ds_gen N. 8 – 2009 – Memorie//XXIX-Roma-Terza-Roma

 

Machkam Machmudov

Accademia delle Scienze del Tagikistan

 

Abdurachim Chalikov

Università Statale Nazionale del Tagikistan, Dušanbe

 

DIFFUSIONE E MOMENTI CHIAVE DELL’AFFERMAZIONE DELLA DIFFUSIONE

DELLA TRADIZIONE ROMANA IN ORIENTE*

 

 

I

 

Fustel de Coulanges cercando di scoprire i segreti della grandezza del popolo romano già alla fine del XIX secolo, è giunto a questa semplice, ma geniale conclusione: «Questo grande evento si spiega tuttavia semplicemente con le ragioni comuni che determinano il corso di tutte le cose umane. La saggezza romana consisteva, come qualunque saggezza, nello sfruttare le circostanze propizie che le si presentavano»[1]. Ed effettivamente è stato così. Altrimenti fra migliaia di comunità greche ed italiane, la comunità arrivata da Troia[2] con Enea, sacerdote e fondatore, non avrebbe potuto sottomettere il mondo.

          La storia conosce non poche civiltà, ma quella romana a ragione di molteplici fattori si distingue in modo particolare da tutte le altre. Storici, politologi, filosofi, giuristi ed altri scienziati spiegano questa particolarità a modo proprio. In qualità di giuristi, vogliamo concentrare l’attenzione e le osservazioni degli ascoltatori sul fondamento giuridico di questa grandiosa formazione statale senza approfondire i problemi e le motivazioni delle concezioni indicate. Lo Stato romano attraverso le tre forme di governo ed organizzazione del regno, della repubblica e dell’Impero, ha avuto più o meno una durata di 12 secoli, ed ha donato al mondo ed anche all’Oriente non pochi valori. Una tale stabilità e longevità sono caratteristiche della civiltà egiziana e di quella romana. Se la civiltà egiziana, grazie alla potenza e alla forza dei faraoni, alla solida dottrina religiosa degli antichi egizi e all’assenza di grandi e forti imperi nemici, riuscì a resistere alle contrarietà della storia e alle altre civiltà, una tale fermezza, stabilità e longevità dello Stato romano, quando sia in Oriente sia in Occidente crescevano contemporaneamente altre civiltà, sono state determinate sicuramente da altri fattori. Fra questi fattori, aveva certamente un ruolo sostanziale un ben elaborato sistema giuridico, che conosceva il meccanismo di ripartizione dei diritti e delle libertà e che era flessibile nel riconoscere le varie possibilità in ogni concreto caso giuridico. Questa giurisprudenza nonostante il difficile cammino, la complessità dell’epoca e le contrarietà della storia, si è sempre mossa in direzione della giustizia, della verità, e si è sempre basata sulla ragione umana e sugli interessi della società. In questo si trova a nostro avviso la ragione della longevità dello Stato romano.

          Questo non è tutto. Con la disgregazione della civiltà romana, i valori giuridici, le tradizioni della regolamentazione giuridica e gli istituti dell’amministrazione statale sono stati tramandati ai suoi successori in tutte le periferie di questo grandioso Stato. In particolare ciò è avvenuto soprattutto attraverso l’Impero romano d’Oriente – Bisanzio. Gli storici del diritto a ragione affermano che i limiti cronologici della storia del diritto romano sono significantemente più ampi dei limiti cronologici dello Stato e comprendono, in primo luogo, il periodo dei 12 secoli, che va dal governo dei re datato a partire dall’anno della fondazione di Roma (753 a.C.) fino alla sua caduta in seguito all’invasione barbarica del 476 a.C., in secondo luogo, il periodo di mille anni legato all’ascesa, alla fioritura e alla decadenza dell’Impero romano d’Oriente (con capitale Costantinopoli) e all’evoluzione del diritto nel quadro della storia di questo Impero[3] (più tardi chiamato bizantino). Così il diritto romano continuò ad essere la fonte della regolamentazione dei rapporti sociali in tutti gli spazi del continente Euroasiatico. I suoi echi e i suoi meccanismi universali di regolamentazione giuridica sono successivamente arrivati ai nostri tempi e sono serviti da base per la creazione del celebre codice francese di Napoleone del 1804. Sull’universalità di questo sistema giuridico si sono espressi successivamente sia i sostenitori della scuola giuridica storica del diritto, sia i normativisti e perfino i marxisti l’hanno menzionata con toni positivi.

