Seconda-pagina1[ISSN 1825-0300]

 

N. 9 – 2010 – Contributi

 

 

relazione del conte Beraudo di Pralormo, reggente la Reale Udienza in sardegna, sovra lo stato di quel Regno

 

Trascrizione del testo a cura di

Antonello Mattone ed Eloisa Mura

Università di Sassari

 

 

Sommario: Parte prima – Del Pollitico – § I. Dell'idioma italiano et altri che si pratican nel Regno. – § II. Dell'inclinazione e genio de' regnicoli verso il presente governo e del residuo verso li precedenti. – § III. Della licenza dell'uscire dalle città o dal Regno. – § IV. De’ titoli. – § V. De’ comportamenti de' baroni verso li loro vassalli. – § VI. Delle stamperie. – § VII. Del congregarsi li tre Stamenti in corpo o pure delle tre voci prime solamente. – § VIII. Del contributo al donativo che pagano gl'ecclesiastici alla cassa reale e del sussidio che somministrano per il mantenimento delle galere. – § IX. Della franchigia che godono gl'ecclesiastici. – § X. Del credito già preteso dal Capitolo di Cagliari per danari somministrati in occasione dell'assedio dell'anno 1717. – § XI. Del convocarsi il Parlamento e se sia spediente il convocarlo. – § XII. Del stato presentaneo delle anime. – § XIII. Delle persone che potrebbero aver credito nelle Corti, in occasione di Parlamento – § XIV. Del visitar il Regno. – § XV. Delle grazie e remissioni che suogliono farsi dai viceré. – § XVI. Dei Banditi. – § XVII. Delle fazzioni che si regnavano in Occier. – § XVIII. Del porto e retenzione delle armi. – § XIX. De’ consoli delle nazioni straniere. Parte seconda – Ecclesiastico – § I. De' chierici tonsurati et congiugati, famigliari, operari, oficiali delle curie e dell'Inquisizione. – § II. Dell'obbligo che tengono li novamente promossi alli arcivescovati e vescovati di venir a farsi conoscer in persona dal viceré in Cagliari. – § III. Dell'Inquisizione di Spagna. – § IV. Del proggetto d'erigersi in commenda della Religione dei Santi Maurizio e Lazaro li reddditi fissi che godeva l'Inquisizione in questo Regno. – § V. Delli giudici delle contenzioni e delli gravami. Parte terza – Giuridico – § I. Dei giudici che compongono le due Classi o sia Sale. – § II. Delle cause criminali. – § III. Delle visite delle carceri et carcerati. – § IV. Delle cause civili. – § V. Delli notari. – § VI. Della famiglia di giustizia. – § VII. Del luogo dove risiede la Real Udienza. – § VIII. Delli officiali di nomina regia, come si procedano et quali persone debbano restar escluse da essi.  Parte quarta – Economico – § I. Del Stanco del tabacco quanto alli ecclesiastici. – § II. Delle Dogane. – § III. Del dritto della tratta de' grani. – – § IV. Delle Bolle della Crociata. – § V. Delle Saline. – § VI. Delle cause patrimoniali vertenti avanti l'Intendenza. – § VII. Delle pellaterie. – § VIII. Della pesca de' coralli. – § IX. Del traffico d'oglio, agrumi e sete. – § X. Del rimettersi la Zecca. – XI. Dell'Isole della Madalena, Capraia e Sparzi.

 

 

 

Sacra Real Maestà

 

L'ultima volta ch'ebbi l'onore di ritrovarmi ai piedi della Sacra Real Maestà del Re Vittorio Amedeo, all'occasione che presi la dovuta licenza per venir ad esercir l'impiego di cui aveami poco prima decorato, si compiacque commandarmi di ricever copia dalla Segreteria di Stato d'alcune istruzioni e memorie, state qui transmesse per regola del Politico, Ecclesiastico, ed Economico di questo suo Regno, incaricandomi che gionto alla mia destinazione mi ponessi al fatto del contenuto in esse, prendessi notizia di quelle cose di maggior importanza che si fossero operate ne formassi indi una ben accertata relazione, con andar suggerendo opportunamente quello di più che la mia debbolezza avrebbe saputo suppeditarmi attorno delle medeme. Approdai a questo Regno ne' primi giorni d'ottobre scaduto, subito presi possesso del mio impiego, e sin da primi giorni comminciai a prender notizie e raccoglier memorie, visitar scritture e far tutto ciò che credei necessario per adempire al peso ingiontomi. Le occupazioni giornaliere, et precise non m'hanno permesso prima d'ora di terminare l'opra, temo // 1 altresì di non esservi riuscito secondo l'aspettazione , che se ne può avere. Quindi posto a’ piedi della Maestà Vostra umilmente supplico la Real sua clemenza degnarsi attribuire li molti mancamenti che l'incoparabil perspicacia dell'alto suo intendimento scorgerà in essa, più tosto ad insufficienza di talento, et mancanza di molte notizie cagionate in buona parte dalle precauzioni con le quali m'è convenuto far le ricerche necessarie, che a difetto di volontà e zelo per il servizio della Maestà Vostra, mentre in questa parte nulla più ambisco e desidero che di sagrificarmi a’ sovrani suoi commandi, a' quali con ogni più profondo ed umili ossequio prostrato m'inchino alla Sacra Regia Maestà Vostra.

Umilissimo, fedelissimo ed ubbedientissimo.

 

Cagliari, il dì 1° di maggio 1731 // 1v.

 

 

Parte prima

Del Pollitico

 

§ I

Dell'idioma italiano et altri che si pratican nel Regno

 

Quantonque la grammatica italiana, stampata in Cagliari d'ordine di Sua Maestà non abbia sin qui avuto alcun spaccio, per non essersi mai insegnata, né fattone alcun uso nelle scuole, la verità però è che l'idioma italiano, come quello che è il dominante massime in Cagliari a cagione del viceré, del arcivescovo, del reggente, dell'intendente, et altri ministri ed officiali che si servono di quest'idioma nelle loro udienze, et discorsi famigliari, in oggi si è reso quasi commune a tutti rispetto all'essere inteso e capito benché nel commercio, e conversazioni, che si fanno tra li nazionali si prattichi sempre la lingua nativa, e fra le persone più civili, massime nobili, ecclesiastiche e curiali, sempre sia stata in uso, come ancora lo è la castigliana.

Per altro per esperienza mia propria io posso accertare, che avendo avuto ormai occasioni di parlare con ogni sorta di persone di ciascheduna qualità, sesso, età, e professione, sempre sono stato capito, ed inteso, parlando italiano; procedendo anche questo dalla quantità de' Piemontesi, ed altri Italiani che si ritrovano nel Regno, et massime in Cagliari dove oltre le truppe ho osservato esservi già alcuni de' nostri Piemontesi domicigliati. S'aggionge in secondo luogo che anche per l'adietro sempre vi è stata quantità di Genovesi, Napolitani, Livornesi, ed anche qualche Maltese, che fanno tutto lo traffico et negozio dell'Isola. In terzo luogo non poco ha contribuito il padre Vassallo gesuita torinese con i pubblici esercizii, che ha // 2 introdotto di sermoneggiare, predicare, dar gl' esercizii spirituali più volte l'anno, assistere alle confessioni agl'ammalati, et altri simili atti. Oltre di che n'è parimenti il padre Amedeo Giraldi chierico regolare delle Scuole Pie, il quale sendosi accinto a far la dottrina christiana in lingua italiana ogni domenica sul motivo particolare d'assistere a’ fanciulli de' dragoni soldati et altri Piemontesi, abitanti in questa metropoli, s'è osservato concorrervi uomini, donne, et fanciulli sardi et finalmente come nella scaduta Quaresima il padre Chiera del Mondovì visitatore delli agostiniani in questo Regno ha predicato in lingua italiana nella chiesa Santa Cattarina de' Genovesi, posta nell'appendizio detto della Marina con molto applauso, n'è concorso buon numero d'ascoltanti, gran parte Sardi.

Si riflette a questo proposito, che quando si desideri che maggiormente venghi propagato l'idioma italiano, potrebbesi insinuare oppure anche obligare li religiosi claustrali ad aver commerci con li collegi et conventi delle loro rispettive religioni che vi sono in Piemonte prestando a cambio un numero de' soggetti, e ricevendone lo stesso numero di Piemontesi a tempo determinato, lo che gioverebbe non solo a rendere communi li idiomi, ma quello che più importa il genio e i costumi.

In vista di quest'oggetto già mi è riuscito di operare col mentovato padre visitatore Chiera che mandasse, come ha mandato, di concerto col viceré due di questi suoi giovani religiosi di miglior talento a studii in Piemonte ed in riscontro se ne attendono fra breve altri due Piemontesi.

Quando poi si credesse di ridurre all'atto pratico questo proggetto, si suggerisce sarebbe molto opportuno // 2v. che la Corte ne dimostrasse gradimento et che li Piemontesi, che si manderanno nel Regno siano di buon talento, docili, e morigerati sendo successo che possedendo tali qualità, non potranno se non esser graditi ne’ loro conventi, ed anche da tutto questo pubblico, così comprovandosi con l'esempio pratico de' mentovati padri Vassallo gesuita, Giraldi delle Scuole Pie, Chiera et suoi compagni agostiniani.

Per altro poi tutti gl' atti pubblici, decreti, lettere et provvisioni della Segreteria di Stato, Real Udienza, Cancelleria, et Intendenza et altri tribunali subalterni si continuano tuttavia nel solito idioma castigliano, et questa è la cagione che quando s'è proposto di far insegnare nelle pubbliche scuole la grammatica in lingua italiana, s'è scoperta una tal qual resistenza, od almeno una publica disaprovazione allegandone per fondamento un timore, che potesse col progresso del tempo perdersi del tutto, e rendersi fuori d'uso il linguaggio castigliano, dal che ne succedderebbe che più non si intenderebbero li documenti pubblici, li titoli ereditarii delle famiglie se non con l'aiutto di persone estranee con grande pregiudizio e dispendio de' particolari.

Gl'instromenti pubblici, particolarmente nelle ville si fanno in lingua sarda o spagnuola, in Cagliari però ed Alguer si servono anche della cattalana, et questa per caso singolare si prattica ne’ monasteri di monache, generalmente in tutti allegandosene per ragione che furono fondati da religiose che dalla Cattalogna passarono in questo Regno, et quantunque già siano fondati da secoli, come per lo più quelle fanciulle che prendono l'abito hanno avuta l'educazione sin dalla loro più tenera età nei monasteri istessi, quindi succede, che avvezzandosi a parlare // 3 nello stesso idioma, questo si tramanda dalle une alle altre, con quella stessa qualità, come se fosse perenne.

La lingua francese è anche communemente intesa da negozianti, e dalla nobiltà in Cagliari, ed altre città maritime del Regno, a cagione che quivi commerciano quantità di legni marsigliani e provenzali.

Da tutto quanto sopra si conchiude che la lingua sarda oggidì in Cagliari non viene esercitata che fra la plebe più infima, la castigliana è la più commune, l'italiana non v'è persona che non l'intenda, venendo anche intesa da molti la francese.

 

§ II

Dell'inclinazione e genio de' regnicoli verso il presente governo

 e del residuo verso li precedenti

 

A riguardo di questo ponto, per quello che è dell'interno, e chi può darne accertato giudicio, se non quel solo Dio, qual è intimo scrutator de' cuori? Ma per quello che è dell'esterno non v'è dubbio che per lo passato ci sia stato, ed ancora al presente vi rimanga un residuo di due partiti di genio, austriaco l'uno, et spagnuolo l'altro.

Ebbero la luoro origine questi due partiti, per quanto s'è potuto indagare, sin nel tempo che morì Carlo II re delle Spagne, ultimo della casa d'Austria del branco spagnuolo in principio di novembre 1700 et come pareva ad alcuni tutto geniali per la casa d'Austria, che la successione di quella monarchia fosse più tosto dovuta a Carlo, allora arciducca d'Austria, che a Filippo V della casa di Bourbon, il quale in virtù del testamento e codicillo del defonto monarca n'aveva tolto l'attual possesso, ed in conseguenza possedesse pur anche // 3v. con tal titolo il Regno di Sardegna, pure questi geniali Austriaci internamente propendevano a favore di Carlo, ed altro non desideravano all'occasione delle guerre all'or correnti se non che Carlo rimanesse vincitore, non solo della Sardegna, ma del restante pure della monarchia. Altri poi sinceramente obbedivano a Filippo V come attual possessore del Regno, et massime quelli che avevano relazione per ragione di parentele o di interessi nella Cattalogna, ne’ regni di Valenza, Castiglia, et Aragona, soggetti allo stesso re Filippo.

Quando poi nel 1708 il re Carlo, che allora diceasi terzo del nome si rese padrone della Sardegna, quelli che già naturalmente inclinavano per la casa d'Austria, maggiormente se gli resero affezionati a Carlo, altri cui aderivano per pollitica, ed altri per interesse, intendo di quelli che conseguivano cariche ed impieghi e che furono impegnati a somministrare denari et vettovaglie per sussistenza delle truppe tedesche, et fra questi principalmente s'impegnarono il marchese della Guardia, don Francesco Genoves, il fu marchese di Villa Clara, don Giuseppe Zatrillas, padre del moderno marchese, il marchese di Conquistas, don Michele Serbillion, don Gavino Azor, et altri di minor portata.

Ciò non ostante però il partito del re Filippo V non rimase del tutto estinto et soppresso, continuando ad esser suoi affezionati quelli che avevano conseguito beneficii, cariche, o pensioni, ed anche quelli che per le mentovate relazioni ne’ suoi dominii di là dal mare, erano per così dire in necessità di desiderare per loro interesse proprio di esser riuniti in quella monarchia ed in questa datta erano il conte di Montalto, don Giuseppe Mazones ed i suoi figli, il // 4 primogenito, de' quali è oggidì il duca di Sottomajor, il marchese di Montenegro don ...[1] Oliveto, senza parlare delli duca di Gandia, duca d'Orani, duca di Hyquer Mandas, marchese de Quirra, marchese di Villacidro Palmas, marchese di Ralcalzana et altri, li quali benché oriondi della Sardegna, erano però già naturalizati in Spagna dopo il famoso assassinamento del marchese di Camarassa viceré della Sardegna seguito nel 1668, et massime per aver conseguito in que’ Regni cariche, et patrimonii quantunque possedessero ancora nella Sardegna feudi di molta considerazione.

