N. 9
– 2010 – Tradizione-Romana
Università di
Varmia e Masuria
Polonia
Roma communis nostra patria est (D.
50.1.33) oppure Europa
communis nostra patria est?
Sommario: 1. Introduzione. – 2. Alti e bassi dell’integrazione europea. – 3. Interpretazione del testo di Modestino.
– 4. Il sistema del diritto romano e della
Comunità. Uguaglianze e differenze.
Modestino uno dei giuristi post-classici romani scrisse "Roma communis nostra patria est”[1].
Non sappiamo se questa frase è stata formulata dall’autore, o se
questo l’ha presa in prestito. Il primo essenziale significato che si pone
alla luce dell’interpretazione letterale del testo contiene due
importanti elementi. Il primo è l’identificazione di Roma con
l’impero romano. Lo stesso termine Roma ha assunto un significato
simbolico. Il secondo elemento è la diffusa accettazione dell’impero
come patria comune. Questa interpretazione dell’affermazione sopra citata
di Modestino dirige verso l’integrazione dell’Europa moderna e
indirettamente per accertare i pro e
i contro nell’ottica
dell’integrazione di popoli e culture diverse dell’impero romano.
L’obiettivo di questo lavoro è quello di evidenziare
le somiglianze e le differenze tra l’integrazione romana e quella
Europea, con l’indicazione di possibili errori che l’Unione Europea
deve evitare di commettere guidata per esempio dagli errori commessi dai
governanti dell’antica Roma[2].
Non molti ricordano il conflitto che si ebbe qualche anno fa in
relazione al preambolo della costituzione europea. La ragione di questa
attribuzione era quella di aggiungere un riferimento alle culture
dell’antica Grecia e di Roma e alla rivoluzione Francese. I valori
cristiani che sono la base della cultura europea erano stati completamente
ignorati in questo documento. Questa posizione ha causato diverse proteste da
parte dei governi di quei paesi dove la tradizione cristiana è ancora
molto forte, per esempio in Polonia, Irlanda, Italia e Spagna. Il riferimento
ai valori cristiani alla legge romana e alla filosofia greca furono contestati
nei paesi non religiosi come per esempio Francia, Belgio o Danimarca. In questi
paesi la ragione principale era quella di aprire l’Europa ad altre
nazioni, nel senso culturale e – principalmente – nelle ragioni di
differenze religiose, per esempio Turchia o Tunisia. In fine hanno accettato il
testo ispirato dalla memoria culturale
religiosa e umanitaria dell’Europa fu ufficialmente accettato[3].
In questo testo è possibile trovare una connessione con i seguenti
valori: diritti umani, libertà, democrazia, uguaglianza ecc. Alla fine
il trattato non fu accettato, nonostante l’aspetto abbastanza liberale,
proprio dalle società più laiche come Francia e Olanda.
Il ricordo del conflitto che includeva la precisione e
l’accettazione delle elementari materie dell’Unione europea ha
mostrato le difficoltà dell’integrazione europea negli ultimi
anni. Vale la pena ricordare i principali argomenti di questa integrazione
precisati nell’introduzione al trattato fatto nel 1957 che include la
comunità europea dell’industria, in questo si diceva che l’obiettivo
dell’integrazione europea era quello di rafforzare le relazioni tra gli
stati. Lo strumento primario che poteva essere usato per raggiungere questo
obiettivo teoricamente erano le industrie e lo sviluppo sociale, rimuovere ogni
tipo di barriera che separasse l’Europa specie gli ostacoli politici e
industriali. Il risultato di queste decisioni doveva essere il miglioramento
delle condizioni di vita e di lavoro e la rimozione delle restanti differenze
nello sviluppo industriale di alcune regioni[4].
In questo tempo si parlò anche delle politiche comuni
commerciali e la necessità di rimuovere le restrizioni al commercio
internazionale. L’introduzione degli stessi argomenti è stata
inclusa nel secondo trattato di Roma (il trattato che ha precisato la Comunità
Europea dell’Energia Atomica)[5].
Questa analisi degli argomenti del trattato mostra come l’intenzione
degli artefici dell’integrazione europea fosse non quella di creare
un’unione politica ma solo industriale.
