Palingenesi dei documenti
sacerdotali romani: un progetto scientifico russo-italiano*
Università di Sassari
Sommario: 1. Una collaborazione ormai
decennale: il gruppo di ricerca russo-italiano su «documenti sacerdotali,
formule solenni, terminologia giuridica». – 2. L’impianto
teorico: metodologia e finalità della ricerca sui documenti sacerdotali.
– 3. Critica dei
testi e palingenesi dei documenti sacerdotali: la “gerarchia delle
fonti”. – 4. Potenzialità
storico-giuridiche insite nella palingenesi dei documenti sacerdotali e delle
formule solenni.
Il progetto di palingenesi dei
documenti sacerdotali romani muove da una impostazione metodologica che
privilegia le norme di "diritto divino", e più in generale
tutto il complesso di fonti ad esso riferibile (nella misura in cui derivino da
documenti sacerdotali), in quanto rappresentano «ciò che di
più serio gli storici di Roma abbiano potuto conoscere sui primi
secoli»[1].
Fin dal momento in cui la ricerca sui
documenti sacerdotali è stata proposta al C.N.R. (maggio 1994), avevamo prospettato
ad alcuni ricercatori dell’Associazione degli Antichisti di Russia
l’opportunità di una collaborazione con un gruppo di ricercatori
italiani operanti nell’Università di Roma e
nell’Università di Sassari. A questa prima presa di contatto,
seguì un breve soggiorno a Roma e a Sassari (dicembre 1994) di Leonid.
L. Kofanov, ricercatore dell’Accademia delle Scienze di Russia e
componente del Direttivo dell’Associazione degli Antichisti, nel corso
del quale furono delineate le grandi linee della futura collaborazione.
In seguito, l’impianto
progettuale e metodologico fu compendiato nel documento intitolato «Programma per una ricerca italo-russa su:
Documenti sacerdotali, formule solenni e lessico politico-religioso romano
arcaico. Terminologia e della dogmatica giuridica»; documento che fu
oggetto di riflessione critica da parte dei citati ricercatori russi, in due
incontri, tenutisi a Mosca presso l’Accademia delle Scienze nel marzo
Parteciparono fra gli altri a questi
incontri: Elena Golubtsova, presidente dell’Associazione degli Antichisti
di Russia; Ija Majak, ordinario di Storia del Mondo antico
nell’Università Statale di Mosca “Lomonosov”; Alexandr
Cernych, vice direttore dell’Istituto di Storia Universale
dell’Accademia delle Scienze di Russia; Liudmila Marinovic, direttore
della Sezione di Storia Antica dell’Istituto di Storia Universale; Leonid
L. Kofanov; Jurij G. Cernysciev, ordinario di Storia antica
nell’Università di Altaj.
L’Associazione degli Antichisti
di Russia decise di impegnare alcuni suoi aderenti nel progetto di ricerca
«Documenti sacerdotali, formule
solenni e lessico politico-religioso romano arcaico: alle origini della
terminologia e della dogmatica giuridica»; fu anche convenuto di
tradurre il documento in lingua russa e di pubblicarlo nella “Rivista di Storia Antica”
dell’Accademia delle Scienze[2].
A tale scopo fu costituito un gruppo di
ricerca, diretto da Ija L. Majak e coordinato da Leonid L. Kofanov, composto
anche dai proff.: Olga V. Sidorovic, dell’Università Umanistica di
Mosca; Natalia G. Majorova, dell’Università di Mosca
“Lomonosov”; Andrej M. Smorchkov, dell’Università
Pedagogica di Mosca; Valerij N. Tokmakov, dell’Accademia delle Scienze di
Russia; Aleksej V. Sciogolev, come operatore di computer.
Altro momento di forte valenza
scientifica ed organizzativa è stato il Seminario russo-italiano di studi storici e giuridici: «Sacra e
iura. Sacerdozi, documenti sacerdotali, formule solenni e lessico giuridico
nella storiografia russa e italiana su Roma antica», promosso dal Dipartimento di Scienze
Giuridiche e dalla Facoltà di Giurisprudenza
dell’Università di Sassari il 18-19 dicembre 1998[3].
Al Seminario hanno partecipato, presentando relazioni, quasi tutti i componenti
russi del gruppo di lavoro sui documenti sacerdotali (Ija L. Majak,
Università Statale di Mosca “Lomonosov”; Leonid L. Kofanov,
Accademia delle Scienze di Russia; Andrej M. Smorchkov, Università
Pedagogica di Mosca; Valerij N. Tokmakov, Accademia delle Scienze di Russia;
Olga V. Sidorovic, Università Umanistica di Mosca; Aleksej V. Sciogolev,
Accademia delle Scienze di Russia). Nel corso del Seminario gli interventi
degli studiosi russi e italiani si sono concentrati soprattutto sui documenti,
sui sacerdozi, sulle formule solenni e sul lessico giuridico; le relazioni sono
state poi pubblicate nel 1999 dalla rivista Ius
Antiquum-Drevnee Pravo[4],
curata dall’amico Leonid Kofanov, presidente del “Centro per lo
studio del Diritto romano” di Mosca. Il Seminario ha costituito un
importante verifica dei risultati conseguiti fino a quel momento, e ha dato
ulteriore impulso alla prospettiva di un’indagine sistematica sulle fonti
latine da parte del gruppo di ricerca russo-italiano su: «Documenti
sacerdotali e formule solenni»; con una riunione del gruppo in margine al
Seminario, si stabilì anche il calendario dell’attività del
gruppo di lavoro sulle fonti latine.
L’attività scientifica del
gruppo russo-italiano continua ancora oggi, nell’ambito dei rapporti che
intratteniamo con il “Centro per lo studio del Diritto romano” di
Mosca e con l’attività redazionale della rivista Ius Antiquum-Drevnee Pravo. Ma di questi
colleghi russi voglio anche segnalare, in quanto legata al tema della nostra
ricerca, un’opera collettiva dedicata ai collegi sacerdotali romani,
edita nel
I primi risultati palingenetici dei
lavori del gruppo russo-italiano sono lo spoglio e la raccolta di frammenti
dalle opere di Varrone, Aulo Gellio, Macrobio (a cura dei ricercatori russi) e
Tito Livio (a cura dei ricercatori italiani).
Ovviamente, la palingenesi dei
documenti sacerdotali non può essere basata solo su questi quattro
autori. È superfluo sottolineare, al riguardo, la fondamentale
importanza delle opere di altri scrittori antichi, quali ad esempio Cicerone,
Festo, Servio; o dei frammenti delle opere dei giureconsulti romani,
specialmente di quelli che si occuparono di diritto pubblico e di diritto sacro[6].
Gli autori menzionati sono degli esempi
che indicano solo priorità di ordine temporale: concepiamo, infatti, la
ricerca potenzialmente aperta a tutte le fonti latine, sul modello del lavoro
di redazione del Thesaurus Linguae
Latinae.
Sull’importanza degli archivi
sacerdotali v'è la testimonianza concorde degli scrittori antichi, dai
quali si apprende che la redazione di documenti dei collegi avrebbe avuto
inizio fin dai primi anni della storia cittadina (Varrone, Cicerone, Livio,
Servio, Macrobio)[7]:
da quegli anni, cioè, in cui si sarebbero enucleate le istituzioni
fondamentali del sistema giuridico-religioso romano; istituzioni che nel
racconto annalistico appaiono intimamente connesse alle funzioni dei collegi
sacerdotali.
Ad una datazione arcaica dell'inizio
delle compilazioni sacerdotali fanno pensare, seppure in maniera indiretta, le
testimonianze archeologiche provenienti dagli scavi dell'area laziale;
attraverso queste testimonianze, sempre di più in sintonia con la
tradizione antica[8], emergono dai secoli VIII e VII a.C.
le immagini vive di comunità umane assai articolate dal punto di vista
produttivo, socialmente stratificate e dotate di organizzazioni politiche per
niente elementari. Insomma, immagini di comunità capaci di esprimere
quella “sapienza”[9] comprensiva di “cose umane e
divine” (teologica, giuridica, tecnica), che fu tipica dei collegi sacerdotali
romani in età arcaica[10]; sia di utilizzare diffusamente l'arte
della scrittura, quanto meno per atti ufficiali e pratiche cultuali[11].
