N. 6 – 2007 –
Memorie//Tribunato-plebe
Pierangelo Catalano
Università di Roma “La
Sapienza”
Università di Sassari
Promemoria
STORICO GIURIDICO
Quali accidenti facessono creare in Roma i
tribuni della plebe, il che fece la republica più perfetta ... E però, dopo molte confusioni, romori e
pericoli di scandoli che nacquero
intra la plebe e la nobiltà, si venne, per sicurtà della
plebe alla creazione de’ tribuni; e quelli ordinarono con tante preminenzie
e tanta riputazione, che poterono essere sempre dipoi mezzi intra
Che la disunione della plebe e del senato
romano fece libera e potente quella republica ... E
se i tumulti furono cagione della creazione de’ tribuni meritano somma
laude; perché oltre al dare la parte sua all’amministrazione
popolare, furono constituiti per guardia della libertà romana.
Niccolò Machiavelli
Discorsi
sopra la prima deca di Tito Livio, libro I, c. 3-4
Sommario: I. La secessione e le
sue ragioni. Il giuramento e la tribunicia
potestas sacrosancta.
– 1. Secessione. – 2. Giuramento plebeo. – 3. Caio
Sicinio Belluto. – 4. Tribunato della plebe e
libertà del popolo.
II. Il Tribunato della plebe e la respublica: da Cicerone a Eutropio. – 1. Cicerone. – 2. Augusto.
– 3. Difesa
imperiale delle plebi cittadine.
III. Continuità
tribunizia: da Cola di Rienzo a Gracchus Babeuf alla Repubblica Romana del
’49. – 1. Medioevo. –
2. Età moderna. – 3.
Età contemporanea.
IV. La cancellazione della
memoria. Difensori civici, diritti umani e sovranità popolare. – 1. Hegel e Mommsen. – 2. Sindacati e
“defensores del pueblo”. – 3. Presa di coscienza del
“potere negativo”.
Duemilacinquecento anni or sono,
nell’anno 494 avanti Cristo, la plebe romana in armi, guidata da Sicinio,
secede sul Monte Sacro a causa dell’acuirsi del conflitto che la oppone
al ceto dominante dei patrizi in ogni campo della convivenza civile e, in
particolare, nella questione del debito, la quale vede i debitori plebei
oppressi in maniera intollerabile dagli usurai (foeneratores).
Nell’anno seguente la plebe romana
rientrerà a Roma, convinta da Menenio Agrippa della necessità
della collaborazione tra i diversi ceti sociali, ma soltanto dopo avere creato
una magistratura nuova, un “magistrato plebeo”, dotato di una protezione nuova (la sacratio capitis di chiunque lo offenda)
e di un potere altrettanto nuovo: per la sua configurazione generale (la potestas sacrosancta), per il suo
fondamento (il iusiurandum collettivo
plebeo, integrato –quindi– con un foedus patrizio-plebeo), per il suo contenuto (lo ius
intercessionis contro le magistrature patrizie / di governo e lo ius agendi cum plebe).
E’ il tribunato della plebe.
«il
più strenuo avversario dell’aristocrazia … di infima
nascita, educato poveramente» così
lo descrive Dionigi di Alicarnasso (VII.33). Caio Sicinio Belluto fu il capo
della secessione. Le fonti antiche presentano un uomo che emergeva dalla massa;
egli affrontò con forza i patrizi: «Con quale animo, patrizi, ora richiamate indietro coloro che avete
condotto fuori dalla patria e trasformato da liberi in schiavi?»
(Dionigi, VI.45). Con lo stesso animo, tre anni dopo contrastò
Coriolano, che voleva privare la plebe della magistratura appena istituita
(Plutarco, Coriolano, XVIII, 1-3).
Sicinio fece parte del primo tribunato della plebe («primus tribunus plebis … in Sacro monte»: Livio
3.54.12) e fu rieletto due volte per il grande prestigio personale e non per
meriti familiari. Il suo ruolo nella storia della repubblica romana è
paragonabile a quello del primo console: ponendo argine alla prepotenza dei
patrizi e degli usurai, il tribunato rese perfetta la costituzione repubblicana
(secondo l’opinione che manifesteranno poi, tra gli altri, Cicerone, Machiavelli, Rousseau, Gracchus Babeuf). A ragione
Simon Bolívar ricorderà Sicinio (v. infra, III, 3).
