N. 4 – 2005 – Note & Rassegne

 

La libertà religiosa nella Republica Popolare Cinese

 

Xu Guodong

Università di Xiamen

Cina

 

Sommario: 1. Lo sfondo storico. – 2. Le più importanti religioni nella Cina. – 3. L’evoluzione dell’atteggiamento governativo cinese verso le religioni. – 4. L’epoca di Mao Zedong (1949-1976). – 5. L’epoca di Deng Xiaoping. – 6. Conclusioni.

 

 

1. – Lo sfondo storico

 

Nella Cina è difficile dire che ci sia il problema religioso puro e semplice: esso ha sempre una connessione stretta sia con la storia, sia con le nazionalità, sia con l’ideologia.

Malgrado la diffusione del Cristianesimo nella Cina abbia una lunghissima storia (alcuni sostengono che il Nestorianesimo sia stato introdotto al tempo della dinastia Tang[1]), tuttavia il periodo in cui il Cristianesimo ebbe numerosissimi credenti nella Cina coincise con quello in cui le potenze occidentali colonizzarono la Cina.

Alla fine della dinastia Qing (1840) le potenze occidentali, con a capo la Gran Bretagna, aggredirono la Cina, al contempo i missionari cristiani entravano nel paese su larga scala. Secondo il punto di vista delle opere ufficiali cinesi nel campo della storia, le loro attività religiose si coordinarono con le aggressione militari dei propri paesi[2]. Istituendo le chiese, i paesi occidentali distribuirono gli ambiti della attività missionaria in ogni provincia della Cina: per esempio, l’ambito missionario del Portogallo si trovava nelle province di Nanchino, Pechino e Macao[3]. A causa della connessione con le aggressioni militari, le attività dei preti cristiani erano di solito causa di conflitti tra la Cina e le potenze occidentali; infatti nella storia abbiamo numerosi casi di questo tipo[4]. A ben vedere, questi scontri riflettevano le difficoltà di comprensione tra popoli e culture diverse.

Dal punto di vista della relazione tra le nazionalità, nella Cina anche il problema religioso è strettamente legato a quello nazionale. La Cina, pur con i suoi 56 popoli, è un paese unito pur in presenza di molteplici nazionalità, per quanto ciascun popolo creda nella propria religione.

Il popolo Han, la più grande nazionalità nella Cina, aderisce al Buddismo di tradizione Han; le nazionalità mongola e tibetana aderiscono invece al Buddismo di tradizione tibetana. La nazionalità Hui, che è della progenie degli arabi, e la nazionalità Weiwuer, che ha una grandissima somiglianza con i turchi nella lingua e nelle abitudini di vita, sono seguaci dell’Islamismo.

Nelle regioni autonome del Tibet e dello Xinjiang (in quest’ultima la maggiore parte degli abitanti è musulmana), esiste un problema molto acuto di aspirazioni separatiste, le cui ragioni sono legate alla diversità di religioni professate in queste regioni. Ma secondo l’idea politica ortodossa della Cina, l’unità del grande paese è il bene supremo, mentre qualsiasi attività separatista è considerata un grandissimo male.

Dal punto di vista ideologico, la Cina dopo 1949, ossia la Repubblica popolare cinese, ha accettato l’ideologia marxista. Per la teoria marxista, ogni religione non è altro che una espressione psichica della disperazione della uomini, che non sono in condizione di poter controllare le forze della natura. La classe dirigente cinese, dunque, ha considerato la religione un oppio con cui si anestetizza lo spirito del popolo[5]. Per il popolo la religione ha soltanto una funzione negativa: questo è stato per lungo tempo il punto di vista standard del governo cinese sulla religione[6].

Inoltre, si deve considerare anche l’effetto concorrente delle religioni. Prima del 1949, il Confucianesimo ha dominato la Cina per un periodo lungo oltre due millenni; alcuni imperatori avevano vietato l’importazione del Cristianesimo, preoccupandosi proprio della possibile erosione della tradizione legata al Confucianesimo. Dopo 1949, il Marxismo ha sostituito la precedente posizione del Confucianesimo; ovviamente, anche agli uomini che hanno importato il Marxismo nella Cina non piace che ci sia qualche altro sistema di pensiero che concorra con il Marxismo.

Questo è lo sfondo in cui si deciderà l’atteggiamento del governo cinese sulle religioni, nonché l’ambito della libertà religiosa della Cina.

