Seconda-pagina1[ISSN 1825-0300]

 

N. 9 – 2010 – Note-&-Rassegne

 

 

Contini-piccola

Procedure legislative ed interventi extraparlamentari *

 

Giuseppe Contini

Professore emerito nell’Università di Cagliari

 

 

* Intervento all'incontro di studio italo-polacco su "La creazione dei diritto in Polonia ed in Italia – Relative problematiche", Varsavia, 14 maggio 2007.

 

 

1. – Una ricerca sulla creazione del diritto non può non contemplare l'esame della procedura relativa all'iter legislativo, esame, peraltro, che può apparire arido e meramente descrittivo qualora ci si soffermi solo sull'aspetto formale delle norme costituzionali e regolamentari che disciplinano questa materia in tutti gli Stati che si fondano su una democrazia rappresentativa parlamentare. Affrontandolo in modo praticamente esaustivo, può invece dare la misura di questa tematica e, soprattutto, della ampiezza e della rilevanza che hanno le problematiche ad essa relative, in particolare da un punto di vista mediato, e cioè in relazione e nell'ambito non tanto di un sistema di riferimento particolare, ma in generale del sistema democratico rappresentativo, considerando le implicazioni che esso ha e avrà non soltanto a livello statuale ma anche substatuale e sovrastatuale. Bisogna tener presente inoltre la diffusione che ha avuto, e sta sempre più avendo, l'esercizio della funzione legislativa sia per quanto riguarda l'aumento del numero delle entità in ciò competenti, sia per l'abnorme svilupparsi di un processo di legificazione, che non soltanto appesantisce l'apparato normativo ma anche, in definitiva, tende di fatto a spostare il punto di equilibrio tra esecutivo e legislativo o addirittura ad incidere sullo stesso classico principio della divisione dei poteri.

Dopo aver completato questo quadro, sarebbe certo utile ed interessante realizzare un lavoro di comparazione, sia pure limitato all'argomento oggetto di questo intervento, tra uno o più ordinamenti. A tal fine, come è evidente, non basta né una mera elencazione numerica di articoli o contenutistica di norme, nè tanto meno un loro puro e semplice raffronto enunciativo. Sarebbe necessaria piuttosto la contestualizzazione degli ordinamenti costituzionali e dei relativi sistemi da angoli visuali diversi, e dunque non soltanto da quello giuridico, ma anche, per esempio, da quello storico-politico. Una tale contestualizzazione, a dire il vero, dovrebbe sempre costituire la base di un lavoro comparatistico, capace non soltanto di offrire efficaci e validi elementi atti alla comprensione reciproca a livello di ordinamenti statuali, ma anche di essere d'ausilio nel fornire, per la stessa costruzione, validi e condivisibili strumenti ed istituzioni di convivenza europea, quanto meno fornendo utili strumenti di riflessione. E' auspicabile, pertanto, che in altra sede si possa realizzare un approfondimento di questo tipo.

Con questo contributo non s'intende tanto, ovviamente, pronunciare in proposito la parola definitiva, quanto piuttosto indicarne i problemi nuovi, oltre che riaprirne alcuni dei vecchi, magari riguardandoli da prospettive nuove. Questo perchè nell'affrontarla, tale ricerca rivela non soltanto problematiche complesse, più o meno strettamente collegate tra loro, ma fa anche quanto meno sorgere dei dubbi su qualche principio fino ad ora ritenuto indiscutibile.

Ciò porta, quindi, ad identificare almeno i principali punti che sarebbe utile nel tempo esaminare, al fine di permettere una visione più corretta della realtà attuale e, in definitiva, partecipare al processo di crescita e chiarificazione delle odierne forme di governo della cosa pubblica, contribuendo nel contempo a fornire (in particolare a chi ne ha istituzionalmente la competenza e la legittimazione), qualche elemento atto ad effettuare le scelte più opportune se non addirittura necessarie.

 

2. – Caratteristica dello Stato contemporaneo è di essere uno "Stato di diritto", uno Stato, cioè, fondato sul principio di legalità. Tale caratteristica dovrebbe garantire ai cittadini la cosiddetta certezza del diritto ed assicurare che non ci siano prevaricazioni né abusi da parte di chicchessia, e anzitutto da parte delle stesse istituzioni, ivi comprese quelle preposte costituzionalmente a dar vita alle norme. Una tale garanzia, se da un Iato deve essere assicurata dal rispetto della normativa sostanziale (in primis i principi costituzionali), dall'altro è fornita dal rispetto delle forme in relazione sia alle tipologie sia alle procedure appositamente previste dall'ordinamento.