Oltre de' menzionati, non devo tralasciare di nominare per geniali in tal tempo di Filippo V don Giacomo Caroz che era stato fatto tesoriere generale del Regno (nella qual carica è stato confirmato dalla Maestà del re Vittorio Amedeo) essendovi anche rimasti in Spagna don ...[2] Vico zio del marchese Soleminis altri frattelli del duca di Sottomajor, ed altri della casa di Sant Giust figlioli del conte di San Lorenzo, et fratti cadetti del marchese di Laconi, quali tutti possedevano cariche militari nelle armate di Filippo V.

Ma dopo sendosi novamente impadronito a forza d'armi della Sardegna il re Filippo V suddetto, il che seguì nell'autunno dell'anno 1717, maggiormente si palesarono quelli, che erano geniali al suo partito, anzi come naturalmente doveva succeder, se ne aumentò il numero, seguendo che per opera di questi si segnavano per così dire a dito quelli che erano stati zelanti Austriaci, servendosi di questo mezzo per fargli rimover dalle cariche et dalli impieghi, con profitarne qualche volta loro stessi, et si come al tempo che dominava l'Imperatore Carlo molti de' geniali verso il re Filippo avean lasciata // 4v. la Sardegna et si eran portati in Spagna, cossì quando ritornaron li Spagnuoli, alcuni de' geniali Austriaci si portarono a Vienna et fra questi il suddetto marchese della Guardia co’ suoi figlioli don Francesco Melonda, il marchese di Villamarina, il conte San Martino et suoi figlioli don Francesco Bersellon et don Giacomo Caroz Santus et altri.

Finalmente poi dopo che la Sardegna è passata sotto il felicissimo dominio delle armi di Savoia, la maggior parte degli abbitanti, per quanto compare dall'esterno si può arguire che siano affezionati a questo governo, tanto per la retta et incorrotta amministrazion di giustizia che indifferentemente di comparte senza distinzione di grado, qualità et facoltà d'ogn'uno, quanto per il ritegno con cui si contengono i militari, ma più di tutto per il pronto e opportuno soccorso di grani e vettovaglie che hanno ricevuto negl'anni scorsi 1728 et 1729 quando loro mancò la raccolta.

Non si può negare che molti abbitanti ritengono la loro naturale inclinazione verso li spagnuoli, per la conformità del linguagio, costumi et modo di vivere, et più d'ogn'altro li religiosi claustrali, di qualunque religione siano, li quali non puonno assolutamente soffrire la dipendenza dall'Italia, et molti de' secolari continuano in questo genio per gl'interessi et parentele, che ancor tengono nella Spagna, ma una buona parte ancora vedendo le vicende, a’ quali fu nel corso di pochi anni soggetta quest'Isola, publicamente dicevano non doversi aver altra inclinazione né attaccamento se non per chi attualmente possedesse il Regno, tale sendo l'obbligazione naturale de' sudditi. In vista di questa massima si son riuniti li animi delle persone, che formano questa diversità di partiti ed in confirma di tal riunione si sono cominciate a controllar // 5 matrimonii ed affinità tra gl'uni e gl'altri, come è seguito tra casa Nin, e Serbillion, et altre. Presentemente continua ad abitar in Vienna il marchese della Guardia don Francisco Genoves, ma il di lui figliolo conte Genoves, dopo che sono entrate in questo Regno le armi di Savoia vi è ritornato ed è stato graziato dalla Maestà del Re Vittorio Amedeo di poter continuare ad intitolarsi conte, anche in vita del padre, per lettera regia diretta al barone di S. Rémy.

Resta pure in Vienna il marchese Villasor in qualità di ministro dell'Imperatore per gl'affari d'Italia et don Giuseppe Vintimiglia, che aveva somministrati danari per servizio di quelle armi. Passò anche in quella imperial Corte ne’ tempi di Filippo V per esser soddisfatto de' suoi averi, il che non ha potuto ottenere, però ha avuto un impiego di depositario reale in Milano, che attualmente esercisce, questi ha un figliolo canonico in questa metropolitana di Cagliari per nome don Giuseppe Vintimiglia che fu rinunciatario di don Giuseppe de Silva figlio del mentovato marchese di Villasor.

Quelli però che domiciliano respettivamente in Spagna et Vienna o Milano et possedono feudi e patrimonio in Sardegna tengono regidori, et amministratori, quelli regono la giustizia e giurisdizione ne’ feudi, questi amministrano l'economia de' redditi; si nominano a quest'effeto persone se non del primo, almeno del second'ordine e così sono o cavaglieri, o togati li quali prima di assumere l'esercizio del lor impiego devono far fede delle loro deputazioni et nomine al viceré, et alla Real Udienza, con effettivamente presentare, ed ottenere il regio exequatur precedente la communicazione che se ne fa al fiscal regio.

L'abuso però introdottosi da molto tempo in qua di deputare persone ecclesiastiche per codesta regidoria // 5v. ed amministrazione, non dovrebbe soffrirsi resistendovi le Regie Prammatiche al titolo 8, capitolo 20, che però nel mese di dicembre scorso, avendo il duca di Gandia, che prima teneva per suo regidore il padre San Giust gesuita surrogato a suo luogo l'arcivescovo d'Oristano, come che la deputazione conteneva in sé la facoltà d'amministrare per sé, o surrogata altra persona, se gl'è fatto intendere che la Real Udienza non avrebbe passato all'exequatur tal deputazione, salvo che effettivamente valendosi della facoltà di surrogare, avesse nominato, et surrogato persona laica, et soggetta alla giurisdizione secolare, il che egli ha senz'alcuna renitenza eseguito, con aver surrogato don Tomaso Nin suo nipote abbitante in Cagliari.

Il marchese di Villaclara che risiede in qualità di regente di spada nel Supremo di Sardegna a cotesta Corte ha per suo regidore il padre Ibba della religione Mercenarii, né sendovi stata fatta opposizione, quando fu ammesso per quanto si sappia presentemente si possa con dissimularsi, non parendo congruo il promuovere l'erezzione dopo che già da tanti anni attualmente esercisce senza mai aver datto occasione ad alcuno riclamo, né pare verisimile che possa darne all'avvenire, tuttavia non si può a meno di suggerire che non dovrebbe sollevarsi quest'esempio per le perniciose conseguenze che ne potrebbero derivare, se se ne ammettessero altri simili.

Per il contado di Montalvo eravi pure un ecclesiastico che ne ha una procura generale, ed è il canonico don Ignazio Mazones canonico in questa metropolitana di Cagliari, ma oltre che egl'è zio paterno dell'attual conte s'aggionge che la sua amministrazione sta ristretta al puro economico et la giustizia et cose giurisdizionali vengono dirette // 6 dal dottore Antonio Cau persona laica in qualità d'assessore.

 

§ III

Della licenza dell'uscire dalle città o dal Regno

 

La sperienza giornaliera ha fatto pienamente conoscere di quanto vantaggio sia al governo pollitico l'usanza, che s'è trovata introdotta, che nissun tittolato, ministro, cavagliere, od officiale, et così pure le persone di secondo ordine escano dalle città ancorché non sia che per portarsi in villa e farvi breve dimora, che non ne prendano il permesso dal viceré, rispetto a quelli, che abitano in Cagliari, o da rispettivi governatori, o commandanti nelle altre città del Regno. Li giudici del Real Consiglio, ed altri officiali dipendenti da esso, sogliono prender la licenza dal viceré et dal regente. Li notarii delle cause tanto di numero, che altri la prendono solamente dal regente.

Se poi occorre che qualche titolato, barone, cavagliere, et qualsivogl'altra persona del clero, tanto secolare, che regolare, et chi si sia d'altri, nissuno eccettuato voglia imbarcarsi per fuori del Regno si deve prender il passaporto dal viceré, il quale non manca d'indagare il mottivo e la causa per impedirgli l'imbarcazione, se lo stimma a proposito.

Non si sa, che da molto tempo a questa parte vi sia escita alcuna persona dal Regno senza tal passaporto, a riserva di qualche prete o frate, ma anche sopra questi si ha la dovuta attenzione, poiché qualora anche la ricerca di furtivamente imbarcarsi sopra qualche naviglio straniero, e certo che rendendone la notizia al governo s'attendono al ritorno et si fanno venir a render conto del viaggio loro dove siano stati, qual sia stata la causa d'absentare // 6v. procedendosegli poi opportunamente secondo la contingenza de' casi, la quale quando così esigesse si fanno di nuovo imbarcare.

 

§ IV

De’ titoli

 

La Prammatica de' titoli s'osserva rigorosamente in tutto il Regno e potrebbe ben darsi il caso che in vece s'introducesse furtivamente da alcuno l'abuso di atribuirsi un qualche titolo che non fosse autorizzato da concessioni regie, ma per altro in scritti si sta con tutta l'avvertenza immaginabile tanto nella Segreteria di Stato quanto in quella del Real Consiglio, affinché non seguano abusi massime in questo proposito ed a tal effetto non è gran tempo che sendo stata presentata alla tavola del Real Consiglio suddetto una cedola, in cui un particolare avea preteso attribuirsi la qualità di don che non s'admette, se non a riguardo di chi è nato nobile o che abbi carica che lo porti o che ne abbi ottenuto in debita forma il privileggio, et fatto constar d'esso né trovandosi costui nel caso d'alcun di coteste categorie, quindi non solo fu ordinato cancellarsegli la qualità di don, ma di più fattosi chiamare il notaio sottoscritto alla cedola, se gli fece una competente riprensione, cosa che per aver fatto qualche strepito si crede possa servir di contegno, non tanto per quelli che pretendono abusar per se stessi de' titoli, che non gli son dovuti quanto anche alli notari, che senza fondamento negl'atti pubblici potessero qualificarne altri.

Et qui cade in acconcio discorrere della sentenza ottenuta dalla contessa di Villamar, per la quale gli è stato continuato il possesso del Marchesato di Laconi, a cui pretendeva vi fosse annesso il Grandato che porta in conseguenza il titolo di eccellenza, in qual proposito vengo informato che don Francesco Castelvì della medema marchesa // 7 fu quello che ottenne da Carlo II la prerogativa del Grandato, dopo la morte del quale avendo la figlia ottenuta la preaccennata sentenza di continuazione di possesso nel feudo di Laconi, pretese pure che v'andasse annesso lo stesso Grandato come che questo fosse reale et annesso al Marchesato, però venne interpellata a far fede del privileggio, in occasione che si proseguiva la lite nel giudizio plenario in contraditorio di don Salvador Castelvì ultimo maschio di quella agnazione, il quale in tal qualità pretendeva escluder la figlia del ultimo predefunto possessore. Intanto è passato ad altra vita il marchese don Salvador Castelvì ultimo maschio suddetto senza discendenza, sicché la lite è rimasta nel medemo stato et la marchesa continua a posseder il Marchesato di Laconi et la Baronia di Ploague che pur cadeva sopra la medema contesa, ma per altro s'astiene dal titolo d'eccellenza, qual presentemente non s'attribuisce ad alcuno degli abitanti del Regno et resta riservato per il solo viceré.

 

§ V

De’ comportamenti de' baroni verso li loro vassalli

 

Con due riflessi distinti l'un dell'altro ponno considerarsi li diportamenti de' baroni verso li loro vassalli, nel primo si può avere in vista l'amministrazione della giustizia, nel secondo l'esazione dei tributi baronali. A riguardo del primo provvedono le Prammatiche et gli usi del Regno, sopra la forma con la quale li officiali deputati de' baroni devono render la giustizia ai loro sudditi e questa si sta con attenzione a ciò che venghi pontualmente osservata all'occasioni non solo delle provvidenze che si danno dalla Segrataria del viceré, o dalla stessa Real Udienza alli ricorsi di quelli che si pretendono gravati, ma anche quando li officiali passano da un officio all'altro et che devono far fede del sindicato, o sia come qui // 7v. communemente s'esprimono li curiali d'aver purgata la tavola. Per quello poi che concerne l'esazione dei tributi baronali, non può negarsi che si pratichi da baroni e loro officiali qualche rigore, ma questo pare necessario stante la renitenza che s'incontra ne’ sudditi per ridurgli al pagamento e però vero che all'occasione d'un strepitoso littigio, che vertì pochi anni sono avanti la Real Udienza tra il barone di Sorso e li suoi sudditi si sono decise et stabilite molte massime le quali in oggi servono di norma et regola per sapere quello che sono obbligati li sudditi verso li baroni, e ciò che può praticarsi da baroni e loro officiali verso li sudditi in caso di renitenza talmente che eccedendosi da quelli ancorché in cose minime, non mancano questi di portarne le loro doglianze o a tribunali superiori oppure all'istesso viceré et se gli danno le opportune provvidenze.

 

§ VI

Delle stamperie

 

Tre sono le stamperie in Cagliari, una tenuta da persone secolari, ed è quella del nobile don Pietro Borro, due altre tenute da regolari, cioè una da padri domenicani ed altra dalli padri detti della Mercede, et rispetto a tutte indifferentemente s'osserva di non ponersi cos'alcuna sotto il torchio per darla poi alla luce che prima non vi sia il permesso oltre quello del superiore ecclesiastico, ancora quello del regente, et ciò stante le intimazioni, che se gli son fatte che ogni qual volta si scopriva esser uscita qualche stampa che non sia munita di tal permissione se gli distruggeranno gli ordigni et disperderanno li caratteri. Intanto rispetto agli editti, ordini et altre provvisioni delle curie, si stabilirà nell'officio della Cancelleria il suo registro, per ivi descriverle tutte, quantunque per l'adietro ciò non fosse in // 8 pratica, contentandosi li predecessori di farvi l'imprimatur senza prendersi impiccio di tener alcun registro.

Circa poi la preferenza tra l'ecclesiastico e il secolare non c'è alcuna regola fissa, mentre alcune volte prima ricorrono dall'ecclesiastico, poi dal secolare ed altre volte si fa al contrario.

 

§ VII

Del congregarsi li tre Stamenti in corpo o pure delle tre voci prime solamente

 

In due forme puonno congregarsi li tre Stamenti, o per ordine regio, o per loro premurose urgenze precedente il beneplacito del viceré.

