MMD Anniversario della Secessione della Plebe al Monte
Sacro
Promemoria
a
cura di
Pierangelo Catalano e Giovanni Lobrano
Quali accidenti facessono creare in
Roma i tribuni della
plebe, il che fece la republica
più perfetta ... E però, dopo
molte confusioni, romori e pericoli di
scandoli che
nacquero intra la plebe e la nobiltà,
si venne, per sicurtà
della plebe alla creazione de’
tribuni; e quelli ordinarono
con tante preminenzie e tanta riputazione,
che poterono
essere sempre dipoi mezzi intra
e ovviare alla insolenzia de’ nobili.
Che la disunione della plebe e del
senato romano fece
libera e potente quella republica ... E se i tumulti furono
cagione della creazione de’ tribuni meritano somma laude;
perché oltre al dare la parte sua all’amministrazione
popolare, furono constituiti per guardia della libertà
romana.
Niccolò Machiavelli
Discorsi
sopra la prima deca di Tito Livio, libro I, c. 3-4
Sommario: I. La
secessione e le sue ragioni. Il giuramento e la tribunicia potestas sacrosancta. 1. Secessione. – 2. Giuramento plebeo. – 3. Caio Sicinio Belluto. – 4. Tribunato
della plebe e libertà del popolo. II. Il Tribunato della plebe e la respublica: da Cicerone a Eutropio. 1. Cicerone.
– 2. Augusto. – 3. Difesa imperiale delle plebi
cittadine. III. Continuità
tribunizia: da Cola di Rienzo a Gracchus Babeuf alla Repubblica Romana del
’49. 1. Medioevo. – 2. Età moderna. – 3. Età contemporanea. IV. La cancellazione della memoria.
Difensori civici, diritti umani e sovranità popolare. 1. Hegel e Mommsen. – 2. Sindacati e
“defensores del pueblo”. – 3. Presa
di coscienza del “potere negativo”. – Bibliografia.
I
Duemilacinquecento
anni or sono, nell’anno 494 avanti Cristo, la plebe romana in armi, guidata
da Sicinio, secede sul Monte Sacro a causa dell’acuirsi del conflitto che
la oppone al ceto dominante dei patrizi in ogni campo della convivenza civile
e, in particolare, nella questione del debito, la quale vede i debitori plebei
oppressi in maniera intollerabile dagli usurai (foeneratores).
Nell’anno
seguente la plebe romana rientrerà a Roma, convinta da Menenio Agrippa
della necessità della collaborazione tra i diversi ceti sociali, ma
soltanto dopo avere creato una magistratura nuova, un “magistrato plebeo”, dotato di una protezione
nuova (la sacratio capitis di
chiunque lo offenda) e di un potere altrettanto nuovo: per la sua
configurazione generale (la potestas
sacrosancta), per il suo fondamento (il iusiurandum
collettivo plebeo, integrato – quindi – con un foedus patrizio-plebeo), per il suo contenuto (lo ius intercessionis contro le
magistrature patrizie / di governo e lo ius
agendi cum plebe).
E’ il
tribunato della plebe.
«il più strenuo avversario
dell’aristocrazia… di infima nascita, educato poveramente» così
lo descrive Dionigi di Alicarnasso (VII, 33). Caio Sicinio Belluto fu il capo
della secessione. Le fonti antiche presentano un uomo che emergeva dalla massa;
egli affrontò con forza i patrizi: «Con quale animo, patrizi, ora richiamate indietro coloro che avete
condotto fuori dalla patria e trasformato da liberi in schiavi?»
(Dionigi, VI.45). Con lo stesso animo, tre anni dopo contrastò
Coriolano, che voleva privare la plebe della magistratura appena istituita
(Plutarco, Coriolano, XVIII.1-3).
Sicinio fece parte del primo tribunato della plebe («primus tribunus plebis … in Sacro monte»: Livio
3.54.12) e fu rieletto due volte per il grande prestigio personale e non per
meriti familiari. Il suo ruolo nella storia della repubblica romana è
paragonabile a quello del primo console: ponendo argine alla prepotenza dei
patrizi e degli usurai, il tribunato rese perfetta la costituzione repubblicana
(secondo l’opinione che manifesteranno poi, tra gli altri, Cicerone, Machiavelli, Rousseau, Gracchus Babeuf). A ragione
Simon Bolívar ricorderà Sicinio (v. infra, III, 3).