Un cambio nel percorso dell’integrazione europea fu fatto
nel 1992 in cui fu stipulato il trattato dell’Unione Europea, dove la
necessità di cominciare le integrazioni industriali diventa essenziale,
specialmente per fornire alla comunità finanza e industria, un nuovo
argomento è apparso collegato con la ricostruzione ideologica
dell’Europa nel futuro. I limiti alle regole di libertà,
democrazia, rispetto per i diritti umani sono stati posti come le materie
essenziali su cui l’Europa moderna deve essere costruita. E questa è
la ragione per la quale la Carta dei Diritti Fondamentali nel 1992 è
stata indicata come priorità nel trattato del 2000 [6].
L’imposizione autoritativa di un sistema di valori ha
causato, nel firmamento europeo la formazione di una crepa. Non tutti i paesi
europei erano d’accordo con i valori cristiani la tradizione romana e la
filosofia greca. Il conflitto ideologico costruito sulla base di diversi
sistemi assiologici ha portato molti gruppi e partiti politici a rifiutare
l’integrazione europea. Così in Gran Bretagna un significativo
potere politico lo detiene il partito per l’indipendenza della Gran
Bretagna e in Polonia è la Lega della Famiglia Polacca e l’Unione
della Politica Reale. Nel Parlamento Europeo esistono due gruppi di
euroscettici: I riformatori europei e quelli conservatori e anche
l’Europa della libertà e della democrazia. Le organizzazioni
euroscettiche prima di tutto sono contrarie verso la politica sociale e sono
avversi alla cristianità e al tradizionale sistema di valori[7].
Sullo sfondo della contesa sulle forme di integrazione europea
sono nate le domande riguardo lo scopo della futura Europa unita.
L’argomento di questa elaborazione non è una visione del futuro
dell’Europa ma mostrare gli errori commessi e come questi possono essere
dannosi nel futuro distruggendo il lavoro fatti dai padri fondatori
dell’Europa unita. Non priva di significato è la questione che
questa idea sia cresciuta nella corrente dei valori cristiani.
L’interpretazione del testo di Modestino, citato
all’inizio, è stata fatta da F. Casavola[8].
Secondo questo romanista italiano l’urbs
Roma è diventata un’idea dello stato che viveva nella mente di
tutta la società già nella prima metà del secondo secolo
dopo Cristo; ma questa idea doveva scontrarsi con un'altra idea ugualmente
operante allora: quella secondo cui il princeps
pater patria est.
Callist. in
D. 48.22.18 pr.: Relegatus morari non potest Romae, etsi id sententia
comprehensum non est, quia communis patria est: neque in ea civitate, in qua
moratur princeps vel per quam transit, iis enim solis permissum est principem
intueri, qui Romam ingredi possunt, quia princeps pater patriae est.
Secondo il testo di Callistrato, chiunque fosse stato messo al bando non poteva vivere a Roma, anche quando la sentenza non contemplava tale divieto. La pena dell’esilio conteneva il divieto di alloggiare da condannato in città, dove si trovava l’imperatore oppure dove soltanto si trovava a passare. In questi luoghi potevano soggiornare solo coloro i quali avevano il diritto di entrare a Roma. La ragione per la quale la regolamentazione legale è stata promulgata era il fatto di ritenere l’imperatore il padre della patria. Gli assunti filosofici, in base ai quali l’imperatore è il padre della patria e quindi personifica lo stato hanno avuto un impatto per la risoluzione di situazioni concrete nel campo del diritto penale[9]. La pena dell’esilio conteneva quindi un mandato di abbandonare il paese, così Roma e quei luoghi dove risiedeva l’imperatore che rappresentava lo stato[10].
Il testo di Modestino acquista un significato maggiore alla luce
della multiculturalità della società romana. Ogni provincia ha
mantenuto le proprie norme religiose, le abitudini e anche le proprie
autorità locali[11].
In maniera limitata funzionava anche la giustizia per la quale rispondevano le
autorità locali. Solo le questioni più importanti venivano
risolte dai governatori della provincia[12].
Fino all’anno 212, anno della pubblicazione dell’editto da parte di
Antonino Caracalla, la cittadinanza romana era un privilegio desiderato da
molti.
Il testo di Modestino “Roma
communis nostra patria est” è stato scritto nella prima
metà del III secolo d.C.[13]
nell’opera Liber singularis de
manumissionibus[14].
L’oggetto del lavoro di Modestino è stata la manomissione. Invece
i compilatori giustinianei hanno collocato questa dichiarazione nel
cinquantesimo libro al titolo primo, nella rubrica Ad municipalem et de incolis. Il suono stesso del titolo indica che
il suo tema sarà la questione relativa alla divisone della popolazione
dei comuni in cittadini a pieno titolo, e coloro i quali sono solo residenti.