Se per ordine regio devono precedere le lettere convocatorie spedite dalla Segreteria di Stato nella forma consueta alli arcivescovi, vescovi, abbati, priori, e Capitoli, che sono quelli che compongono lo Stamento Ecclesiastico, et cossì pure alli titolati baroni, cavaglieri et nobili del Regno, che son quelli che formano lo Stamento Militare et finalemente alli corpi di città e delle ville, li quali per mezzo de' loro giurati et sindaci, o deputati costituiscono lo Stamento che reale si addimanda. In queste lettere s'esprime in genere il motivo della convocazione, et si designa il giorno d'esso nel quale all'ora prefissa vanno li deputati a levare il viceré dal suo palazzo, et solennemente l'accompagnano alla Chiesa metropolitana di Cagliari, ove siede nel soglio che ivi sta elevato con molto decoro, e maestà nella forma prescritta da Capitoli di Corte riferiti dal Dexart nel libro I, titolo I, capitoli 1, 2 et 3, et quest'è quello che propriamente si chiama il Parlamento[3].

Ma come questo non suol radunarsi se non in occasione della rinovazione del donativo o d'altri grandi avenimenti et che per disponer una tal // 8v. addunanza vi vole un gran tempo e le molte formalità che son note, occorrendo pur il caso che si debba proveder a qualche emergente di premura puonno radunarsi li tre Stamenti separatamente cioè l'Ecclesiastico nella sagrestia della metropolitana di Cagliari, il Militare nella chiesa della Madonna della Speranza ivi vicina, et il Real nel Palazzo della città, et questo resta loro permesso di fare, in virtù d'una facoltà perpetua espressa in concessione del re Alfonso d'Aragona dell'anno 1452 confermata et spiegata per molte altre susseguenti[4].

Questa concessione però non fu totalmente indistinta, et assoluta, bensì sotto le condizioni precise che non potessero radunarsi, se non qualora si tratta del regio servizio, del publico beneficio et nel castello di Cagliari solamente di giorno e non di notte tempo, et con intervento d'uno de' governatori del Regno, o del regio procuratore.

Et quantunque in essa letteralmente si parli dell'addunanza di tutti tre li bracchi, o sia Stamenti et corpi del Parlamento intiero però dall'ultima delle condizioni che si legono apposte, cioè dell'intervento d'uno de' governatori, o del regio procuratore, se ne dedusse che ciò principalmente riguardasse il bracio militare, mentre solamente in esso n'interviene il regio oficiale e così venne deciso nel 1632, sendosi altresì provvisto[5] per carta reale del re don Filippo III delli 17 ottobre 1616 confermata per altra delli 17 giugno anno seguente, et anche dal re don Filippo IV per sua carta reale delli 20 marzo 1622 che occorrendosi giontare li militari, che sono attualmente in Cagliari, non sia necessario di convocare quelli del Capo di Sassari et Logudoro e ne pur gl'atri che sono fuori di Cagliari.

Non potendosi dunque radunarelo Stamento Militare senza l’intervento d'un ministro regio, ne // 9 nasce che devesi aver ricorso al viceré a fine d'ottener quanto deputato, il quale naturalmente resta in obligo di pur riferire al medemo viceré le materie che quivi si trattano.

Radunato adunque in tal forma lo Stamento Militare, e radunato anche il Reale nel palazzo della città, ove v'assiste il vigherio che pur è ministro regio et radunato come si disse lo Stamento Ecclesiastico nella sagrestia metropolitana si spicca da ognuno delli Stamenti la sua rispettiva prima voce che, come ben resta noto, dell'Ecclesiastico si è l'arcivescovo di Cagliari[6], del Militare al presente il marchese di Laconi[7], del Reale quello de' consiglieri, che si trova giurato in capo, et questi si trovano assieme nel palazzo arcivescovale, dove conferiscono tra di loro le matterie che devono agitarsi, poscia ognuno d'essi ritorna a farne la proposizione nel suo respettivo Stamento et ivi si stabiliscono le risoluzioni a pluralità di voti, poscia novamente s'abbocano in casa dell'arcivescovo, le tre prime voci conferiscono insieme le risoluzioni prese ne’ loro rispettivi Stamenti et ne concertano una sola sopra ogni capo di proposta, qual sia uniforme, ed in tanto continuano a star radunati ne’ loro luoghi soliti li tre Stamenti, sin che sendo concertata la deliberazione venghi riferta ed approvata da cadauno d'essi tre Stamenti, et questa viene poi sottoscritta dalle sole tre prime voci, il che fatto si sciolgono gli Stamenti e se ne riferisce da ministri regii la conclusione al viceré, il quale certamente ne sospenderebbe l'esecuzione se vi scoprisse cosa che fosse contrariante o al regio servizio, o al beneficio del publico.

Cossì s'è sempre osservato in ogni tempo dopo le mentovate concessioni, né mai per quanto si sappia, vi è stata cosa in contrario et cossì // 9v. ho veduto pratticarsi nel mese di novembre dello scaduto anno, quando si son radunati per la proroga del donativo, et nel mese di marzo del corrente anno per deputare l'oratore, che deve portarsi a piedi di Sua Maestà per il suo felice avvenimento alla corona.

 

§ VIII

Del contributo al donativo che pagano gl'ecclesiastici alla cassa reale e del sussidio

che somministrano per il mantenimento delle galere

 

Per le notizie che scarsamente ho potuto ricavare contribuiscono gl'ecclesiastici del Regno nel pagamento del donativo, che si stabilisce nelle Corti, o che si continuano in virtù delle proroghe per la sesta parte della total somma di esso, in modo che, nel corrente donativo che già fu stabilito nelle ultime Corti tenute nell'anno 1698 e poi prorogato di tempo in tempo, ed ancor ultimamente nel cader nell'anno 1730 qual è di scuti sessanta milla annui, moneta sarda la quotta spettante allo Stamento Ecclesiastico è di scuti dieci milla annui di simil moneta. In questa somma contribuiscono tutti gl'ecclesiastici, arcivescovi, vescovi, abbati, priori, capitolari et beneficiati del Regno proporzionatamente, et dopo che è stato publicato il breve pontificio del papa regnante Clemente XII non s'è potuta scoprire ne’ suddetti ecclesiastici altra renitenza se non quella che naturalmente procede dalla miseria del Paese e dalla scarsità delle raccolte, seguita nelli due anni 1728 e 1729 che hanno cagionato il ritardo del pagamento alla cassa reale di qualche porzione anche considerabile della luoro quotta, ma non si scorge che ad un tal ritardo possa contribuirvi contrarietà di genio, od altro simile motivo. Non devesi però tacere, che prima che giongesse et si publicasse // 10 il breve, pareva che gl'ecclesiastici scrupolosi (per quanto è inteso dire) de' quali se ne ritrova un gran numero, massime quando lo scrupolo può ridondare il suo vantaggio, prendessero da ciò pretesto di mormorare contro un tal contributo, et molto più per andar prolungando il pagamento, parendo loro, come apertamente alcuni il dicevano di non poter con sicurezza di coscienza convertir le rendite ecclesiastiche in usi propri, quanto poi al sussidio che si paga da medemi ecclesiastici per la manutenzione delle galere me ne potrei brevemente spedire, dicendo che corrono le stesse massime riferte nel capo del donativo, ma giungerò che avendo procurato d'indagare l'origine, altro non ho potuto ricavare solo che di tempo in tempo li sovrani, che hanno avuto il dominio di questo Regno, hanno conseguita la facoltà di farvi contribuir li ecclesiastici dal sommo pontefice, come pur s'è ultimamente fatto.

Questo sussidio si paga universalmente da tutto il clero del Regno a motivo di mantener le galere, le quali tengono li mari netti dall'infestazione de' corsari barbari, alla quale resta molto soggetta l'isola dalla parte meridionale per la vicinanza che vi è alle coste dell'Africa et s'impedisca la discesa nelle spiaggie marittime. Se ne fa il riparto proporzionato sovra tutte le diocesi, et in cadauna di queste li rispettivi Capitoli deputan un collettore, il quale resta incaricato d'esigere dal clero secondo il riparto particolare, che se ne fa dallo stesso capitolo, per mezzo di queste persone, che più sono informate della rendita di cadauno de' benefici et sendo necessaria per una tal esazione qualche diligenza et impulso, il collettore l'implora dal ordinario ecclesiastico. Qualora codesti collettori ritardano di farne lo sborso // 10v. nella cassa reale, conviene sollecitarne mediante l'istanza che se ne fa per parte dell'Intendenza con gl'ordini del commissario apostolico, che presentemente è l'arcivescovo di Cagliari il quale come è tutto zelo per il reggio servizio, perciò non manca mai di prestargli l'intiera sua attenzione affinché tal esazione non venghi ritardata. L'arcivescovo d'Oristano è pur anche deputato commissario per lo stesso fatto, ma non è cossì grande il suo zelo. Si deve però suggerire che quest'esazione va assai lentamente scusandosi gl'ecclesiastici sulla tenuità de' redditi e la penuria de' tempi, ma questa stessa difficoltà s'incontrava, per quanto vengo assicurato, anche nei tempi che l'isola era dominata da altre potenze quantunque per necessità li tempi non fossero cossì estremi, né il denaro contante sì scarso come al presente, sendo notorio essersi accresciuta la miseria di questi popoli dopo la mentovata penuria di due successivi raccolti negl'anni 1728 et 1729, una mortalità considerabile di persone seguita nell'anno 1730, et Dio voglia, che anche non si veda maggiore la miseria per la mortalità che si vocifera seguita nello scaduto inverno, a cagione delli eccessivi freddi che si sono sperimentati.

Si è però osservato che quando vi è stata premura di fare tale esazione si sono praticati maneggi con li Capitoli acciò ne facessero, come hanno fatto il pagamento anticipato, col fondo del loro deposito ed indi ne esigevano il rimborso dalli particolari.

Non si crede poi che il regio servizio porti di far mutar sistema ad una tal forma d'esazione, mentre facendosi per mano e mediante l'autorità ecclesiastica l'esazione, o tosto, o tardi, si fa per intero, né si succombe ad alcuna spesa la dove quando si venisse far tal esazione per mezzo di persone laiche, occorrendo il caso che li ecclesiastici si dimostrino renitenti converrebbe // 11 ricorrer all'autorità del loro ordinario, per compellirli et forse se ne otterrebbe tutta quella efficacia che resta necessaria, oltrechè non so se in questo caso fosse sperabile di praticare ed ottenere lo spediente sopra accennato dell'anticipato pagamento, col fondo et denaro proprio de' Capitoli.

 

§ IX

Della franchigia che godono gl'ecclesiastici

 

Dalle Prammatiche antiche del regio patrimonio si ricava che in tempo dei primi re della casa d'Aragona gl'ecclesiastici si ritrovavano in possesso di estraer li frutti loro senza alcun pagamento di tratta.

Nell'anno 1488 per Prammatica del re don Ferdinando il Cattolico fu ristretta questa libertà alla sola quantità stimata necessaria per comprar effetti per il loro uso.

Indi sendosi introdotte le Corti et dato principio alle obbligationi del donativo, si diede a questa franchigia il sistema, che dopo si è inconcussamente osservato, e cioè che della quotta del donativo spettante pagarsi dallo Stamento Ecclesiastico se ne deducono in considerazione di tal franchigia scuti tre milla ogni anno et questa mediante pagano poi indistintamente gl'ecclesiastici tutti la tratta, occorrendo che faccino l'estrazione de' loro frutti.

 

§ X

Del credito già preteso dal Capitolo di Cagliari per danari somministrati

in occasione dell'assedio dell'anno 1717

 

Questo propriamente non era un credito che spettasse al Capitolo di Cagliari in universum, ma bensì ad un canonicato particolare detto di Cadelo oggidì posseduto dal canonico Cellis. // 11v.

La maestà del re Vittorio Amedeo fu assieme informata di questo fatto per mezzo dell'Intendenza di questo Regno, onde con gl'ordini venuti dalla Corte è stato admesso per legittimo il credito per detta somma di scuti 2.400. Però s'è convenuto a tenore de' medemi ordini di soddisfarlo separatamente con tre pagamenti eguali in tre anni successivi et sovra il fondo del donativo, che paga la diocesi di Cagliari. Già il primo pagamento ha avuto il suo luogo sovra il fondo suddetto durante per l'anno 1728, come il tutto resta pienamente espresso nel mandato spedito dal conte e senatore Meynier, in tal tempo intendente provvisionale di questo Regno, copia del quale è stata trasmessa.

 

§ XI

Del convocarsi il Parlamento e se sia spediente il convocarlo

 

Già la Corte resta a pieno informata cosa sia il Parlamento del Regno, come se ne faccia la convocazione, le matterie che in esso si trattano, la molteplicità delle grazie e privilegi che sempre si dimandano in tal occasione, tanto in generale che in particolare da titolati e baroni del Regno, dalle città e dalli ecclesiastici e massime da quelle persone che si credono posseder qualche credito, mirando ciascheduno piuttosto al proprio che all'interesse del publico ed ad ottenere prerogative che per lo più se non intaccano, almeno offuscano l'autorità regia et sovrana. Quindi sarà sempre un punto problematico se con tal convocazione si possa sperare qualche vantaggio per il regio erario. Quello però, di che non si deve dubitare si è che le miserie del Regno sono molto grandi et pare che crescano di giorno in giorno, sendovi penuria indicibile di denaro, come si comprova non solo dal ritardo che s'incontra nell'esiger il donativo // 12 non ostanti le continue e diligenze che si fanno et questo riguarda il publico, ma ancora il riflesso de' particolari per li molti e continuati ricorsi che si presentano non meno dalla nobiltà, che da mercanti ed altri ad effetto d'ottener proroghe, e dilazioni a pagare i loro debiti, ed apena sta per spirare il primo termine che novamente si racorre per altra seconda dilazione, indi per la terza, ed altre ulteriori, e rarissimi sono li casi, che si soddisfaccia un debito senza che si venga all'estremo dell'esecuzione, sicché non si lascia qualche respiro tanto che vengono questi regnicoli sollevati dalle loro miserie, mediante una o forse due abbondanti riccolte, onde con l'estrazione di vittovaglie possino introdurre nell'isola qualche quantità considerabile di danaro, sendo ben poco quello che presentemente va in giro. Sarebbe molto difficile che quando anche si tenesse il Parlamento si potesse spuntare un aumento di donativo.

 

§ XII

Del stato presentaneo delle anime

 

Nell'anno scorso 1730 provò il Regno una mortalità considerabile a cagione di quella specie di rafredori epidemici che fu quasi eccezionale in Europa, onde non può a meno che non sia diminuito il numero degl'abitanti, questo però s'è accertato mediante la rassegna a cui si è proceduti con tutta fedeltà, come si ha luogo di credere sendosi in ciò adoperata l'opera di persone fedeli et disinteressate e di buona perspicacia et come vengo assicurato esserne trasmesso alla Segreteria di Stato un ben assicurato ricavo, perciò maggiormente non mi trattengo su di questo ponto.