Sembra
quasi impossibile che un gruppo sociale “in sedizione” abbia
prodotto ‘di getto’ una tale costruzione religiosa, politica,
giuridica; al contempo così innovativa, complessa e poderosa: una
magistratura contro-magistratura (dotata di un potere contro-potere) la quale
diviene il perno di una costruzione unica nella storia, la respublica del popolo romano. La respublica è caratterizzata dal potere ‘laico’ e
‘sovrano’ del popolo, cioè degli universi cives, il quale entra in relazione di comando-obbedienza
con sé medesimo (populus in sua
potestate) attraverso il potere di governo dei magistrati patrizi, i quali
– a loro volta – traducono (con un margine necessario di
discrezionalità) gli iussa
generalia “di tutto il popolo a tutto il popolo” (Rousseau) in
comandi specifici rivolti ai singoli. Questa relazione vitale, centrale,
bi-univoca tra popolo dei cittadini e magistrati patrizi, nella quale ciascun
cittadino deve sapere e potere – a tempo debito – comandare e
obbedire, si avvale di un meccanismo di cui sono parte i sacerdotes publici; ma essa è soprattutto garantita dal
tribunato della plebe. La sacrosancta
potestas dei tribuni plebis è
garante della libertà dei singoli cives
dinnanzi al potere di governo dei magistrati patrizi e, al contempo e
indissolubilmente, è garante della obbedienza dei magistrati patrizi
alla volontà del popolo (leges
publicae).
II
Questa nuova
istituzione va ad occupare uno spazio straordinario nel sistema giuridico
repubblicano romano antico, dove (salvo il biennio ‘sperimentale’
del decemvirato legislativo) sarà sempre presente.
Cicerone (autore
del più famoso e più autorevole trattato sulla respublica, che scrive nella urgenza della grande crisi della repubblica,
provocata dal repentino e massivo ingresso delle civitates foederatae italiche) sostiene che senza tribunato non
c’è repubblica: «nomen
tantum videbitur regis repudiatum, res manebit, si unus omnibus reliquis
magistratibus imperabit. Quare nec ephori Lacedaemone sine causa a Theopompo
oppositi regibus, nec apud nos consulibus tribuni» (De legibus, 3.15 s.).
Augusto,
il quale risolve la crisi della repubblica riprendendo la riflessione
ciceroniana, edifica l’istituto del ‘principe’ su due pilastri
repubblicani: uno è l’imperium
proconsulare (maius et infinitum) e l’altro è la tribunicia potestas sacrosancta.
L’“Impero
delle città” (si ricordi Elio Aristide, “Elogio di
Roma”) ri-connette il potere tribunizio alla struttura cittadina. Nel IV
secolo dopo Cristo, gli imperatori Valentiniano I e Valente, con una sorta di
ritorno alle origini, istituiscono i defensores
civitatis: «ut plebs [...] contra potentium defendatur iniurias»:
costituzione dell’anno 365, la prima del titolo 55 (dedicato ai Defensores civitatis) del libro I del Codex di Giustiniano. Ma sono
testimoniati istituti che anche prima del 365 esplicano la defensio civitatis della legislazione imperiale, freno allo
strapotere della classe senatoria: sono i syndici,
dei quali ultimi resta più evidente la traccia semantica nel governo
delle città italiane.
Sul
ruolo del modello tribunizio per la difesa imperiale delle plebi cittadine,
è significativo quanto scrive lo storico Eutropio, collaboratore
(epistolografo) dell’imperatore Valente: «Tum et ipse [il popolo romano]
sibi tribunos plebis quasi proprios iudices et defensores creavit per quos
contra senatum et consules tutus esse posset» (Breviarium ab urbe condita 1.13; cfr. Digesta Iustiniani, 1.2.2.20).
