N. 8 – 2009 – Note & Rassegne

 

La quaestio dell'indebitamento estero nella posizione della Chiesa Cattolica: aggiornamenti*

 

Raffaele Coppola

Università di Bari

 

 

Sommario: 1. Usura e debito internazionale. – 2. I princìpi della Carta di Sant'Agata de' Goti. – 3. Usura e debito internazionale. Il fondamento etico ed antropologico dei diritti umani in Giovanni Paolo II. – 4. Il pensiero di Benedetto XVI e i suoi ultimi sviluppi. – 5. L'incedere delle regole.

 

 

1. – Usura e debito internazionale

 

Una parte delle considerazioni odierne si riconnette ad altri lavori, da me precedentemente svolti sul tema. Ricordo, innanzi tutto, che l'analisi della dottrina della Chiesa cattolica nello specifico settore si modella sull'insegnamento tradizionale circa i prestiti contratti con usura, applicato in modo nuovo e differenziato alla situazione prevalente del debito internazionale: esso non concerne direttamente i singoli individui (quantunque estesa appaia l'incidenza del male), ma grandi moltitudini nei Paesi più miseri del globo.

Quest'analisi, da qualunque angolo visuale vogliano valutarsi i suoi risultati, mostra una posizione di ferma riprovazione del triste fenomeno, che assume proporzioni gigantesche specialmente nell'Africa sub-sahariana e in altri Paesi fortemente indebitati del Meridione del mondo anche a causa delle frequenti migrazioni e dei conflitti armati, che non di rado insanguinano quelle regioni. Al pari della piaga dell'AIDS e di consimili flagelli, i dati della Banca Mondiale sulla geografia del debito registrano il non invidiabile primato del Continente africano, seguito dall'America latina e dal Sud-est asiatico. Sul caso dell'America latina, in generale, il Presidente Filinto Durán Chuecos illustrerà le iniziative del Parlamento, mentre il Direttore Espeche Gil ci parlerà di alcuni progressi “giuridici” in tema di debito estero con riferimento alla Norvegia e all'Ecuador.

Anche se il debito “estero” è sempre esistito, nel presente intervento intendiamo far riferimento al fenomeno prodottosi nel mondo con la crisi petrolifera dell'autunno 1973, che è andato via via assumendo dimensioni e connotati sempre più preoccupanti, specialmente a partire dal 1986, per l'intrecciarsi con gli incombenti pericoli della globalizzazione economica. È di quest'epoca il celebre documento della Commissione, ora Pontificio Consiglio de Iustitia et Pace, avente ad oggetto un approccio etico al debito internazionale, elaborato secondo una linea di lavoro scientifico volta al superamento delle divisioni tra economia, diritto, morale e religione.

 

 

2. – I princìpi della Carta di Sant'Agata de' Goti

 

Nel novero dei rimedi proposti va inclusa la riflessione di un gruppo di giuristi, cooptati ed incoraggiati da S. Ecc. Mons. Mario Paciello, che ha condotto all’approvazione il 29 settembre 1997 della “Dichiarazione su usura e debito internazionale”, meglio conosciuta come Carta di Sant’Agata de' Goti, sulla cui applicazione si soffermerà il prof. Orazio Francesco Piazza. Premessa l’irrinunciabilità di alcune fondamentali istanze etiche – l’importanza del diritto alla vita, l’universale destinazione dei beni della terra (compatibile con l’esistenza del diritto di proprietà), l’equità, la priorità delle istanze dei più deboli – il documento individua determinati princìpi inerenti alla tradizione giuridica occidentale, nel solco dei capisaldi del diritto romano e pertinenti anche alla tradizione canonica, che costituiscono fonte del diritto internazionale.