Di qui, per l'appunto, l'importanza fondamentale di tali procedure, le quali non tendono quindi ad "imbalsamare" gli ordinamenti, ma piuttosto ad assicurare il loro ordinato divenire attraverso iter procedimentali che siano adeguati negli ambiti della logica interna ad ogni singolo sistema e destinati ad evolversi con esso. Ciò significa tanto che nella realtà istituzionale statuale (per il caso italiano anche regionale e - limitatamente a Trento e a Bolzano - provinciale), si possono dare normative diverse, quanto che per porre in essere tipologie normative simili si possono prevedere fonti di produzione e quindi procedimenti differenti.

E' noto che a garanzia del rispetto del complesso delle regole, in particolare di quelle poste dall'ordinamento costituzionale, c'è generalmente un sistema, più o meno semplice ed articolato, che è, in linea di principio, di natura giurisdizionale e, quindi, in posizione di terzietà rispetto ai diversi interessi. Attraverso esso si tende a realizzare un controllo di legittimità costituzionale che riguarda sia l'aspetto sostanziale sia quello formale e ricomprende, pertanto, anche il controllo sul rispetto delle procedure.

In genere, una siffatta attività è attribuita oggi dagli ordinamenti costituzionali ad un organo collegiale variamente denominato (Corte costituzionale, Tribunale costituzionale federale, Tribunale costituzionale, Corte suprema, Consiglio costituzionale, etc.) e, più di rado, alla giurisdizione ordinaria. Tale organo può anche essere composto in modo diverso quanto alla durata della carica o alla rieleggibilità dei componenti (a vita negli USA, a tempo da 12 a 9 in Italia, Spagna e Francia), alla nomina (così ad es. in Italia giudici elettivi o designati; anche di diritto in Francia per gli ex Presidenti della Repubblica), alla estrazione (magistrati, giuristi, avvocati, professori universitari) o quanto alla fonte della nomina (Capo dello Stato, Assemblee parlamentari, Governo, Magistratura). Gli effetti sull'atto legislativo delle decisioni di un tale organo possono essere vari (soprattutto annullamento, nullità e disapplicazione) ed anche intervenire in momenti diversi: così ad es. in Francia prima della entrata in vigore dell'atto legislativo, arrivando a precluderne l'iter successivo; in Italia dopo l'entrata in vigore, quando possono essere attivati modi e organi differenti (per esempio in via diretta, su denuncia di determinati organi o. in via incidentale, durante un procedimento giurisdizionale). Si deve peraltro ricordare che in Italia, per quanto riguarda le iniziative legislative di parte governativa, un sia pure relativo filtro preventivo è costituito dal fatto che le stesse, dopo essere state approvate dal Consiglio dei ministri, debbono essere sottoposte all'autorizzazione del Presidente della Repubblica. E' solo dopo tale passaggio che possono essere presentate al Parlamento. Per vero, siffatta procedura – che è un residuato dell'ancien régime – ha oggi però, rispetto al passato, un ben altro ruolo. Non si può dire, infatti che essa abbia il valore giuridico di una vera e propria autorizzazione concessa al Governo da parte del Capo dello Stato, in quanto è proprio il Governo, e solo esso, ad avere la totale responsabilità dell'iniziativa. Sembra piuttosto che questa comunicazione serva da strumento di garanzia. dando la possibilità al Presidente di intervenire preliminarmente, con un atto sostanzialmente di moral suasion, qualora lo dovesse ritenere opportuno, nei confronti del Governo – ed eventualmente, in un momento successivo, dello stesso Parlamento – ed usare degli altri e ben più efficaci strumenti che l'ordinamento costituzionale gli ha messo a disposizione, nei confronti di tali organi costituzionali nei diversi stadi della procedura.

E' da rilevare inoltre che, durante lo svolgimento dell'iter legislativo, c'è la possibilità di un particolare intervento dello stesso Parlamento. In Italia, ogni ramo del Parlamento ha al suo interno una Commissione permanente per gli affari costituzionali che è chiamata a pronunziarsi sulla costituzionalità delle proposte e dei disegni di legge.

Esiste quindi un primo livello di controllo garantistico, all'interno di ciascun ramo del Parlamento (di natura peraltro politica e non giurisdizionale), che risponde non già ad una logica di terzietà. ma piuttosto di mera autoreferenzialità maggioritaria, vale a dire che è in rapporto diretto col peso delle forze politiche rappresentate in Parlamento.

 

3. – Non è certo questa la sede per prendere in esame tutte le tipologie legislative. Infatti oggi non c'è più né l'unicità delle fonti, né quella della natura giuridica, né quella della procedura, e tanto meno ormai  si può dire che le caratteristiche della legge formale siano quelle che si trovano definite nei manuali di diritto pubblico (astrattezza. generalità e novità).