 

§ XIII

Delle persone che potrebbero aver credito nelle Corti,

in occasione di Parlamento // 12v.

 

Già di sopra s'è accennato ciò che sia Parlamento, ora mi ristringo a dire che quantunque caduno dei Stamenti abbia quel personaggio per capo, come disse, et che questi abbiano molto credito nel loro respettivo Stamento, non vi mancano però in queste occasioni certi uni che ponno avere ancorché intervengano come particolari qualche maggior credito, che gl'altri, ed attirarsi seguaci che aderiscano più alle loro proposizioni et opinioni, che quelle degl'altri.

Et se mai occorresse il caso d'un Parlamento converrebbe che si avesse una special attenzione a Monsignor Sillent vescovo titolare di Adra suffraganeo di Cagliari, al quale non solo è cosa notoria che tutti quelli che hanno avuto qualche impiccio col governo, hanno avuto ricorso a’ suoi consulti per conseguire da lui gl'opportuni indirizzi, ma di più egli per natural sua inclinazione cerca anche d'instruire quelli stessi che non lo cercano. Dello stesso carattere è l'arcivescovo d'Oristano et forse anche peggiore, per le segrete corrispondenze che tiene in Roma et massime con l'arciprete Marras, si sta però con attenzione sopra li suoi andamenti.

Fra la nobiltà poi dovrebbe spiccare prelativamente ad ogn'altro il marchese di Laconi per esser egli l'attual prima voce dello Stamento Militare, benché in ordine non sia che la terza come s'è di sopra accennato, però come è un cavagliere che poco è uscito dal Regno, et non possiede scienze acquistate, oltre che è persona naturalmente pacifica e quieta, però non si crede che inclinasse a farsi partito ed acquistarsi aderenti, oltre che si trova debole di patrimonio paterno et non poco aggravato di debiti, sebene avendo sposato una vedova dama di patrimonio insigne, per diversi feudi // 13 e specialemente per quello di Laconi, a cagione del quale detto marchese gode presentemente la prerogativa di detta prima voce dello Stamento Militare, al presente viene appartato dal padre conte di San Lorenzo, e si sostiene con gli redditi della moglie.

Del conte Genoves figlio del marchese della Guardia che attualmente serve l'imperatore in Vienna non se ne potrebbe per tal motivo far un gran capitale, anzi piutosto aversi qualche fondamento di diffidenza.

Quelli che si crede che in tal occasione potrebbero aver credito, e con la nobiltà, e con quelli dello Stamento Reale, et che per altro sono persone prudenti, morigerate et si regolan molto sanamente, anche nei loro affari particolari, sono li tre fratelli di Casa Vico, il primogenito de' quali si è il marchese di Soleminis, decorato della carica di generale della cavalleria miliziana del Regno. Questi si trattiene ora in Sassari per aver buona parte del suo patrimonio in quel Capo, ora in Cagliari, et quando la stagione glielo permette in qualcheduno dei suoi feudi, e gl'altri due fratti sono don Giuseppe e don Saturnino, che fanno tutti tre casa separata, hanno pur anche un altro fratto in abito ecclesiastico, qual sinora non fa gran figura e va in traccia di qualche beneficio o canonicato e già avrebbe ottenuto la coadiutoria del canonico don Ignazio Mazione, qual è uno dei migliori di questa metropolitana se avesse avuto un contante di ottomilla scudi, che si dimandano da Roma per la spedizione delle bolle.

Va dal pari con questi benché sia più avanzato in età il conte di San Giorgio decorato della carica di generale dell'infanteria miliziana del Regno ed egualmente savio e ben considerato ne’ suoi andamenti.

Dopo questi, per non esser titolato si pone in // 13v. considerazione don Antonio Simon come quello che presentemente si crede il più accreditato nel negozio, avendo non solo credito con quelli del Regno, ma anche si sa molte buone corrispondenze in Valenza di Spagna, Barcellona, Madrid, Napoli, Livorno, Genova e Marsiglia. Di talento superiore a tutti questi in matteria di negozio et per ragirare maneggi e trattati, sarebbe senza dubio il conte del Castillo, se avesse patrimonio et credito proporzionato, ma di tutto questo se ne trova molto scarso, et solo abbonda di debiti, egli è però in stato di suggerire molte cose buone per il negozio. Pochi indi sono gl'altri soggetti che si credano capaci di far partito et maneggiar negozii di qualche importanza, massime d'acquistarsi seguaci et aderenti alle occasioni delle Corti.

 

§ XIV

Del visitar il Regno

 

Quantunque nel Capo di Sassari e Logudoro potesse esser spediente che vi si portasse il viceré in persona, nella forma prescritta dalle Prammatiche et Capitoli di Corte, per farvi la visita, però come codeste visite servono piuttosto alli amministratori pubblici d'approfittarne per se stessi, onde sarebbe maggiore il danno che verrebbe a sofrirne il pubblico, che il profitto potendosi supplire col mezzo di lettere e delegati, così si crede che per ora possa tralasciarsi una tal visita, e differirla a tempo più opportuno, che le Communità siano più in stato di sofrirne la spesa.

Quanto poi a quest'altro Capo di Cagliari et Gallura non v'è motivo alcuno presentemente che porti la necessità o premura di farsi tal visita.

 

§ XV

Delle grazie e remissioni che suogliono farsi dai viceré // 14

 

Dispone la Real Prammatica che non possano perdonarsi, né componer diversa sorta di delitti che ivi si derivano et questi corrispondono a quelli che per ragion commune vengono considerati come enormi, dispone altresì la medema Prammatica che nemmeno possa perdonarsi gl'altri delitti anche inferiori se non interviene la desistenza della parte interessata.

In tre occasioni però suole il viceré far le grazie e primieramente quando si fanno le visite generali delle carceri ed a queste si procede secondo lo stile praticato in ogni paese due volte l'anno, cioè nell'approssimarsi le feste del Santo Natale e della Pasqua di resurrezione, queste si fanno con molta solennità assistendovi lo stesso viceré in persona, con tutti li ministri d'ambo le Sale et l'avvocato fiscal regio facendo passare in revista ad uno, ad uno tutti li carcerati che si trovano nella torre di San Pancrazio, che è il luogo dove sogliono custodirsi, et d'ogn,uno d'essi si legge pubblicamente il nome, cognome, patria, età, titolo del delitto et stato del processo, et successivamente anche di quelli, che sono nelle altre carceri del Regno, tanto regie, che baronali, et terminata tal lettura, e presi li noti de' ministri il viceré fa le grazie per delitti che non sono gravi, o scandalosi, escludendosi anche li recidivi, il tutto secondo la disposizione della ragion commune[8]. In secondo luogo per antichissima consuetudine del Regno nel giorno del venerdì santo suole il viceré far la grazia ad altri tre delinquenti di delitti anche gravi, et ciò in venerazione di quella santa giornata in cui si compì il mistero della redenzione.

Si scrive il nome di cadauno de' tre graziati in tre cedole separate, quali si rimettono sigillate // 14v. al segretario del Real Consiglio, e questo nel tempo che si fa l'adorazione della croce nella Chiesa metropolitana di Cagliari dal clero, va in ultimo luogo il mentovato segretario e la deposita in un bacile che sta ivi preparato per quest'effetto, et le cedole vengone indi raccolte dal sagristano maggiore di quella chiesa, et dopo averle pubblicate le consignano a chi spettano et servano a cadauno in esse nominato per loro respettivo guidatico. Nel far la nomina di questi tre graziati suole il viceré prender qualche volta il sentimento del reggente e dell'avvocato fiscale regio.

La terza maniera di far grazie si è, dopo proferite le sentenze, concorrendovi qualche motivo particolare et che si tratti di delitti non eccettuati e non esigenti pena di morte, prendendosi sempre il sentimento del regente e dell'avvocato fiscale. Rispetto poi alle grazie per contrabbandi e composizioni di essi, non si fanno, se non di concerto con l'intendente e con l'avvocato patrimoniale et avendo preso qualche notizia di quelle che si sono fatte da circa quattro anni adietro, ritrovo che sono state di poca considerazione, mentre non son seguite che per piccioli contrabbandi e per cose di poca conseguenza. L'unica che può cader in riflesso si è quella della pena di mille scuti, ne’ quali fu condannato don Francesco Valentino, già subdelegato di Sassari per l'Intendenza, la qual non già fu intieramente condannata, ma solamente ribassata a scuti cinquecento, avuto riguardo che il Valentino si ritrovava con debole patrimonio, et li suoi sigurtà contro de' quali pretendevasi da chi faceva le parti per il Regio Fisco indirizzare la sua azione, ma quelli opponevano non esser obbligati per detta pena, ed in ogni caso trattandosi di sentenza contumaciale non si poteva negare d'ammetterli a far le difese per il reo absente, onde per sottrarsi // 15 da ogni contingenza si stimò cosa profittevole al Regio Fisco d'accettare il ribasso come sopra.

 

§ XVI

Dei Banditi

 

Molte sono le provvidenze stabilite dalla Real Prammatica per distruger li banditi che vi sono in considerabile quantità nel Regno, et sempre vi sono stati, per quanto si può comprendere dalle stesse Prammatiche[9], et dalli molti Pregoni, che in diversi tempi sono stati promulgati, et massime dopo che il Regno è passato sotto questo felicissimo Dominio, ma non ostanti tutte queste ottime provvidenze non è mai stato possibile di poter intieramente ditrugere tutti questi fuorusciti.

Oltre quanto sopra si fanno di tempo in tempo le opportune scorrerie dalle truppe d'ordinanza s'è anche praticato lo spediente di prometter loro la liberazione a quelli banditi a’ quali riuscirà di presentare altro bandito, che sia condannato per consimile, o maggior delitto, si sono stabiliti premii per quelli che non sendo inquisiti di delitti presenterebbero qualche condannato, si sono incaricati sotto gravi pene li maggiori delle ville e gl'officiali di giustizia d'esse affinché diano la mano a perseguitarli et arrestarli, e quantonque tali mezzi siansi arrestati alcuni, il numero però di quelli che ancor restano massime nel Capo di Sassari e Logudoro è ancor considerabile, et il paese dove si trattengono è così alpestre et impraticabile, oltre che camminano in truppe ben armate et a cavallo onde, non pare sperabile di poterli disfare. Molti d'essi sono condannati per delitti gravi massime di grassazione alla strada che è molto frequente in tutto il Regno, in modo che non han potuto esser ammessi al real indulto, molti si riducono a far li malviventi // 15v. per aver occasione di far le proprie vendette, altri abbracciano questo miserabil genere di vita, o per propria inclinazione, o per schivar la fattica e procacciarsi il modo di vivere, mantenendosi di furti e rapine, rubbando bestiame, et quanto altro gli cada per le mani, abborrendo di sottoporsi a coltivare il terreno.

E qui neppur si deve tacere che alcuni di quei nobili che abitan nelle ville, per non aver patrimonio sufficiente a sostenersi nelle città, si riducono a nascostamente proteggere codesti banditi e malviventi, con dargli gl'avvisi delle spedizioni che si fanno contro d'essi, partecipando poi in ricompensa de' loro furti e rapine.

Queste son cose che communemente si sanno et palesamente si dicono, pure quando si viene all'atto di volerne prender informazioni e fabbricar processi, per vedere se mai riuscisse di darne una volta un pubblico esempio tutti hanno la bocca chiusa, nessuno vuol parlare né si trovano testimonii che vogliano deponer, parte per timore d'esser danneggiati dai prepotenti, o nella vita, o nelli armenti, et parte per esser coinquinati della stessa peca.

 

§ XVII

Delle fazzioni che si regnavano in Occier

 

Queste sono state intieramente distrutte e annientate col mezzo dell'alloggio dei dragoni ed altre truppe onde non occore più farne menzione.

 

§ XVIII

Del porto e retenzione delle armi

 

Le Prammatiche e Pregoni[10] non proibiscono se non il porto dell'armi fuori della misura in essi stabilità, et alcune altre, le quali portandosi nascostamente puonno esser di molto pregiudizio alla pubblica sicurezza. // 16 Resta pure indistintamente proibito il portare ogni sorta d'armi da fuoco ne’ popolati, ma non strada facendo per la gran quantità di fuorusciti, malviventi e grassatori, de' quali, come già s'è notato in altro luogo, ne abbonda il Regno. Però nel Pregone del duca di San Giovanni[11] si prescrivono le cautele sotto le quali ponno portarsi, con le pene per quelli che vi contraverrano, il che tutto si sta con attenzione che s'osservi pontualmente. Il dar provvidenze con le quali si unisce a proibire indifferentemente ogni qualità d'armi od ogni sorta di persone, altro non operarebbe che il privare li viandanti et altre persone da bene della propria difesa, quando già rispetto a’ malviventi non s'otterrebbe l'intento, et quanto alla retenzione posto che vi sono li suoi casi, ne’ quali ne resta permesso il porto, non sarebbe compatibile il proibirla.

Di modo che atteso tutto quanto sopra, si crede che in questo particolare del porto e della retenzione dell'armi di misura non ci sia provvidenza a dare, né motivo a suggerire se non di fare con pontualità osservare tutto ciò che resta disposto dalle Prammatiche e Pregoni.

 

§ XIX

De’ consoli delle nazioni straniere

 

Le nazioni che sogliono tener consoli nel Regno di Sardegna sono li Imperiali, ma questa presentemente è esercitata dal Mammelli di nazione sardo; li Inglesi, et per questi vi è Giuseppe Ghillini di nazione genovese, ma però mercante domiciliato in questa città da più anni; li Francesi, e per essi vi è monsieur Paget di Marsiglia residente già da più anni in questa città, persona onorata, // 16v. discreta e moderata, talmente che serve di modello per contenere quelli delle altre nazioni, qualora pretendono d'introdurre novità di privilegi, esenzioni, o giurisdizioni che non le competono. Per console de' Genovesi vi è un certo Mongiardino in Cagliari e Giovanni Antonio Rosso in Sassari, persone affatto ordinarie, et cossì pure per li Maltesi vi è Federico Moretti livornese persona anche affatto ordinaria, ma tutti discreti e moderati, in modo che da che mi ritrovo in questo impiego non ho inteso che abbino ecceduto in modo veruno nell'esercizio del lor officio, oltre quello, et quanto vien prescritto da' capitoli del Consolato del Mare, il che tutto viene chiaramente espresso nelle Prammatiche[12] et oltre tutto quanto sopra si è pur introdotto che avanti che alcuno di questi consoli si ponga in esercizio deve farsi conoscere dal viceré et presentare al tribunale della Regia Udienza le commissioni che tiene per l'opportuno exequatur, cautela che si crede molto vantaggiosa.