 

 

II

 

Durante il periodo di decadenza dell’Impero romano d’Occidente e di ascesa dell’Impero romano d’Oriente e nel periodo in cui si formavano nuovi Stati nella zona dell’Eurasia, l’influenza delle antiche culture giuridiche è stata molto significativa. La cultura giuridica cinese, indiana, zoroastriana e romana, come focolai di civiltà non sopite, hanno arricchito con mezzi giuridici e tradizioni le amministrazioni delle nuove formazioni statali. Oltre che dall’Impero bizantino, gli echi della cultura giuridica romana erano percepiti dalla Cina, dall’India, dall’Impero di Kushan, dal regno dei Parti e dall’Impero Sassanide. In generale il diritto romano come militante esperienza di regolamentazione giuridica dei popoli antichi si è gradualmente diffuso in Oriente attraverso le vie commerciali, flussi migratori e la conquista di territori. La vera natura della città degli Stati dell’Impero romano, la civitas romana, a differenza della polis greca, era predisposta soprattutto a risolvere non le questioni culturali e sociali, ma piuttosto quelle espansionistiche, la qual cosa ha inciso in maniera determinante non solo sulla comprensione da parte dei romani dei propri diritti e doveri, ma ha contribuito all’imposizione e alla diffusione delle loro tradizioni. La presa di coscienza dell’opposizione degli interessi della comunità romana con gli interessi dei popoli sottomessi all’organizzazione statale romana ha creato il terreno per la conoscenza e la divisione del diritto pubblico e privato, e nel momento dell’espansione dell’Impero in Oriente, ha creato il fondamento per un diritto dei vinti e dei vincitori. Nonostante lo spostamento dei confini di Roma da Troia verso Oriente, la sincretizzazione e la fusione della tradizione dell’amministrazione e della regolamentazione dei sottomessi e dei conquistatori procedevano gradualmente.

E’ caratteristico che l’assimilazione e la rielaborazione dell’eredità giuridica romana verso nuovi orizzonti, non ha portato alla liquidazione degli istituti giuridici costituitisi storicamente, e il diritto tradizionale per lungo tempo ha coesistito con il nuovo diritto recepito. Prese avvio un forte, ma pacifico processo di sincretizzazione e di assimilazione dei valori giuridici di diverse culture giuridiche antiche. Ma l’eredità giuridica romana nella maggior parte dei casi fu l’elemento catalizzatore fondamentale di queste trasformazioni giuridiche. La tradizione amministrativa della città delle polis greche e delle civitates romane si incontrava non solo con l’Impero romano d’Oriente, ma a seguito di brevi contatti tra antiche culture e di scontri delle civiltà, si incontrava anche nelle profondità degli spazi asiatici. Le polis dei Parti e di altri principati dell’Asia centrale sono una dimostrazione di quanto detto.

 

 

III

 