Il contesto diretto del testo di Modestino, risultante dalla sua
collocazione, è collegato direttamente con altri testi dello stesso
autore. Così il pezzo precedente proviene dal libro quarto differentiarum e riguarda la definizione delle
conseguenze del cambio di domicilio di una donna che conclude il suo rapporto
coniugale[15].
A sua volta il testo successivo all’argomento discusso proviene dal libro tertio regularum e riguarda gli obblighi pubblici incombenti sui
residenti nel municipio che non possiedono la cittadinanza romana[16].
Presentato nel Digesto oltre il contesto dell’argomento
trattato da Modestino, ciò può portare a sospetti circa la accidentale
collocazione del nostro testo dai compilatori. Inoltre un’analisi
superficiale potrebbe anche suggerire che nei testi selezionati e compilati dai
compilatori giustinianei direttamente in prossimità del testo di
Modestino ha dominato il caos, un’ipotesi che per quanto riguarda il
punto di vista adottato da Giustiniano nella redazione del testo appare
piuttosto improbabile[17].
Pertanto è necessaria la spiegazione del significato originario del
pensiero di Modestino che viene data dal giurista postclassico nell’opera
intitolata liber singularis de
manumissionibus.
È possibile raggiungere questo obiettivo grazie al lavoro
e l’opera dello studioso tedesco O. Lenel[18].
I pochi frammenti conservati di questo lavoro sono stati messi insieme nel Palingenesia, risulta che Modestino
nell’opera liber singularis de
manomissionibus spostava le questioni associate con la manomissione nel
testamento[19],
in un codicillo[20],
oppure un trattamento improprio del padrone sul liberto. Su questo frammento
che anticipa l’argomento discusso da Modestino bisogna concentrare la
nostra attenzione perché questo dà la chiave per la comprensione
del testo che segue.
Modest. l. sing. de manumissionibus (D.
25.3.6.1): Imperatoris Commodi constitutio talis profertur: Cum probatum sit
contumeliis patronos a libertis esse violatos vel illata manu atroci esse
pulsatos aut etiam paupertate vel corporis valetudine laborantes relictos,
primum eos in potestate patronum redigi et ministerium dominis praebere cogi:
sin autem nec hoc modo admoneantur, vel a praeside emptori addicentur et
pretium patronis tribuentur.
Alla luce della legge romana il liberto era obbligato a mantenere
un comportamento rispettoso nei confronti del suo protettore che è
l’ex proprietario. In caso contrario poteva essere privato del maggior
valore che ogni persona possiede cioè la libertà ed essere
spostato indietro nello stato di schiavitù. Nella costituzione
l’imperatore Commodo ha deciso che il comportamento illecito (ingratitudo) del liberto verso il suo patrono deve essere giudicato
dal concilium domesticum (ministerium dominis praebere cogi). Probabilmente
era divenuto un dato di fatto la violazione dell’obbligo di rispetto del
liberto verso il suo patrono. Questo liberto che diventa schiavo (revocatio in servitutem) tuttavia non ritorna indietro sotto
l’autorità del vecchio proprietario, ma il governatore della
provincia ordinava la sua vendita e così il denaro ottenuto veniva
consegnato al patrono[21].
Conservato nel Digesto il
frammento della costituzione di Commodo era un rescritto, riguardo la sentenza
di un caso concreto. Si può accettare che almeno una delle parti non
fosse cittadino eppure a questa è stata applicata la soluzione elaborata
nel diritto romano. Questa sentenza deve sollevare alcuni dubbi
sull’applicazione del principio dell’esecuzione della legge sulle
persone. La dichiarazione di Modestino “Roma communis nostra patria est” tuttavia non era stata da
lui coniata, ma proviene dal testo originale del rescritto. Questo fornisce una
giustificazione per l’applicazione di soluzioni romane anche nei
confronti di quelli che non sono cittadini ma vivono all’interno
dell’amministrazione dell’impero. Tale affermazione è stato
il riflesso che ha stabilito poi la convinzione che l’impero romano fosse
la patria comune e questo portò alla personificazione della città
di Roma. Diversi anni più tardi nel 212 l’imperatore Caracalla
sancì il funzionamento di questo principio.
