Seconda-pagina1[ISSN 1825-0300]

 

N. 9 – 2010 – Valutazione

 

 

Criteri per la valutazione della ricerca nelle scienze umane e sociali *

 

Antonello Calore

Università di Brescia

 

 

 

 

Sommario: 1. Premessa. – 2. Una breve storia. – 3. Prospettive. – 4. Conclusione.

 

 

1. – Premessa

 

Il 25 febbraio 2010, il Consiglio Universitario Nazionale inviava al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca la «Proposta»[1] relativa ai «Criteri identificanti il carattere scientifico delle pubblicazioni», cosí come previsto dal comma 2 dell’art. 3-ter della legge

9 gennaio 2009, n. 1 [2]. Si tratta di un importante adempimento che riguarda la «valutazione dell’attività di ricerca» dei professori universitari che inciderà su alcuni rilevanti aspetti della vita universitaria italiana, come ad esempio sulla partecipazione dei docenti stessi alle commissioni di valutazione comparativa[3] e sulla concessione degli scatti retributivi biennali dei docenti (commi 1, 3 e 4 dell’art. 3-ter l. 1/2009 cit.)[4].

La filosofia, sottesa alla «Proposta» del CUN, sviluppa e articola maggiormente precedenti iniziative di quell’organismo sull’argomento, come il parere sulla valutazione dell’attività di ricerca «documentate da dati bibliometrici»[5] e il documento di lavoro sugli «indicatori di attività scientifica e di ricerca»[6].

È, infatti, indicativo e interessante che nella «Proposta» si risolva il problema dei requisiti minimi delle pubblicazioni scientifiche e delle pubblicazioni in forma elettronica, rinviando a Comitati scientifici, Direzioni scientifiche e/o peer reviewing[7]; cosí come che per la predisposizione dell’elenco di riviste di riconosciuto carattere scientifico venga richiesto il contributo delle «associazioni scientifiche e comunità di ricerca di riferimento»[8].

Si percepisce nel Documento una maggiore ponderazione nella valutazione del sapere, riconoscendo finalmente le specifiche peculiarità che sono proprie da un lato della ricerca tradizionalmente denominata «scientifica » e dall’altro di quella umanistica. Cosí, ai criteri di tipo quantitativo (quali: dati bibliometrici[9], Impact Factor[10], indice I.S.I.[11]), si affianca, in alternativa, una griglia valutativa di natura ‘qualitativa’, che consente di tenere in debito conto i caratteri specifici della produzione del sapere nei settori umanistici e delle scienze sociali, all’interno dei quali si colloca anche la ricerca in campo storico e giuridico.

L’acquisizione non è irrilevante, né ovviamente definitiva: siamo solo all’inizio di un nuovo percorso, di cui dobbiamo comprendere appieno il senso per dare ad esso uno svolgimento coerente e utile a rappresentare in modo veritiero le attività di ricerca anche nei nostri settori. In questa prospettiva, credo sia opportuno conoscere la storia, che ha preceduto e influenzato la «Proposta» 2010 del CUN, e tentare subito di individuare le possibili prossime tappe.

Sono questi i due punti su cui concentrerò la riflessione nelle pagine successive.

 

 

2. – Una breve storia

 

Punto di partenza è una riunione dei direttori responsabili[12] di tutte le riviste italiane cartacee e on-line, che si occupano di diritto romano, tenutasi a Napoli il 19 maggio 2009, per iniziativa di Luigi Labruna, nella sede del Consorzio Interuniversitario Gérard Boulvert. Il Consorzio, infatti, nell’àmbito di una convenzione con il CNR, sostiene un Progetto esplorativo sulla determinazione di strumenti di valutazione della ricerca e accreditamento degli strumenti di diffusione della stessa (in primo luogo delle riviste scientifiche), da offrire alla comunità scientifica e agli organismi di valutazione, locali, nazionali, internazionali.

Dopo un’ampia discussione sul pressante problema della valutazione e sulle discrasie provocate dalla prevalenza della cultura delle scienze esatte nei metodi di giudizio delle attività di ricerca adottati a tutti i livelli (da quelli europei alle realtà dei singoli Atenei), i presenti decidono all’unanimità in quella sede di costituirsi in «Gruppo» e, congiuntamente, di istituire un «Comitato di autocertificazione delle riviste romanistiche italiane».