Sembra quasi impossibile
che un gruppo sociale “in sedizione” abbia prodotto ‘di
getto’ una tale costruzione religiosa, politica, giuridica; al contempo
così innovativa, complessa e poderosa: una magistratura
contro-magistratura (dotata di un potere contro-potere) la quale diviene il
perno di una costruzione unica nella storia, la respublica del popolo romano. La respublica è caratterizzata dal potere ‘laico’ e
‘sovrano’ del popolo, cioè degli universi cives, il quale entra in relazione di comando-obbedienza
con sé medesimo (populus in sua
potestate) attraverso il potere di governo dei magistrati patrizi, i quali
– a loro volta – traducono (con un margine necessario di
discrezionalità) gli iussa
generalia “di tutto il popolo a tutto il popolo” (Rousseau) in
comandi specifici rivolti ai singoli. Questa relazione vitale, centrale,
bi-univoca tra popolo dei cittadini e magistrati patrizi, nella quale ciascun
cittadino deve sapere e potere – a tempo debito – comandare e
obbedire, si avvale di un meccanismo di cui sono parte i sacerdotes publici; ma essa è soprattutto garantita dal
tribunato della plebe. La sacrosancta
potestas dei tribuni plebis è
garante della libertà dei singoli cives
dinnanzi al potere di governo dei magistrati patrizi e, al contempo e
indissolubilmente, è garante della obbedienza dei magistrati patrizi
alla volontà del popolo (leges
publicae).
Questa nuova istituzione va ad occupare uno
spazio straordinario nel sistema giuridico repubblicano romano antico, dove
(salvo il biennio ‘sperimentale’ del decemvirato legislativo)
sarà sempre presente.
Cicerone (autore del più famoso e
più autorevole trattato sulla respublica, che scrive nella urgenza della grande
crisi della repubblica, provocata dal repentino e massivo ingresso delle civitates foederatae italiche) sostiene
che senza tribunato non c’è repubblica: «nomen tantum videbitur regis repudiatum, res
manebit, si unus omnibus reliquis magistratibus imperabit. Quare nec ephori Lacedaemone
sine causa a Theopompo oppositi regibus, nec apud nos consulibus tribuni»
(De legibus, 3.15 s.).
Augusto, il quale risolve
la crisi della repubblica riprendendo la riflessione ciceroniana, edifica
l’istituto del ‘principe’ su due pilastri repubblicani: uno
è l’imperium proconsulare (maius et infinitum) e l’altro è la tribunicia
potestas sacrosancta.
L’“Impero delle
città” (si ricordi Elio Aristide, “Elogio di Roma”)
ri-connette il potere tribunizio alla struttura cittadina. Nel IV secolo dopo
Cristo, gli imperatori Valentiniano I e Valente, con una sorta di ritorno alle
origini, istituiscono i defensores
civitatis: «ut plebs [...] contra potentium defendatur iniurias»:
costituzione dell’anno 365, la prima del titolo 55 (dedicato ai Defensores civitatis) del libro I del Codex di Giustiniano. Ma sono
testimoniati istituti che anche prima del 365 esplicano la defensio civitatis della legislazione imperiale, freno allo
strapotere della classe senatoria: sono i syndici,
dei quali ultimi resta più evidente la traccia semantica nel governo
delle città italiane.
Sul ruolo del modello
tribunizio per la difesa imperiale delle plebi cittadine, è
significativo quanto scrive lo storico Eutropio, collaboratore (epistolografo)
dell’imperatore Valente: «Tum
et ipse [il popolo romano] sibi
tribunos plebis quasi proprios iudices et defensores creavit per quos contra
senatum et consules tutus esse posset» (Breviarium ab urbe condita 1.13; cfr. Digesta Iustiniani, 1.2.2.20).
La funzione tribunizia dei
difensori della cittadinanza resta lungo tutto il medioevo, affidata ai syndici dei Comuni ma anche – e in
misura rilevante – ai vescovi. Nel XIV secolo, in Roma, Cola di Rienzo fu
Tribuno (1347: «libertatis, pacis
iustitiaeque tribunus et sacrae romanae reipublicae liberator») e
propose la unificazione dell’Italia in termini di confederazione di Comuni.
Nella città di Bologna, nel 1377, furono istituiti i “Tribuni
della plebe”.