Ulp. l. 23 ad ed. (D. 1.5.17): In orbe Romano qui sunt ex
constitutione imperatoris Antoniani cives Romani effecti sunt.
Nel testo di Ulpiano le parole urbs Roma furono sostituite dalla frase orbis Romanus. In entrambi i casi comunque si fa riferimento allo
stato o all’impero romano ma non nel senso moderno.
Torniamo a chiarire il significato della frase “Roma communis nostra patria est”
che hanno dato i compilatori di Giustiniano. Il primo titolo del libro 50 del
Digesto riguarda i residenti nel municipio i quali non possiedono la
cittadinanza della città. La divisione della popolazione della
città in cittadini legittimi della città e coloro i quali avevano
solo una limitata capacità di agire attraverso il diritto pubblico
è stata largamente approvata[22].
Nonostante la doppia cittadinanza di Roma e del municipio, il
diritto romano aveva la precedenza su quello locale. Proprio questo esprime la
frase Roma communis nostra patria est, usata da Modestino in un'altra
occasione. In questo modo i compilatori hanno voluto mettere in evidenza un
momento molto importante nel funzionamento dell’impero di Roma. La
cittadinanza romana non aveva abolito la divisione in cittadini legittimi della
città e coloro i quali avevano solo una limitata capacità di
agire attraverso il diritto pubblico. Queste soluzioni sono state ampiamente
usate in tutto l’impero, ovvero a Roma la quale divenne il simbolo dello
stato e della sua unità[23].
La costruzione dello stato dei suoi organi e delle strutture di
potere richiede l’esistenza di una legge specifica. La consapevolezza
degli antichi romani si è avuta fin dall’origine. Quindi si
è creato un sistema di diritto che sopravive all’impero romano e
influenzò il ius commune nel
diritto medioevale e moderno nell’Europa continentale. Nel periodo tardo
arcaico il diritto romano era fortemente collegato con le credenze dei romani.
Il carattere religioso delle norme giuridiche è garanzia per la
stabilità del sistema di leggi. I sacerdoti avevano la cura di questo
sistema giuridico, i quali erano gli esperti dei calendari e delle formule del
processo. Essi fornivano anche consulenza legale. Questo sistema è stato
denominato come ius Quiritium oppure ius civile[24].
I romani fin dall’inizio hanno dimostrato
l’abilità di sapersi aprire ai nuovi problemi. Questo ha avuto un
impatto sullo sviluppo territoriale e demografico di Roma. Con la conquista di
nuovi territori Roma divenne il centro del mondo contemporaneo, che attraeva a
sé tutti i commercianti. L’economia iniziale di tipo agricolo fu
sostituita dal commercio e dall’artigianato. Alla luce di queste
modifiche divenne necessario allargare il sistema degli organismi di polizia e
di diritto. E così nel 367 a.C. fu creato l’ufficio del pretore
urbano per risolvere le controversie tra i cittadini. Lo strumento principale
era l’editto del pretore urbano (praetor
urbanus) nel quale egli può sostenere completare e anche correggere
le vecchie leggi quiritarie. Come conseguenza, l’attività di
quest’organo ha fatto nascere una nuova quantità di diritto che
prende il nome di legge pretoria (ius
honorarium)[25].
Nel 242 a.C. fu istituito il pretore dei peregrini, il cui
compito era quello di risolvere le controversie sorte tra i visitatori a Roma
che non hanno potuto beneficiare dei mezzi giuridici a disposizione dei
cittadini romani. In questo caso il pretore utilizzava l’analogia con il
diritto romano oppure aggiungeva l’esperienza di altre nazioni creando
così un nuovo gruppo di norme legali chiamato ius gentium.
Ma il momento più importante è stato
l’ammissione delle persone laiche alla conoscenza del diritto. Questo
è diventato possibile grazie al pontefice massimo Tiberio Coruncanio il
quale nel 280 a.C. iniziò l’insegnamento del diritto al pubblico[26].
Importante per lo sviluppo del diritto romano è stato
l’adeguamento in corso d’opera delle norme giuridiche ai bisogni
più recenti dell’economia piuttosto che del sistema politico[27].
Questo è divenuto la base per la creazione di un sistema di norme
giuridiche senza tempo[28].
Il modo di produzione degli atti giuridici nei periodi
particolari del suo sviluppo era essenziale per la costruzione del sistema
della legge romana. Secondo Gaio il diritto romano è composto di leggi,
risoluzioni dell’assemblea dei plebei, risoluzioni del senato, costituzioni
degli imperatori, editti e giurisprudenza[29].