Ci limitiamo in questo intervento solo ad elencarli: buona fede oggettiva nella formazione, interpretazione ed esecuzione dei contratti - libertà contrattuale - divieto di culpa in contrahendo - causalità dei contratti - equità - laesio enormis/eccessivo squilibrio delle prestazioni - divieto di accordi usurari - diligenza del debitore - rebus sic stantibus/eccessiva onerosità sopravvenuta - favor debitoris - divieto di abuso di diritto - beneficium competentiae - inviolabilità dei diritti umani, in particolare del diritto alla vita - autodeterminazione dei popoli.

 

 

3. – Usura e debito internazionale. Il fondamento etico e antropologico dei diritti umani in Giovanni Paolo II

 

Nella lectio magistralis, tenuta sabato 12 maggio 2003 per il conferimento della laurea honoris causa in giurisprudenza da parte dell'Università di Roma “La Sapienza”, il Santo Padre Giovanni Paolo II, di venerata memoria, ha messo a confronto la concezione della Chiesa e del suo ordinamento sulla persona umana ed i connessi diritti, valorizzandone il contenuto etico e squisitamente antropologico, con le molteplici Dichiarazioni internazionali dei diritti dell’uomo, da quella dell’Assemblea generale dell’ONU del 1948 ad altre successive, accolte sempre con favore dalla Chiesa, nonostante la mancata ricognizione di quei fondamenti, che per essa risiedono, appunto, nella dimensione trascendente della persona, nella sua qualità di “creatura fatta ad immagine e somiglianza di Dio”.

Oltre al primo e più fondamentale diritto, che è quello alla vita, sacra ed inviolabile dal concepimento al suo naturale tramonto, Giovanni Paolo II ha messo in luce i suoi sforzi perché fossero espressi in norme giuridiche cogenti, richiamando numerosi interventi magisteriali (di diverso peso) del suo lungo e glorioso Pontificato, il diritto alla proprietà privata, che non va mai disgiunto dal più fondamentale principio della universale destinazione dei beni della terra (come abbiamo visto); il diritto all’iniziativa economica e il diritto all’abitazione; il diritto all’educazione e alla cultura, pena l’emarginazione per la grande povertà dell’analfabetismo; il diritto delle minoranze ad esistere ed a preservare la propria cultura; il diritto al lavoro e i diritti dei lavoratori.

Non c’è chi non veda come questo panorama, da cui ho espunto alcuni importanti diritti, richiamando l’esistenza di visibili o striscianti violazioni anche al di là del tenore delle norme predisposte alla loro salvaguardia, ben s’attagli alla condizione di debito dei Paesi sottosviluppati, allo sfruttamento (consapevole o meno) delle loro risorse da parte dei Paesi industrializzati, agli enormi crediti che essi vantano e che sono assolutamente inesigibili nei confronti di Paesi il cui prodotto interno lordo non è nemmeno in grado di assicurare il minimo di sopravvivenza e di dignità ai propri cittadini.

Si tratta di una situazione di oppressione in cui l’esercizio di qualsiasi diritto risulta compromesso o, quanto meno, messo in forse; di una situazione disperata, che è la causa remota di tutti gli squilibri mondiali, generatrice del traffico di armi e di droga, nonché del terrorismo, che assumono di giorno in giorno dimensioni sempre più preoccupanti.

 

 

4. – Il pensiero di Benedetto XVI e suoi ultimi sviluppi

 

Come Sua Santità Benedetto XVI ha avuto occasione di ricordare in più occasioni, nel solco del magistero del suo predecessore, l'auspicato “comune impegno” dei responsabili delle Nazioni Unite e di ogni persona di buona volontà va finalizzato con lungimirante coraggio a contrastare, grazie al contributo di tutti, il dominio dei più forti e l'egoismo dei Paesi più ricchi; a superare le molteplici disuguaglianze e le ingiustizie mediante la ricerca di nuove forme di solidarietà, che abbiano a cuore l'inviolabile dignità della vita umana ed il vero bene di ogni popolo; ad incoraggiare un'effettiva corresponsabilità riguardo al debito internazionale sia per ciò che concerne le sue cause sia per le più efficaci soluzioni; a promuovere la collaborazione internazionale, assumendo altresì misure decise e condivise per assicurare la sopravvivenza di interi popoli e nazioni.