A mano a mano che le società moderne si sono evolute, si è avuto non soltanto un aumento delle competenze legislative attribuite al pubblico potere (che si identificava sostanzialmente, da questo punto di vista, nello Stato), ma anche una sempre maggiore articolazione delle strutture pubbliche. In Italia, l'originario art. 114 del testo costituzionale del 1948 recitava che: «La Repubblica si riparte in Regioni. Province e Comuni». La legge costituzionale n. 3 del 2001 ha così modificato il testo: «La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato», con una Regione – il Trentino Alto Adige – a sua volta «costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano» (art. 116.2 modificato). Non sfugge certo, né è di poco conto, e perciò la si vuole qui sottolineare, la differenza tra le due espressioni "è costituita" e "si riparte" in quanto essa sembra incidere direttamente sullo stesso tipo di Stato, con tutto quanto da ciò consegue. Le istituzioni predettre sono dotate di "Statuti, poteri e funzioni" che non sono da ricomprendere soltanto nel potere normativo regolamentare di natura amministrativa ma, in particolare per quanto riguarda le Regioni e le due Province autonome, anche di potere legislativo pari tra loro dal punto di vista formale e differente dal punto di vista contenutistico, in relazione ai diversi limiti di competenza costituzionalmente posti (arti. 116 e segg).

Questa nuova situazione ha posto, tra l'altro. due esigenze: l'una di rendere sempre più comprensibile e trasparente l'azione dei pubblici poteri; l'altra di aumentare gli spazi di partecipazione dei cittadini singoli ed associati. Infatti, le tradizionali forme di iniziativa legislativa, che erano originariamente limitate a quella governativa ed a quella parlamentare, si sono allargate – specificatamente per l'Italia - a quella popolare (50.000 elettori art. 71 c.p.v.), regionale (art. 121, comma 3) e del CNEL (art. 99, comma 3) ferma restando la possibilità di conferirla, con legge costituzionale, ad altri organi ed enti (art. 71).

Può essere opportuno, a questo punto, sottolineare che da parte di entità substatuali dotate di competenza legislativa (in Italia soprattutto in talune Regioni) si sono aperte significative prospettive verso un allargamento della partecipazione, in particolare per quanto riguarda l'iniziativa legislativa, che può anche essere riconosciuta ad esempio alle forze economico-sociali, culturali e, più in generale, alle rappresentanze di interessi diffusi, nonché e specialmente agli enti locali.

È da ritenere che queste novità debbano essere seguite con attenzione, poiché esse possono assumere il significato di vere e proprie prove di laboratorio e comunque di utili esperienze da tener presenti nella dimensione statuale e non soltanto. Le Costituzioni talvolta prevedono - quanto all'esercizio dell'iniziativa - dei limiti dettati essenzialmente da motivi di funzionalità. Infatti è logico che i progetti di legge che autorizzano la ratifica dei trattati internazionali di particolare importanza (secondo l'art. 80 quelli "di natura politica o che prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio ed oneri alla finanze o modificazioni di leggi") così come le approvazioni annuali del bilancio e del rendiconto consuntivo, nonché l'autorizzazione all'eventuale esercizio provvisorio (art. 81, comma 1.2) debbono essere presentati dal Governo essendo l'organo esecutivo il solo che può fare ciò, in quanto possiede gli elementi tecnici e materiali necessari, oltre ad essere istituzionalmente l'organo politicamente responsabile della politica estera e di quella finanziaria (pur nei limiti derivanti dall'appartenenza all'U.E). La prassi, peraltro, ha fatto rientrare in tale competenza governativa esclusiva anche la legge finanziaria di completamento del bilancio e la legge comunitaria di adeguamento annuale alla normativa europea.

 

4.- II vero e proprio iter legislativo comincia con la presentazione, davanti ad uno dei due rami del Parlamento, di un testo redatto in articoli. Nel caso di bicameralismo perfetto (come quello italiano) davanti ad una qualunque delle due Camere. E' opportuno ricordare che, in certi ordinamenti, è previsto che proposte legislative riguardanti specifiche materie debbano essere presentate davanti ad un predeterminato ramo del Parlamento o addirittura approvate a Camere riunite.