 

 

Parte seconda

ecclesiastico

 

Molte cose che concernono gl'ecclesiastici del Regno già sono evacuate nella prima parte di questa relazione, riguardante il Politico, che però solo mi rimane d'informare sopra li seguenti articoli.

 

§ I

De' chierici tonsurati et congiugati, famigliari,

operari, oficiali delle curie e dell'Inquisizione

 

Si sono pubblicati da ogn'uno delli arcivescovi e vescovi di questo Regno dopo che è passato sotto questo dominio, nel respettivo distretto // 17 della loro giurisditione gl'opportuni editti contenenti le cautele, che se gli sono insinuate et altre che il loro zelo le ha suggerite, per restringere l'eccessivo ed abusivo numero degl'ecclesiastici, famigliari ed operari ed officiali della Inquisizione, et altri sotto altro nome, de' quali tanto se n'è abbondava, che ora mai era ridotto il numero delli soggetti alla giurisdizione laicale a ben poco, pretendendosi la maggior parte delli abitanti chi sotto un titolo, chi sotto l'altro, esenti dal foro secolare ed unicamente sottoposti all'ecclesiastico.

Da questi editti si vede che fra le altre cose si è prefisso e determinato la qualità dell'abito che devono portare gl'ecclesiastici che pretendono goder del privileggio del foro, sotto pena che non portandolo, sì et come vien stabilito, saranno privi d'un tal privileggio.

Inoltre molto ha contribuito a diminuir il numero di codesti pretesi esenti, ciò che particolarmente s'è cominciato praticare da questo arcivescovo di Cagliari, et si procura d'insinuare l'immitazione agl'altri, di non ammettere alla tonsura alcuno, che nello stesso tempo non prenda anche gl'altri ordini, e se si può anche sino ai maggiori et questi non si danno se non in vista di provveder a beneficii o cura d'anime, secondo la pura e mera necessità od almeno conviene che chi vol essere promosso come sovra alli ordini sacri faccia constare d'aver patrimonio constituito alla forma portata dal Concilio Tridentino, cosa che sendo di grand'incommodo alle famiglie perciò raramente succede.

Rispetto agl'altri pretesi immuni, già riguardo delli officiali dell'Inquisizione[13], che pure erano in numero esorbitante si sono // 17v. ridotti li vescovi a segno che nelle terre grosse, ove tengono più d'uno di quelli che diconsi varras ne resta solamente uno destinato per le incombenze pertinenti al Santo Officio, senza però che sia qualificato, né riconosciuto per varras di modo che quantunque ne faccia l'esercizio, palesemente però non è considerato per tale. Gli famigliari sono stati totalmente aboliti, solo vi restano alcuni di quelli che fabricieri si addimandano et son quelli che amministrano li redditi delle Confraternite ma questi non si crede che siino esenti dalla giurisdizione laicale.

Quanto poi alli obreri delle religioni non si soffrono più salvo per li capucini et di admettono sotto le condizioni portate dalle Prammatiche et usi del Regno.

In somma mediante tutto quanto sopra si può con verità dire, che il numero di codesti immuni non gionge più al terzo di quello, a che giongeva dieci anni prima.

Mi rimane però in questo proposito di suggerire che una delle cose, che molto contribuisce a mantenere il numero assai forte di tonsurati congiugati, li quali in occasione di delitti, pretendono goder del privileggio del foro proviene dal pretesto delle pensioni ecclesiastiche, che si conferiscono, o dalla Corte, o da vescovi, mentre succede che quelli che pretendono essere ammessi a codeste pensioni, conviene che siano abbilitati con la tonsura, e dopo che l'hanno conseguita ed attualmente goduta per qualche tratto di tempo, in abito e qualità di chierici, ricorrono a Roma ed ottengono mediante lo sborzo di somme considerabili che la pensione viene secolarizzata, il che fatto depongono l'abito clericale, si maritano, se gli torna a conto ad ogni modo però continuano a pretender // 18 il privileggio del foro in qualità di tonsurati congiugati, et questi casi sono molto frequenti e succedono alla giornata. Il riparo che si potrebbe suggerire per andar all'incontro di quest'inconveniente sarebbe (se pur è cosa, che possa ridursi in prattica, all'esempio di quello si pratica in Spagna) di obbligare questi tali qualora vogliano far secolarizzare le loro pensioni et che hanno pensione di maritati, per propagare le loro famiglie a prender l'abito e croce della Religione de' Santi Maurizio e Lazaro, già che per l'ordinario codesti, che ottengano tali secolarizzazioni sono persone nobili, mentre in tal caso resterebbero sempre soggetti alla giurisdizione del sovrano, come capo e gran mastro di quella Religione, oltre che l'erario della Religione profittarebbe di quello, che suol pagarsi per il passaggio, et li regnicoli si trovarebbero decorati di quel abbito.

Questa idea potrà forse esser considerata per una vana chimera, ma non mi è stata suggerita che dall'esempio di quanto m'hanno riferto praticansi, come già dissi, in Spagna a riguardo delle Religioni militari di Callatrava et San Giacomo della spada, ed anche dal zelo di non veder persone che nella sostanza sono puramente secolari et ciò non ostante non solo profittano de' redditi della Chiesa, senza renderli il minimo servigio, ma di più pretendono poi anche d'andar esenti dalla giurisdizione del suo legitimo e natural sovrano, il che molte volte può rendergli arditi a molte intraprese e contumaci agl'ordini del governo.

 

§ II

Dell'obbligo che tengono li novamente promossi alli

arcivescovati e vescovati di venir a farsi

conoscer in persona dal viceré in Cagliari // 18v.

 

È sempre stato inveterato et immutabile, immemorabile che li vescovi della Sardegna, qual ora sono nominati, prima di prender il possesso delle loro chiese si portano personalmente in Cagliari a farsi conoscer dal viceré, così hanno eseguito tutti quelli che sono stati nominati vescovi, dopo che il Regno è passato sotto questo felicissimo dominio, et massime in ultimo luogo l'arcivescovo di Sassari.

Il vescovo d'Alguer non ha ancora adempito a quest'obbligo, sendone stato dispensato dalla Corte, per quanto si dice sino al venturo autunno, et già ha fatto precorrer l'annoncio della sua venuta per quel tempo. Il solo vescovo d'Ales non si è mai fatto vedere, ma è cosa notoria esser ciò provveduto dalle sue indisposizioni quotidiane, che continuamente lo tengono inchiodato in un letto od assiso su d'una sedia, con tutto ciò come riconosce questo suo obbligo, ha sempre di tempo in tempo ricorso per l'opportuna dispensa a tempo però limitato la quale si va rinnovando secondo l'esigenza.

 

§ III

Dell'Inquisizione di Spagna

 

Non v'è più alcun commercio in materia d'Inquisizione tra questo Regno et il grande inquisitore di Spagna, il che per altro si pratticava quando la Sardegna era soggetta alla dominazione spagnuola, mentre in tal tempo nulla s'operava d'importante a questo riguardo, che non si facesse con partecipazione di quel tribunale, da cui tutte le Inquisizioni de' paesi sottoposti alla monarchia suddetta eccettuate altre volte la Sicilia, et qualche altro paese, per particolare privilegio, ottenuto ne' tempi del re Filippo II ne dipendono.

Non s'è potuto penetrare che per tal riflesso li arcivescovi et vescovi di questo Regno abbiano // 19 alcuna dipendenza da Roma, maggior di quella che hanno per gl'altri affari di loro giurisdizione, anzi ben volentieri gustano che siasi consolidata intieramente appresso di loro stessi questa cognizione, che altre volte le conveniva divider con altri e perciò non deve rivocarsi indubio che possano ammettere alcune commissioni procedenti dalle Inquisizioni, né di Spagna, né di Roma, non da Spagna mentre già sanno non esservi più alcuna dipendenza da quel paese, e già dal 1708 che entrarono le armi Cesaree in questo Regno se n'è dismesso l'uso benché poi pendente quel breve intervallo di tempo trascorso da settembre 1717 sino ad agosto del 1720 che novamente fu sottoposto al commando di Filippo V, io non abbia potuto precisamente saper quello che siasi praticato. Non di Roma, mentre crederebbero li vescovi con tal admissione di pregiudicarsi in quella reintegrata giurisdizione di cui attualmente godono.

S'aggionge che ne' tempi precedenti oltre la dipendenza che avevano questi vescovi in materia d'Inquisizione dal grande inquisitore di Spagna, molto più le pesavano le forti pensioni che erano obbligati pagare per il sostentamento di quel tribunale, manutenzione delli officiali d'esso e delle spese de' carcerati, quali pensioni si pagavano come infra.

Dall'arcivescovo di Cagliari................................................................

scuti 400

Dall'arcivescovo di Sassari..................................................................

scuti 303

Da quello di Oristano..........................................................................

scuti 211

Dal vescovo di Ampurias....................................................................

scuti 2020

Da quello d'Alguer..............................................................................

scuti 250

 

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scuti 1.366

Li vescovi di Bosa e di Ales non pagavano pensioni alcuna per l'Inquisizione di Spagna, attesa la tenuità de' redditi della loro Mitre. // 19v.

 

§ IV

Del proggetto d'erigersi in commenda della Religione

dei Santi Maurizio e Lazaro li reddditi fissi

che godeva l'Inquisizione in questo Regno

 

Non può se non esser gradito il progetto dell'erigersi in commenda, come sopra, li redditi rimasti vacanti per la soppressione dell'officio separato dell'Inquisizione, e consolidato con la giurisdizione vescovile, lusingandosi questa nobiltà, che ponendosi in esecuzione un tal proggetto la nazione sola ne godrebbe all'esempio dell'altre dignità, canonicati e prebende ecclesiastiche. Li redditi fissi che altre volte spettavano a detta Inquisizione, e che presentemente sono dati in amministrazione al cavagliere don Giuseppe Carroz Santus tesoriere generale del Regno, per quanto ho potuto ricavare si computano sino ad 800 scuti di questa moneta annui li quali consistono come infra.

Censi che si esigono in contanti............................................................

scuti 325

Che si esigono in grani..........................................................................

raseri 13

Per affittamento di terreni che si pagano pur in grano..........................

raseri 250/263

Quali raseri 263 di grano ridotti in contanti fatta una commune si calcolano a scuti 475.

 

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scuti 800

Questi redditi per quanto m'è stato supposto non avendone però potuto veder li documenti quantunque ricercati si dice che siano stati anticamente assegnati e smembrati dal Regio Patrimonio per la manutenzione dell'Inquisizione suddetta. Onde su questo supposto pare che non vi dovrebbe esser difficoltà che possano constituirsi in commenda et farsene quell'uso che più piacerà alla Maestà Sua.

 

§ V

Delli giudici delle contenzioni e delli gravami

 

Gionsi in questo Regno nel tempo che per la morte // 20 del canonico don Diego Cocco de Haro, cancelliere o sia giudice delle contenzioni stato nominato da Sua Maestà era di fresco entrato all'esercizio di quella medema carica et dignità (molto considerabile in questo Regno), attesa la nuova nominazione fattane dalla Maestà Sua in virtù di regie sue patenti il canonico don Antonio Carcassona.

Due casi di contenzione molto strepitosi si sono agitati in quel tribunale, dopo il mio arrivo, de' quali brevemente n'esporrò la sostanza attesa la singolarità d'essi, a fine se ne possa fare quell'uso che meglio si stimerà.

Il primo caso di contenzione trovai, che già questa era mossa a distanza della Curia secolare contro la Ecclesiastica, pretendendosi dalla secolare doversi rimettere al giudice laico una causa instituita dal marchese di Siete Fuentes conte di Villamar ancor minore, contro il suo tutore et pro tempore curatore testamentario nominato dal padre il sacerdote don Salvador Falqui, pretendendosi dal minore la remozione di detto suo tutore e curatore, attesi li sospetti di mala amministrazione cadenti in esso, per chiarire li quali sospetti chiamava costringersi il curatore alla resa de' conti.

Il fondamento della pretenzione della Curia secolare consisteva in dire, che trattandosi principalmente della resa de' conti d'una amministrazione di tutela e cura, che quantunque demandato nel testamento del padre in persona ecclesiastica, era però stato assonta et autorizzata in vigor di decreto dalla Curia secolare allegandosi che nella resa de' conti sarebbesi patentemente scoperta la mala amministrazione del curatore, onde ipso facto sarebbesi fatto luogo alla rimozione d'esso, conchiudendosi che l'articolo della rimozione era dipendente et accessorio da quella resa de' conti. // 20v.

Pretendeva per contro il curatore suddetto, et con esso la Curia ecclesiastica, che l'articolo principale di questa causa fosse quello della rimozione dipendentemente dalli allegati sospetti di mala amministrazione et come questi sospetti miravano direttamente ad offendere la persona del curatore sacerdote così per non potersi in quello immeschiare la Curia secolare per difetto di giurisdizione.

Sendesi in tal forma instituita, proseguita, et portata a dichiarare la contenzione, pronunciò il cancelliere et giudice delle contenzioni sentenza favorevole alla Curia ecclesiastica dichiarando sopra il solo articolo della rimozione riservato l'articolo di giurisdizione sopra la resa de' conti in altro tempo.

Già è noto che da codeste sentenze non si può appellare per disposizione dell'apostolica e real concordia e del motu proprio[14] del pontefice Sisto V confermati per le Reali Prammatiche[15], sicché non rimaneva alla Curia secolare per iscanzar le pregiudizievoli conseguenze che potevano nascere da cotesta declaratoria, se non il proporre un novo giudizio di nullità avanti lo stesso cancelliere, come non s'è omesso di far, dopo bene esaminato e discusso l'affare.

Proponendosi esser nulla tal sentenza per due motivi, uno di sostanza, l'altro di forma.

Quello di sostanza procedeva da che il cancelliere non facendo conto del punto principale, quale era quello della resa de' conti, fosse passato a decidere quello della remozione che dalla Curia secolare si sosteneva esser secondario, conseguentemente ed accessorio all'altro.