E’ interessante il fatto che la diffusione della tradizione romana dalla prima Roma verso la seconda, Costantinopoli, e da quest’ultima alla terza Roma, Mosca, caratterizza un movimento ondulatorio dell’influenza politica, culturale e giuridica unitaria di un’unica civiltà che aveva in una certa misura obiettivi comuni, valori universali, stessi interessi in epoche storiche che si susseguivano velocemente. Tale movimento ed espansione della cultura politica romana è caratterizzato non solo dalla continuità della regolamentazione giuridica e dalle tradizioni amministrative, ma anche dal tentativo di riprodurre le passate glorie dei grandi imperatori romani ad ogni nuovo regime politico ed ad ogni cambio dinastico in cui i governatori agivano nel forte riflesso degli atti politici dei predecessori. Tale imitazione giuridica e politico-militare, sotto la spinta del fattore religioso, servì da base per la rinascita della seconda e della terza Roma. Una tale imitazione e una salda continuità in momenti storici coincidenti portò alla ripetizione della tradizione e delle imprese storiche. Era evidente non la ripetizione, ma la combinazione degli elementi che storicamente si ripetono. Il processo storico testimonia che la pace universale stabilita da Augusto nella prima Roma lungo le rive del Tevere, venne stabilita da Costantino nella seconda Roma lungo le rive del Bosforo; quando l’Impero di Costantinopoli dopo la triplice caduta e rinascita nei secoli VII, XI e XIII dell’era cristiana- si sottomise agli infedeli turchi nel 1453, lo scettro passò alla Terza Roma, Mosca, il cui Impero, come predetto, sarebbe stato eterno. Giustamente nota A. Toynbee che: «Mosca in qualità di erede della potenza romana ha ereditato anche le conquiste dei greci, predecessori di Roma; e come se non bastasse, essa era anche baluardo scelto da Dio della grande religione straniera, il cristianesimo, accolto dal mondo greco-latino nella speranza di una rinascita spirituale. Mosca era quindi erede della Grecia, di Roma e di Cristo, e attraverso Cristo, del popolo eletto da Dio, Israele. La vocazione di Mosca appariva agli occhi dei moscoviti tanto convincente quanto unica»[4]. Essa era legata con nodi politici e giuridici ai grandi imperatori romani e alle tradizioni giuridiche romane, e nello spirito godeva della dottrina cristiana e scientificamente cercava una base d’appoggio nei filosofia e nella tradizione amministrativa greca.

          Come giustamente nota V.G. Grafskij questo indirizzo di sviluppo della tradizione cominciò già nella fase iniziale dell’espansione dell’Impero romano. Dell’elaborazione della cultura giuridica dell’Europa occidentale si occupavano principalmente le tribù dei Germani e i regni da loro fondati. Tuttavia per la costruzione del nuovo edificio della cultura fu usato sia il materiale vecchio (dell’antica Roma) sia il materiale nuovo, quello proprio alle comunità germaniche e all’alto feudalesimo. Il cristianesimo[5] divenne custode sui generis dell’antica cultura linguistica e giuridica, nonché un’importante forza di integrazione, sia qui, sia in Europa orientale (Bisanzio, Antica Rus’).

          Le particolarità del passaggio della tradizione romana alla Rus’. I russi nel X secolo hanno volontariamente ripreso da Bisanzio il cristianesimo ortodosso orientale. L’accettazione volontaria del cristianesimo è testimonianza di una scelta consapevole a favore della fede cristiana rispetto alle altre religioni esistenti che avrebbero potuto scegliere. Per i russi una fede alternativa sarebbe stata quella giudaica, che già all’inizio dell’VIII secolo era stata abbracciata dai Khazari della steppa, o l’islam che si era fortemente diffuso fra le tribù dei bulgari del Volga. Ma la scelta dei russi cadde consapevolmente dalla parte di Bisanzio a favore del cristianesimo. Dopo la presa di Costantinopoli da parte dei turchi nel 1453 e la scomparsa degli ultimi baluardi dell’Impero romano d’Oriente, il principato di Mosca, che era stato il caposaldo della lotta del cristianesimo ortodosso russo sia contro i musulmani e sia contro i cattolici, timidamente e senza eccessivo rumore fece proprio il retaggio bizantino. Il principato moscovita appariva uno stato ortodosso centralizzato non solo al suo interno, ma anche a livello internazionale, e attirava l’attenzione e speranze poiché si ergeva a difensore della cultura del cristianesimo e del ricchissimo retaggio dell’Impero bizantino e quindi anche della tradizione della cultura giuridica romana. Nel 1472 il Gran principe di Mosca Ivan III aveva sposato Sofia Paleologo, nipote dell’ultimo detentore greco della corona dell’Impero romano d’Oriente a Costantinopoli. Nel 1547 Ivan IV il Terribile fu incoronato zar ovvero imperatore romano d’Oriente. All’ultima tappa della continuità della tradizione romana orientale si giunse nel 1589 quando il metropolita di Mosca ottenne l’indipendenza e il titolo di patriarca[6]. Così, de facto- la diffusione della tradizione romana in Oriente fu sancita giuridicamente con la creazione e l’approvazione di una serie di documenti giuridici che promulgavano questa continuità- de iure.