In generale, le Carte costituzionali stabiliscono i passaggi fondamentali di tale iter (artt. 70-82). Una prima fase, istruttoria, consiste nell' attribuzione del disegno di legge alla commissione competente per materia (salvo il parere, come già accennato sopra, della Commissione affari costituzionali), affinché lo esamini e conseguentemente provveda a quanto di sua competenza. Una seconda fase consiste nell'approvazione da parte dell'Assemblea "articolo per articolo e con votazione (complessiva) finale". Per il dettaglio dei diversi momenti della procedura. nonchè, per particolari procedimenti (p.es. abbreviazione di termini, urgenza), il rinvio è alle norme del regolamento interno di ciascuna Camera. In particolare, ciò riguarda la presa in considerazione del testo proposto, l'unificazione in un solo testo di una o più proposte, gli emendamenti, la richiesta e l'acquisizione di pareri da parte di altre Commissioni dello stesso ramo del Parlamento, di documentazione in possesso della P.A.,di esperti e consulenti anche esterni alla pubblica amministrazione, di audizioni di componenti del Governo e ogni altra attività utile ai fini di ottenere la più ampia acquisizione e quindi conoscenza di elementi riguardanti la proposta del testo legislativo in corso di esame. Da ciò si evince chiaramente la rilevanza che ha la norma regolamentare sull'andamento della procedura legislativa in generale ed in particolare sull'esito finale della stessa.

La situazione non è certo resa più semplice, specialmente nel bicameralismo perfetto, dal fatto – tra l'altro – che ogni Assemblea è libera di darsi il proprio regolamento: da ciò deriva che non sono poche, né sono di poco conto, le norme che, contenute nei rispettivi regolamenti, pur riguardando la stessa materia, sono tra loro anche notevolmente diverse (si può ricordare ad es. tutta la materia riguardante le votazioni, o quella riguardante il computo del numero legale per la validità delle sedute). Sono questi forse i soli elementi formali (oltre ovviamente la composizione ed i diversi sistemi adottati per eleggere ciascuna Assemblea) che realizzano delle differenze, anche di una certa rilevanza, tra i due rami del Parlamento in un regime di bicameralismo perfetto, fermi restando gli obblighi costituzionali di cui all'art. 64.

Oggi la frammentazione istituzionale sempre maggiore che la sovranità sta provocando, contemporaneamente all'ampliamento formale e sostanziale della partecipazione ed unitamente alla sempre maggiore incisività che hanno acquistato gli interventi della Corte costituzionale, comportano quanto meno un ripensamento sul ruolo e la collocazione nell'ambito delle fonti che debbono avere gli stessi c.d. interna corporis degli organi costituzionali. Pare quindi debba ritenersi che, anche per quanto riguarda le norme contenute nei regolamenti parlamentari, si debba avere la certezza giuridica che queste norme siano costituzionalmente legittime e quindi, quanto meno, sottoponibili al vaglio dell'organo terzo di giustizia costituzionale e non al vaglio dell'autoreferenzialità del singolo organo costituzionale. Si deve ancora aggiungere che, in un regime democratico compiuto, i regolamenti parlamentari, ed in generale i regolamenti interni degli organi costituzionali, in quanto ricompresi tra gli atti aventi valore di legge ordinaria (art. 75.1), possono essere sottoposti anche a referendum popolare abrogativo. Non è questa la sede per affrontare un problema così ampio e complesso ma non sembra ci si possa esimere dall'osservare che, fino ad oggi, la Corte costituzionale ha sostanzialmente ritenuto, pur con certi significativi distinguo, che i regolamenti parlamentari non possono essere sottoposti al suo giudizio (per tutte si ricordano le sentenze n. 9 del 1959. n. 78 del 1984 e n. 154 del 1985). Tendenzialmente sembra però si possa ritenere che i regolamenti degli organi costituzionali, ivi compresi quelli parlamentari, siano da ricomprendere tra gli atti aventi valore di legge, e quindi che le norme in essi contenute rientrino nella competenza di detta Corte (art. 134) e, in generale. siano sottoponibili ad un trattamento uguale a quello degli altri `"atti aventi valore di legge".

Infine si potrebbe ipotizzare che certe materie comprese nei regolamenti, alfine di evitare irragionevoli discrasie normative tra le due Camere, potrebbero. mediante una modifica costituzionale ad hoc (od anche con il porre in essere una convenzione costituzionale), essere normate in modo comune (si pensi, ad es.. alla determinazione del trattamento economico dei deputati e dei senatori ed al loro trattamento di sostanziale quiescenza, quanto meno per la parte di integrazione a ripianamento del fondo relativo, che è a carico di soldi pubblici).