 

2. – Le più importanti religioni nella Cina

 

Le tre più grande religioni del mondo, cioè il Cristianesimo, il Buddismo e l’Islamismo, sono presenti in Cina.

Quanto al Cristianesimo vi sono sia il Cattolicesimo, sia il Protestantesimo; bisogna però spiegare che nella lingua cinese con Protestantesimo si intende il Cristianesimo in senso proprio, tuttavia la parola Cristianesimo include tutte le confessioni che credono in Gesù  Cristo ed il Protestantesimo è soltanto una di loro. L’ortodossia russa iniziava a diffondersi a partire dall’anno 1671 nella regione di Yakesa, che allora apparteneva ancora all’impero cinese. All’inizio del Ottocento entravano a Pechino le missioni dell’ortodossia russa, mentre l’ortodossia greca sembra non aver avuto nessuna influenza sulla Cina.

Molto tempo fa (nell’età della dinastia Han[7]), il Buddismo si è diffuso in Cina dall’India, poi dalla Cina si è diffuso in Giappone. Il buddismo è diviso in due branche. La prima è quella professata dalla nazionalità Han; in ogni angolo della Cina c’erano tanti templi di questa confessione, però, a seguito dell’educazione atea impartita per lungo tempo dal governo cinese dopo 1949, ora il Buddismo ha pochissimi credenti fra la gioventù. Il Buddismo del Tibet è stato diffuso in Tibet dall’India e per via del Tibet si è poi propagato anche alla nazionalità mongola. A mio avviso, c’è qualche differenza tra queste due confessioni: la prima presta più attenzione alla vita secolare, l’altra invece alla vita ultraterrena.

L’Islamismo è la religione della nazionalità Hui, popolazione concentrata prevalentemente nella regione autonoma dello stessa nazionalità, e dalle minoranze nazionali della parte occidentale della Cina, Weiwuerne ed Hasak, che abitano nella regione autonoma dello Xinjiang.

Lo Xinjiang e il Ninxia sono stati interessati da attività separatistiche delle minoranze nazionali, con lo scopo di fondare una repubblica islamica; ne consegue che la religione islamica può costituire un fattore in grado di influenzare l’unità della Cina; peraltro, anche il Buddismo del Tibet può svolge un ruolo di questo genere.

Le religioni menzionate finora sono tutte di provenienza straniera. Soltanto il Taoismo è la religione cinese originaria, esso insegna ad obbedire alla natura e godere la vita senza la frenesia dell’attività. Secondo il punto di vista del mondo occidentale, anche il Confucianesimo è una religione originaria della Cina; da parte cinese, esso non è mai stato visto come una religione, piuttosto è stato considerato un sistema di pensiero su come si forma la personalità e su come si governa lo stato giustamente; il Confucianesimo è laico, non trascendente, non possiede propri monaci né uno specifico servizio religioso. Si ha rispetto per Confucio soltanto perché egli è stato un grande creatore della cultura cinese.

A parte le sopradette religioni più importanti, esistano anche parecchi culti di diverse divinità minori, quali ad esempio il dio della terra e il dio del focolare. Inoltre, in Cina si trovano fedeli di religioni più piccole come il culto del loto bianco, il Tao di Yiguan, La Porta di Huidao. Questi culti sono stati impiegati, sovente, come mezzo per organizzare azioni antigovernative e spesso le corti di giustizia hanno condannato i membri di essi a pene detentive.

 

3. – L’evoluzione dell’atteggiamento governativo cinese verso le religioni

 

A causa della eterogeneità delle religioni più importanti, i governi cinesi hanno sempre tenuto un atteggiamento di grande cautela verso di loro. Da un lato, esse avevano in Cina numerosi fedeli, cosicché esisteva il problema di come trattarle; dall’altro lato, la loro presenza in Cina risultava necessariamente concorrenziale rispetto al Confucianesimo ed influenzava il metodo di vita tradizionale cinese. Pertanto, per il primo di questi due lati, i governi cinesi speravano di espellare queste religioni “straniere”: questa politica fu attuata dai governi della dinastia Tang e della dinastia Qing; successivamente, i governi cinesi tolleravano l’esistenza del Buddismo e del Cristianesimo, pur con qualche riluttanza.

Il governo cinese dopo il 1949 ha espulso i colonialisti, ed ha lavorato per estinguere le influenze lasciate da loro, inclusa quella religiosa, che è stata considerata come uno dei prodotti della aggressione culturale.