Del resto, fra gli studiosi
dell’ideologia romana arcaica ormai da tempo si sostiene il carattere
complesso delle “prime” elaborazioni religiose e giuridiche dei
grandi collegi sacerdotali. Valga per tutti l’esempio di G.
Dumézil, massimo sostenitore dell’eredità indoeuropea a
Roma[12]. L’illustre studioso francese
sostiene che “idéologie romaine ancienne” si presenta
già in grado di fornire alla comunità romana una giustificazione
filosofica sia dell'organizzazione sociale, sia dell’ordine
dell’universo[13].
Potenzialità cosmica
dell’ideologia (religiosa e giuridica) romana arcaica, elevato livello
della civiltà materiale[14], assoluta necessità di
precisione nelle pratiche del culto: questi sono i principali elementi che
rendono credibili le notizie relative a compilazioni e raccolte di documenti
sacerdotali fin dall'età più antica della storia cittadina[15].
L'antichità dei maggiori collegi
sacerdotali, la funzione preminente che essi esercitavano nella vita della
comunità arcaica, il ruolo di custodi della tradizione e della memoria
storica del Popolo Romano, sono tre dei motivi che rendono il materiale tratto
dagli archivi sacerdotali fonte insostituibile per lo studio dei rapporti
sociali. I documenti sacerdotali costituiscono, dunque, il nucleo più
antico e sicuro della tradizione.
Quanto
alle formule solenni, elaborate dai sacerdoti e raccolte nei loro documenti, la
cui funzione consisteva principalmente nell'operare la traduzione nella sfera
divina delle attività riferibili al Popolo Romano, va sottolineato che
esse costituiscono, seppure in forma elementare, la primitiva
concettualizzazione politico-religiosa e la più antica sovrastruttura
ideologica di questo popolo[16].
Utilizzando i documenti sacerdotali e
le formule solenni si acquisiscono, inoltre, validi elementi per reimpostare lo
studio dei numerosi e controversi problemi attinenti al "diritto pubblico
romano"[17];
diventa soprattutto possibile superare l'impostazione sistematica della
storiografia giuridica tedesca dell'Ottocento, ancora sostanzialmente
dominante, e la sua interpretazione della storia giuridica romana attraverso la
contemporanea concezione statualistica del diritto.
Data la disparità dei criteri
adottati e dei risultati conseguiti, le raccolte compilate da studiosi moderni
e contemporanei (ad es. B. Brissonius[18];
I.A. Ambrosch[19];
P. Preibisch[20];
F.A. Brause[21];
P. Regell[22];
R. Peter[23];
C.M. Zander[24];
W. Rowoldt[25];
C. Thulin[26];
G. Appel[27];
E. Norden[28],
G.B. Pighi[29])
evidenziano ancora maggiormente l'esigenza di procedere al rilevamento
sistematico di documenti ed altro materiale di provenienza sacerdotale
contenuto nelle fonti latine.
Una ulteriore questione riguarda il criterio
di sistemazione dei frammenti di sicura provenienza sacerdotale: in questa
fase, i frammenti sono ordinati sulla base del collegio sacerdotale;
privilegiando fra i collegi pontefici, auguri, feziali e II-X-XVviri sacris faciundis, in considerazione
del maggiore spazio che trovano nelle opere spogliate.
L’individuazione di frammenti
riconducibili a documenti sacerdotali romani (ad es. a libri o a commentarii)
presuppone l’accertamento del grado di attendibilità delle fonti
che li citano. Si tratta, insomma, di rispettare una sorta di
“gerarchia” delle fonti, al fine di ordinare le testimonianze
antiche in ragione di intrinseche qualità, opportunamente individuate
sul piano metodologico.
Porre il problema
dell’attendibilità e del valore di queste fonti, non significa
ridiscutere il grado di approssimazione storica della tradizione annalistica,
sviscerando i differenti filoni confluiti in tale tradizione[30]. La validità della tradizione
annalistica ed il valore storiografico delle fonti letterarie sono ormai
generalmente confermati dagli studi degli ultimi decenni[31]; emerge la sostanziale
attendibilità dei contesti in cui storici ed antiquari fanno riferimenti
a formule solenni o ad altri documenti più risalenti[32].
Tuttavia, resta sempre da determinare,
in queste citazioni degli scrittori antichi, il diverso grado di
attendibilità delle singole parti: si tratta, insomma, di separare il
riferimento (diretto o indiretto) a documenti o istituzioni giuridico-religiosi
contenuto nel testo, dall’interpretazione “colta” che lo
scrittore antico propone di tale riferimento. Un caso esemplare è il
passo di Cicerone, De re publ. 1.63:
Nam dictator quidem ab
eo appellatur quia dicitur, sed in nostris libris vides eum Laeli magistrum
populi appellari[33].
Dal passo si ricavano due informazioni
di valore diseguale: l’etimologia del termine dictator (quia dicitur) e l’arcaica denominazione
ufficiale del dittatore (magister populi). Pare del tutto evidente, che il
diverso valore delle due informazioni sia da ricercare nella differente
qualità delle fonti utilizzate da Cicerone: per l’etimologia si
sarà avvalso della scienza filologico-antiquaria del suo secolo, mentre
ha ricavato la denominazione arcaica del magistrato direttamente dai libri degli auguri[34].
La “gerarchia” delle fonti
che citano i documenti sacerdotali favorisce, a mio avviso, il superamento di
difficoltà e incertezze anche nella determinazione dei generi
documentari[35]. Proprio l’aver mescolato fonti
non omogenee per attendibilità, ha determinato il quadro assai confuso
dei contenuti di libri e commentarii sacerdotali[36].
Fra i testi che citano
documenti sacerdotali, vi sono sia fonti primarie sia fonti secondarie[37]. Ecco, dunque, individuato un primo
livello della “gerarchia” delle fonti.
Da una parte abbiamo
“fonti primarie”: documenti ufficiali dei collegi sacerdotali o
loro frammenti pervenutici direttamente, cioè, senza altra mediazione al
di fuori del materiale scrittorio che li ha conservati[38]. Per quanto riguarda
l’attendibilità, le fonti primarie, fatto salvo
l’accertamento del carattere autentico, si presentano pressoché
omogenee.
Dall’altra stanno
le “fonti secondarie”: materiali riferibili ai documenti
sacerdotali contenuti in opere, di vario genere, scritte tra l’ultimo
secolo della repubblica e l’ottavo secolo d.C.[39]. Fra le fonti di questo tipo possono
essere individuati almeno quattro ulteriori livelli:
1) il primo livello è costituito dalle citazioni testuali
di formule solenni o di altri documenti di sicura provenienza sacerdotale;
2) al secondo livello sono da ascrivere quelle notizie riferibili
ai collegi sacerdotali e alla loro tradizione documentaria, contenute in opere
di sacerdoti, giuristi e antiquari, comunque pervenute;
3) il terzo livello consiste nelle importanti testimonianze
dell’annalistica;
4) infine, le informazioni ricavabili dalle restanti opere
letterarie.
Va da sé che
l’utilizzazione di questa “gerarchia” delle fonti non
dovrà essere meccanica, considerando che sovente diversi livelli possono
coesistere nello stesso testo[40]. L’individuazione di un corpus di testi base per la palingenesi
dei documenti sacerdotali non deve essere disgiunta dalla ricostruzione storica
complessiva della società romana arcaica, e quindi, sia del rapporto tra
base economica materiale e sovrastruttura ideologica, sia del rapporto tra
sovrastruttura ideologica arcaica e nuova base economica della società
romana più recente.
Per queste ragioni, nell’opera di
reperimento e cernita dei materiali, i giuristi dovranno avvalersi
dell’apporto specialistico dei filologi, dei lessicografi[41] e degli storici della religione. In
tal modo, graduando l’attendibilità delle fonti antiche (a
cominciare da quelle che citano libri
e commentarii), potranno essere
realizzate raccolte affidabili, da cui procedere verso una palingenesi dei
documenti sacerdotali.