III
La
funzione tribunizia dei difensori della cittadinanza resta lungo tutto il
medioevo, affidata ai syndici dei Comuni
ma anche – e in misura rilevante – ai vescovi. Nel XIV secolo, in
Roma, Cola di Rienzo fu Tribuno (1347: «libertatis, pacis iustitiaeque tribunus et sacrae romanae reipublicae
liberator») e propose la unificazione dell’Italia in termini di
confederazione di Comuni. Nella città di Bologna, nel 1377, furono
istituiti i “Tribuni della plebe”.
Con
la crisi che segna l’evo moderno, l’istituzione tribunizia torna
fortemente nella riflessione e proposizione politica/giuspubblicistica, come
dimostrano i contributi di Niccolò Machiavelli, di Jean Calvin (e di
altri Riformatori), di Juan de Mariana (e di altri Monarcomachi), di Johannes
Althusius syndicus della Città
di Emden (e dell’altro grande teorico dello ‘Stato’ moderno,
François Hotman).
L’istituzione
tribunizia diventa centrale nella riflessione costituzionale del Settecento,
come dimostrano, costruendo il binomio “sovranità popolare”
e “potere negativo”, i grandi filosofi del diritto Jean-Jacques Rousseau
e Johann Gottlieb Fichte (ma persino il barone di Montesquieu).
Nel
contesto della Rivoluzione francese si sviluppa la prima riflessione sullo
sciopero generale, implicitamente connessa, nel pensiero di Gracchus Babeuf,
con le antiche secessioni della plebe: ricordiamo il «Manifeste des
plébéiens» su Le
Tribun du peuple, n. 35, 9 frimaio, anno IV (30 novembre 1795) «Que
le Mont Sacré ou
Il
riferimento al tribunato resta essenziale in alcuni tentativi ottocenteschi di
costruzione delle repubbliche.
In
America: sopra tutti Simόn Bolίvar, che inaugura il proprio impegno
politico precisamente con il giuramento sul Monte Sacro nel 1805, e stabilisce
un tribunato nella Costituzione di Bolivia del 1826 (ma si può ricordare
anche lo statista nord-americano John Caldwell Calhoun).
In
Europa: soprattutto il Progetto di Costituzione della Repubblica Romana del
1849 redatto dal mazziniano Cesare Agostini e le discussioni a quella Assemblea
Costituente. Si possono ricordare anche le dottrine di Giandomenico Romagnosi e
di Pietro Ellero.
L’Ottocento
è però il momento di trionfo dello Stato borghese e ora il
tribunato plebeo manifesta la propria rilevanza a contrario. La instaurazione dello Stato borghese, che si sostituisce al popolo, richiede
necessariamente e previamente la cancellazione del tribunato plebeo. G. W. F.
Hegel e Th. Mommsen, i due edificatori teorici di tale Stato, si fanno carico
di tale cancellazione sul piano scientifico, costruendo una storia e un sistema
del diritto senza il potere del
tribunato della plebe.
Il
potere tribunizio, escluso dalla architettura costituzionale teorica e positiva
del Novecento e, quindi, anche cancellato dalla memoria storica e dalla
capacità di elaborazione de iure
condendo di questo secolo, si ripropone –in certo modo–
spontaneamente attraverso altre due istituzioni, le quali acquisiscono entrambe
dimensioni e importanza straordinarie: il sindacato dei lavoratori e il
“defensor del pueblo” (“ombudsman”, “médiateur”,
difensore civico). Per entrambe le istituzioni si continua a scoprire i nessi
con l’antico tribunato plebeo (si vedano, per il sindacato, gli scritti
di Daniel De Leon e di Giuseppe Grosso).
Ci
si rende conto oggi delle potenzialità connesse all’approfondimento
scientifico di tale nesso, attraverso il concetto di “potere
negativo” (P. Catalano; M. Castelli; G.
La
riflessione, in questo Seminario dell’Aventino, sulla secessione plebea
iniziata nel
P.C. -
G.L.
P. Catalano, Tribunato e resistenza, Torino 1971.
J.-C. Richard, Les origines de la plèbe romaine. Essai sur la formation du
dualisme patricio-plébéien, École Française de
Rome, 1978.
G. Lobrano, Il potere dei tribuni della plebe, Milano 1983.
A. Mastrocinque, Lucio Giunio Bruto. Ricerche di storia, religione e diritto sulle origini
della Repubblica romana, Trento 1988.
