedia
Virgiliana, I, Roma 1984, pp. 173 ss.;
F. Sini, Bellum nefandum. Virgilio e il problema del “diritto internazionale antico”,
Sassari 1991, pp. 159 ss.; 216 ss.; P.P. Onida, Studi sulla condizione degli animali non umani nel sistema giuridico
romano, Torino 2002, spec. pp. 66 ss.; Id.,
“Il divieto dei sacrifici di animali nella legislazione di Costantino.
Una interpretazione sistematica” cit., pp. 150 ss., con rinvii alle
fonti.
[98] Cfr. L. De Giovanni, Costantino e il mondo
pagano cit., 178; Id., “Mondo tardoantico e
formazione del ‘Diritto romano cristiano’. Riflessioni su CTh.
9,16,1-2” cit., 183 ss.
[99] CTh.
2.17.1 del 321 (324): “… quantum
per annorum dimensiones ac temporum leges et natura singulis quibusque deferre
consuevit”; CTh. 2.19.2 del 321: “licet legum auctoritas filiorum potius quam matrum personis voluit
laborem incumbere, ut de inofficioso agentes intra praefinita tempora doceant
nullo suo vitio factum nec offensionem se parentibus praestitisse, sed iugiter
obsecutos, ut naturae ipsius religio flagitabat …”; CTh. 9.42.1
del 321: “tamquam si maritum eius
natura, non poena subduxerit …”; CTh. 9.43.1 del 321: “quem si conperta integritas ut natura, ita
officio liberis restituerit, ei gubernacula rerum tradenda sunt, cuius ad
imitationem publici iuris provisa custodia est”.
[103] Sul
giusnaturalismo di Giustiniano si veda P.
Catalano, “Giustiniano” cit., 762, il quale osserva che esso
«ha radice, anche per il suo aspetto religioso, nella tradizione
giurisprudenziale e filosofica precristiana … Le leggi di natura,
considerate immutabili (è spontaneo confrontare con Paolo D. 1,1,11
e con I. 1,2,11), riguardano anche gli animali diversi dagli uomini (cf.
Ulp. D. 1,1,1,3-4; I. 1,2 pr.) e sono di origine divina (cf.
Marcian. D. 1,3,2; I. 1,2,11). Nell’Eneide il mito
di Saturno viene storicizzato con precise localizzazioni degli aurea saecula:
il regno nel Lazio (6,793-94; 7,49,180, 202 ss.; 8,319 ss. …) e
l’arce Saturnia in Campidoglio (8,357-58 …).
L’età dell’oro è caratterizzata, anche secondo
V(irgilio), dalla mancanza di proprietà privata … e di
schiavitù … Durante il regno dell’aureus Saturnus
non esisteva la impia gens che per prima, nell’età
del bronzo, banchettò con gli animali uccisi (G 2,537
…)».
[104] Il
rifiuto del sacrificio cruento emerge in Costantino non solo nel diniego di un
personale coinvolgimento nei sacrifici di animali e nella rinuncia agli onori
che comportavano spargimento di sangue animale, ma anche nella disapprovazione
delle pratiche connesse alla aruspicina. Si veda CTh. 16.10.2; CTh. 9.16.1;
CTh. 9.16.2; CTh. 16.10.1; CTh. 16.2.5. Sul punto si veda P.P. Onida, “Il divieto dei sacrifici di animali
nella legislazione di Costantino. Una interpretazione sistematica” cit.,
73 ss.