I sacerdoti romani redigevano e
conservavano documenti sulle attività di ciascun collegio[42].
Il contenuto degli archivi sacerdotali[43]
doveva presentarsi piuttosto vasto: rituale e istruzioni generali di culto;
preghiere e formule solenni (carmina)[44]; decreta e responsa,
cioè interventi autoritativi e pareri interpretativi dei sacerdoti[45].
Negli archivi si conservano, inoltre, le liste dei membri del collegio (in cui
era possibile trovare anche un embrione di storia e di cronologia)[46]
e i processi verbali degli atti professionali (acta)[47].
I documenti dei
pontefici[48]
erano di gran lunga i più consistenti: questi sacerdoti determinavano il
calendario annuale[49],
compilavano i fasti consolari[50],
registravano negli annales[51]
le res gestae del popolo romano; inoltre, la tradizione antica riconduceva
all’archivio dei pontefici anche le leges regiae[52],
i libri e i commentarii dei re[53]
e le primitive regole dello ius civile[54].
Questa vasta opera di compilazione si
sviluppò nel costante lavoro di interpretazione e di rielaborazione
delle diverse parti dello ius (sacrum,
publicum, privatum) da parte dei sacerdoti[55].
E’ innegabile, quindi, che i
documenti sacerdotali (lessico e concetti elaborati dai sacerdoti)[56]
siano da considerare le evidenze più autentiche e le più antiche
riflessioni sistematiche della giurisprudenza romana[57];
nonché il nucleo più risalente della storiografia romana.
A fronte dell’inadeguatezza delle
categorie giuridiche moderne, nei documenti sacerdotali troviamo gli strumenti
per la piena comprensione del “sistema giuridico-religioso”[58]
dei Romani e per la ridefinizione del «diritto pubblico romano» in
chiave non “statualista”[59].
Non voglio addentrarmi in critiche alla
sistematica statalista del Römisches
Staatsrecht di Theodor Mommsen[60], alla sua pretesa di ricondurre le
molteplicità di forme e di tempi storici ad astrazioni concettuali
generalizzanti, «Grundbegriffe»[61]; fra i quali primeggiava il
«Grundbegriff» di Magistratura, concepito come chiave di volta
dell’intero sistema[62].
Nella tradizione documentaria dei
sacerdoti, possono individuarsi due linee di tendenza:
1) Rigoroso formalismo per gli
antichissimi carmina (illa mutari vetat religio et consecratis
utendum est), conservati in forma linguistica arcaica anche in età
imperiale avanzata, con non pochi problemi di comprensione da parte degli
stessi sacerdoti[63];
2) Aggiornamento linguistico di rituali
e forme di culto, al fine di renderli comprensibili ai contemporanei: in tal
modo, nel corso delle generazioni, si accumularono materiali –
soprattutto decreta e responsa – che pervennero
sostanzialmente integri fino all’ultimo secolo della repubblica[64].
Le fonti attestano almeno quattro
interventi ordinatori, susseguitisi con sorprendente periodicità:
l’ultimo intervento ordinatorio si deve collocare nel periodo
immediatamente successivo all’incendio gallico[65].
Intorno al
I documenti sacerdotali dovevano
presentarsi riordinati in maniera organica già alla fine del III secolo
a.C., quando cominciarono ad essere oggetto di studio e di sistematizzazione da
parte di sacerdoti-giuristi[68]
e antiquari, i quali negli ultimi due secoli della repubblica improntarono sui
documenti sacerdotali lo studio della religio
(id est cultu deorum)[69],
degli iura (divinum, publicum, privatum) e delle antiquitates[70]
del Populus Romanus Quirites[71].
* Testo della relazione presentata
nella sessione moscovita del XXV
Seminario Internazionale di Studi Storici “Da Roma alla Terza Roma”
«Diritto e religione. Da Roma a Costantinopoli a Mosca. Persona
città Impero universale» (Cremlino, Palazzo del Patriarca, 17
ottobre 2005).
[1] P. Catalano, Contributi allo studio del diritto augurale, Torino 1960, 109; per
adesione vedi anche F. Sini, Documenti sacerdotali di Roma antica, I. Libri e commentarii, Sassari 1983.
[2]
F. Sini, The Italian-Russian Program
«Sacerdotal Documents, Ceremonial Formulas and Roman Archaic Political
Religious Lexis: On the Origin of Legal Terminology and Dogmatics»
(in russo), in Vestnik Drevnei Istorii -
Journal of Ancient History 1 (220), Janvar - Febral - Mart, (Moskva) 1997,
242 s.
[3] Sini F., Kofanov L. L., Breve cronaca del Seminario (in
russo), in Ius Antiquum - Drevnee Pravo 5, (Moskva) 1999, 66 ss.
[4] Ius Antiquum–Drevnee Pravo 5, 1999: Majak I. L. (Mosca), Documenti
e formule sacerdotali e il problema dell’attendibilità delle fonti
nella scienza russa dei sec. XIX – inizio XX (in russo), 69 ss.; Sini F. (Sassari), Libri e commentarii nella tradizione documentaria dei grandi collegi
sacerdotali romani (in italiano), 76 ss.; Smorchkov
A. M. (Mosca), Il collegio dei pontefici e il diritto
pontificale nella storiografia russa (in russo), 109 ss.; Santi C. (Roma), I collegi
sacerdotali di Roma arcaica negli studi storico-religiosi italiani (in
italiano), 115 ss.; Tokmakov V. N.
(Mosca), Il collegio sacerdotale dei salii
e i riti di preparazione alla guerra della Roma arcaica nella storiografia
russa dei sec. XIX-XX (in russo), 124 ss.; Kofanov L.L. (Mosca),
Il diritto sacro e il problema
dell’evoluzione della legislazione romana arcaica nella storiografia
russa dei sec. XIX-XX (in russo), 139 ss.; Sidorovič O. V. (Mosca), Aspetti giuridico-religiosi dell’autorità del Senato della
Roma arcaica nella storiografia russa (in russo), 149 ss.; Del Ponte R. (Villafranca), Aspetti del lessico pontificale: gli
«indigitamenta» (in
italiano), 154 ss.; Ščogolev
A. V. (Mosca), L’aspetto sacro del concetto di
maiestas nella storiografia russa dei sec. XIX-XX (in russo), 161 ss.; Bellocci N. (Siena), Ius
sacrum et sollemnes nuncupationes nella Roma antica (in italiano), 166 ss.
[5] Hreqeskie Kollegii v Rannem Rime. K voprosu o stanovleii rimskogo
sakral[nogo i publiqnogo prava, Otvetstvennyj redaktor L.L. Kofanov Moskva, Nauka, 2001,
328 s. ((Collegia sacerdotum Romae
primordialis. Ad problemam de
incremento iuris sacri et publici, Mosca, Nauka,
MMI, 328) [Contents – Introduction: L.L. Kofanov, 5 s. Chapter One. Role of
Priests’Colleges in the Archaic
[6] Per alcuni dei quali
rinvio a F. Sini, A quibus iura civibus praescribebantur.
Ricerche sui giuristi del III secolo a.C., Torino 1995.
[7] Su questi autori, in
relazione agli archivi sacerdotali, vedi F.
Sini, Documenti sacerdotali di
Roma antica, cit., 91 ss.
[8] Per il quadro
archeologico basterà citare, fra la vastissima bibliografia, i cataloghi
di due delle più importanti mostre organizzate negli ultimi decenni: Enea nel Lazio. Archeologia e mito,
[Bimillenario Virgiliano. 22 settembre - 31 dicembre 1981], Roma 1981; La grande Roma dei Tarquini, catalogo
della mostra a cura di Mauro Cristofani, Roma 12 giugno - 30 settembre 1990. Su
questa sintonia fra tradizione antica e nuove scoperte archeologiche,
«purché sagacemente intepretate», ha insistito con
particolare autorevolezza M. Pallottino,
Lo sviluppo socio-istituzionale di Roma
arcaica alla luce dei nuovi documenti epigrafici, in Studi Romani 27 (1979) 1 ss.; cfr. Id., Origini e storia
primitiva di Roma, Milano 1993, 36 ss. Si
mostra invece assai cauto J. Poucet,
Archéologie, tradition et
histoire: les origines et les premiers siècles de Rome, in Les études
Classiques 47 (1979) 201 ss. e 347 ss., in part. 352 ss.; Id., Les origines de Rome. Tradition et histoire, Bruxelles 1985, 116
ss.