 

5. – Da un punto di vista meramente sistematico e funzionale si deve osservare che, in termini astratti, il doppio esame al quale viene sottoposta ogni proposta legislativa dovrebbe far si che il testo finale possa essere migliore. In via di fatto però ciò non sempre avviene, in quanto questo doppio passaggio provoca piuttosto delle lungaggini e dei ritardi anche notevoli nell'assumere le decisioni finali, nonostante a questa difficoltà si possa talvolta ovviare, almeno in parte, riconoscendo l'urgenza a certi disegni di legge e, conseguentemente, facendo loro seguire dei procedimenti abbreviati, ed anche da parte governativa, con il porre la fiducia per l'approvazione di un testo legislativo con ciò arrecando un vulnus al ruolo del Parlamento. Infatti, così si arriva – da un lato – a "costringere" la maggioranza (specialmente se eterogenea) a compattarsi e – dall'altro – si rischia di limitare pericolosamente il ruolo stesso dell'opposizione. Inoltre, se l'urgenza è dichiarata dall'Assemblea plenaria di ogni Camera a maggioranza assoluta dei componenti, viene ad essere limitato anche il termine ordinario di un mese entro il quale deve avvenire la promulgazione da parte del Presidente della Repubblica (art. 73. 1-2).

Ma se da un lato c'è la procedura ordinaria (attraverso la quale le Commissioni parlamentari sono impegnate in sede c.d. referente) che deve sempre essere seguita per i disegni di legge costituzionali, per quelli in materia costituzionale, di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali e approvare bilanci e consuntivi (art. 72 u.c.), dall'altro sono costituzionalmente previste due altre procedure che tendono ad abbreviare l'iter nel suo complesso. Infatti, le Commissioni possono operare anche in sede redigente, ed addirittura in sede deliberante (art. 72. comma 2). Nel primo caso, il testo approvato della Commissione può essere sottoposto all'approvazione finale dall'Assemblea con sole dichiarazioni di voto; mentre, nel secondo, anche l'approvazione definitiva su delega dell'Assemblea è attribuita alla Commissione, salvo che non sia richiesta la rimessione del disegno di legge all'Assemblea - seguendo l'iter normale previsto dalla procedura ordinaria - da parte del Governo, di un decimo dei componenti le Camere o di un quinto dei componenti la Commissione.

Oltre a quello previsto per le leggi ordinarie, possono esserci dei casi nei quali il procedimento normale viene aggravato, generalmente prevedendo apposite maggioranze. In questi casi si parla di legge ordinaria rinforzata (un esempio di rinforzo è quello previsto dall'art. 79 per la concessione dell'amnistia e dell'indulto).

Gli aggravamenti formali possono riassumersi, per quanto riguarda la fonte, in due tipologie, a seconda che siano posti dalla stessa Costituzione o da norme di rango costituzionale, oppure che siano disposti con leggi ordinarie. In generale, quest'ultimo aggravamento, essendo posto nella stessa legge sostanziale, ha un valore relativo, nel senso che può essere disatteso, modificato o abrogato da qualunque legge successiva in base al principio della lex superveniens. I motivi dell'aggravamento in questione possono essere diversi e, oltre ad ottenere un più ampio consenso parlamentare con il coinvolgimento, in tutto od in parte, anche dell'opposizione, possono più precisamente essere determinati dalla ricerca di una completezza maggiore, per quanto riguarda l'acquisizione di elementi conoscitivi relativi alla materia oggetto del provvedimento. L'aggravamento può anche essere determinato, ad es., dalla opportunità di ottenere un maggiore consenso preventivo da parte di istituzioni e\o comunità promuovendo nel contempo una loro più ampia partecipazione.

 

6. – Nel corso del procedimento legislativo ci può essere una categoria di interventi che, sia pure incidenter tantum e da un punto di vista sostanziale, finiscono col poter avere un particolare rilievo su di esso. Primo tra questi, il messaggio motivato con il quale il Presidente della Repubblica, nell'esercizio di una funzione di sostanziale controllo che a lui compete proprio in quanto Capo dello Stato, può rinviare il testo alle Camere accompagnandolo con un messaggio nel quale si argomentano i motivi del rinvio (art. 74). Tali motivi possono riguardare, in tutto o in parte, non soltanto la forma e la legittimità ma anche il merito e la stessa opportunità dell'atto. Si tratta di un vero e proprio veto sospensivo; infatti, se entrambe le Camere riapprovano il testo rinviato, ciò comporta il dovere per il Presidente della Repubblica di promulgarlo, salvo che a tale testo non siano apportate altre modifiche.