          Ci sembra inoltre che l’idea di Mosca-Terza Roma a quell’epoca sia stata insistentemente propagandata dai gerarchi religiosi russi. Sebbene si percepissero sempre più anno dopo anno in quell’epoca i fattori politici, giuridici e religiosi dello sviluppo del retaggio e della tradizione romana in Oriente, i più attivi fra i rappresentanti dei vari strati della gerarchia erano i metropoliti e i monaci della Russia di quel tempo. Essi portando avanti questa missione religiosa non hanno mai dimenticato l’Impero romano d’Occidente e l’Impero romano d’Oriente e il loro ruolo di sostenitori del cristianesimo. Proprio per questo motivo rivolgendosi ai governanti, essi definivano sempre più spesso Mosca, Terza Roma, che aveva fatto suo il compito internazionale di difesa e di sviluppo della religione. Certamente la classe dirigente della Russia di allora, a parte tutto, attraverso questa idea riuscì a realizzare con successo anche altri obiettivi sociali, politici e internazionali. Inoltre non bisogna dimenticare che tutto ciò non sarebbe stato possibile se non si fosse considerata la grande potenza e la ricca esperienza giuridica, politica e religiosa della Prima e della Seconda Roma, le quali non solo hanno attirato l’attenzione della Russia verso il proprio retaggio, ma come nuovo elemento dello sviluppo politico e giuridico della società russa, hanno contribuito all’ulteriore conservazione della vecchia civiltà in nuove condizioni tenendo conto degli interessi dei popoli della Russia.

          Toynbee nota che i russi (sarebbe più corretto segnalare che inizialmente si era trattato dei gerarchi religiosi e della classe dirigente politica della Russia- M.M.) capivano bene ciò rivendicavano. Nella lettera del monaco Filofej del monastero Elazarov di Pskov, indirizzata al gran principe di Mosca Vasilij III (1479-1533, gran principe dal 1505), è chiaramente espresso il senso dell’immagine della nuova Roma: «La Chiesa dell’antica Roma è caduta a causa della sua eresia; le porte della seconda Roma, Costantinopoli, sono state abbattute dalle armi dagli infedeli turchi; ma la Chiesa della Moscovia, la nuova Roma, splende più del Sole in tutto l’ecumene ... le due Rome sono cadute, ma la Terza sta salda, e una quarta non ci sarà»[7]. Già il metropolita di Mosca, Zosima, chiamava Ivan III “nuovo imperatore Costantino”, e Mosca “la nuova città di Costantino”.

 

 

IV

 

Secondo l’opinione di una serie di storici classici, che si basano sull’analisi dell’Impero romano d’Occidente e dell’Impero romano d’Oriente, bisogna necessariamente tenere in considerazione anche gli aspetti negativi dovuti alla recezione dell’eredità romana da parte di Bisanzio e successivamente da parte di Mosca Terza Roma. Per esempio, Toynbee ritiene che lo Stato bizantino, limitando l’autonomia e la libertà della Chiesa ortodossa d’Oriente, l’aveva trasformata in una parte dello Stato romano d’Oriente medievale. Uno Stato in cui il ruolo della religione è così sottomesso è definito totalitario. Lo Stato totalitario bizantino medievale, portato alla vita con la rinascita dell’Impero romano a Costantinopoli, esercitò un’influenza distruttiva sulla civiltà bizantina. Si trattò di uno spirito malvagio che offuscò, distrusse e arrestò lo sviluppo della società che aveva richiamato questo demone[8]. Il ricchissimo potenziale della cultura bizantina, bloccato dalle catene dello Stato totalitario, prorompe in scoppi di originalità in regioni situate oltre i confini del potere dell’Impero romano d’Oriente o nelle ultime generazioni apparse già dopo la caduta dell’Impero ... La Rus’, che non è stata colpita dai cataclismi dello Stato totalitario, grazie alla sua lontananza, come un neofita della cristianità bizantina, per ironia della sorte è diventata l’erede dell’Impero bizantino. Secondo le notizie degli studiosi occidentali, tale trasmissione all’inizio era stata predestinata alla potenze orientali e non occidentali. Ma successivamente secondo l’opinione dei ricercatori occidentali al fine di concentrare e custodire il potere politico, essi (i russi) elaborarono una propria variante dello Stato totalitario. Il gran principato moscovita è divenuto il laboratorio per questo esperimento politico. Secondo Toynbee la Russia ereditò da Bisanzio l’inclinazione all’ortodossia e la fede nella predestinazione. In tal modo sotto l’angolazione dell’eredità bizantina in Russia, dal punto di vista degli studiosi occidentali, noi troviamo la comunanza di quei fattori negativi che si hanno sia nella seconda che nella terza Roma ... è possibile che ciò derivi da quello stesso dibattito sull’elezione. Conformemente al citato dibattito, gli occidentali o franchi credono sinceramente nel fatto che essi siano i diretti discendenti di Israele, della Grecia e di Roma ... discendenti della Terra promessa, naturali portatori del futuro. I bizantini al contrario pensano di essere loro i discendenti della Terra promessa, il popolo eletto.