In particolare va rilevato, per l'imponenza della crisi mondiale esistente, che la lotta alla povertà richiede una cooperazione sia sul piano economico sia su quello giuridico (insisto sul piano giuridico, non per deformazione professionale), che permetterà alla Comunità internazionale e, in particolare, ai Paesi poveri di individuare ed attuare soluzioni coordinate per affrontare gli incombenti problemi, realizzando un efficace quadro giuridico per l'economia.

Sono parole di Benedetto XVI nel suo messaggio dello scorso 8 dicembre per la celebrazione della giornata mondiale della pace, 1° gennaio 2009. In altro àmbito il tema delle “nuove regole”, questa volta per i Paesi che detengono i fondi sovrani e per quelli che ricevono gli investimenti, affrontato in un recente articolo comparso a marzo su “La Civiltà cattolica” (Larivera), sarà probabilmente ripreso dall'attesa enciclica sociale, la terza di Benedetto XVI, Caritas in Veritate, in merito allo sviluppo, alla povertà, alla pace, alla globalizzazione, alla tutela dell'ambiente ed alla sussidiarietà. Il tema del debito vi sarà dunque ricompreso, direttamente o indirettamente.

 

 

5. – L'incedere delle regole

 

L'esigenza di nuove regole, che è il tema su cui ruota per noi la questione del debito internazionale, investe il protagonismo dello Stato nella misura in cui viene auspicata, con riferimento alla grave crisi odierna, la necessità di un mercato e soprattutto di un sistema bancario, in cui le regole e la presenza dello Stato siano determinanti (Baget Bozzo). È da notare che il Governo italiano ha reagito con intelligenza alla crisi, proponendo un G-8 aperto ai Paesi emergenti come la sede in cui riscrivere le regole del sistema finanziario mondiale. Il consenso degli Stati sulle regole è la nuova condizione su cui rifondare la fiducia verso la finanza e l'economia.

Nuove regole, quindi, anche per il debito dei Paesi poveri, da intendere nel senso di ricostruzione del quadro giuridico del debito (Sciso). Ciò conforta la linea seguita dal nostro gruppo di lavoro e di studio anche in seno al Convegno B12 della V edizione del Simposio “Un nuovo umanesimo per l'Europa” (22 giugno 2007): si tratta della più volte esigita richiesta di parere alla Corte di Giustizia dell'Aja sulle regole e sui princìpi applicabili in materia di debito internazionale dei PVS, tenendo conto dei princìpi generali del diritto e dei diritti dell'uomo e dei popoli, quali espressi, fra gli altri documenti, dalla menzionata Carta di Sant'Agata de' Goti, redatta, come abbiamo visto, sul fondamento del diritto romano e del diritto canonico (un moderno, rivisitato utrumque ius).

Per abbattere il debito, a parte le nuove regole, oltre cioè l'applicazione ad esso dei princìpi generali del diritto, veramente stringente è il dovere d'investire risorse nei Paesi poveri per farli partecipare alla crescita economica.

L'ingresso progressivo di miliardi di persone nel ciclo economico costituirebbe per i Paesi ricchi un vero patrimonio sul piano morale e materiale. In un mondo globalizzato nessuno può salvarsi da solo, anzi, come scrive Ettore Gotti Tedeschi sulla prima pagina de L'Osservatore romano, la “bolla umanitaria”non solo non è per nulla rischiosa ma anche è l'unica che potrebbe salvarci.

 

 



 

* Intervento introduttivo al II Seminario di studi «Tradizione repubblicana romana» - La lotta contro l'usura dal Monte Sacro al Campidoglio, Roma 17 dicembre 2008. Il seminario in oggetto, inaugurato il 15 dicembre in Campidoglio, Sala della Protomoteca, è stato organizzato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, Unità di ricerca “Giorgio La Pira”, unitamente con l'Università di Roma “La Sapienza”.