P. Catalano,
«Tribunado, censura, dictadura: conceptos constitucionales bolivarianos y
continuidad romana en América», in Quaderni Latinoamericani, VIII, ESI, Napoli 1981, 1 ss. (anche in Bolívar y Europa en las
crónicas, el pensamiento político y la historiografía,
dir. A. Filippi, vol. II, Caracas 1992, 675 ss.); Id., «Alcuni principii e concetti del diritto pubblico
romano da Rousseau a Bolívar e oltre», in Studia Iuridica, 12, Varsavia 1985; Id., «Principios
constitucionales bolivarianos: origen y actualidad», in El nuevo derecho constitucional
latinoamericano, coord. R. Combellas,
vol. II, Caracas 1996, 539 ss.; Id.,
«Derecho público romano y principios constitucionales
bolivarianos», in Constitución y constitucionalismo hoy
(Cincuentenario del Derecho
Constitucional Comparado de Manuel
García-Pelayo), Fundación Manuel García-Pelayo,
Caracas 2000, 689 ss.; Id., «Sovranità
della multitudo e potere negativo: un aggiornamento», in Studi
in onore di Gianni Ferrara, Torino 2005, vol. I, 641 ss.; Id., «Crise de la division des
pouvoirs et tribunat (le problème du pouvoir négatif)», in Attualità dell’Antico
A.M. Battista, «Il Poder
Moral: la creazione irrisolta e sconfitta di Bolívar», Il pensiero politico, 20, Firenze 1987
(trad. española en Bolívar
y Europa cit., 727 ss.);
S. Schipani, «Defensa
jurisdiccional de los derechos humanos y “poder negativo”»,
en Constitucionalismo latino y liberalismo,
Universidad Externado de Colombia, Bogotá 1990, 15 ss.
Il “Potere Morale” tra politica e diritto.
L’esempio di Simón Bolívar, Consiglio
Nazionale delle Ricerche. Aa.Vv., Progetto
Italia - America Latina. Ricerche Giuridiche e Politiche. Materiali, X, Sassari 1993 (include scritti di Rafael Caldera).
Aa.Vv., Atti del
Colloquio russo-latino sulla storia del diritto romano pubblico
“Tribunato, Principato e costituzioni miste” (Mosca,
30 maggio-1 giugno 1994), in Ius antiquum
- Drevnee pravo, 1, Moskva 1996;
ora anche in formato elettronico = < http://www.dirittoestoria.it/iusantiquum/ius_1.htm
>
Aa.Vv., Diritti in
memoria, carità di patria. Tribuni della plebe e governo popolare a
Bologna (XIV-XVIII secolo), a cura di A. De Benedictis, Bologna 1999.
Aa.Vv., Resistenza e
diritto di resistenza. Memoria come cultura, a cura di A. De Benedictis e V.
Marchetti (Università di Bologna, Dipartimento di discipline
storiche, Quaderni, 15) Bologna 2000.
A. De Benedictis, «Identità
comunitaria e diritto di resistere», in Identità collettive tra Medioevo ed Età Moderna, a
cura di P. Prodi e W. Reinhard, Bologna 2002.
Aa.Vv., “Da Roma a Roma”. Dal tribuno della plebe al difensore del
popolo. Dallo jus gentium al
Tribunale penale internazionale, dir. P. Catalano,
G. Lobrano, S. Schipani (Quaderni IILA, serie Diritto
I), Roma 2002.
G. Lobrano, «Del defensor del
pueblo al tribuno de la plebe: regreso al futuro. Un primer bosquejo de
interpretación histórico-sistemática con atención
particular al enfoque bolivariano», en Roma e America. Diritto romano
comune. Rivista di diritto dell’integrazione e unificazione del diritto
in Europa e in America Latina, 14, 2002, pp. 135-165.
E. Spósito
Contreras, «El Derecho público romano y el
constitucionalismo venezolano: comentarios a la Constitución venezolana
de 1999», en Revista de Derecho,
17, Tribunal Supremo de Justicia, Caracas 2005.
P. Catalano, A proposito del “giuramento profetico” di Simón
Bolívar; A. Mastrocinque,
Il giuramento sul Monte Sacro, Comune
di Roma, IV Municipio Roma Montesacro, 15 agosto 2005.