 

 

V

 

Senza approfondire questo dibattito sui popoli della Terra promessa, riteniamo necessario guardare le particolarità della diffusione della tradizione dell’antica Roma in Oriente e le sue conseguenze positive. Come sappiamo dalla storia, l’ortodossia fino all’VIII secolo si differenziava poco dal cattolicesimo, le istituzioni statali e la legislazione per molto tempo avevano conservato le tracce della continuità con le istituzioni e le leggi degli antichi romani[9].

          Nell’Impero romano d’Oriente tutta l’amministrazione era concentrata intorno alla figura dell’Imperatore. L’imperatore, come gli imperatori romani dei primi secoli dell’Impero, guidava il Paese con l’aiuto del senato (organo consultivo sulle questioni della pace e della guerra presieduto da un prefetto-governatore della capitale). E’ interessante il fatto che l’ascesa della carica di governatore della capitale (che è esistita nella storia medievale dei popoli dell’Asia centrale e la sua nomina a capo del senato esiste anche adesso in Tagikistan, ma circa il riconoscimento che si tratti di un’eredità bizantina non ci sono ancora testimonianze dirette), e il consiglio statale, che agiva sotto la presidenza del questore tra le cui competenze rientravano le questioni amministrative correnti e le funzioni giudiziarie. Anche lo Stato dei Parti aveva un consiglio statale analogo.

Accanto alla figura dell’imperatore c’erano anche altre cariche ufficiali quali: il prefetto (eparca) della capitale, il capo di palazzo, il questore, due magistrature dell’esercito, due prefetti pretori (dell’Asia minore e della pretura illirica nei Balcani). Per quanto riguarda la carica di capo di palazzo, tale carica la rileviamo anche nello stato dei Samanidi sotto il nome “Chadzhibi buzurg” e che dirigeva l’amministrazione di Amir dei Samanidi. Successivamente ritroviamo questo organo con diversi nomi anche in tutti gli stati delle tribù nomadi dell’Asia centrale. Una particolare posizione era occupata dai conoscitori delle leggi- i logofeti. Veniva divinizzato il trono, luogo dell’imperatore, il suo rango, ma non la sua stessa persona o la dinastia dei governanti. E’ interessante come l’abbigliamento, l’abitazione e perfino l’inchiostro che venivano utilizzati dall’imperatore avevano un significato simbolico e sacro e formavano la parte integrante della ritualità del culto statale. Una tale visione delle cose dell’imperatore, in particolare in riferimento all’inchiostro, alla bandiera etc., si ritrova spesso nel governo dei Guridi (XI-XII sec.), dei Seldzhukidi (XII-XIII), dei Chorezmshachi (XII-XIII sec.) e perfino dei Timuridi (XIV-XV sec.). Si tratta per il momento di comunanza dell’organizzazione statale, e per quanto riguarda il parallelismo e la continuità di questi fattori sono necessarie ulteriori ricerche.

          Si riscontra la pratica del cogoverno, l’imperatore in carica ancora in vita incoronava il suo erede, non di rado un bambino. Gli veniva conferito il titolo di cesare. Tale tradizione si ritrova successivamente anche nelle formazioni statali dei Samanidi medio orientali, dei Gaznavidi, dei Seldzhukidi, dei Timuridi e altri, ma senza il titolo di cesare. Nonostante i cogovernanti venissero difesi, i governanti temporanei, come nell’Impero romano d’Oriente anche nei paesi dell’Asia centrale, nel Medioevo impedivano a molti governanti legittimi di occupare la carica che gli spettava. Questo istituto causava non pochi colpi di stato. Ma la pratica dell’amministrazione statale monarchica, conservando questo istituto allo scopo di formare ed educare i giovani principi, attirava a palazzo i grandi saggi di quell’epoca. Il grande Nizomulmulk era il precettore del piccolo cogovernante del sultanato di Seldzhukidi. Così, si può dire che un’analisi più dettagliata dell’amministrazione dell’Impero romano d’Oriente e delle amministrazioni statali degli Stati medievali dell’Asia centrale, cioè degli Stati rappresentanti l’Oriente centrale, rileva che essi hanno molte cose in comune. Ciò rivela una salda correlazione di queste culture giuridiche e politiche.