La decisione è determinata dall’esigenza di un’organizzazione omogenea dei criteri di valutazione della produzione scientifica pubblicata nelle riviste stesse, secondo oggettività e trasparenza. Sono formulati per iscritto pochi ma precisi criteri, fondati sulla qualità, l’indipendenza e la terzietà dei valutatori. Tra questi, molto significativo è il giudizio, strettamente riservato come pure l’identità del valutatore, espresso da lettori specialisti (tutti professori ordinari – o scienziati dal curriculum equivalente – del Consiglio scientifico della rivista, che per le nostre discipline non può non essere internazionale), in base al quale il Direttore della rivista («garante della valutazione») ha la facoltà di accogliere, respingere o rinviare per correzioni l’articolo da pubblicare. Si stabilisce anche che altre riviste della disciplina (ad esempio quelle di altri Paesi) possano nel frattempo aderire al Gruppo di autocertificazione e si fissa l’obiettivo di stilare quanto prima un ranking di fasce alle quali attribuire le singole riviste sulla base dei requisiti acquisiti[13].

Il passaggio successivo, che ha rappresentato un vero salto di qualità nella riflessione sull’argomento, è stata la costituzione presso il CNR di un gruppo di esperti, proveniente da diversi settori dell’area umanistico-sociale e insieme dalle scienze esatte (per costruire cosí un modello comprensibile e accettato anche dal di fuori dell’area di riferimento)[14], promossa da Luigi Labruna e Tullio Gregory, che, come componente del Consiglio Scientifico Generale del CNR l’uno, e direttore del Dipartimento di Identità Culturale del CNR l’altro, avevano rilevato, in piú occasioni

istituzionali, problemi derivanti dalla valutazione uniforme (e appiattita su criteri sviluppati esclusivamente nell’àmbito delle scienze ‘dure’) nei concorsi etc. riguardanti discipline diverse in ambito CNR.

Il primo incontro, a carattere generale, del Gruppo di esperti si è avuto il 6 ottobre 2009 a Roma nella sede del CNR; ad esso sono seguiti, con produzione di materiali ordinati dai colleghi Cosimo Cascione e Andrea Bozzi, altre riunioni nei mesi di ottobre e novembre, e, in conclusione, l’assise del 15 dicembre 2009, dove è stato approvato all’unanimità un documento finale sui «Criteri di valutazione della ricerca in campo umanistico».

Il documento si articola in tre parti[15]: la prima introduttiva; la seconda relativa all’individuazione dei criteri veri e propri; la terza di prospettiva, contenente un progetto sperimentale per la verifica dei criteri proposti e l’individuazione di indicatori piú consoni alle discipline umanistiche da proporre anche a livello di spazio europeo per la ricerca (= ERA)[16].

a)La premessa, da cui si dipana l’intera riflessione, è che la ‘spinta’ alla valutazione della ricerca nell’Università, avanzata da piú parti (dal CUN agli Osservatori della ricerca di ateneo), sia ormai da recepire per l’area umanistica, tenendo però conto della peculiarità delle singole discipline interessate.

Da ciò deriva l’impossibilità di applicare tout-court i criteri bibliometrici, quali in particolare quelli fondati sull’Impact Factor (= I.F.)[17] e sui parametri dell’Institute for Scientific Information (= I.S.I.)[18], che da tempo sono sperimentati con un certo successo in alcuni settori disciplinari delle scienze fisiche e biologico-mediche. Infatti, sia la misurazione del tasso di citazione media di un articolo pubblicato su una rivista nei due anni precedenti (cd. I.F.), sia l’elenco del pool di riviste, da cui si traggono le suddette statistiche sul numero di citazioni, stilato dall’I.S.I. dietro versamento di ca. 20.000 dollari, mal si conciliano[19] con la tradizione valutativa delle scienze umanistiche. In questo àmbito, non ha pressoché alcun rilievo il successo immediato di uno studio (due anni), quanto invece la sua durata nel tempo. Inoltre, la ‘monografia’ riveste ancora una posizione di preminenza rispetto all’articolo su rivista. La ‘cultura’ della citazione è profondamente differente entro le cosí dette scienze umanistiche e sociali, incentrandosi piú spesso sulla critica che sull’adesione. Le riviste ‘locali’ hanno talvolta un ruolo di primo piano: si pensi ad esempio all’archeologia. Il valore aggiunto consistente nella diffusione e nell’utilizzazione dei contributi scientifici a livello internazionale non corrisponde necessariamente ad una piú elevata qualità dello studio, stante la disomogeneità dei sistemi nazionali studiati (come, per esempio, nei settori di diritto positivo dell’area giuridica, ove possono essere oggetto di ricerca assetti normativi o indirizzi giurisprudenziali propri di una esperienza nazionale e storicamente individuati nel quadro di questa).