La Cina ha subito pesantemente le aggressioni straniere fino a diventare quasi una colonia. Infine, la Cina ha aderito ufficialmente all’ideologia marxista, la quale considera le religioni fattori negativi per lo sviluppo dell’uomo, pertanto non si può tollerare qualsiasi competizione da parte delle religioni con l’ideologia ufficiale.

Ma la Cina esiste nel mondo e le religioni mondiali, cioè il Cristianesimo, l’Islamismo e il Buddismo, possiedono numerosi organi e credenti in tutto il mondo; perciò, quando la Cina decide il proprio atteggiamento verso queste religioni, è obbligata a tener conto delle conseguenze delle sue azioni nei rapporti internazionali. Si può dire che più una religione è soprannazionale, più è prudente l’atteggiamento del governo cinese verso di essa; mentre per le altre religioni si ha meno remore a trattarle duramente.

Prima del salire al potere su scala nazionale, il partito comunista ha stabilito la propria costituzione in cui era regolata la questione religiosa. La costituzione della repubblica sovietica adottata nel 1931 stabiliva:

 

«il governo sovietico della Cina garantisce la vera libertà religiosa ai lavoratori, ai contadini e alla popolazione che lavora duramente»

 

però si leggeva anche

 

«i cittadini sovietici godranno del diritto di intraprendere attività di propaganda antireligiosa. A nessuna istituzione religiosa degli imperialisti sarà permesso di sussistere a meno che non osservi la legge sovietica».

 

Questo metodo di regolamentare la libertà religiosa è stato recepito, più o meno, da ogni costituzione successiva della Repubblica Popolare Cinese, inclusa quella vigente del 1982, nel cui articolo 36 si legge quanto segue:

 

«I cittandini cinesi godono della libertà di credenza religiosa. Nessun organo statale, nessuna organizzazione pubblica, nessun individuo può costringere i cittadini a credere, o a non credere, in una religione; nessuno può fare delle discriminazione contro i cittadini che credono, o che non credono, in una religione. Lo stato protegge le attività religiose normali, nessuno può fare uso della religione per sovvertire l’ordine pubblico, danneggiare la salute dei cittadini, o interferire nel sistema scolastico statale. Gli enti religiosi e gli affari religiosi non sono soggetti ad alcune dominazione straniera».

 

Ma nell’articolo 24 si legge:

 

«Lo Stato istruisce il popolo nel materialismo dialetto e storico, combatte le concezioni capitaliste e feudali, e altre idee decadenti».

 

Sulle regolamentazioni sopradette possiamo fare le seguenti analisi:

Primo, la costituzione della Cina riconosce la libertà di credenza religiosa, nel contempo essa riconosce anche la libertà di non credere in una religione. Ai sensi dell’interpretazione del manuale ufficiale in questo campo, la libertà di credenza religiosa è la libertà goduta dai cittadini cinesi di credere o di non credere in una religione e quella di credere in una o in un’altra confessione della medesima religione;  nonché quella di non credere più alla religione di cui prima si era stati credenti. La specialità di questo articolo è forse da individuare nella coesistenza di una norma positiva e di una negativa, il legislatore ha espresso la sua tolleranza riluttante alla libertà religiosa, nonché il suo dubbio su di essa.