[9] Utilizzo il termine,
per quanto non usuale in riferimento ai sacerdoti, basandomi sul significato
più risalente del vocabolo latino sapientia,
il quale, come del resto il verbo sapere,
si riferiva quasi esclusivamente alla sfera dell’attività pratica,
o si presentava comunque collegato a tale sfera in maniera diretta; così
ancora nella lingua di Plauto «sapiens
è colui che sa vivere e la sapientia
è intesa come ars vivendi»:
G. Garbarino, Evoluzione semantica dei termini
‘sapiens’ e ‘sapientia’ nei secoli III e II a. C.,
in Atti dell’Accademia delle
Scienze di Torino, II. Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche 100
(1965-66) 254.
[10] Non si deve
dimenticare che a Roma la “sapienza” sacerdotale aveva anche
funzioni tecniche e pratiche, soprattutto per quanto riguardava le
attività produttive più antiche: cfr., giusto a titolo
esemplificativo, E. Pais, I pontefici, l’agricoltura e
l’annona. Leges regiae e leges sumptuariae, in Id., Ricerche sulla storia e sul diritto pubblico di Roma, 1, Roma 1915,
423 ss. Sullo strettissimo rapporto esistente nella religione romana arcaica
tra feste, stagioni e ciclo produttivo, mi pare sufficiente richiamare il
lavoro di G. Dumézil, Fêtes romaines d'été et
d'automne suivi de Dix questions romaines, Paris 1975 [= Feste romane, trad. it. di M. Del Ninno, Genova 1989].
[11] Cfr., più in
generale, M. Cristofani, La scrittura e i documenti, in La grande Roma dei Tarquini cit. 16 s.
[12] G. Dumézil,
Idées romaines cit., 9, il
quale inizia quel suo libro intitolato Idées
romaines con queste significative
parole: «La pensée des plus anciens Romains regagne l’estime
qu'elle mérite»
[13] G. Dumézil,
Idées romaines cit., 10:
«L’ideologie romaine ancienne qui s'est dégagée de
ces enquêtes est d'une bonne qualité intellectuelle. Si ceux qui
la pratiquaient, aux premiers siècles de la ville et jusqu'assez avant
dans les temps républicains, n'ont pas éprouvé le besoin
ou n'ont pas eu le talent de lui donner une expression littéraire du
niveau des hymnes védiques, elle n'en était pas moins riche,
nuancée, structurée, habile à la distinction et à
l’agencement, apte à fournir à l’organisme social une
justification déjà philosophique de lui-même et aussi du
monde, dans la mesure limitée où le monde
l’intéressait».
[14] Per la definizione di «civilisation matérielle ou vie
matérielle» è veramente illuminante ciò che scriveva
F. Braudel: «La vie
matérielle, ce sont des hommes et des choses, des choses et des hommes.
Étudier les choses ‑ les nourritures, les logements, les
vêtements, le luxe, les outils, les instruments monétaires, les
cadres du village ou de la ville ‑, en somme tout ce dont l’homme
se sert, n'est pas la seule façon de prendre la mesure de son existence
quotidienne»: Civilisation
matérielle, économie et capitalisme, XVe-XVIIe siécle, 1. Les structures du quotidien: le possible et
l’impossible, Paris 1979, 15 (peraltro, questo primo tomo della monumentale
opera dell'eminente storico francese era già apparso nel 1967: Cívilisation matérielle et
capitalisme = Capitalismo e
civiltà materiale, trad. it. di C. Vivanti, Torino 1977).
[16] Cfr. C. Nicolet, Lexicographie politique et histoire romaine:
problèmes de méthode et directions de recherches, in Atti del Convegno sulla lessicografia
politica e giuridica nel campo delle scienze dell’antichità,
Torino 1980, 19 ss.
[17] Sul Populus e sulle "parti" del
sistema giuridico-religioso romano, vedi soprattutto lo studio di P. Catalano, Populus Romanus Quirites, Torino 1974.
[18] B. Brissonius, De formulis et solennibus populi Romani verbis libri VIII (Parigi
1583); nel Settecento l’opera venne ripubblicata in diverse edizioni:
ricordo quella curata da F. C. Conradi
(Halae et Lipsiae 1731).
[19] I.A. Ambrosch: Studien und Andeutungen im Gebiet des altrömischen Bodens und
Cultus, Breslau, 1839; Observationum
de sacris Romanorum libris particula prima, Vratislaviae, 1840; Über die Religionsbücher der
Römer, Bonn, 1843; Quaestionum
pontificalium caput primum, Vratislaviae 1848; Quaestionum pontificalium caput alterum, Vratislaviae 1850.
[20] P. Preibisch, Quaestiones de libris pontificiis, Vratislaviae 1874; Id., Fragmenta librorum pontificiorum, Tilsit 1878.
[21] F. A. Brause, Librorum de disciplina augurali ante Augusti mortem scriptorum
reliquiae, Lipsiae 1875.
[22] P. Regell, De augurum publicorum libris, Vratislaviae, 1878; Id., Fragmenta auguralia, Hirschberg, 1882; Id., Auguralia, in Commentationes Philologae in honorem Augusti
Reifferscheidii, Vratislaviae 1884, 61 ss.; Id., Commentarii in
librorum auguralium fragmenta specimen, Hirschberg, 1893.
[23] R. Peter, De Romanorum precationum carminibus, in Commentationes Philologae in honorem Augusti Reifferscheidii,
Vratislaviae 1884, 67 ss.; Id., Quaestionum pontificalium specimen,
Argentorati 1886.
[25] W. Rowoldt, Librorum pontificiorum Romanorum de caeremoniis sacrificiorum reliquiae,
Halis Saxonum 1906.
[29] G.B. Pighi, De ludis saecularibus populi Romani Quiritium, Milano 1941; Id., La poesia religiosa romana, testi e frammenti per la prima volta
raccolti e tradotti da G.B. P., Bologna
1958.
[30] D. Musti, Tendenze nella storiografía romana e greca su Roma arcaica.
Studi su Tito Livio e Dionigi d’Alicarnasso, [Quaderni Urbinati di cultura classica, 10] Urbino 1970.
[31] R. Bloch, Le origini di Roma, trad. it., Milano 1961 [4ª ed. 1977], 42
ss., 89 ss.; R.M. Ogilvie, Early Rome and the Etruscans, Hassocks
1976, 15 ss. [trad. it., Le origini di
Roma, Bologna 1986, 13 ss.]; J.
Gagé, La chute des Tarquins
et les débuts de
[32] J. Bayet, Introduction,
in Tite-Live, Histoire romain, livre I, Paris 1965, XXXVIII s.; G. Dumézil, La religion
romaine archaïque, cit, 104 ss. [= La religione romana arcaica, cit., 93 ss.].
[33] F.A. Brause, Librorum de disciplina augurali, cit., 42 fragm. XXVIII; P. Regell, Fragmenta auguralia, cit., 21 fragm. 17.
[34] Cfr. F. Sini, A proposito del carattere religioso del dictator (note metodologiche sui documenti
sacerdotali), in Studia et Documenta
Historiae et Iuris 42, 1976, 419; Id.,
Documenti sacerdotali di Roma antica,
cit., 96.
[35] Contrari alla
determinazione dei generi di documenti sacerdotali, soprattutto, A. Bouché-Leclercq, Les pontifes de l’ancienne Rome. Étude
historique
sur les institutions religieuses de Rome,
Paris 1871 [rist. an. New York 1975], 19 ss.; M. Voigt, über die Leges
regiae, II. Quellen und Authentie der Leges regiae, in Abhandlungen der
philologisch-historischen Classe der königlich sächsischen Gesellschaft
der Wissenschaften VII, 1873-79, 647 ss.; P.