Con la crisi che segna l’evo moderno,
l’istituzione tribunizia torna fortemente nella riflessione e proposizione
politica/giuspubblicistica, come dimostrano i contributi di Niccolò
Machiavelli, di Jean Calvin (e di altri Riformatori), di Juan de Mariana (e di
altri Monarcomachi), di Johannes Althusius syndicus
della Città di Emden (e dell’altro grande teorico dello
‘Stato’ moderno, François Hotman).
L’istituzione
tribunizia diventa centrale nella riflessione costituzionale del Settecento,
come dimostrano, costruendo il binomio “sovranità popolare”
e “potere negativo”, i grandi filosofi del diritto Jean-Jacques
Rousseau e Johann Gottlieb Fichte (ma persino il barone di Montesquieu).
Nel contesto della
Rivoluzione francese si sviluppa la prima riflessione sullo sciopero generale,
implicitamente connessa, nel pensiero di Gracchus Babeuf, con le antiche secessioni
della plebe: ricordiamo il «Manifeste des plébéiens»
su Le Tribun du peuple, n. 35, 9
frimaio, anno IV (30 novembre 1795) «Que le Mont Sacré ou la Vendée plébéienne se
forme sur un seul point ou dans chacun des 86 départements».
Il riferimento al tribunato
resta essenziale in alcuni tentativi ottocenteschi di costruzione delle
repubbliche.
In America: sopra tutti
Simόn Bolίvar, che inaugura il proprio impegno politico precisamente
con il giuramento sul Monte Sacro nel 1805, e stabilisce un tribunato nella
Costituzione di Bolivia del 1826 (ma si può ricordare anche lo statista
nord-americano John Caldwell Calhoun).
In Europa: soprattutto il
Progetto di Costituzione della Repubblica Romana del 1849 redatto dal
mazziniano Cesare Agostini e le discussioni a quella Assemblea Costituente. Si
possono ricordare anche le dottrine di Giandomenico Romagnosi e di Pietro
Ellero.
L’Ottocento è
però il momento di trionfo dello Stato borghese e ora il tribunato
plebeo manifesta la propria rilevanza a
contrario. La instaurazione dello Stato borghese, che si sostituisce al popolo, richiede necessariamente e
previamente la cancellazione del tribunato plebeo. G.W.F. Hegel e Th. Mommsen,
i due edificatori teorici di tale Stato, si fanno carico di tale cancellazione
sul piano scientifico, costruendo una storia e un sistema
Il potere tribunizio, escluso dalla
architettura costituzionale teorica e positiva del Novecento e, quindi, anche
cancellato dalla memoria storica e dalla capacità di elaborazione de iure condendo di questo secolo, si
ripropone –in certo modo– spontaneamente attraverso altre due
istituzioni, le quali acquisiscono entrambe dimensioni e importanza
straordinarie: il sindacato dei lavoratori e il “defensor del
pueblo” (“ombudsman”, “médiateur”,
difensore civico). Per entrambe le istituzioni si continua a scoprire i nessi
con l’antico tribunato plebeo (si vedano, per il sindacato, gli scritti
di Daniel De Leon e di Giuseppe Grosso).
Ci si rende conto oggi delle
potenzialità connesse all’approfondimento scientifico di tale
nesso, attraverso il concetto di “potere negativo” (P. Catalano;
Padre M. Castelli S.J.; G. La Pira). La “crisi dello Stato” odierna
(con la richiesta di ‘costituzioni’ e la fame di
‘costituzionalismo’ connesse) accelera i tempi di una presa di
coscienza.
La riflessione in
Campidoglio (dopo il Seminario dell’Aventino nel dicembre dell’anno
scorso) sulla secessione plebea iniziata nel 494 a.C. al Monte Sacro e ivi
conclusasi, l’anno seguente, con il giuramento costitutivo del Tribunato
della plebe, prima che celebrazione di 2500 anni della nostra storia e delle
nostre istituzioni, vuole essere occasione specifica di questa presa di
coscienza.