Il motivo di nullità per cagione di forma si diceva esser patente da che si fosse decisa la causa senza intervento del minore et di persona legittima per esso, del di cui principal interesse si trattava. Oltre di questo non si mancò di rappresentare ad aures // 21 al giudice delle contenzioni potersi redarguire d'alquanta temerità il suo giudicato posto che sendogli dati tre de' ministri della Real Udienza per consultori, secondo il solito, esso appartandosi intieramente dal luoro sentimento, senza averli communicati li suoi dubbi de' quali ne avrebbe potuto esser chiarito, abbia proferita quella sentenza contro il disposto di qualche carta reale che insinua a’ cavalieri di seguitare nelle sue sentenze il parere della maggior parte di quelli che se gli danno per consultori, cosa che universalmente si pratica in tutti li tribunali, ancorché li consultori abbiano solamente voto consultivo e non decisivo.

Si che sopra gl'accennati due motivi di nullità nella sostanza e nella forma della mentovata sentenza giudicialmente proposti aventi lo stesso giudice delle contenzioni al che egli ha subito aderito, offrendosi di praticare tutti quei spedienti, che se gli sarebbero suggeriti non ripugnanti alla propria coscienza s'è fatto instanza dovesse dichiarar nella detta sua precedente sentenza, ed in seguito pronunciare, che spetti alla Curia laicale la cognizione dell'articolo della resa de' conti.

Si è opposto dalla Curia ecclesiastica non proceder alcuno delli allegati motivi di nullità e persiste che l'articolo principale di questa causa sia quello della rimozione, et quanto a quello del preteso intervento del minore non militare, per esser volontario il suo non intervento, allegandosi che in tutti gl'emergenti si è sempre decretato l'intimetur partibus et che dalle relazioni constava, fuit intimatum partibus il che doveva bastare per evitare ogni difetto di nullità, senza che sia necessaria maggiore spiegazione.

Mentre pende la causa di nullità, come sopra // 21v. proposta dalla Curia secolare, essendo il conte di Villamar già uscito dalla pupillar età si è nominato altro curatore, al qual con autorità della Curia secolare s'è gl'è conferta l'amministrazione del di lui patrimonio, onde si crede che per questa mutazione di sistema resti superfluo che si decida l'articolo dalla rimozione per esser già de facto rimosso l'antico curatore, come s’è insinuato al suddetto giudice, di modo che rimanendo solo a decidersi quello della resa de' conti, si ha fondamento di credere possa venir deciso a favor della Curia secolare, con che si verrebbe ad evitare ogni pregiudizio di giurisdicione che ne abbi potuto derivar dalla suddetta sentenza; si preintende però che il sacerdote Falqui persista per la sussistenza di quanto già è stato deciso a di lui favore, circa la giurisdizione sopra l'articolo della rimozione, pretendendo pure che per sua riputazione si proseguisca sopra questo la causa nel tribunal ecclesiastico e far decidere non fuisse nec esse locum alla di lui rimozione.

Intanto però quell'incidente ha fatto riflettere se sia spediente che si pubblichi un Pregone per cui col vero motivo del ben pubblico si prescrivano le massime per regolare la nomina de' tutori, curatori et altri amministratori, con l'esecuzione delle quali, senza farsi menzione di persone ecclesiastiche, venghino però queste per sempre et in ogni tempo escluse da tali amministrazioni, tanto più che questo resta conferma alla disposizione della Ragion Canonica, nulla però si è sin qui determinato.

La seconda causa di contenzione che ha fatto qualche strepito, si è quella che si mosse dalla Curia secolare in occasione che li 2 novembre dell'anno scorso Giò Bernardo Peyrano di nazione genovese domiciliato // 22 presso in uno degl'appendizi di questa città, commise un omicidio qualificato di premeditato e proditorio in persona d'un certo Masserano, et sendosi immediatamente il delinquente rifugiato in chiesa, si pretese che non potesse godere dell'immunità locale, trattandosi di delitto eccettuato, et subito si fece estraer mediante il solito spediente del petita et non obtenta lincentia, assicurandolo nelle carceri laicali.

S'oppose la Curia ecclesiastica, allegandosi dall'inquisito non esser il delitto suo fra gl'eccettuati et per conseguenza dover goder dell'immunità suddetta et per fondare la sua intenzione, s'accinse provar esservi seguita precedentemente all'omicidio una qualche contesa con l'istesso Masserano, in seguito alla quale esser poi stato ammesso l'omicidio, et posta tal prova escludersi la qualità di premeditazione e prodizione, il che gl'è riuscito di provare con testimonii sospetti di falsità avanti a quel tribunale ma come era voce e fama pubblica che tali testimonii erano falsi del che ne fu accertato con notizie stragiudiziali il giudice cancelliere secondo le quali le resta facoltativo di pronunciare et sola informata conscientia perciò ha fatto sentenza favorevole alla Curia secolare, avanti la quale essendosi in breve tempo instrutta la causa criminale, et condannato quel miserabile all'ultimo supplicio, primieramente in giudicio ordinario et poi anche in quello di supplicazione, talmente che sotto li 23 dello scaduto aprile è stato pubblicamente esecutato.

Questi due giudicati del giudice delle contenzioni il secondo de' quali è altrettanto favorevole alla giurisdizione laicale, quanto ne sia contrario il primo, mi lascia in un tal buio di riflessione, che veramente non posso formare un giudizio accertato sopra la propensione del di lui animo // 22v. poiché se considero la sentenza che proferì nel fatto del curatore Falqui avevo luogo di credere che potesse riuscire conforme alla intenzione della Curia secolare, qual era, che sospendendosi per allora di pronunciare sopra l'articolo della remissione, se pur in quello potevo aver qualche ripugnanza di definirlo favorevolmente, et determinasse almeno doversi rimetter la causa al nostro foro senza il ponto della resa de' conti, et tale era il sentimento di tutti tre li consultori, fondato sopra l'autorità di più giudicati d'altri tribunali, seguiti in casi consimili, ed anche sopra le ragioni che se ne adducono, con tutto ciò l'esito non corrispose alla spettazione.

Se poi si riflette alla causa del Peyrano si tocca con mano che quel giudice ha usato di tutto arbitrio più favorevole alla giurisdizione laicale, posto che nonostante quello è quanto poteva risultare dalle deposizioni de' testimoni esaminati nel suo proprio tribunale ad istanza dell'inquisito, pure sendo stato ab extra informato della falsità de' medemi testimoni, sedotti da chi faceva le parti dell'inquisito ed in un caso tanto pericoloso, dove si trattava della morte o vita di un uomo, s'è ridotto a pronunciare sopra le notizie extra giudicialmente avute et in sola informata conscientia, come veramente lo poteva fare, cosa che è riuscita in molto vantaggio dell'esercizio della giustizia sovrana, poiché ci ha dato luogo di dar un esempio pubblico con gran soddisfazione del pubblico dimostrato nella condanna ed esecuzione d'un così scandaloso e temerario delinquente. Da tutto quanto sopra io non saprei formare altro giudizio se non che il presentaneo cancelliere sia persona che non si prende risoluzione, se non dipendentemente da que' motivi, che egli per suo proprio sentimento considera per forzosi // 23 et adattati alla sua coscienza, o forse potrebbe anch'essere che conoscendo aver tracciato dal più commune sentimento all'occasione della prima sentenza abbia creduto far propendere l'abbondanza, per altro ragionevole e ben fondata, con cui s'è risolto a giudicare ex sola informata conscientia a favore del foro secolare nella seconda sua sentenza.

Ma comunque sia a mio debole senso, mi pare che per ora possa dissimularsi il primiero suo giudicato, mentre da quanto ho di sopra ponderato, si vede che quello non potrà recare alcun pregiudicio alla giurisdizione laicale non solo in questo caso concreto ma per li motivi a suo luogo addotti, ma anche nelle sue conseguenze, quando si stimmasse provvedersi con l'accennato Pregone, et per altro deve poi esser lodato, per la seconda sentenza nella quale ha disposto favorevolmente del suo arbitrio, di cui stava in sua piena facoltà il valersene o non.

Vi sono ancora pendenti avanti il medemo giudice alcune cause di contenzioni, le quali per non esser di molta importanza, non ne faccio special menzione, non si tralascerà però di stare con tutta l'attenzione possibile per osservare non solo dove propenda il di lui animo, ma anche per andare al di lui riparo di qualunque cosa potesse seguire in pregiudizio di questa regia giurisdizione.

Per ultimo devo render giustizia alla memoria del mio antecessore col dire che la raccolta per esso compilata d'ordine regio delli usi di questo Regno circa le materie ecclesiastiche[16], copia della quale mi fu spedita da cotesto regio Archivio, per commando preciso della Maestà del re Vittorio Amedeo nel procinto della mia partenza a questa volta, moltissimo // 23v. mi ha giovato nelli occorsi emergenti, ritrovandosi ivi proposti e ben ponderati moltissimi de' casi che puonno succeder in queste materie, ed anche decisi con quelli esemplari che si sono ritrovati.

Quanto poi al giudice delli gravami del Regno che al presente è don Leonardo Sanna viccario generale di questo monsignore arcivescovo non occorre farne parola, mentre è persona che sempre si è data a conoscere per discreta e moderata, non avversa, né contraria alla giurisdizione laicale, seguitando in ciò li sentimenti del suo prelato che quanto m'occorre accennare in questo proposito.

 

 

Parte terza

Giuridico

 

§ I

Dei giudici che compongono le due Classi o sia Sale

 

Già resta la Corte pienamente informata della maniera con la quale si regola il giuridico di questo Regno onde non mi resta che dare una breve e succinta notizia della qualità dei soggetti che compongono questo Magistrato, rispetto al che non posso dir altro se non che considerandolo nel suo complesso non si può se non con tutta verità accertare che egli è molto ben composto, tanto a riguardo dell'esperienza, dottrina e scienza legale della maggior parte dei soggetti, quanto al rispetto del prudenziale e morigerati costumi di cadauno d'essi, fra quali però spiccano singolarmente nella Sala Civile il giudice don Pedro Melloni, stato modernamente dalla Maestà regnante graziato del grado di cavagliere, e nella Criminale don Francesco Cadelo.

Tutti poi universalmente sono assidui nell'intervenire // 24 alle sessioni giornaliere, nell'accudire alli verbali, et spedizione delle cedole in casa propria, puntuali nel riferire secondo il loro costume e decidere le cause, allegandone in ogn'occasione senza gran apparato, né affettazione di consavinarne quantità superflua li fondamenti appoggiati alle Prammatiche, Constituzioni del Regno, Capitoli di Corte, lettere reali et in difetto d'esse le leggi communi, le decisioni praticate in questo Regno o in quello d'Aragona et Principato di Catalogna posto che si conformavano alli stessi stili, usi e consuetudini, et tutto ciò senza che si scorga, per quanto ho potuto conoscere, alcuna parzialità o connivenza. La stessa puntualità s'osserva nella spedizione delle cause, mentre nel corso di sette mesi che io ho l'onore di sedere in questo Magistrato si sono dalla Sala Civile spedite cento e quaranta cause, la maggior parte con sentenze definitive, e dalla Criminale trenta, et fra queste cinque gravissimi processi formati sopra indizii ne' quali tutti si trattava di delitti esigenti pena di morte, et già tre d'esse hanno avuta la sua esecuzione, con soddisfazione del popolo per l'esemplarità del castigo, e le altre due sono pendenti in giudizio di supplicazione e non passerà molto tempo che saranno ancor esse spedite, sendovi molta probabilità che possan esser confirmate.

 

§ II

Delle cause criminali

 

Rispetto alle cause criminali non posso a meno di suggerire che se ne sarebbe spedito anche un maggior numero se la maggior parte d'esse non venisse ritardata a motivo di certi usi e stili che si praticano con molto pregiudicio della spedizione, per riparo de' quali già negl' // 24v. anni scorsi venne fatta una compilazione di considerazioni in ristretto d'una gionta tenuta con assistenza del viceré, che ora governa, ed intervento del regente Beltramo mio antecessore, giudice Cadelo et avvocato fiscal regio Peyre sopra li stabilimenti e regole che si potrebbero praticare per dare il corso più spedito e pronto alle medeme cause, qual risultato essendo stato a me molto attentamente considerato et esaminato, m'è parso non potersegli aggiunger cos'alcuna, solo che quando non vi osti qualche più alta considerazione crederei che fosse necessario ed utile di ridurre tutto il suo contenuto al lato pratico. Non ne trasmetto copia per ora, attesa la notizia che tengo esser stato trasmesso l'originale a codesta Segreteria di Stato, senza che sopra di ciò ne sia mai più pervenuto ordine positivo d'esiguirli.

 

§ III

Delle visite delle carceri et carcerati

 

Nel sabato di caduna settimana si proceda da uno de' giudici della Sala Criminale, ogn'uno d'essi per turnum alla visita delle carceri di San Pancrazio e de' carcerati che in esse si custodiscono, con intervento del procuratore fiscale e di quello de' poveri e del segretario il quale riduce in scritti volta per volta lo stato de' medemi carcerati, descrivendosi in colonne separate il nome, cognome, patria, età, titolo del delitto, nome del relatore, stato della causa, ed instanze di cadauno d'essi, interrogandosi particolarmente ogni carcerato se abbia qualche motivo di doglianza, tanto a riguardo de' procedimenti quanto de' trattamenti personali che ricevono massime dalli custodi, ed infine attesa una nuova provvidenza datta dal viceré, si fa anche il stato de' carcerati che sono usciti in quella settimana // 25 con espressione, se per liberazione, o per esecuzione, indi lo stesso relatore si porta dal viceré, gli mette una copia della visita e riceve sopra d'essa li suoi ordini, poscia si legge nella Sala Criminale pubblicamente e si danno quelle provvidenze che più si credono opportune, per accellerare il corso delle cause, con tutto ciò non si puonno d'evitare tutti li ritardi per li motivi e considerazioni espresse nel mentovato ristretto costà trasmesso.

Oltre poi le visite ebdemodarie si fanno altre due visite generali dal viceré in persona, con assistenza di tutta la Reale Udienza all'occasione delle feste natalizie e di Pasqua ogn'anno et allora si fanno le grazie, come di sopra s'è detto.