Secondo, per un verso essa riconosce la realtà dell’esistenza delle religioni, perché «una religione ha la caratteristica della storicità, ha un proprio processo di genesi e di scomparsa. Nella tappa primaria dello sviluppo della società umana, il livello scientifico e culturale degli esseri umani era molto basso, perciò non si riusciva a spiegare scientificamente i vari fenomeni naturali (fulmine, alluvione, terremoto, cambiamento delle stagioni) e sociali (come e perché gli uomini nascono, invecchiano, muoiono). Quindi si raffigura l’esistenza di un essere soprannaturale che domina tutte le cose nel mondo naturale; di conseguenza lo si adora, si crede in lui, lo si invoca per dare aiuto. In seguito, le religioni sono state impiegate come strumento per dominare ed opprimere il popolo lavoratore. Lo sviluppo della società umana ha creato per le masse popolari le condizioni per contenere gradualmente la credenza religiosa; tuttavia, poiché una religione non è altro che la manifestazione del fatto che gli uomini non sono in grado di spiegare i fenomeni naturali e sociali, il problema religioso si potrà risolvere soltanto per mezzo dello sviluppo delle forze produttive sociale e dell’innalzamento del livello scientifico e culturale del popolo; dunque, questa opera non si può compiere in un breve arco di tempo, pertanto prima della loro scomparsa le religioni hanno ancora una propria ragione di esistenza. Inoltre la religione possiede i caratteri della massa e della nazionalità. Nella Cina le religioni hanno la lungo storia di diffusione, ci sono moltissime parti della massa che credono nelle religioni, specialmente nella popolazione delle nazionalità minori, quasi tutti gli uomini credono nelle religioni o sono stati influenzati dalle religioni. Quindi il problema religioso si connette strettamente con quello della nazionalità. Se si vieta la religione, il risultato ottenuto è di minare l’unità tra le diverse nazionalità delle Cina. Infine, le religioni possiedono un carattere internazionale ed hanno tanta influenza in tutto mondo; circa il 60% della popolazione del mondo crede in una religione; quindi noi proteggendo la libertà religiosa nella costituzione e trattando giustamente il problema religioso, favoriamo la promozione di contatti di amicizia nell’ambito internazionale per la pace mondiale ed per rafforzare l’unità internazionale. Inoltre, favoriamo l’unione dei patrioti nel mondo religioso per mobilitare tutti i fattori attivi nella ricostruzione socialista della modernizzazione»[8].

Per altro verso, non è difficile discernere che il governo cinese considera le religioni come «le altre idee decadenti» contrarie alla filosofia ufficiale, il materialismo dialetto e storico; con la vittoria finale di questa filosofia, gli autori della costituzione credono nella scomparsa delle religioni.

Terzo, la costituzione cinese parla con enfasi di limitare le funzioni negativi delle religioni, specialmente di prevenire la possibilità che le religioni siano controllate da potenze straniere.

La regolamentazione costituzionale e la teoria corrispondente, nel periodo di 48 anni dalla fondazione della RPC, non ha conosciuto cambiamenti significativi. Nonostante ciò, il grado dell’attualità di essa cambia sempre. Da questo punto di vista, possiamo dividere la storia della RPC in due periodo: l’epoca di Mao Zedong e quella di Deng Xiaoping.

 

4. – L’epoca di Mao Zedong (1949-1976)

 

L’epoca di Mao (dal 1949 al 1976) è caratterizzata dal radicalismo, la libertà religiosa ha subito una rigida limitazione, si può definirla come epoca di persecuzione religiosa. Intorno al 1948, una serie di sommovimenti ha determinato l’uccisione di parecchi preti cattolici. Negli anni cinquanta molti preti, nativi o stranieri, sono stati arrestati, torturati ed espulsi. I preti che non volevano collaborare con il governo sono stati condannati al carcere e gettati nei campi di lavoro. Qualche vescovo è stato incarcerato per vent’anni; si confiscarono i beni delle chiese o si imponevano loro tasse pesantissime. Nel periodo della Guerra Coreana, l’atteggiamento del governo verso le religioni provenienti dall’occidente diventava più severo; per bloccare l’influenza esercitata sulle religioni di importazione straniera professate in Cina da parte di paesi esteri, si interruppero tutte le relazioni con il Vaticano.

Nel 1956, venne fondata in seno al protestantesimo cinese la chiesa delle tre autonomie, cioè una chiesa che si gestisce, si finanzia e si diffonde senza alcun contatto con l’estero. Sotto questa pesante oppressione, nel 1957 venne fondata l’Associazione patriottica dei cattolici cinesi, con lo scopo di troncare il rapporto con la Santa Sede, negando soprattutto il potere papale di nominare i vescovi; a seguito di questa scissione la chiesa cattolica cinese nomina da sé i propri vescovi[9].

Nel periodo della Grande rivoluzione culturale, durato 10 anni, volendo distruggere definitivamente i «quattro vecchi», le religioni furono colpite da gravissime persecuzioni; le attività religiose subirono impedimenti tali da determinarne la paralisi o la semiparalisi; perfino la tomba del padre Matteo Ricci, che si trovava a Pechino, venne distrutta come simbolo dell’esistenza dell’oppressione imperialistica. Nel periodo della rivoluzione culturale le norme costituzionali che tutelano la libertà religiosa dei cittadini erano di fatto non operanti.