Pertanto, se da una parte – fin dalle prime riunioni del gruppo di esperti – si è sottolineata l’importanza della valutazione ai fini di un miglioramento anche per le «Humanities and Social Sciences», dall’altra è stata messa in luce l’autonomia qualitativa di queste scienze. Alla luce di tale convinzione si sono formulati criteri orientativi per la valutazione delle pubblicazioni, che tenessero conto della flessibilità, propria dei singoli settori disciplinari, e mirassero a realizzare un’effettiva trasparenza dell’attività di valutazione e quindi di promozione della ricerca (tra l’altro di una valutazione davvero sostenibile economicamente).

b) Nell’individuazione dei criteri ‘veri e propri’ non si entra nel merito dei singoli settori disciplinari dell’area umanistica, indicando piuttosto i limiti minimi di ammissione alla valutazione, con l’intento di favorire l’iniziativa autonoma delle comunità scientifiche dei singoli settori (bottom-up).

Dopo l’individuazione delle «tipologie dei prodotti» (contributi pubblicati in riviste; volumi monografici; articoli e saggi in volumi miscellanei/Atti; altri generi letterari, quali ad esempio relazioni e comunicazioni tenute a convegni, lezioni di dottorato; curatele), sono indicati i relativi criteri.

Per la valutazione degli articoli nelle riviste (anche per quelle online) si dovrà tener conto:

della tradizione, della diffusione nei rispettivi àmbiti disciplinari e della puntualità d’uscita della rivista;

della riconosciuta autorevolezza del direttore;

del Comitato scientifico e/o editoriale autorevole e (quando non in contrasto con lo statuto della disciplina) necessariamente internazionale;

dell’autorevolezza dell’organizzazione scientifica che promuove/pubblica la rivista;

dell’esistenza di un sistema di peer reviewing, attuato con procedure che garantiscano valutazioni motivate;

di abstract e indici in due lingue (quella del contributo piú un’altra, preferibilmente l’inglese).

Per poter soddisfare in tempi celeri e forme omogenee tale valutazione si rende necessario procedere al piú presto alla certificazione scientifica delle riviste, che deve avvenire tramite il riconoscimento delle comunità scientifiche oppure di Consorzi espressione delle riviste di ciascun settore.

Per i volumi monografici, l’individuazione di criteri specifici è resa piú complessa dalla natura stessa dell’oggetto da valutare e dall’articolato sistema editoriale stratificatosi nel tempo. Si è cosí delineata una distinzione.

Anzitutto si sono considerate le collane universitarie, di Enti di ricerca e di Accademie scientifiche. Per queste è possibile replicare (almeno in via sperimentale) il discorso fatto per le riviste, relativamente alla Direzione, al Comitato scientifico e al reviewing, trasformando l’abstract in un ampio sommario in lingua diversa, preferibilmente l’inglese, fornito di indici.

In secondo luogo, a proposito di tutte le altre collane si è ritenuto che il ruolo determinante svolto dalla Casa editrice possa consentire, qualora questa si avvalga per le proprie scelte – anche con la collaborazione dell’Università – di un organismo scientifico, la replica dello strumentario valutativo approntato per le riviste[20].

Anche per le ultime due tipologie di prodotti (volumi miscellanei e atti di convegni) è possibile usare lo stesso schema, purché sia individuabile la figura di un responsabile delle scelte ed egli possa giovarsi dell’apporto di un organo collegiale formato da esperti di riconosciuto valore (per gli Atti di convegni potrà essere ad esempio il Comitato scientifico promotore).

c)La parte del documento riservata alla sperimentazione è divisa in due fasi: una iniziale di medio periodo (2 anni) ed una successiva della durata di circa 3 anni.

L’obiettivo è duplice. Da una parte, testare i criteri proposti sopra illustrati; dall’altra, individuarne eventualmente anche di nuovi. Il risultato raggiunto costituirà la base di un sistema valutativo delle discipline umanistiche da proporre a livello di spazio europeo per la ricerca (ERA).

 

Prima della stesura definitiva, il documento si è arricchito dell’analisi condotta dai delegati espressi dai direttivi delle società scientifiche dei settori scientifici disciplinari del diritto vigente appartenenti all’area 12 [21], i quali a partire dal settembre 2009 si sono riuniti con cadenza bimestrale per discutere dell’argomento.