 

 

VI

 

          Per quanto riguarda la diffusione del diritto romano in Oriente anche esso ha le sue particolarità. Quando Bisanzio iniziò ad assimilare il retaggio giuridico romano, il diritto romano si trovava nell’epoca post-classica. Negli Stati del territorio che va dall’Africa del Nord fino al Caucaso e dai Balcani alla Siria e alla Mesopotamia, una grande parte della popolazione parlava non in latino, ma in greco, arabo, armeno e altre lingue. La loro tradizione politica e le consuetudini giuridiche esercitarono una reale influenza sull’assimilazione e sulla recezione del diritto romano in Oriente. Non senza fondamento il ricercatore E.E. Lipshic ha considerato questo diritto romano recepito come diritto bizantino[10].

          Dopo la codificazione di Giustiniano, che aveva depurato e raccolto nei Digesta[11] tutto il diritto romano antico, il diritto romano, con il metodo del dettagliato commento delle fonti romane del diritto, si sviluppò tempestosamente. L’Ecloga (726), i Basilici (886-889), il Prochiron, etc. sono stati gli esempi più fulgidi della sincretizzazione degli istituti di diritto romano con il diritto tradizionale locale. Era in corso l’evoluzione e la recezione del diritto romano in Oriente dove la sua flessibilità e liberalità superava tutte le difficoltà politiche e religiose, e si sviluppava in condizioni completamente differenti dando al nuovo potente stato bizantino una garanzia di gloria e potenza in tutto l’Oriente. I Romani nonostante le teorie occidentaliste non solo avevano scelto Bisanzio e i popoli orientali come luogo di recezione, cosa che di fatto aveva localizzato il popolo eletto in Oriente e nella Rus’, ma gli avevano lasciato in eredità quel grandioso diritto. Successivamente l’Oriente, arricchendo in parte questo diritto con fonti spirituali e religiose e con il proprio diritto tradizionale, gli diede la possibilità di svilupparsi in circostanze completamente differenti. Gli echi di questo diritto, lentamente ma stabilmente per gradi, furono trasmessi anche in Medio Oriente e in Asia centrale. A nostro avviso servì da fondamento a questa trasmissione anche l’invasione degli Achmenidi in Occidente e di Alessandro il Macedone in Oriente. Il loro scontro favorì il contatto di intere culture e civiltà da cui derivò non solo il processo di conoscenza ma anche il processo di sviluppo di queste formazioni. Alessandro introdusse non pochi istituti dell’amministrazione statale dell’Occidente in Oriente, che si svilupparono nei regni dell’Asia centrale. Inoltre la periodica sottomissione dell’Asia minore, della Siria, dell’Egitto e dei Balcani da parte del potere dell’Impero romano d’Oriente, la cui lingua di stato era il greco, e dopo il passaggio di molte di queste zone sotto l’influenza dell’Islam, fece si che diventassero terre fertile dell’assimilazione non solo per i popoli di queste regioni, ma in qualche misura anche della mescolanza e della sincretizzazione del diritto romano con il diritto orientale tradizionale religioso.