Regell, De augurum publicorum
libris, cit., 30 ss.; R. Bonghi,
Storia di Roma, II, Milano 1888, 222
ss.; G. Rohde, Die Kultsatzungen der römischen
Pontifíces, cit., 16
ss.
[36] Per quanto riguarda
«l’assenza, entro la cultura giuridica romana, di una sistematica
delle opere letterarie in campo giuridico», vedi L. Lantella, Le opere
della giurisprudenza romana nella storiografia, Torino 1979, 63 ss.
[37] Per la terminologia,
nonché per la definizione più generale di fonti primarie e
secondarie, seguo A. Guarino, Esegesi delle fonti del diritto romano,
[38] Le fonti epigrafiche,
che menzionano testualmente libri e commentarii sacerdotali, sono state
discusse da F. Sini, Documenti sacerdotali di Roma antica,
cit., 111 ss.
[39] Per le fonti
letterarie si vedano: G. Wissowa,
Religion und Kultus der Römer,
2ª ed., München 1912, 4 ss.; N.
Turchi, La religione di Roma
antica, Bologna 1939, 337 ss.; K.
Latte, Römische
Religionsgeschichte, München
1960, 4 ss.; G.B. Pighi, La religione romana, Torino 1970, 27
ss., 41 ss.; cfr. inoltre G.
Dumézil, La religion romaine archaïque, 2a ed.,
Paris 1974, 111 ss. [trad. it. di F. Jesi, La religione romana arcaica,
Milano 1977, 99 ss.].
[40] A titolo
esemplificativo, oltre il già citato Cic. De re publ. 1.63, vedi anche Macr. Sat. 1.12.21-22: Auctor est
Cornelius Labeo huic Maiae id est terrae aedem kalendis Maiis dedicatam sub
nomine Bonae Deae et eandem esse Bonam Deam et terram ex ipso ritu occultiore
sacrorum doceri posse confirmat. Hanc eandem Bonam Faunamque, Opem et Fatuam
pontificum libris indigitari: Bonam quod omnium nobis ad victum bonorum causa
est, Faunam quod omni usui animantium favet, Opem quod ipsius auxilio vita
constat, Fatuam a fando quod, ut supra diximus, infantes partu editi non prius
vocem edunt quam attigerint terram. R.
Agahd, Antiquitates rerum
divinarum. Libri I XIV XV XVI. Praemissae sunt quaestiones varronianae, in Jahrbücher für classische
Philologie, Supplementband 24, (Leipzig) 1898, 116 s., attribuiva il passo
al XVI libro delle Antiquitates di
Varrone; cfr. anche G. Rohde, Die Kultsatzungen der römischen
Pontifíces, Berlin 1936,
44 s. Nega, invece, che questo frammento dei Fastorum libri di
Cornelio Labeone possa essere di derivazione varroniana P. Mastandrea, Un
neoplatonico latino, Cornelio Labeone (testimonianze e frammenti), Leiden
1979, 51: «La fonte cui ricorreva Labeone in questa circostanza erano
dunque i Libri pontificales, gli archivi dei pontefici romani ove si conservavano
gelosamente le norme e gli ordinamenti del rito e del culto».
[41] Sull’apporto specialistico della filologia, vedi G. Pascucci, Diritto e filologia, in Romanitas
9, 1970 [= Annales I Colloqui
Internationalis de iure Romano lingua litterisque Latinis], 53 ss.; H. Le Bonniec, La philologie latine au service de l’histoire de la religion
romaine, in Bulletin de
l’Association G. Budé, 1979, 389 ss. Per quanto riguarda
invece gli studi lessicografici, vedi Atti
del Convegno sulla lessicografia politica e giuridica nel campo delle scienze
dell’antichità, cit., particolarmente stimolante la relazione
di C. Nicolet, Lexicographie politique et histoire romaine:
problèmes de méthode et directions de recherches (19 ss.).
[42] G. Wissowa, Religion
und Kultus der Römer, cit.,
479 ss.; J. Bayet, Histoire
politique et psychologique de la religion romaine, Paris 1957 (2a
ed. 1969) [trad. ital. di G. Pasquinelli: La religione romana. Storia politica e
psicologica, Torino 1959, 107 ss.]; G.
Dumézil, La religion romaine archaïque, cit., 567 ss. [= La religione
romana arcaica, cit., 492 ss.].
Fra gli studi monografici sui collegi sacerdotali (per la bibliografia
più risalente cfr. J. Marquardt,
Römische Staatsverwaltung, III. Das
Sacralwesen, 2ª ed. a cura di G. Wissowa, Leipzig 1885 [rist. an. New
York 1975], 235 ss.): P. Catalano,
Contributi allo studio del diritto augurale, Torino 1960; Id., Linee del sistema sovrannazionale romano, Torino 1965; F. Guizzi, Aspetti giuridici del
sacerdozio romano. Il sacerdozio di Vesta, Napoli 1968; M.W.
Hoffman Lewis, The Official Priests of
[43] R. Besnier, Les
archives privées, publiques et religieuses à Rome au temps des
rois, in Studi Albertario, II, Milano 1953, 1 ss.; J. Linderski, The ‘Libri Reconditi’, in Harvard Studies in Classical Philology 89, 1985, 207 ss.; J. Scheid, Les archives de la piété. Réflexions sur les
livres sacerdotaux, in La
mémoire perdue. A la recherche des archives oubliées, publiques
et privées, de
[44] A. Rostagni, Storia della letteratura latina, 3ª ed., I, Torino 1964, 41. Carmen Saliare: C.M. Zander, Carminis
saliaris reliquiae, Lundae 1888; B.
Maurenbrecher, Carminum Saliarium
reliquiae, in Jahrbücher
für classische Philologie, Suppl. XXI, 1894, 315 ss.; W. Morel, Fragmenta poetarum latinorum epicorum et liricorum praeter Ennium et
Lucilium, 2ª ed. (1927), rist. Stutgardiae 1963, 1 ss. Carmen Arvale: M. Nacinovich, Carmen
Arvale, 2 voll., Roma 1933-1934; E. Norden,
Aus altrömischen
Priesterbüchern, Lund-Leipzig 1939, 99 ss.; G. Radke, Archaisches
Latein, Darmstadt 1981, 100 ss.; I.
Paladino, Fratres Arvales. Storia di un collegio sacerdotale romano,
Roma 1988, 195 ss.; J. Scheid, Romulus et ses frères. Le collège des
frères arvales, modèle du culte public dans
[45] Esempi di decreta sacerdotali
in Cic. De div. 2.35; Cic. in Vat. 20; Liv. 27.37.4; 27.37.7;
31.9.8; 32.1.9; 34.45.8; 39.22.4-5; 40.45.2; 4.7.3; 45.12.10; 21.1.15-19;
41.21.10-11; 31.8.2-3; Fest. De verb. sign., p.
La distinzione tra i decreta e i responsa sacerdotali non risulta del
tutto chiara: P. Jörs, Römische Rechtswissenschaft zur Zeit
der Republik, I. Bis auf die Catonen, Berlin 1888, 29 ss.; E. De Ruggiero, v. Decretum,
in Dizionario Epigrafico di
Antichità Romane, II.2, Roma 1910, 1497 ss.; G. Wissowa, Religion
und Kultus der Römer, cit., 541 s., 527 ss., 551; F. Schulz, History of Roman Legal Science, 2ª ed., Oxford 1953, 15 ss. [= Id., Storia della giurisprudenza romana, trad. it. a cura di G. Nocera,
Firenze 1968, 37 ss.]; G. Mancuso,
Studi sul decretum nell’esperienza giuridica romana,
in Annali del Seminario Giuridico
dell’Università di Palermo 40, 1988, 78 ss.; infine da
menzionare L.L. Cohee, Responsa and decreta of Roman priesthoods during the Republic, Dissertation University
of Colorado at Boulder 1994. Per quanto riguarda i responsa, non è neppure certo se, e in che misura, essi
vincolassero il magistrato, il senato o il privato che li avevano richiesti;
tuttavia il prestigio dei sacerdoti era tale da far sì che raramente venissero
disattesi; cfr. Cic. De har. resp.