Il documento cosí redatto è stato poi illustrato, su invito del CUN, alla assemblea plenaria di quel Consiglio il 13 gennaio 2010, e alla riunione della Conferenza dei presidi di Giurisprudenza, tenutasi a Roma il 27 novembre del 2009, per essere approvato con lievi modifiche nella riunione della Giunta il 12 febbraio 2010, presente il rappresentante al CUN (la collega Fiorella D’Angeli), e quindi inviato al collega Mario Morcellini per una discussione nell’Interconferenza (Coordinamento Nazionale dei Presidi delle Conferenze dei Presidi delle Facoltà italiane).

Si è cosí giunti alla «Proposta» del CUN al Ministro del 25 febbraio 2010. Il cerchio si è chiuso.

Intanto, in sede CNR, il testo licenziato dal gruppo di lavoro è stato fatto proprio dal Consiglio Scientifico Generale e recepito nella delibera 128/2010 del Consiglio di Amministrazione (verb. 135).

 

 

3. – Prospettive

 

Proverò ora ad indicare alcuni obiettivi che ritengo debbano essere perseguiti per dare corpo alla «Proposta» e creare le basi della «sperimentazione».

Un primo, urgente, passo è far conoscere negli atenei i contenuti del documento e dibatterli coinvolgendo i colleghi dell’area scientifica.

Promuovere un forum a livello nazionale per perfezionare gli indicatori soprattutto verso quei generi letterari non riconducibili ad articoli di rivista o monografie.

Sollecitare un confronto tra il CUN, il Ministero, la neo-costituita ANVUR, il CNR per l’individuazione di un raccordo dei sistemi valutativi delle due aree, umanistica e scientifica, nel rispetto delle reciproche specificità.

Infine, avviare la costituzione del Consorzio per la certificazione delle riviste romanistiche italiane, promuovendo nel contempo il coinvolgimento delle riviste romanistiche europee.

 

 

4. – Conclusione

 

La posta in gioco è dunque di grande importanza, non soltanto per la distribuzione dei fondi tra le aree di ricerca dei singoli atenei, quanto piuttosto per la costituzione di un nuovo ‘peso’ del sapere umanistico nel campo della ricerca. Il salto di qualità, determinato dal percorso valutativo che ho provato a sunteggiare, se da una parte rende non piú eludibile la ponderazione dei risultati della ricerca umanistico-sociale, dall’altra ne pone le basi attraverso criteri trasparenti e razionali, rivendicandone contestualmente una specifica peculiarità.

Si tratta – come già sottolineato – di un primo, importante, passo. Infatti, i criteri di tipo ‘qualitativo’ indicati rappresentano la soglia minima per assicurare una qualità della produzione scientifica concordata collettivamente, che non può essere confusa con la misurazione analitica dei valori. Molta strada c’è ancora da percorrere per un affinamento della valutazione, come si deduce dalla lettura di quella parte del documento del CNR riservata alla ‘sperimentazione’. Per fare ciò, però, si rende necessario sperimentare e verificare, nei tempi piú brevi possibili, i criteri proposti

per la valutazione.

Il risultato raggiunto in questi mesi, sebbene risulti ancora parziale, deve essere difeso e consolidato, persistendo nel lavoro collettivo che ne ha consentito il conseguimento anche con l’impegno di tutta l’area giuridica[22].

 

 



 

* L’articolo di Antonello Calore è stato già pubblicato nella rivista Index. Quaderni camerti di studi romanistici – International Survey of Roman Law 38, 2010, 575-582; Diritto @ Storia ringrazia l’autore ed il direttore di Index, professor Luigi Labruna, per aver consentito questa edizione.

 

[1] Riportata per intero infra, tra i «Documenti» [il riferimento è alla rivista Index 38, cit., 591 ss.].

 

[2] Cosí recita il comma 2: «I criteri identificanti il carattere scientifico delle pubblicazioni sono stabiliti con apposito decreto del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, su proposta del Consiglio universitario nazionale e sentito il Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca» (corsivo mio).

 

[3] Le procedure che in Italia hanno ormai sostituito i vecchi concorsi a cattedra, per professore associato e ricercatore.

 

[4] Peraltro si v. il testo delle «Norme in materia di organizzazione delle Università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario» (cd. riforma Gelmini, DdL 1905) approvate dal Senato della Repubblica il 29 luglio 2010 ed ora all’esame dell’altro ramo del Parlamento, in particolare l’art. 5 («Delega in materia di interventi per la qualità e l’efficienza del sistema universitario»), Atto Camera 3687.