Si deve peraltro rilevare che il Presidente può intervenire, anche nel corso del procedimento, nei modi più diversi, che vanno dall'inviare messaggi formali, alle esternazioni estemporanee. Queste possono a loro volta andare dai comunicati ufficiali ed ufficiosi, alle dichiarazioni (o esternazioni) fatte in occasioni pubbliche o private, alle interviste concesse ai media, alle lettere inviate dal Capo dello Stato ai Presidenti delle due Camere; lettere che, in definitiva, se non da un punto di vista giuridico certamente per la loro valenza politica costituzionale, debbono essere considerate veri e propri messaggi informali, sia pure indiretti, al Parlamento.

E' ancora da ricordare che il messaggio di insediamento (non previsto dalla Costituzione ma introdotto dalla prassi) letto dal Capo dello Stato dopo aver prestato il giuramento davanti al Parlamento in seduta comune (art. 91), rientra. latu sensu, anch'esso nella categoria di interventi presidenziali che possono in qualche modo rilevare ai fini delle scelte da parte degli organi ai quali è attribuita la funzione legislativa. In tale messaggio infatti, il Presidente della Repubblica traccia le linee di politica costituzionale alle quali si atterrà durante il settennio del suo mandato.

In questa stessa categoria di interventi possono, inoltre, rientrare i pareri richiesti dal Parlamento al C.N.E.L., ovvero inviati da detto Consiglio di propria iniziativa. Non si può tralasciare di ricordare che, di fatto, in qualunque momento dell'iter parlamentare del testo legislativo, ci possono essere interventi da parte delle Regioni (e per esse delle rispettive Assemblee regionali), le quali possono liberamente inviare voti alle Camere od anche semplicemente prendere posizione (in particolare, ad esempio, con l'approvazione di mozioni od ordini del giorno) su certi problemi. Similmente, ciò può essere fatto, singolarmente od in forma collettiva, dagli enti locali, dalle Università, dalle forze economico-sociali stabilmente organizzate (in particolare sindacati dei lavoratori e dei datori di lavoro che possono arrivare fino all'uso rispettivamente dello sciopero e della serrata) o popolari (dalle varie forme di resistenza – peraltro non costituzionalmente garantite - alle manifestazioni di piazza) ed in generale dai gruppi di interesse, dalle lobbies e, in generale, dai gruppi di pressione, nonché da strutture politiche anche non rappresentate in Parlamento. Si deve peraltro notare che queste ultime forme di intervento, nonostante di fatto siano sostanzialmente usate ovunque (e non soltanto nei confronti del legislativo), molto di rado in Europa hanno fino ad oggi trovato regolamentazione giuridica. In Italia, per ora, solo la Regione Toscana ha emanato una l.r. in merito (la 18.1.2002, n. 5, che ha dettato "Norme per la trasparenza dell'attività politica e amministrativa del Consiglio regionale della Toscana" e relativo disciplinare d'attuazione deliberato dall'ufficio di presidenza dello stesso Consiglio il 9.4.2002).

Infine, si deve ricordare il diritto di petizione (art. 50) riconosciuto anche dagli ordinamenti regionali, ma ovunque di scarsissimo uso. In base a tale diritto tutti i cittadini (elettori e no, purchè in possesso della cittadinanza italiana) possono, individualmente o collettivamente, nell'interesse pubblico. "chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità". La Camera investita, secondo la normativa del proprio regolamento, può decidere per l'archiviazione ovvero prendere in considerazione la petizione ai fini di decisioni future. Ciò può avvenire specialmente se si ritiene che la petizione sia rilevante rispetto ad esami di disegni di legge in corso, ovvero degna di essere presa in considerazione alla stregua di una sollecitazione nei confronti di tutti quegli organi che hanno in ciò competenza, e quindi primieramente nei confronti del Governo, a presentare proposte legislative in merito.

Relativamente alle leggi costituzionali vale, per quanto riguarda gli interventi extraparlamentari da porre in essere durante il percorso dell'approvazione, ciò che si è detto sopra per le leggi ordinarie, con la ovvia precisazione che eventualmente tali interventi possono avvenire durante tutto l'iter, e cioè fino all'approvazione finale, in seconda lettura, da parte della seconda Camera (art. 138).

 

7. – Un'altra strada attraverso la quale si può "creare" legislazione è quella della delegazione con legge ordinaria da parte delle Camere al Governo (artt. 76-77) il quale provvede con l'emanazione di decreti legislativi entro i "principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti". Anche in questo caso, dalla stessa legge di delega, possono essere previsti "aggravamenti" ovvero poste particolari "condizioni". Così, per esempio, può essere in particolare stabilito l'obbligo del Governo di sentire il parere delle Commissioni parlamentari competenti, prima dell'emanazione del decreto, così come possono verificarsi (in questo caso nei confronti del Governo o delle Commissioni parlamentari di cui sopra) interventi extra ordinem del tipo di quelli informali di cui si è parlato sopra.