 

§ IV

Delle cause civili

 

A riguardo della spedizione delle cause civili, qual'ora sono compiti li processi e portati a relazione, non resta necessaria alcuna diligenza per procurarne una pronta spedizione, sendo questa naturalmente portata non solo dall'impegno di cadauno de' relatori di comparir pontuali, speditivi e non disoccupati, ma ancora dal proprio interesse, mentre non si perceve da questi altra sorta d'emolumenti casuali, se non quelli che gli puonno provenire per li salarii delle sentenze definitive o di altercati, rispetto a’ quali pontualmente s'osservava la tassa prescritta dalle Reali Prammatiche, né v'è pericolo che s'ecceda in un obolo, mentre che oltre la probità de' presentanei ministri non permette che ciò si possa in nessun modo presumere troppo si esporrebbero ad esser redarguiti, mentre si tiene il registro dove si descrivono tutti li salarii delle cause civili, esposto alla pubblica visione, onde ad ogni minimo eccesso ne insorgerebbero immediate doglianze et // 25v. querele, o appresso chi regge il Magistrato, o appresso l'istesso viceré.

Se donque v'è qualche longhezza e ritardo nella spedizione delle cause civili, ciò procede da che per l'ordinario per evitar spesa non si compila che un sol processo originale, qual è commune all'attore e al reo, et qual'era per occasione di far prodotte deduzioni, o dar altre provvidenze alla causa, resta necessaria all'avvocato o procuratore d'una delle parti la communicazione del processo, quella si addimanda per via di cedola, et come per la miseria et povertà di molti de' litiganti non di dà pronta soddisfazione all'avvocato o procuratore suddetto, perciò il più delle volte succede che il processo non si restituisce se non in virtù di decreti, e su le dimande et istanze della parte contraria.

Dovendo altresì aggionger in questo particolare esservi molte liti attualmente vertenti per motivo delli onorari non pagati a’ patrocinanti, ma su tal emergente non si sa qual rimedio si possa suggerire.

L'altro inciampo che s'incontra per ultimar li processi e portarli all'esecuzione delle sentenze si è la facilità delle appellazioni, mentre le cause che non sono privileggiate si aggitano primieramente avanti il primo giudice, che sono li ordinarii de' luoghi, nella maggior parte de' quali il barone gode della seconda cognizione et dopo esser terminata la causa nel grado di prima appellazione, si devolve nel Capo di Cagliari e Gallura alla Reale Udienza, dalla quale si dà supplicazione alla stessa Real Udienza, mutato nel conservato relatore, sendo ciò facoltativo al dimandarvi, come più le aggrada alla parte supplicante et dopo questa, se non ve ne sono tre conformi, ancora può darsi il caso, che in somme gravi eccedenti // 26 la somma di quattrocento scudi s'introduca nova supplicazione al Supremo Consiglio residente in Torino, nel qual caso per disposizione delle Reali Prammatiche[17] si concede che quella parte che supplica dalle sentenze della Real Udienza al Supremo in Torino abbia due anni di tempo per introdurla et terminar la causa.

Nel Capo di Sassari e Logudoro da giudici di seconda cognizione, prima di portarsi la causa alla Real Udienza, deve agitarsi avanti quel tribunale della Real Governazione, sicché molti processi prima d'esser ultimati, se hanno la disgrazia che non vi siano tre sentenze uniformi si può dare il caso che passeggino per cinque tribunali differenti.

È vero che le Costituzioni e Prammatiche del Regno hanno provvisto per le cause minime che non siano appellabili, e particolarmente la Carta de Logu[18], ma come non sono cause minime se non quelle, che non eccedono lire 5, ossia soldi cento di questa moneta, che equivalgono a lire 8 moneta di Piemonte, perciò si vede quante poche siano le cause non appellabili.

Dispongono pure le Reali Prammatiche[19] che li governatori di Cagliari et Sassari possano far eseguire le sentenze de' loro assessori mediante cauzione, nonostante qualsivoglia appellazione, quando la cosa controversa non eccede il valore di lire trecento di questa moneta sarda et da tutto quanto sopra procede la longhezza delle liti, che quasi si eternizzano in questo Regno, ma come questo proviene da ciò che dispongono le Constituzioni che si chiamano Carta de Logu, et altra parte dalle Prammatiche, quindi non è così facile il porvi rimedio.

 

§ V

Delli notari // 26v.

 

Non avendo le Prammatiche stabilito alcun numero fisso di notari, come si pratica in molti dominii, salvo a riguardo de' scrivani della Real Udienza e delle due Governazioni pare che sia lecito ad ogn'uno che ne ha l'abbilità il postulare quell'ufficio, per esser alquanto onorifico e di lucro, tanto più che per la natural pigrizia di cui abbondano questi regnicoli, naturalmente aborriscano all'agricoltura, non hanno fondo, né genio per intraprender negozii, sì che non hanno altro partito a prendere che di studiare qualche poco per poscia determinarsi, o vestir l'abito clericale, a fine di pervenir a qualche beneficio, del quale ne abbonda il Regno, o di prender la laurea, se hanno fatto qualche riuscita nelle scienze, o finalmente di fare il nodaro, se hanno potuto avvezzarsi tanto nelle lettere per poter giongere alla laurea posto che anche non hanno genio per fare il soldato.

Due sorti di nodari vi sono nel Regno, quelli che sono pubblici e ricevono instromenti, testamenti et ogn'altra sorta di scritture pubbliche, et altri che si chiamano notari di cause, che sono come in Piemonte quelli che sono semplici attuarii, mentre che non fanno altro che distender gl'atti giudiciali, proceder all'esami de testimonii, informazioni sommarie, ed assister in qualità di segretarii ne' tribunali del Regno

Le Reali Prammatiche[20] stabiliscono il modo col quale gl'uni e gl'altri devono esser esaminati, ciò che devono osservar, e li dritti che puonno legittimamente esigere per le luoro fatiche.

Fatto questo si fa rigorosamente osservare, et massime a riguardo dell'esame che si fanno subire da postulanti in presenza del reggente, o proreggente a riserva che per causa legittima debba procedersi per via di delegazione, come resta provvisto // 27 da' Capitoli di Corte[21], et vengono interrogati prima da due dottori di legge nominati dal reggente poi dal segretaro della Real Udienza, et non vengono approvati se non danno prove d'una sufficiente abilità per ovviare a’ pregiudicii che ne deriverebbero al pubblico dall'imperizia d'essi, et finalmente vengono muniti delle opportune patenti sottoscritte dal viceré e dal reggente.

Prima però che vengano ammessi all'esame a fine di contener il numero tanto dell'una che dell'altra specie di questi notari, si è ora introdotto l'uso che oltre il dover far fede dell'età, probità, lealtà, et buoni costumi, come pure d'aver fatto pratica almeno per il corso di cinque anni, medianti gli opportuni certificati, spediti in buona forma, come già s'accostumava, s'obbligano pure a far fede del numero dei notari di quella delle due specie che si addimanda attualmente esercenti quella stessa professione nelle città o luoghi dove deve esercire il postulante, il numero de' capi di casa, se si tratta che debba esercire in villa, per indi ricavare se ve ne sia precisa necessità, senza la quale non si ammettono all'esame, e con tal mezzo si provvede al bisogno et non se ne ammettono delli superflui.

 

§ VI

Della famiglia di giustizia

 

Resta stabilita in Cagliari una ben piccola famiglia di giustizia, et questa non consiste in altro che nell'alguazil il maggiore, il di cui obligo si è di comparire alle fonzioni pubbliche, un tenente, sette alguazili et due alcaidi, osia custodi delle prigioni nella torre detta di San Pancrazio, dove questi ultimi stanno d'abitazione et ne tengono le chiavi, ed il libro, in cui si descrivono li prigionieri // 27v. per l'entrata ed uscita, et la distribuzione del pane. Delli alguazili un solo d'essi a vicenda sta di guardia con li alcaidi alla medesima torre, un altro col tenente di guardia appresso al reggente e gl'altri cinque devono attendere a far l'esecuzioni, le cittazioni, le intimazioni, ed appena bastano, massime nei giorni dei verbali, che cadono due volte la settimana, et non deve farsene meraviglia, perché la città resta distribuita in tre gran borghi, oltre il Castello, e però la giustizia resta molto mal servita.

È però vero che per la Real Udienza vi è un portiere, ed il suo sostituto, ma questi non servono che alla medema Real Udienza, distinta come è noto in due Sale, una per il Civile, altra per il Criminale, onde anch'essi restano abbastanza occupati per questo servizio.

Da quanto s'è detto toccante li alguazili bastantemente si comprende che non sendone un numero sufficiente per custodire le prigioni di San Pancrazio, ivi si tiene un corpo di guardia composto d'un sergente, due caporali e dodeci soldati d'ordinanza.

Quanto poi a’ prigionieri delle ville infeudate appartiene ai baroni per mezzo de' loro officiali et ministri il procedere alla captura, far custodire li rei et non avendo carceri sicure li fanno condurre in quelle di Cagliari, Sassari, o Castel Aragonese, o Alguer secondo che più li torna a commodo sendo provvisto dalle Reali Prammatiche e Pregoni[22], et massime dall'ultimo del ducca di San Giovanni la forma con la quale si devono li prigionieri trasmetter da una villa all'altra, e persino alla sua destinazione, senza dispendio della real cassa, e quando si tratta di delinquenti prepotenti nelle ville, o protetti da persone prepotenti, conviene servirsi della truppa d'ordinanza cavalleria o // 28 fanteria, secondo l'esigenza de' casi, ma questo si fa pure col minor dispendio della cassa reale.

Per evitar parimenti ogni spesa non dovuta dalla medema real cassa è particolar attenzione del reggente, a cui spetta d'ammettere alla ragione del re li prigionieri che devon esser mantenuti a sue spese, che non si ammettino se non quelli delle città e ville reali, o che siano detenuti per contrabbandi, o d'ordine superiore, restandone esclusi tutti quelli che non sono poveri dichiarati per tali, quelli delle ville infeudate et quelli che sono detenuti a distanza di parte, a riserva però quanto a questi ultimi nel caso che la parte instante fosse anch'essa dichiarata povera di sollennità.

 

§ VII

Del luogo dove risiede la Real Udienza

 

Non posso fare a meno di riferire con quanto poco decoro si ritrovino le camere dove suol radunarsi la Real Udienza; la destinata per li giudici del Civile non ha altro addobbamento che un quadro del crocifisso, un ritratto del re collocato sotto un baldachino di damasco altre volte cremisi, ma ora appena più si discerne di qual colore sia stato, solo si vedono ancora le armi di Spagna, le pareti della camera sono denudate ed altre volte erano coperte di tapezaria di damasco, ma l'antichità le ha fatto disperdere, v'è una sedia a bracchio coperta di veluto cremisi per il viceré quando vi interviene, altra simile ma senza brachii per il regente, et due banchi pur coperti di veluto simile per li giudici; un tapeto pur di damasco cremisi, con altro di vaca di rossiglia al di sopra per la tavola, il tutto però molto usitato, // 28v. lacero ed antico, né v'è altro di considerabile che il campanello e due calamari, con due sabionette d'argento che hanno intagliate le armi di Spagna.

Nella stessa conformità si trova la Sala destinata per li giudici del Criminale, a riserva che in questa vi è un rimasuglio di tapezaria di damasco affatto scolorita e molto lacera per la sua antichità, non c'è alcun fornello per ripararsi dal freddo in tempo d'inverno, servendosi di un miserabile bragiere né vi sono cortine per allontanare il sole, che è molto bersagliante nella state.

E pur troppo patente una tale indecenza meritarebbe qualche riparo, per render il luogo, dove s'amministra la giustizia sovrana, alquanto più decoroso, e concigliarsi con la maestà del luogo, alquanto maggior rispetto, sendo indubitato che l'onore che si rende a’ magistrati ridonda in gloria del sovrano.

E però quando Sua Maestà il gradisse potrebbesi procurare il riparo senza che fosse d'aggravio alla regia cassa se volesse degnarsi di permettere la composizione di condanne di galera a vita o a tempo per delitti graziabili ad arbitrio del viceré, o in quell'altra forma che si compiacesse di prescrivere il modo che si potesse fare una somma di mille e cinquecento scudi di questa moneta, qual somma sarà senza dubbio sufficiente, rimettendosi però in tutto con ossequio profondissimo a quelle determinazioni che vorrà la Maestà stabilire.

 

§ VIII

Delli officiali di nomina regia, come si procedano

et quali persone debbano restar escluse da essi[23]

 

Tutte le dignità et officii che sono di nomina regia eccettuati solamente quelli del corpo della Real Udienza del Regno residente in Cagliari, et della Rel Governazione residente in Sassari restan // 29 dinumerati e descritti nelle Reali Prammatiche[24] dove primieramente si parla del cancelliere apostolico et reale, di cui già si è di sopra fatta opportuna menzione, delli ecconomi de' vescovati vacanti, quali si provedono dal viceré in virtù d'indulto apostolico concesso dal papa Sisto V, mentre regnava Filippo II[25], et da sequestratari et ricevidori de' frutti delle abbadie et priorati vaccanti.

Nelle medeme Prammatiche[26] si prescrive la forma con la quale si devono formar le terne per la nomina delli arcivescovati, vescovati et altre dignità ecclesiastiche che sono di regio patronato acciò si facciano senza parzialità d'affetto, senza rispetti umani dal viceré con parere della Real Udienza ad effetto di trasmettersi in mani di Sua Maestà sopra del che già restano incaricati il viceré et il regente d'usare ogn'attenzione particolare acciò li ministri nazionali non inclinin più tosto in uno, che in un altro soggetto, potendo più facilmente entrarvi la parzialità dal canto di questi nazionali, che nel regente et altri che sono forastieri.

In questo particolare sarebbe ottimo consiglio che il viceré et il regente dovessero trasmetter alla Corte ogn'uno d'essi il sentimento suo particolare sopra li tre soggetti che saranno contenuti nella terna, perché quantunque debbasi sempre aver attenzione di formarla di tre soggetti ugualmente capaci, degni e meritevoli, non può però farsi a meno, che fra li tre ve ne sia uno preferibile onde parrebbe opportuno che se n'esprimessero li mottivi di preferenza che si hanno.

Quanto a’ giudici della Real Udienza, governatori de' Capi di Cagliari e Sassari, suoi assessori, regente la Tesoreria in caso di morte, o renunzia, o longa absenza, si prescrive pure dalle // 29v. dette Prammatiche[27] che si proceda alla terna nella stessa forma che si è stabilita, quanto alle dignità ecclesiastiche, accertandosi che per questi non si può commendare l'officio pendente la vaccanza, ma si deve supplire da colleghi o sostituti, bensì rispetto alli altri officii può il viceré nel tempo interino dargli in commenda.