6.12: Quae tanta religio est qua non in
nostris dubitationibus atque in maximis superstitionibus unius P. Servili ac M.
Luculli responso ac verbo liberemur? De sacris publicis, de ludis maximis, de
deorum penatium Vestaeque matris caerimoniis, de illo ipso sacrificio quod fit
pro salute populi Romani, quod post Romam conditam huius unius casti tutoris
religionum scelere violatum est quod tres pontifices statuissent, id semper
populo Romano, semper senatui, semper ipsis dis immortalibus satis sanctum,
satis augustum, satis religiosum esse visum est.
[46] Lista di pontefici in
Cic. De har. resp. 6.12;
Macr. Sat. 3.13.11. L.
Mercklin, Die römischen Sacerdotalfasten, appendice a
Die Cooptation der Römer, Mitau und Leipzig 1848, 213 ss.; C. Bardt, Die Priester der vier
grossen Collegien aus römisch-republicanischer Zeit, Berlin
1871; P. Habel, De Pontificum
Romanorum inde ab Augusto usque ad Aurelianum condicione publica,
Vratislaviae 1888; G. Howe, Fasti
sacerdotum populi Romani publicorum aetatis imperatoriae, Lipsiae
1904; a. klose, Römischen
Priesterfasten I, Diss. Breslau 1910; T.R.S. Broughton, The Magistrates of
the Roman Republic, 2 voll., 1 suppl., New York 1951-1952, 1960.
[47]
Gu. Henzen, Acta fratrum arvalium quae
supersunt, Berolini 1874; Ae.
Pasoli, Acta fratrum arvalium quae post annum MDCCCLXXIV reperta sunt,
Bologna 1950; J. Scheid, Romulus et ses frères. Le collège des
frères arvales, modèle du culte public dans
[48] Per una visione d’insieme dei contenuti: C.W. Westrup, On the Antiquarian-Historiographical
Activities of the Roman Pontifical College, København 1929; G. Rohde, Die Kultsatzungen der römischen Pontifices, Berlin
1936.
[49] Serv. Dan. in Verg. Georg.
1.270: Sane quae feriae a quo genere hominum vel quibus diebus observentur,
vel quae festis diebus permissa sint, siquis scire desiderat, libros
pontificales legat.
[50] CIL I, 2a ed., 1 ss.; A.
Degrassi, Inscriptiones Italiae, XIII, Fasti et elogia,
Roma 1947; Id., Inscriptiones
Latinae liberae rei publicae, I, Firenze 1957, 15 ss.; T.R.S.
Broughton, The Magistrates of the Roman Republic, cit. in n. 6; R. Stiehl, Die Datierung der
kapitolinischen Fasten, Tübingen 1957; R. Werner, Der Beginn der römischen Republik.
Historisch-chronologische Untersuchungen über die Anfangszeit der libera
res publica, München-Wien 1963, 219 ss., 264 ss.
[51] Cic. De orat. 2.12.52-53: erat enim historia nihil aliud nisi
annalium confectio, cuius rei memoriaeque publicae retinendae causa ab initio
rerum Romanarum usque ad P. Mucium pontificem maximum res omnis singulorum
annorum mandabat litteris pontifex maximum efferebatque in album et proponebat
tabulam domi, potestas ut esset populo cognoscendi, ei qui etiam nunc annales
maximi nominantur. Serv. Dan. in
Verg. Aen. 1.373: Ita autem annales conficiebantur: tabulam
dealbatam quotannis pontifex maximus habuit, in qua praescriptis consulum
nominibus et aliorum magistratuum digna memoratu notare consueverat domi
militiaeque terra marique gesta per singulos dies. Cuius diligentiae annuos
commentarios in octoginta libros veteres retulerunt, eosque a pontificibus
maximis a quibus fiebant annales maximos appellarunt. Macr.
Sat. 3.2.17: Pontificibus enim permissa est potestas memoriam rerum
gestarum in tabulas conferendi, et hos annales appellant et quidem maximos
quasi a pontificibus maximis factos. Paul. Fest. ep., p.
La
bibliografia sugli annali dei pontefici è vastissima; ci limiteremo
pertanto alle indicazioni essenziali: A.
Bouché-Leclercq, Les pontifes de l’ancienne Rome,
cit., 250 ss.; L. Cantarelli,
Origine degli Annales Maximi, in Rivista di filologia e
d’istruzione classica 26, 1898, 209 ss.; A. Enmann, Die älteste Redaktion der
Pontifikalannalen, in Rheinisches Museum für Philologie, 57,
1902, 517 ss.; W. Soltau, Die
Anfänge der roemischen Geschichtschreibung, Leipzig 1909, 10
ss.; E. Kornemann, Die
älteste Form der Pontifikalannalen, in Klio 11, 1911,
245 ss.; C.W. Westrup, On the
Antiquarian - historiographical Activities of the Roman Pontifical College,
cit.; M. Gelzer, Der Anfang
römischer Geschichtsschreibung, in Hermes 69, 1934, 46 ss. (=
Kleine Schriften, III, Wiesbaden 1964, 93 ss.); E.A. Crake, The Annals of the Pontifex Maximus, in
The Classical Philology 35, 1940, 375 ss.: gli scritti del Gelzer e del
Crake sono stati ripubblicati di recente in V.
Pöschl (Hrsg. von), Römische Geschichtsschreibung, Wege
der Forschung 90, Darmstadt 1969; A.
Alföldi, Early Rome and the Latins, Ann Arbor 1965,
164 ss.; E. Gabba, Considerazioni
sulla tradizione letteraria sulle origini di Roma, in Les origines de la
république romaine (Entretiens sur l’antiquité
classique XIII, Fond. Hardt), Genève 1967, 150 ss.; L. Alfonsi, La prosa e lo stile
degli Annales Maximi, in Studii Clasice 15, 1973, 51 ss.; E. Peruzzi, Origini di Roma, II.
Le lettere, Bologna 1973, 175 ss.; B.
Gentili - G. Cerri, Le teorie del discorso storico nel pensiero greco
e la storiografia romana arcaica, Roma 1975, 81 ss.; da ultimo, B.W. Frier, Libri Annales Pontificum
Maximorum. The Origins of the Annalistic Tradition, Rome 1979.
[52] P.F. Girard, Textes de droit romain,
2a ed., Paris 1895, 3 ss.; S.
Riccobono, Fontes iuris romani antejustiniani, pars prima,
2a ed., Florentiae 1968, 4 ss.; S. Tondo,
Leges regiae e paricidas, Firenze 1973.
[55] Documenti dei pontefici: J.-V. Le
Clercq, Des journaux chez les
Romains, recherches précédées d’un mémoire
sur les annales des pontifes, et suivies de fragments des journaux de
l’ancienne Rome, Paris
Documenti degli auguri: F.A. Brause,
Librorum de disciplina augurali
ante Augusti mortem scriptorum reliquiae, Lipsiae 1875; P. Regell, De augurum publicorum libris, Vratislaviae 1878; Id., Fragmenta auguralia, Hirschberg 1882; Id., Auguralia, in Commentationes Philologae in honorem Augusti
Reifferscheidii, cit., 61 ss.; Id.,
Commentarii in librorum auguralium
fragmenta specimen, Hirschberg 1893; J. Linderski,
The Augural Law, in Aufstieg und Niedergang der römischen
Welt, II.16.3, Berlin-New York 1986, 2241 ss.
Documenti dei feziali: F.C. Conradi,
De Fecialibus et iure feciali populi
Romani, Helmstadii 1734; M. Voigt,
De fetialibus populi Romani quaestionis
specimen, Lipsiae 1852.
[56] F. Sini, Documenti sacerdotali e lessico politico-religioso di Roma arcaica,
in Atti del Convegno sulla lessicografia
politica e giuridica nel campo delle scienze dell’antichità
(Torino, 28-29 aprile 1978), a cura di I.
Lana - N. Marinone, Torino
1980, 127 ss.; cfr. C. Nicolet, Lexicographie politique et histoire romaine:
problèmes de méthode et directions de recherches, ibid., 19 ss.
[57] Sul punto, si vedano
le «Remarques préliminaires sur la dignité et l’antiquité
de la pensée romaine» di G.