 

[5] Cfr. Parere generale n. 75 espresso dal CUN il 7 maggio 2002, ora in Bollettino Ufficiale del Consiglio Universitario Nazionale sez. II, Pareri generali 2002/2005 I/9 (Napoli 2005) 116 ss. Si noti fin d’ora che già questo parere stigmatizzava l’impiego acritico dell’Impact Factor relativamente ad «alcune aree ed alcune strutture di ricerca» (p. 116) e la valutazione meramente bibliometrica (p. 117).

 

[6] Cfr. Documento di lavoro trasmesso al Ministro il 24 dicembre 2008.

 

[7] Al punto n. 1 della «Proposta» leggiamo: «Sono da considerarsi pubblicazioni scientifiche: a) gli articoli a firma singola o plurima pubblicati su riviste scientifiche (rispondenti ai requisiti di legge per le pubblicazioni periodiche), identificate dal possesso di un codice ISSN e dall’esistenza di una procedura di revisione degli articoli sottomessi per la pubblicazione che subordini l’accettazione al parere favorevole di almeno due esperti terzi e possibilmente anonimi o comunque al giudizio di un Comitato scientifico (o organismo equivalente) che offra garanzie di autorevolezza e di terzietà; b) le monografie di ricerca, identificate dal possesso di un codice ISBN e dal superamento di una procedura di accettazione per la pubblicazione basata sull’esistenza di un Comitato scientifico o di una Direzione scientifica (della Casa Editrice o della Collana in cui la monografia è pubblicata) e su meccanismi di revisione che offrano garanzie di terzietà …»; il punto n. 2: «Le pubblicazioni in forma elettronica, purché conformi alla normativa vigente e soddisfacenti i criteri di scientificità di cui al punto 1), sono da considerarsi alla stessa stregua delle pubblicazioni a stampa».

 

[8] Cfr. punto n. 4: «Al fine di agevolare le attività di accertamento di cui al punto 3), il CUN potrà predisporre, con l’ausilio delle associazioni scientifiche e delle comunità di ricerca di riferimento, elenchi di riviste di riconosciuto carattere scientifico, soggetti ad aggiornamento periodico, possibilmente annuale».

 

[9] I dati stabiliscono la quantità di articoli scientifici propri di un progetto di ricerca e la quantità delle citazioni degli stessi in un pool di riviste ‘qualificate’. Pur garantendo un livello di ‘oggettività’, basato sul calcolo delle ‘quantità’, essi presentano un deficit di rappresentatività delle discipline umanistiche, risultando quindi fortemente sbilanciati a favore dell’area delle scienze ‘dure’.

 

[10] Con tale espressione si intende la misurazione del tasso di citazione media di un articolo su una rivista nei due anni precedenti, valutandone cosí il fattore d’impatto nel campo della ricerca ‘scientifica’. Si basa sul Citation Index, disponibile attraverso il Knowledge Web data base Service ed è calcolato da una agenzia d’informazione scientifica (Thomson) a pagamento. Tale strumento, che desta perplessità anche in ambito ‘scientifico’ (vedi le forti critiche espresse nel convegno Sistema Informativo Nazionale per la Matematica del 2000 dal matematico Alessandro Figà Talamanca, L’«Impact Factor» nella valutazione della ricerca e nello sviluppo dell’editoria scientifica, consultabile alla pagina web http://siba2.unile.it/sinm/4sinm/interventi/fig-talam.htm; e il numero esiguo di aeree, in particolare le Biotecnologie, indicate dal CUN – Documento 24 dicembre 2008 – per l’applicazione dello stesso), risulta inadeguato per l’area umanistica e delle scienze sociali sia per la tipologia degli studi prodotti, sia perché l’aerea non dispone, per ora, di spogli sistematici né certificati. Tra l’altro negli studi umanistici e sociali non ha significato scientifico tanto la rapidità della diffusione delle pubblicazioni (uno dei criteri adottati per il calcolo dell’Impact Factor nelle riviste I.S.I.), bensí la loro permanenza nel tempo.

 

[11] Si tratta dell’Institute for Scientific Information, inglobato nella società Thomson, che annualmente stila un rapporto, il Journal Citation Report, relativo alle statistiche sul numero di citazioni fatte all’interno di un pool di riviste, che però risulta particolarmente carente proprio nei settori disciplinari umanistici e delle scienze sociali.