Nelle stesse Prammatiche[28] restano poi anche descritti tutti li altri officii temporanei che si provedono nel Regno con patenti regie et con specificazione del tempo che devono durare e del giorno in cui li nominati devono entrar in officio et si provede pure ciò che si deve fare in occasione di vaccanza delli altri officii di regidori et simili, onde non mi resta altro da suggerire se non che rispetto alle persone che non devono ammettersi alli officii secolari d'amministrazione di giustizia o di azienda, oltre che resta stabilito da canoni[29] che non si ammettano quelli che per cagione delli ordini anche minori puonno pretender d'andar esenti dalla giurisdizione del foro laicale; resta anche ciò provvisto con Real Prammatica[30] del re don Pedro d'Aragona delli 13 kalenda aprilis 1345, mandato osservarsi nel libro delle Prammatiche[31], qual è in total sua osservanza vedendosi deciso dalla Real Udienza[32], che dovesse espellirsi dall'esercizio d'una luogotenenza di giustizia un certo Serra solamente perché constava esser tonsurato.

Resta pur anche provvisto[33] che non si possan tener due officii incompatibili, né si ammettano persone processate o condannate per delitti, qual effetto qualsivoglia persona che sia nominata a qualche officio prima d'esser installata nell'esercizio et possesso d'esso, deve far fede avanti la Real Udienza della sua nomina precedente la communicazione che si fa all'avvocato fiscal regio, al di cui carico specialmente spetta l'indagare la qualità del soggetto, et non // 30 constando d'alcuna eccezione viene ammesso.

Devo per ultimo soggiongere che quanto alli officii di città, non ostante il disposto delle mentovate Prammatiche, vengono indistintamente anche ammessi gli tonsurati ed officiali delle curie ecclesiastiche per essersi così praticato, et attualmente praticansi ne' governi soggetti alla dominazione di Spagna et per qual tempo ancora avvenire non sarà possibile il praticarsi diversamente, mentre in diverse città e particolarmente in Oristano s'è riconosciuto non esservi persona capace per detti officii, che non sia o tonsurato od officiale della curia ecclesiastica, solo col progresso del tempo può provvedersi ad un tal abbuso, come certamente di provvederà, raffrenandosi il numero de' tonsurati ed officiali delle curie ecclesiastiche, nella forma che a suo luogo s'è accennato, sebben quanto a’ tonsurati non incedendo più questi in abito et immeschiandosi in affari, è indubitato che non godono del privileggio del foro.

 

 

Parte Quarta

economico

 

Come per ciò che riguarda l'ecconomico di questo Regno vi è chi resta particolarmente incantato di farne relazione, con obligo eziandio di far progetti per aumentare l'agricoltura, introdurre arti e manifatture, negozii et far fiorire il commercio, il tutto al pari di quello, e quanto si pratica in quelli altri Stati che hanno la felicissima sorte d'esser sottoposti al dominio di questa sovrana et Real Casa di Savoia, al che sendosi adempito, come suppongo, da chi ha potuto aver la visione delle scritture, documenti e memorie, che si ritrovan nell'Archivio del Patrimonio, e non avendo io dovuto gettar la falce nell'altrui messe // 30v. perciò solo accennerò alcune picciole et debboli esternazioni, fatte sopra quelle cose che sono alla vista di tutti.

 

§ I

Del Stanco del tabacco quanto alli ecclesiastici

 

Per editto fatto publicar da vescovi del Regno, cadauno d'essi nel distretto delle loro respettive diocesi, si sono datti a riguardo dell'ecclesiastici in proposito del seminerio del tabacco le stesse provvidenze portate da Pregoni de' viceré in riguardo a’ laici, per prova del che si trasmette copia in stampa d'uno de' scaduti editti, con che pare che li stanchieri non abbino campo a lagnarsi, mentre se pur segue ancor qualche abuso a riguardo de' qualcheduno de' mentovati ecclesiastici, che faccia esito fuori de' Stanchi di qualche porzione di foglia, ciò procede da che per parte de' stanchieri non s'adempisce con pontualità all'obbligo per essi assonto di rilevare la foglia che gli viene consignata et di pagarne subito il contante per l'importare d'essa.

 

§ II

Delle Dogane

 

Non si sa che vi siano abusi patenti in questo proposito, mentre si sta con avvertenza per tutto il Regno, che non si sbarchi alcun genere di mercanzia, o robbe sottoposte al dritto della Dogana, senza che se ne faccia fare l'opportuna consegna o pagamento, sendovi in que' luoghi dove puonno seguir li sbarchi li suoi deputati per quest'effetto che vi hanno la dovuta attenzione et quando succede qualche contravenzione si procede alli soliti atti et informazioni, indi si condannan li contraventori alle pene de' contrabandi.

 

§ III

Del dritto della tratta de' grani // 31

 

Questo è ponto sostanziale, sopra di cui parmi aver preinteso che siansi trasmessa rappresentanze ben assodate, perciò a quelle mi rimetto.

 

§ IV

Delle Bolle della Crociata

 

Nel mese di marzo se n'è fatto l'arrendamento a carico di don Antonio Simon per anni sei avvenire, mediante l'annua somma di scuti 5.800, che di molto eccede quel tanto che ha prodotto pendente il tempo che son state tenute all'economia, come del tutto se n'è son già fatte le opportune rappresentanze, onde non mi resta altro più che suggerire.

 

§ V

Delle saline

 

Per far che questi sali acquistino qualche maggior credito, onde se ne possa far esito, conviene procurare di migliorarli, a quest'effetto si son praticate, e si vanno tuttavia pratticando, molte diligenze e particolarmente si son fatti stradoni dentro le saline, per mezzo de' quali si ha la comodità di cavar il sale ne' luoghi dove si vede più depurato et come l'escavazione si fa con le carrette a bovi, perciò s'è deputato un preposto a questo travaglio, il quale fra le altre sue incombenze resta incaricato di non ammetter quelle che vengono col sale sporco, attende a questo un mastro trapanese, il quale per quanto inteso è persona molto esperta in quest'affare, e lo stesso assicura che medianti le diligenze suddette et altre il sale si migliorerà, mentre la qualità intrinseca dello stesso è competentemente buona.

A riguardo del provento già fatto avea qualche aumento, presentemente però non se ne trova l'esito fuori del Regno, per ristabilirne il commercio converrebbe diminuirne il prezzo e ridurlo a segno che fosse inferiore a quello di Trapani // 31v. per esser inferiore nella qualità, in tal forma riuscirà di farne esito considerabile, se ne stabilirà il commercio, se ne farà maggior riccolta, il che ridonderà a beneficio de' paesani che vi lavorano attorno, et per contro non facendone esito sendovene già molta quantità di raccolto, questo consuma notabilmente e si tralascia di farne maggior escavazione.

Ed a questo proposito non devo tralasciar la notizia avuta che due anni sono aveva la Repubblica di Lucca cominciato a provvedersi di questi sali per mezzo d'un mercante livornese, che corrispondeva con questi mercanti Musso e Cavazza, ma per causa del prezzo ha tralasciato di farne la provvisione.

Ma è pur stato suggerito che potrebbesi avanzar spesa col far imbarcare il sale che va fuori Regno nella spiaggia del Lazaretto che si ritrova vicino alle saline, mentre in tal modo si risparmia di tradurre il sale sopra li battelli sino al molo, come al presente si fa sul motivo d'evitare li sfrosi, alchè si potrebbe provvedere con altre attenzioni.

 

§ VI

Delle cause patrimoniali vertenti avanti l'Intendenza

 

Se ne rimette un stato.

 

§ VII

Delle pellaterie

 

Sarà facile d'introdurre nel Regno maggior numero di pellaterie, perché il Paese abbonda di corami, de' quali se fa copiosa estrazione in Terraferma. Non sarà così facile il megliorarne l'acconcio, salvo che si facessero venire i mastri più inteligenti di questi regnicoli, con una tal migliorazione, oltre che se ne arricchirebbe il commercio s'avvanzerebbe di far venire da Terraferma li corami, che son necessari per la // 32 truppa, come si fa al presente, mentre quelli del Regno son di pochissima durata.

 

§ VIII

Della pesca de' coralli

 

Sendo questi regnicoli abbili per la Marina, benché poco affezionati, potrebbe sperarsi nulla di meno che si disponessero a far la pesca de' coralli da lor stessi, sempre che vi fosse nel Regno persona che potesse intraprender questo negozio et somministrare il fondo necessario per detta pesca nel modo che presentemente si fa da' mercanti livornesi, napolitani, siciliani e genovesi, ho presentito esservi qualche persona che abbi progettato partiti su fatto che saranno costà trasmessi dall'intendente, perciò non m'estendo più oltre.

 

§ IX

Del traffico d’oglio, agrumi e sete

 

Potrebbesi anche sperare l'introduzione del traffico d'oglio et agrumi, de' quali veramente in qualche parte ne abbonda il Paese, ma la pigrizia de' regnicoli che trascurano di inserire le piante e farvi la dovuta attenzione attorno d'esse, nonostante che sia previsto opportunamente nelle Prammatiche, le quali in questo particolare mai hanno avuta la sua osservanza, mi fa dubitare dell'esito. So che anche sopra di questo si sono trasmessi progetti e ad essi mi rimetto.

Rispetto al piantamento de' mori gelsi, son pochissimi quelli che vi si applicano, principalmente perché li Napolitani tengono provvista quest'isola delle loro sete, a prezzo conveniente, ma elle sono di poco buona qualità.

In Sassari vi è qualche particolare che si è dilettato far seta, lo stesso in Orgosolo dove vi son donne che la sanno filare ma questi son casi molto rari e dicono che ne ritraggono ben poco profitto, // 32v. onde non è sperabile che se ne faccia maggior introduzione.

 

§ X

Del rimettersi la Zecca

 

Anche sopra quest'articolo si sono transmessi progetti e bilanci a' quali mi rimetto.

 

§ XI

Dell'Isole della Madalena, Capraia e Sparzi

 

Mi resta per ultimo di far menzione di quest'isole esistenti tra la Gallura e Corsica, queste è già da molto tempo che sono occupate da Corsi, benché si credano aggiacenti alla Sardegna, ma in questo proposito per quante diligenze siansi fatte non è riuscito di ritrovare altri documenti per dedurne proprietà o possesso, salvo li due che si trasmettono.

 

Et questo è quanto. Supplicando di benigno compatimento. Cagliari li 30 aprile 1731 // 33

 

 



 

[1] Nel testo non è indicato il nome proprio.

 

[2] Nel testo non è indicato il nome proprio.

 

[3] J. Dexart, Capitula sive acta curiarum Regni Sardiniae, I, ex Typographia doctoris don Antonii Galcerin, Calari 1645, Proemium, § 8, 12.

 

[4] Dexart, Capitula sive acta cit., I, lib. I, tit. II, cap. 1, 19-25.

 

[5] Dexart, Capitula sive acta cit., a’ luoghi cittati.

 

[6] Et questo puotrà esser un ben forte motivo per fare che l'arcivescovato controscritto venga sempre conferito a personaggio, della cui dipendenza ne sia la Corte ben accertata.

 

[7] La prima voce del Stamento Militare spetta al marchese di Villasor, per esser egli il primo titolato del Regno a tenor della sentenza proferta dal Real Udienza nel giorno 1° luglio 1602. Il secondo è il marchese di Quirra, onde il marchese di Laconi non viene ad esser che il terzo in ordine ma perché li due che il precedono fanno la lor dimora fuori del Regno, perciò gode di tal prerogativa il marchese di Laconi, che è presente.

 

[8] Nemo Codex, De episcopali audientia.

 

[9] F. de Vico, Leyes y Pragmaticas reales del Reyno de Çerdeña, en la emprenta real, Napoles 1640, tit. XXVI, per totum.

 

[10] Vico, Leyes y Pragmaticas cit., tit. XXX per totum; Pregon general mandado publicar por el Excelentisimo Señor Don Fernando de Moncada, Aragón, la Cerda y Caetano, duque de San Juan ... sobre todas las materias pertinecientes a la buena administración de justicia, en la emprenta de Santo Domingo, Caller 1700, capp. 51 et 52; Pregon del barone di Saint Rémy del 17 settembre 1720 (ora in Editti, pregoni ed altri provvedimenti emanati pel Regno di Sardegna, I, nella Reale Stamperia, Cagliari 1775, tit, VIII, ord. I, 192).

 

[11] Pregon general cit., cap. 53.

 

[12] Vico, Leyes y Pragmaticas cit., titolo XLVIII, capp. 1, 2 et 3.

 

[13] Nota a margine di altra scrittura Degl'uffiziali dell'Inquisizione che diconsi varras.

 

[14] 12 maggio 1561.

 

[15] Vico, Leyes y Pragmaticas cit., tit. XI, cap. 12.

 

[16] Nota a margine di altra scrittura Relazione alla raccolta fatta dal conte Beltramo circa le materie ecclesiastiche.

 

[17] Vico, Leyes y Pragmaticas cit., tit. XI, cap. 12.

 

[18] Carta de Logu, cap. 80; Vico, Leyes y Pragmaticas cit., tit. XI, cap. 2.

 

[19] Vico, Leyes y Pragmaticas cit., tit. II, per totum.

 

[20] Vico, Leyes y Pragmaticas cit., tit. XIV, per totum.

 

[21] Dexart, Capitula sive acta cit., lib.III, tit. X, cap. 20, 779-780.

 

[22] Pregone del ducca di San Giovanni publicato li 23 agosto 1700.

 

[23] Si parla in questo luogo di quest'officii attesa la parte che hanno li ministri della Real Udienza nel formar la terna delle nomine.

 

[24] Vico, Leyes y Pragmaticas cit., tit. V, per totum.

 

[25] 8 febraro 1567.

 

[26] Vico Leyes y Pragmaticas cit., tit V, cap. 4.

 

[27] Vico, Leyes cit., tit. V, cap. 5.

 

[28] Vico, Leyes y Pragmaticas cit., tit. III, cap. 7.

 

[29] Canon clerici et ibi ab ne vita et tametsi clerici canon sed nec procurationes et ibi ab ne clerici vel monachi.

 

[30] Dexart, Capitula sive acta cit., 586.

 

[31] Vico, Leyes y Pragmaticas cit., tit VIII, cap. 1.

 

[32] Sub 11 octobris 1642.

 

[33] Vico, Leyes y Pragmaticas cit., tit. VIII, cap. 2.