Dumézil, Idées
romaines, Paris 1969, 9 ss.; ma già P. Jörs, Römische
Rechtswissenschaft zur Zeit der Republik, cit., 15 ss., dedicava ampio
spazio all’analisi della «pontificale Jurisprudenz». Nello
stesso senso, G. Nocera, Iurisprudentia. Per una storia del pensiero giuridico
romano, Roma 1973, 11 ss.; e soprattutto F.
Wieacker, Altrömische
Priesterjurisprudenz, in Iuris
professio. Festgabe
für Max Kaser zum 80. Geburtstag,
Wien-Graz-Köln 1986, 347 ss.; Id., Römische Rechtsgeschichte. Quellenkunde, Rechtsbildung, Jurisprudenz und
Rechtsliteratur, I, München 1988, 310 ss.; ora anche A. Schiavone, Linee di
storia del pensiero giuridico romano, Torino 1994, 4 s.
[58] Sull’espressione
«sistema giuridico-religioso», P.
Catalano, Linee del sistema
sovrannazionale romano, cit., 30 ss., in part. 37 n. 75; Id., Aspetti spaziali del sistema giuridico-religioso romano. Mundus, templum, urbs, ager, Latium, Italia, in Aufstieg und
Niedergang der römischen Welt, II.16.1, Berlin-New York 1978, 445 s.; Id., Diritto e persone. Studi su origine e attualità del sistema
romano, Torino 1990, 57; concorda, in parte, anche G. Lombardi, Persecuzioni, laicità, libertà religiosa.
Dall’Editto di Milano alla Dignitatis Humanae, Roma 1991, 34 s. Per la validità del concetto di
«ordinamento giuridico», R.
Orestano, Diritto. Incontri e
scontri, Bologna 1981, 395 ss.; Id.,
Le nozioni di ordinamento giuridico e di
esperienza giuridica nella scienza del diritto, in Rivista trimestrale di Diritto Pubblico 4, 1985, 959 ss., in part.
964 ss.; Id., Introduzione allo studio del diritto romano,
Bologna 1987, 348 ss.; P. Cerami,
Potere ed ordinamento
nell’esperienza costituzionale romana, 3ª ed., Torino 1996, 10
ss.; A. Guarino, L’ordinamento giuridico romano,
5ª ed., Napoli 1990, 56 s.
[59] Critica
all’interpretazione “statalista” del sistema
giuridico-religioso romano in alcuni studi di P. Catalano: Populus
Romanus Quirites, cit., 41 ss. (con ampia analisi [52 ss.] dei motivi di
opposizione nei confronti della «Staatslehre» mommseniana, presenti
nella cultura giuspubblicistica italiana dell’Ottocento); Id., La divisione del potere in Roma (a proposito di Polibio e di Catone),
in Studi in onore di Giuseppe Grosso,
VI, Torino 1974, 673 ss. Da vedere anche J. Bleicken, Lex publica. Gesetze und Recht in der römischen Republik,
Berlin-New York 1975, 16 ss. G. Lobrano, Note su «diritto romano» e
«scienze di diritto pubblico» nel XIX secolo, in Index 7, 1977 [ma 1979], 66; Id., Il potere dei tribuni della plebe, Milano 1982, 6 ss.; Id., Diritto pubblico romano e costituzionalismi moderni, Sassari 1990,
81 ss.; Id., Res publica res populi. La legge e le limitazioni del potere,
Torino 1996, 42 ss.
[60] La pubblicazione
dell’opera ha richiesto ben diciotto anni (1871-1888), nel mentre
però i volumi già editi conobbero successive riedizioni: Römisches Staatsrecht, I (1ª
ed. Leipzig 1871; 3ª ed. Leipzig 1887); II (1ª ed.:
II 1 Leipzig 1874; II 2 Leipzig 1875; 3ª ed. Leipzig 1887); III 1
(Leipzig 1887); III 2 (Leipzig 1888). Alle temperie politiche e culturali in
cui l’opera fu composta dedica penetranti rapide notazioni Y. Thomas, Mommsen et l’«isolierung» du droit, in Th. Mommsen, Le droit public romain, I, Paris 1984, 16 s: «C’est
vers les années 1860-1880 seulement que l’État, en
Allemagne, devient un objet de droit; que naît un Staatsrecht construit
lui aussi, selon la démarche des pandectistes, sur quelques principes
dont se déduit un système clos de concepts
hiérarchiquement ordonnés; que le statut scientifique de cette
nouvelle discipline est assuré, en dehors de l’histoire, par la
structure logico-déductive de son discours et par la cohérence
interne de ses parties. Bref, ce sont les contemporains de Mommsen, et Mommsen
au premier chef, qui, vers le moment où se constitue l’état
bismarckien, récusent cette marginalisation du droit public,
revendiquent pour lui sa place à l’intérieur du savoir
juridique, le constituent dogmatiquement sur la base même des
définitions qui avaient d’abord servi à l’en
exclure». Sul ruolo del Mommsen nella storia giuridica e politica
contemporanea: A. Heuss, Theodor Mommsen und das 19. Jahrhundert,
Kiel 1956; A. Wucher, Theodor Mommsen. Geschichtsschreibung und
Politik, Göttingen 1956; G.
Liberati, Mommsen e il diritto
romano, in Materiali per una storia
della cultura giuridica 6, 1976, 215 ss.
[61] Nella premessa alla
seconda edizione del I volume (Leipzig 1876), troviamo ribadita una puntigliosa
difesa di questo metodo: Th. Mommsen, «Vorwort zur
zweiten Auflage», Römisches
Staatsrecht, I, cit., XI: «Wenn der Staat ein organisches Ganze ist,
so müssen wir, um ihn zu begreifen, theils die Organe als solche in ihrer
Besonderheit, theils die aus dem Zusammenwirken mehrer Organe hervorgehenden
Functionen verstehen; und wenn das letztere durch die materiell geordnete
Darlegung geschieht, so ist das erstere die Aufgabe des Staatsrechts. Es
genügt nicht, dass uns der Prätor theils im Krieg commandierend,
theils im Civilprozess rechtsprechend, theils bei den Volksfesten spielgebend
begegnet; wir müssen das Amt als solches in seiner Einheit anschauen, um
sein Eingreifen in jede einzelne Function zu verstehen. Insbesondere die
Eigenthümlichkeit des römischen Gemeinwesens, das in den oberen
Sphären nicht ein einzelnes Organ für eine einzelne Function
entwickelt hat, sondern dessen Wesen es ist die höheren Behörden an
dem ganzen Staatswesen zu betheiligen, fordert diese Behandlung mit zwingender
Nothwendigkeit» [= Id., Droit public romain, I, cit., XXIII]. Cfr. J. Bleicken, Lex publica. Gesetze und
Recht in der römischen Republik, cit., 36 ss.; G. Lobrano, Note su «diritto romano» e «scienze di diritto
pubblico» nel XIX secolo, cit., 65 ss.
[62] Il
«Grundbegriff» di magistratura emerge fin dalle sommarie esemplificazioni
di metodo fornite nel «Vorwort» alla prima edizione: Th. Mommsen, Römisches Staatsrecht, I, cit., VIII s.: «Dass der
allgemeinen Lehre von der Magistratur eine weit grössere Ausdehnung
gegeben worden ist als sie bei Becker und sonst einnimmt und dass hier vieles
vorgetragen wird, welches in den bisherigen Darstellung sich entweder gar nicht
oder zerstückelt findet, wird sich hoffentlich im Gebrauch als
zweckmässig erweisen. Wie in der Behandlung des Privatrecht der rationelle
Fortschritt sich darin darstellt, dass neben und vor den einzelnen
Rechtsverhältnissen die Grundbegriffe systematische Darstellung gefunden
haben, so wird aus das Staatsrecht sich erst dann einigermassen ebenbürtig
neben das – jetzt allerdings in der Forschung und der Darlegung ihm eben
so weit wie in der Ueberlieferung voranstehende –- Privatrecht stellen
dürfen, wenn, wie dort der Begriff der Obligation als primärer steht
über Kauf und Miethe, sie hier Consulat und Dictatur erwogen werden als
Modificationen des Grundbegriffs der Magistratur. Beispielsweise führe ich
die Lehre von der Cooperation und dem Turnus bei den Amtshandlungen und die von
Intercession an; eine klare Darstellung der ersteren lässt sich
unmöglich geben, wenn die einzelnen Notizen bei den verschiedenen Magistraturen
untergebracht werden, und die übliche Abhandlung der Intercession bei der
tribunicischen Gewalt giebt sogar ein durchaus schiefes Bild» [= Id., Droit public romain, I, cit., XXIII].