 

 

VII

 

          Certamente molte sono ancora le pagine oscure della storia e molti sono ancora i fatti inspiegabili che non ci permettono di dire che i nostri antenati, seppur capaci di ragionare in termini di universalità, non possono essere considerati unilateralmente e non sarebbe possibile immaginarli senza le influenze delle altre civiltà vicine. Certamente sia l’Oriente senza Occidente sia l’Occidente senza Oriente non sarebbero mai potuti essere come sono e così come noi li conosciamo. In modo corretto e scientificamente fondata ha parlato il nostro presidente Emomali Rachmon, che ha detto: «l’Oriente e l’Occidente sono due rive dello stesso fiume»[12]. Lo sviluppo della cultura, i grandi sistemi giuridici, le nobili idee e l’amore per il prossimo sono i ponti costruiti dai nostri antenati tra le due rive di questo fiume. Perfino un’accurata indagine della storia mette in evidenza che le guerre, i conflitti e gli scontri militari tra i rappresentanti di queste due rive sono in parte serviti da ponti per la continuità, invece l’approccio unilaterale, la mania di grandezza e la negazione delle altre culture e civiltà sono ostacoli che allontanano le due rive e che non sono mai serviti al bene dell’umanità. Il diritto romano e le sue tradizioni ed echi in Oriente indubbiamente sono i sacri ponti della storia dell’umanità che hanno aiutato l’Occidente e da cui anche i popoli dell’Oriente hanno tratto molta utilità. Attraverso questi ponti i popoli si sono così avvicinati che in alcuni casi è difficile capire cosa proviene dall’Occidente e cosa dall’Oriente. Se in passato inizialmente abbiamo discusso circa le origini romane o sogdiane della lupa che allatta i bambini, ora abbiamo compreso che si tratta del nostro patrimonio comune, che non deve essere oggetto di discussione e di divergenza, ma che è indubbiamente un fattore di unione. Ora è indifferente per noi quale sia la sua origine, ma è importante il fatto che si trovi sia nella nostra sia nella vostra storia e che sia testimonianza del legame e della comunanza dei nostri antenati. Questo ci lega fortemente e ci da la possibilità di esserne orgogliosi. Ciò è motivo sufficiente per studiare insieme la storia passata e per creare insieme quella presente e per dare alle generazioni future un elemento comune che ha le sembianze di questa lupa. Per questo io ritengo che il nostro odierno e principale obiettivo sia vedere, conoscere e dare agli altri la possibilità di comprendere la sostanza di questi valori della civiltà che ci completano a vicenda e che possono aprire la via al dialogo e alla comprensione reciproca. Sotto questo punto di vista un ruolo importante e significativo lo ha avuto il Colloquio dei romanisti[13] e l’illustre Professore Catalano e di questo lo ringraziamo.

 

 



 

* Traduzione dalla lingua russa di Anna Caruso.

 

[1] Fustel de Coulanges, Drevnaja grazhdanskaja obshina, Moskva 1895, 341-342.

 

[2] L’origine troiana di Roma era un’opinione universalmente accettata fin dai tempi più antichi. Un antico censore in una censura relativa alla seconda guerra punica chiamava “troiano” un romano. Tito Livio, XXV, 12.

 

[3] V.G. Grafskij, Vceobshaja istorija prava i gosudarstva [Storia universale del diritto e dello stato], Moskva 2002, 171.

 

[4] A. Toynbee, Civilizacija pered sudom istorii [Civiltà di fronte al giudizio della storia]. Trad. dall’inglese a cura del Dott. in Scienze storiche Prof. V.I. Ukolova e del candidato in Scienze storiche D.E. Charitonovich, Moskva 2003, 315.

 

[5] V.G. Grafskij, Vseobshaja istorija prava i gosudarstva [Storia universale del diritto e dello stato], Moskva 2002, 220.

 

[6] A. Toynbee, Op. cit., 372-374.

 

[7] A. Toynbee, Op. cit., 373.

 

[8] A. Toynbee, Op. cit., 380.

 

[9] V.G. Grafskij, Vseobshaja istorija prava i gosudarstva [Storia universale del diritto e dello stato], Moskva 2002, 224.

 

[10] E.E. Lipshic, Pravo i sud v Bisantii IV-VIII [Diritto e processo a Bisanzio nei IV-VIII sec.], Leningrad 1976.

 

[11] I monumenti del diritto romano. Le leggi delle XII tavole, le Istituzioni di Gaio, il Digesto di Giustiniano, Moskva 1997, 157-572.

 

[12] Э. Рахмон, Суханронии Президенти Љумњурии Тољикистон, дар вохурї бо ањли зиёи мамлакат, Аз 19 марти соли 2008.

 

[13] X Colloquio dei romanisti dell’Europa Centro-Orientale e dell’Asia, Dushanbe 19-21 ottobre 2005, Dushanbe 2007.