Qui non si può che accennare, al fine di completare il quadro, a quegli interventi provvisori, con forza di legge ordinaria, che il Governo può emanare «in casi straordinari di necessità e di urgenza» (art. 77.2 e 3). Tali interventi, se non sono convertiti in legge dal Parlamento entro 60 giorni dalla loro pubblicazione, perdono efficacia fin dall'inizio e quindi, in definitiva, in tanto rilevano per l'ordinamento, in quanto il Parlamento li converta in leggi ordinarie. In tali casi, infatti, pare difficile che ci possano essere interventi al di fuori della procedura prevista nel decreto legge (salvo eventuali sollecitazioni al Governo prima della emanazione) mentre, relativamente alla legge di conversione, resta invece la possibilità di porre in essere quanto già detto a proposito delle proposte di legge. Infine, si può dire che il principio, in base al quale «la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione» (art. 1. comma 2), trova una sua concreta applicazione nel riconoscere che cinquecentomila elettori della Camera dei deputati o cinque Consigli regionali possono chiedere l'indizione di un referendum per abrogare, in tutto o in parte, una legge o un atto avente valore di legge, purchè non si tratti di leggi tributarie, di bilancio, di amnistia, di indulto e di ratifica di trattati internazionali (art. 75). La votazione è valida se alla consultazione partecipa la maggioranza degli aventi diritto e la proposta è approvata se ottiene la maggioranza dei voti validi.

 

8. – E' opportuno rilevare come la Carta attribuisca ai regolamenti di ciascuna Camera la determinazione delle `"forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni" (art. 72.3).

Così i terzi – istituzioni e cittadini – possono venire, più o meno facilmente, a conoscenza dei lavori parlamentari, il che è importante in quanto in tal modo, tra l'altro, si possono eventualmente attivare anche taluni degli interventi "esterni" dei quali si è detto sopra.

Ciò che è stato fin qui esposto fa risaltare in modo evidente l'importanza della normativa specifica che, anche in questo caso, hanno i regolamenti parlamentari, non soltanto nella funzione di "fare le leggi". Fermo restando che in un sistema bicamerale, perfetto o imperfetto che sia, bisogna prevedere forme di coordinamento efficaci al fine di semplificare e di rendere più economico il funzionamento dell'intera complessa e costosa macchina parlamentare, visto che essa tende sempre più a burocratizzarsi ed appesantirsi, proprio nel momento in cui, al contrario, dovrebbe snellirsi e realizzare forme di collegamento interparlamentare, soprattutto nella prospettiva del necessario rapporto col Parlamento europeo, da un lato, e dall'altro con le Assemblee rappresentative legislative sub-statali (in Italia quelle regionali e delle due Province autonome). Infatti, l'importanza di questi collegamenti va sempre più aumentando e comporta l'esigenza di un completo ripensamento degli equilibri e di un adeguamento dei ruoli e dei rapporti e, quindi, in definitiva, della stessa normativa regolamentare di ciascuna Assemblea.

Terminato l'iter parlamentare, il testo viene infine inviato al Capo dello Stato per la promulgazione e per la pubblicazione.

 

9. – Da quanto si è fin qui esposto emergono elementi sufficienti per giungere, se non a vere e proprie conclusioni, almeno alla focalizzazione di taluni degli argomenti che possono essere riguardati come particolarmente rilevanti, non soltanto dal punto di vista di questo o quel determinato ordinamento, sibbene da un punto di vista di carattere generale. Tali argomenti, ritenuti marginali sia dalla politica sia dalla dottrina, sembra invece oggi possano incidere non poco sullo sviluppo ed il consolidamento dello Stato partecipativo contemporaneo se non addirittura sulla sua stessa sopravvivenza.

Come si è detto fin dall'inizio, i limiti entro i quali deve essere contenuto questo intervento, teso ad una ricostruzione essenziale, non permettono di affrontare in modo compiuto tutte le problematiche emerse. Arrivando alla conclusione, tuttavia, si deve fare almeno cenno a quelle che sembrano essere le più significative.

La prima è costituita proprio dalla rilevanza che gli interventi extra parlamentari hanno. o possono avere. non soltanto nel processo di formazione della legge ma anche, più in generale, nella determinazione delle politiche di uno Stato, effettivamente e non solo formalmente, rappresentativo e partecipativo. Bisogna, peraltro, tener presente le pericolosità dell'uso insistito di tali interventi che, se non adeguatamente calibrati, possono facilmente portare a forme populiste anarcoidi.