La sequenza delle forme particolari di costruzione delle regole della legge
romana non è accidentale. Risponde non solo allo sviluppo delle
istituzioni responsabili della formazione della legge, ma anche allo sviluppo
economico e infine allo sviluppo politico. La dinamica delle formazioni delle
norme giuridiche era una funzione variabile nell’antico impero Romano, e
ha subito l’influsso soprattutto dell’economia, poi le necessità
sociali e soltanto alla fine le premesse ideologiche o politiche. La
caratteristica delle norme giuridiche era la regolazione della realtà,
non la sua formazione. Allora queste avevano il carattere declaratorio
piuttosto che costitutivo. Era la realtà che ha fatto intraprendere al
potere legislativo azioni connesse con la formazione delle norme giuridiche.
La costruzione dell’Unione Europea necessita anche della
creazione del sistema legislativo. Quello che può essere simile alla
legge romana è la necessità di risolvere i problemi economici e
sociali dopo la II guerra mondiale in Europa. Ma le procedure della sua
formazione sono diverse da quelle della Roma antica. Gli organi che formano le
leggi nell’UE sono la Commissione europea, il parlamento europeo ed il
Consiglio dell’Unione Europea[30].
Esiste anche una lunga lista di organi e di agenzie che possono fornire pareri[31].
Senza entrare nelle complessità procedurali della
creazione del diritto comunitario bisogna osservare che la dinamica della
creazione del diritto comunitario è molto più grande di quella
del diritto romano. Il sistema del diritto dell’UE ha una enorme
quantità di normative ma spesso isolate dalle necessità
economiche e sociali. Questo è tipico del diritto creato da funzionari
di ufficio i quali di solito non sono avvocati. Le ricerche statistiche
condotte sotto la responsabilità dell’Agenzia Eurostat e il
processo di dialogo interistituzionale e la definizione di norme sociali
avrebbe fornito non solo l’obiettività della legislazione dell’UE
ma anche un’alta qualità. Questi sono collegati con le aspirazioni
di alti funzionari dell’Unione Europea per creare una nuova
realtà, facendo riferimento a concetti di reale socialismo. Pertanto
queste norme comunitarie sono spesso di natura costitutiva. Le esigenze
economiche e sociali sono in gran parte la giustificazione per
l’attuazione delle politiche.
[2]
Bisogna notare che la letteratura romanistica molto raramente ha tentato di confrontare
l'Unione Europea e l'antica Roma. Inoltre dalla programmazione del trattato di
Maastricht è stato escluso qualsiasi legame dell'Unione Europea con il
diritto romano così come con il sistema dei valori cristiani. Nondimeno
esistono aspetti di somiglianza e differenza tra le due creazioni politiche.
Questi studi aprono nuove opportunità di ricerca per i romanisti, ma non
solo, nel campo del diritto pubblico e ai limiti della scienza politica.
[3] Cfr. Z.M.
Doliwa-Klepacki, Integracja
Europejska. Łącznie z uczestnictwem Polski w UE i Konstytucją
dla Europy, Białystok 2005, 1057.
[4] Cfr. H. Skorowski,
Europa Regionu. Regionalizm jako
kategoria aksjologiczna, Warszawa 1998, 146.
[5] Cfr.
il testo del preambolo in polacco su www.europa.eu [5 VI 2010].
[6] Cfr. A. Balaban,
Ochrona praw człowieka. Wprowadzenie
oraz wybrane teksty źródłowe, Gorzów Wielkopolski
2003, 76.
[7] Per
maggiori informazioni sul dibattito sul sistema di valori europei, si cfr. S. Zięba (red.), Europa Wspólnych Wartości.
Chrześcijańskie inspiracje w budowaniu zjednoczonej Europy,
Lublin 2004.
[8] F. Casavola, Il concetto di ‹‹Urbs Roma››: Giuristi e
imperatori Romani, in Labeo 38, 1992, 20-29.
[9] Sulla romanizzazione cfr. K. Christ, Geschichte der
römischen Kaiserzeit. Von
August bis zu Konstantin, München 1991, 457 nt.
[11] Un
esempio potrebbe essere la Palestina, dove si mantiene una autorità piuttosto
ampia del Sinedrio e del Sommo Sacerdote. Cfr. B. Sitek,
Proces świętego Pawła. Przyczynek do studiów nad
rzymskim procesem karnym na pograniczu, in Wielokulturowość
poleskiego pogranicza. Ludzie – idee – prawo, pod red. A.