 

[12] G. Dalla Torre per l’Archivio Giuridico Filippo Serafini; Mario Talamanca per  il Bullettino dell’Istituto di Diritto Romano Vittorio Scialoja; Francesco Amarelli (in rappresentanza anche di Gian Luigi Falchi) per Studia et Documenta Historiae et Iuris; Alessandro Corbino per Iura. Rivista internazionale di diritto romano e antico; Luigi Labruna per Index. International Survey of Roman Law. Quaderni camerti di studi romanistici; Sandro Schipani per Roma e America; Francesco Sini per Diritto@storia; Laura Solidoro per Teoria e Storia del Diritto Privato.

 

[13] Il testo della risoluzione è riportato infra.

 

[14] Sono intervenuti alle riunioni: Dott. Angelo Airaghi (Consiglio Scientifico Generale del CNR); prof. Francesco Amarelli (redactor, Studia et Documenta Historiae et Iuris); dott. Andrea Bozzi (direttore Istituto di linguistica computazionale ‘Antonio Zampolli’ del CNR); prof. Massimo Brutti (Comitato di gestione Convenzione Cnr-Consorzio Boulvert); prof. Antonello Calore (Conferenza dei Presidi di Giurisprudenza); prof. Luigi Capogrossi Colognesi (Presidente Consorzio Boulvert); prof. Cosimo Cascione (Segretario del Consiglio Scientifico Internazionale del Consorzio Boulvert); prof. Gianfranco Chiarotti (coordinatore Panel Generale di valutazione degli Istituti del CNR); prof. Romano Cipollini (Consiglio Scientifico Generale del CNR); prof. Alessandro Corbino (direttore Iura); dott. Danilo Corradini (Consiglio Scientifico Generale del CNR); prof. Giuseppe Dalla Torre (direttore Archivio Giuridico); prof. Fiorella D’Angeli (CUN); prof. Roberto De Mattei (Consiglio di Amministrazione del CNR); prof. Andrea Di Porto (Consiglio di Amministrazione del CNR); prof. Michel Gras (Consiglio Scientifico Generale del CNR); prof. Tullio Gregory (direttore f. f. Dipartimento Identità Culturale del CNR); prof. Luigi Labruna (direttore Index, Consiglio Scientifico Generale del CNR); dott. Francesco Lenci (Consiglio Scientifico Generale del CNR); prof. Andrea Lenzi (presidente del CUN); prof. Luciano Maiani (presidente del CNR); prof. Carla Masi Doria (Comitato di redazione di Index); prof. Maria Mautone (direttore Dipartimento Patrimonio Culturale del CNR); prof. Antonio Padoa Schioppa (presidente Società Italiana di Storia del diritto); prof. Sandro Schipani (direttore di Roma e America); prof. Laura Solidoro (direttore Teoria e Storia del Diritto Privato); dott. Ubaldo Carretta (Consiglio Scientifico Generale del CNR); prof. Francesca Zannotti (Consiglio Scientifico Generale del CNR).

 

[15] Vedi infra.

 

[16] Su questo punto specifico si v. ora lo stato di avanzamento della questione nella relazione di A. Bozzi, La roadmap italiana nel contesto della European Science Foundation, pubblicata in Index 38, 2010, 599 ss.

 

[17] Cfr. supra in nt. 9.

 

[18] Cfr. supra in nt. 10.

 

[19] A parte l’impossibilità economica per i ricercatori dei settori umanistici di accedere a siffatti costosi strumenti.

 

[20] Si v. ora l’importante documento (del 22 luglio 2010) dell’Associazione Italiana Editori, sostanzialmente convergente con gli esiti del lavoro sviluppato in sede CNR, consultabile alla pagina web http://www.aie.it/Portals/_default/Skede/Allegati/Skeda105-38648-2010.7.22/NotaAIE.pdf?IDUNI=2ku1zei5t30mnu55cq1z5k55642 .

 

[21] IUS/01 (Diritto privato), IUS/04 (Diritto commerciale), IUS/07 (Diritto del lavoro), IUS/08 e 09 (Diritto costituzionale e Istituzioni di diritto pubblico), IUS/10 (Diritto amministrativo), IUS/15 (Diritto processuale civile), IUS/16 (Procedura penale), IUS/17 (Associazione penalisti Bricola), IUS/21 (Diritto pubblico comparato, in quanto assorbito dall’Associazione Italiana Costituzionalisti).

 

[22] Il 23.9.2010 il Presidente del C.N.R. ha accolto la proposta unanime del Consiglio Scientifico Generale di indire, per i primi mesi del 2011, un Convegno dedicato al tema.