D'altro canto, l'allargamento partecipativo istituzionalmente previsto in Italia con la modifica del titolo V della parte II della Costituzione, avvenuta con la ricordata l.c.n. 3/2001, ed in particolare con il nuovo art. 114.1, apre tutta una serie di prospettive per un nuovo assetto della stessa struttura dell'intero apparato istituzionale pubblico, prospettive che possono portare ben oltre lo Stato regionale così come è stato fin qui inteso.

Peraltro. lo sviluppo dell'U.E., per certi aspetti tumultuoso e contradditorio, più che porre, impone agli Stati partners, negli ambiti più diversi, dei ripensamenti di non poco momento; ambiti che vanno, per tacere d'altro, dalla funzione giurisdizionale alla sovranità, dal riconoscimento e tutela dei diritti alla partecipazione ai processi decisionali di natura normativa ed amministrativa.

Un altro problema è dato dall'importanza che sempre più sono arrivati ad avere i regolamenti parlamentari – ma più corretto si dovrebbe dire, in generale, i regolamenti degli organi costituzionali, ovvero, se non tutti certo in buona parte, i c.d. interna corporis – nell'imbrigliare e limitare anche lo stesso esercizio della funzione di controllo politico-giurisdizionale popolare su detta normativa. Questa è venuta così a creare pericolose nicchie nelle quali si annidano, per l'appunto, anche veri e propri irragionevoli privilegi, i quali non trovano fondamento in precisi motivi garantistici o nelle necessità di una migliore funzionalità, né sono giustamente stabiliti nell'interesse della collettività, ma piuttosto consistono in pericolose difese di casta e quindi sono in netto contrasto con fondamentali principi costituzionali, primo tra questi quello d'eguaglianza di cui all'art. 3 della Carta. Ma, come si è accennato sopra, nel contemporaneo Stato di diritto sembra permanere, come un irragionevole arcaismo. l'imperativo di sottrarre a qualunque forma di controllo le norme contenute in detti regolamenti. Ciononostante, non pare essere questa la strada corretta da percorrere per garantire il sistema. Oggi, più che all'indipendenza degli organi costituzionali, si deve pensare alla loro interdipendenza, attuando adeguati sistemi di checks and balances ed immettendo in modo adeguato, in un percorso virtuoso. anche ottimali forme partecipative, onde evitare il rischio che si possano realizzare, nell'uso di posizioni dominanti, veri e propri abusi di potere se non addirittura vere prepotenze.

A tale fine, non sembra possano essere sufficienti semplici interventi legislativi ordinari, ma sono piuttosto necessarie modifiche sostanziali di carattere costituzionale che siano davvero innovative nel quadro di una più ampia e complessiva – cioè di una vera e propria - revisione costituzionale della Carta del 1948. Una revisione che non si limiti soltanto alla sua seconda parte, ma piuttosto arrivi ad armonizzare questa anche con i primi 54 articoli; giacchè anche questi necessitano di un lavoro di pulitura, di aggiornamento e di adeguamento (sia a livello europeo sia a livello internazionale), in modo da dare al Paese una Carta adeguata alla realtà che, per il suo avvenire, guardi verso il futuro e non verso il passato.

In questo ambito bisogna inquadrare anche quello che si può definire il vero e proprio sistema degli interventi che, di fatto e di diritto, si possono porre in essere durante il percorso parlamentare della legge. Interventi che finiscono, in sostanza, per attualizzare e razionalizzare lo stesso sistema parlamentare restringendo sempre più i limiti entro i quali la sovranità può effettivamente essere esercitata dal popolo.

In un'epoca che si contraddistingue, tra l'altro, per il grande sviluppo dei sistemi di comunicazione – certo inimmaginabili alla fine degli anni '40, dei quali è peraltro figlia la Costituzione della Repubblica italiana – se è doveroso pensare di tutelare adeguatamente gli spazi di riservatezza del privato (e in definitiva di libertà dell'individuo), è anche indispensabile far sì che il più gran numero di cittadini abbia non soltanto la possibilità di conoscere e di partecipare più direttamente ai processi decisionali (in particolare a quelli legislativi), ma anche di avere precisa contezza, in generale, dei processi decisionali relativi al bene comune, ancor oggi troppo spesso eccessivamente e irragionevolmente complessi e farraginosi.

In effetti sono troppe le Carte costituzionali (e l'italiana è tra queste) che, ad una società che è andata evolvendosi ed adeguandosi ai tempi, impongono strutture nella loro essenza ferme ad un secolo fa. Di qui l'esigenza che non soltanto il mondo pragmatico della politica, ma anche quello teorico della dottrina, facciano un lavoro profondo di revisione per trovare i nuovi, indispensabili equilibri tra tecnologia, società e diritto.