[63] Quint. Instit. orat. 1.6.41: et Saliorum carmina vix sacerdotibus suis
satis intellecta. Sed illa mutari vetat
religio et consecratis utendum est. E.
Peruzzi, Aspetti culturali del
Lazio primitivo, Firenze 1978, 166. Suggestiva l’interpretazione del
tradizionalismo rituale delle società antiche, proposta da N.D. Fustel de Coulanges, La cité antique. Étude sur le
culte, le droit, les institutions de
[64] Mi permetto di
rinviare a quanto ho già trattato in un mio precedente lavoro (F. Sini, Documenti sacerdotali di Roma antica, I. Libri e commentarii, cit., 163 ss.), dove credo di aver dimostrato la
sostanziale continuità della tradizione documentaria sacerdotale,
individuando, anche, alcune probabili revisioni o sistemazioni dei materiali
degli archivi nel corso della storia di Roma.
[65] Liv. 6.1.9-10: Hi ex interregno cum extemplo magistratum
inissent, nulla de re prius quam de religionibus senatum consuluere. In primis
foedera ac leges ‑ erant autem eae duodecim tabulae et quaedam regiae
leges ‑ conquiri, quae comparerent, iusserunt. Alia ex eis edita etiam in
volgus; quae autem ad sacra pertinebant, a pontificibus maxime, ut religione
obstrictos haberent multitudinis animos suppressa. S.P. Oakley, A commentary on Livy, Books VI-X, Vol. I.
Introduction and Book VI, Oxford 1997, 393 ss.
[66] F.P. Bremer, Iurisprudentiae
Antehadrianae quae supersunt, I, Lipsiae 1896, 32. ss.; F. Münzer, Mucius, in
Real-Encyclopädie der classischen Altertumswissenschaft 16, 1,
Stuttgart 1933, coll. 425 ss.; E.S. Gruen,
The Political Allegience of the P. Mucius
Scaevola, in Athenaeum 43, 1965,
321 ss.; G. Grosso, P. Mucio Scevola tra politica e diritto,
in Archivio Giuridico “Filippo
Serafini” 175, 1968, 204 ss.; R.
Seguin, Sacerdoces et
magistratures chez les Mucii Scaevolae, in Revue des études
Anciennes 72, 1970, 90 ss.; F.
Wieacker, Die römischen
Juristen in der politischen Gesellschaft des zweiten vorchristlichen
Jahrhunderts, in Sein und Werden im
Recht. Festgabe
für Ulrich von Lübtow zum 70. Geburtstag,
Berlin 1970, 183 ss., 204 ss.; Id.,
Römische Rechtsgeschichte. Quellenkunde, Rechtsbildung, Jurisprudenz
und Rechtsliteratur, I, cit., 547 ss.; O.
Behrends, Tiberius Gracchus und
die Juristen seiner Zeit - die römische Jurisprudenz gegenüber der
Staatskrise des Jahres 133 v. Chr., in Das
Profil des Juristen in der europäischen Tradition. Symposion aus Anlass des
70. Geburtstages von Franz Wieacker, Ebelsbach am Main 1980, 25 ss., 51
ss.; A. Guarino, La coerenza di Publio Mucio, Napoli
1981; M. Bretone, Tecniche e ideologie dei giuristi romani,
2ª ed., Napoli 1982, 255 ss.; R.A.
Bauman, Lawyers in Roman republican
politics: a study of the Roman jurists in their political setting, 316-82 BC,
München 1983, 230 ss.; A. Schiavone,
Giuristi e nobili nella Roma repubblica,
Roma-Bari 1987, 3 ss.; Id., Linee di storia del pensiero giuridico
romano, cit., 41 ss.
[67] Per i frammenti
superstiti, vedi J.-V. Le Clercq, Des journaux chez les Romains, cit., 344
ss.; H. Peter, Historicorum Romanorum reliquiae, I,
2ª ed., Stutgardiae 1914 [editio stereotypa 1967], 3 s. Le più
recenti raccolte di frammenti sono opera di B.W.
Frier, Libri Annales pontificum Maximorum. The Origins of the Annalistic Tradition, Rome 1979 [2ª ed. Ann Arbor 1998]; e di M. Chassignet, L’annalistique romaine, Tome I. Les
annales des pontifes et l’annalistique ancienne (fragments), Texte
établi et traduit par M. Ch., Paris 1996.
[68] Per i frammenti dei giuristi in questione, vedi F.P. Bremer, Iurisprudentiae
antehadrianae, cit., 9 ss.; cfr. W. Kunkel, Herkunft und soziale Stellung der römischen
Juristen, Weimar 1952, 6 ss.; L. Wenger,
Die Quellen des römischen Rechts, Wien 1953, 473 ss.; F. Schulz, Storia della giurisprudenza
romana, cit., 78 ss.
[69] Questo significato di religio è attestato da Cic. De nat. deor. 2.8 (cfr. 1.117); De leg. 1.60; De har. resp. 18. Sul significato di religio, H. Fugier, Recherches
sur l’expression du sacré dans la langue latine, Paris 1963,
172 ss.; Ė. Benveniste, Le vocabulaire des institutions
indo-européennes, 2. Pouvoir, droit, religion, Paris 1969, 265 ss.; H. Wagenvoort, Wesenzüge altrömischer Religion, in Aufstieg und Niedergang der römischen Welt, I.2, Berlin-New
York 1972, 348 ss. (ripubblicato col titolo Characteristic
Traits of Ancient Roman Religion, in Id.,
Pietas. Selected studies in Roman
Religion, Leiden 1980, 223 ss.); G.
Lieberg, Considerazioni sull’etimologia
e sul significato di religio, in Rivista
di Filologia e di Istruzione Classica 102, 1974, 34 ss.; R. Muth, Von Wesen römischer religio, in Aufstieg und Niedergang der römischen Welt, II.16.1,
Berlin-New York 1978, 290 ss.; R.
Schilling, L’originalité
du vocabulaire religieux latin, in Id.,
Rites, cultes, dieux de Rome, Paris
1979, 30 ss.; E. Montanari, v.
Religio, in Enciclopedia Virgiliana,
IV, Roma 1988, 423 ss.
[70] Alla teologia
sacerdotale doveva rifarsi anche il grande antiquario M. Terenzio Varrone, nel
trattare degli dèi negli ultimi tre libri delle sue antiquitates
rerum divinarum; la stessa suddivisione dell’argomento in: de dis
certis, de dis incertis, de dis praecipuis atque selectis,
sembra riflettere la cautela tutta sacerdotale, e la propensione per
definizioni esaustive, nei confronti delle divinità che erano oggetto di
culto. Su “teologia” varroniana e sistematiche sacerdotali, vedi
ora F. Sini, «Fetiales, quod fidei
publicae inter populos praeerant»:
riflessioni su fides e “diritto internazionale” romano (A proposito di bellum, hostis, pax), in Il ruolo della buona fede
oggettiva nell’esperienza giuridica storica e contemporanea. Atti del
Convegno internazionale di studi in onore di Alberto Burdese, a cura di
Luigi Garofalo, III, Padova 2003, 484 ss. = Sini F., Varr. De ling. Lat. 5.86 i rimskoe
<mehdynarodnoe pravo> (razmywlenià o fides, bellum, hostis, pax), in Ius
Antiquum - Drevnee Pravo 12,
(Moskva) 2003, 42-82. Pubblicato ora anche in versione elettronica: = http://www.dirittoestoria.it/iusantiquum/articles/Sini-Varr.de-ling-lat-5-86.htm .