P. Catalano, Tribunato e resistenza, Torino 1971;
J.-C. Richard, Les origines de la plèbe romaine. Essai sur la formation du
dualisme patricio-plébéien, École Française de
Rome, 1978;
G. Lobrano, Il potere dei tribuni della plebe,
Milano 1983;
P. Catalano, «Tribunado, censura,
dictadura: conceptos constitucionales bolivarianos y continuidad romana en
América», in Quaderni
Latinoamericani, VIII, ESI, Napoli 1981, 1 ss. (anche in Bolívar y Europa en las
crónicas, el pensamiento político y la historiografía,
dir. A. Filippi, vol. II, Caracas 1992, 675 ss.); Id., «Alcuni principii e concetti del diritto pubblico
romano da Rousseau a Bolívar e oltre», in Studia Iuridica, 12, Varsovia 1985; Id., «Principios
constitucionales bolivarianos: origen y actualidad», in El nuevo derecho constitucional
latinoamericano, coord. R. Combellas,
vol. II, Caracas 1996, 539 ss.; Id.,
«Derecho público romano y principios constitucionales
bolivarianos», in Constitución
y constitucionalismo hoy (Cincuentenario
del Derecho Constitucional Comparado de
Manuel García-Pelayo), Fundación Manuel García-Pelayo,
Caracas 2000, 689 ss.; Id., «Sovranità
della multitudo e potere negativo: un aggiornamento», in Studi
in onore di Gianni Ferrara, Torino 2005, vol. I, 641 ss.; Id., «Crise de la division des
pouvoirs et tribunat (le problème du pouvoir négatif)», in Attualità dell’Antico
A.M. Battista, «Il Poder Moral: la creazione irrisolta e sconfitta di
Bolívar», in Il pensiero
politico, 20, Firenze 1987 (trad. española in Bolívar y Europa cit., 727 ss.);
A. Mastrocinque, Lucio Giunio Bruto. Ricerche di storia,
religione e diritto sulle origini della Repubblica romana, Trento 1988;
S. Schipani, «Defensa jurisdiccional de los
derechos humanos y “poder negativo», in Constitucionalismo latino y liberalismo, Universidad Externado de
Colombia, Bogotá 1990, 15 ss.;
Il “Potere
Morale” tra politica e diritto. L’esempio di Simón
Bolívar, Consiglio
Nazionale delle Ricerche. Aa.Vv., Progetto
Italia - America Latina. Ricerche Giuridiche e Politiche. Materiali, X, Sassari 1993 (include scritti di Rafael Caldera);
Aa.Vv., Atti del Colloquio
russo-latino sulla storia del diritto romano pubblico “Tribunato,
Principato e costituzioni miste” (Mosca, 30 maggio-1 giugno 1994), in Ius Antiquum - Drevnee pravo, 1, Moskva 1996; ora anche in formato elettronico = <http://www.dirittoestoria.it/iusantiquum/ius_1.htm
>;
Aa.Vv., Diritti in memoria,
carità di patria. Tribuni della plebe e governo popolare a Bologna
(XIV-XVIII secolo), a cura
di A. De Benedictis, Bologna
1999;
Aa.Vv., Resistenza e diritto di
resistenza. Memoria come cultura, a cura di A. De Benedictis
e V. Marchetti (Università
di Bologna, Dipartimento di discipline storiche, Quaderni, 15) Bologna 2000;
A. De Benedictis,
«Identità comunitaria e diritto di resistere», in Identità collettive tra Medioevo ed
Età Moderna, a cura di P.
Prodi e W. Reinhard,
Bologna 2002;
Aa.Vv., “Da Roma a Roma”.
Dal tribuno della plebe al difensore del
popolo. Dallo jus gentium al
Tribunale penale internazionale, dir. P. Catalano,
G. Lobrano, S. Schipani (Quaderni IILA, serie Diritto
I), Roma 2002;
G. Lobrano, «Del defensor del pueblo al
tribuno de la plebe: regreso al futuro. Un primer bosquejo de
interpretación histórico-sistemática con atención
particular al enfoque bolivariano», in Roma e America. Diritto romano comune. Rivista di diritto
dell’integrazione e unificazione del diritto in Europa e in America Latina, 14, 2002, 135-165;
E. Spósito Contreras, «El
Derecho público romano y el constitucionalismo venezolano: comentarios a
la Constitución venezolana de 1999», in Revista de Derecho, 17, Tribunal Supremo de Justicia, Caracas 2005;
P. Catalano, A proposito del “giuramento
profetico” di Simón Bolívar; A. Mastrocinque, Il
giuramento sul Monte Sacro, Comune di Roma, IV Municipio Roma Montesacro,
15 agosto 2005.