LITYŃSKIEGO i P. FIEDORCZYKA, Materiały ze Zjazdu Katedr
Historycznoprawnych, Augustów 15-18 września 2002 roku,
Białystok 2003, 168.
[12] Cfr. W. Bojarski,
Stosunki cesarstwa Rzymskiego z lokalnymi
autonomiami w zakresie sądownictwa, in Dzieje wymiaru sprawiedliwości, pod red. T.
MACIEJEWSKIEGO, Koszalin 1999, 11 nt.
[13]
Modestino era un allievo di Ulpiano, è stato l'ultimo importante
giurista romano dell’epoca classica. Ha anche ricoperto importanti
incarichi pubblici, tra cui il vigilum
ufficio praefectus. Un nativo della Dalmazia. Per ulteriori informazioni su
questo giurista, cfr. W. Kunkel, Die Römischen Juristen. Herkunft und
soziale Stellung, Köln, Weimar, Wien 2001, 259.
[14] Libri singularum erano le monografie
dedicate a singole leggi o argomenti specifici. Per maggiori informazioni su
questo genere di letteratura Cfr. M.
Bretone, Storia del Diritto Romano,
Roma-Bari 2006, 279.
[15] Modest. l. quarto differentiarum (D. 50.1.32): Ea, quae desponsa est, ante
contractas nuptias suum non mutat domicilium.
[16] Modest. l. tertio regularum (D. 50.1.34): Incola iam muneribus publicis
destinatus nisi perfecto munere incolatui renuntiare non potest.
[17] La costituzione Deo
Auctore di Giustiniano ha ordinato la
rimozione di tutte le contraddizioni esistenti tra le opinioni dei giuristi
romani: Deo auctore 1:
(…) quatenus in unum codicem congregatae et omni
superuacua similitudine et iniquissima discordia absolutae uniuersis hominibus
promptum suae sinceritatis praebeant praesidium.
[22] Sulla formazione della divisione dei comuni, cfr. B. Sitek, Lex coloniae Genetivae Iuliae seu Ursonensis i lex Irnitana. Ustawy
municypalne antycznego Rzymu. Tekst, tłumaczenie i komentarz, Poznań 2008, 64 nt.
[23]
Consapevole dell'esistenza della doppia nazionalità era Cicerone, che in
de leg. 2.2.5 ha scritto: (…) Ego
mehercule et illi et omnibus municipibus duas esse censeo patrias, unam
naturae, alteram civitatis: ut ille Cato, quom esset Tusculi natus, in populi
Romani civitatem susceptus est, (…).
[24] Cfr. per
maggiori informazioni sulla formazione del diritto romano durante il periodo
arcaico M. Bretone, I fondamenti del diritto Romano. Le cose e
la natura, Roma-Bari 1999, 3.
[27] Nella
storia della Roma antica sono state quattro le forme di sistemi politici: la
monarchia, la repubblica, il principato e il dominato. Ognuno di questi in
qualche modo ha influenzato la forma di queste norme, ma non le determinano. Un
esempio di questo può essere il rapporto degli imperatori cristiani
verso divieto assoluto di divorzio che proponeva la teologia cristiana.
Nonostante la pressione dei Padri della Chiesa, nessuno degli imperatori ha
posto un divieto totale al divorzio.
[28] Non è corretto parlare di atemporalità
del diritto romano, perché tutte le norme giuridiche vigenti a Roma
avevano questa natura.
[29] Gai.
1.2: Constant autem iura populi Romani ex
legibus, plebiscitis, senatusconsultis, constitutionibus principum, edictis
eorum, qui ius edicendi habent, responsis prudentium.
[30] Come procedure per la creazione del diritto
comunitario figurano: la creazione del diritto da parte del Consiglio, senza la
partecipazione del Parlamento, il processo di consultazione, la procedura di
cooperazione, la procedura di codecisione, la procedura per l'approvazione. Il
trattato di Lisbona introduce anche una procedura semplice e legislativa
speciale. Per maggiori informazioni sulle modalità di costituzione del
diritto comunitario, cfr. J. Barcik, A. Wentkowska, Prawo Unii Europejskiej z
uwzględnieniem Traktatu z Lizbony, Warszawa 2008, 149.