 

5. – L’epoca di Deng Xiaoping

 

Nell’epoca di Deng Xiaoping (dal 1979 al presente[10]), le norme costituzionali che tutelano la libertà religiosa dei cittadini hanno riacquistato nuovo vigore. Deng era un realista che riteneva più importante la crescita delle forze produttive che la purezza d’ideologia; perciò l’atteggiamento governativo cinese verso le religioni diventava più tollerante. Sono stati rilasciati quasi tutti i preti incarcerati e sono state riaperte le chiese.

In Tibet il governo ha finanziato opere pubbliche volte ad edificare o riparare i templi buddisti, al fine di migliorare il rapporto con la nazionalità tibetana sono state riprese le trattative con il Dalai Lama e si è permesso ai suoi seguaci di ritornare liberamente nella loro patria.

Nei riguardi del Cattolicesimo, il cui numero di credenti è passato dai tre milioni e mezzo del 1949 ai cinquanta milioni di oggi[11], la mia ricerca ha dimostrato che i cattolici cinesi non hanno subito delle discriminazioni in quest’epoca. Resta il fatto, però, che ai sensi del programma del partito comunista cinese i membri dello stesso partito non possono aderire a nessuna religione, altrimenti sono obbligati a ritirarsi dal partito. A seguito del miglioramento del rapporto con il mondo occidentale il numero dei preti che sono entrati in Cina è notevolmente aumentato e sono riprese le trattative con la Santa Sede; né si può escludere la possibilità di ristabilire le relazioni diplomatiche tra la Cina e il Vanticano.

I casi citati sono sufficienti per verificare che l’epoca di Deng è quella in cui si gode maggiormente della libertà religiosa. Nella mia città, Wuhan, ci sono tre chiese cattoliche nonché parecchie chiese protestanti e si possono svolgere liberamente le attività religiose; tuttavia, molti problemi in campo religioso restano ancora di difficile soluzione. Dopo i rilascio dei sacerdoti che mantengono l’obbedienza al Papa, sorgono problemi di rapporti tra loro e i sacerdoti delle chiese delle tre autonomie. Come risultato di questi conflitti si è formata una chiesa clandestina, pertanto si è determinata una situazione in cui esistono due chiese cattoliche, con scontri sanguinosi tra credenti della chiesa clandestina e poliziotti, come è accaduto nella primavera del 1989 nelle campagne del Comune di Baoding, provincia dello Hebei.

Inoltre alcuni preti della chiesa patriottica si sono sposati; determinando in tal modo un problema di legittimità del loro status come sacerdote. La normalizzazione del rapporto con la Santa Sede determina anche il problema del rapporto tra il Vaticano e Taiwan, nonché il difficile problema dell’indipendenza della chiesa cattolica cinese in rapporto al potere papale di nominare i vescovi cinesi.

 

6. – Conclusioni

 

La politica dell’odierno governo cinese, che non mette più al centro dei mass media l’idea comunista, fa diminuire sul versante ideologico i fattori limitativi della libertà religiosa. Mentre nel passato si permetteva solo un tipo di verità, oggi c’è la possibilità concreta di consentire l’esistenza di un pluralismo ideologico.

Ma il governo cinese presta massima attenzione alla propria indipendenza nei riguardi delle connessioni tra la chiesa cinese e quella estera, inoltre il problema delle nazionalità induce il governo cinese ad avere più tolleranza nei confronti delle religioni praticate dalle minoranze nazionali.

L’abbandono del Marxismo ha lasciato una lacuna nell’ideologia, da cui sorge una grave crisi morale; nella Cina d’oggi, i rapporti tra gli uomini sono diventati molto conflittuali per la tensione altissima determinata dal rapporto esistente tra le risorse materiali e la sovrapopolazione; i mercati sono pieni di merci contraffatte e di bassa qualità; si adora soltanto il danaro e non si crede in niente altro. Secondo me, l’epoca presente della Cina è quella di più basso livello morale della storia cinese; di fronte a questa situazione, si stanno rivalutando i valori delle religioni, adesso si parla con sempre maggiore frequenza degli aspetti positivi delle religioni: ad.es., si riconosce che nelle zone in cui abitano in maggioranza credenti, il tasso criminale è più basso e il livello dello sviluppo sociale è più alto rispetto ad altre zone.

Riguardo agli effetti storici dei missionari occidentali, si comincia a vedere la loro presenza come momento di diffusione di cultura; pertanto la tomba del padre Matteo Ricci è stata riparata e si è organizzata una conferenza per commemorare il primo missionario.

Si è scoperto che i diplomatici più prestigiosi del partito comunista sono quasi tutti laureati in università religiose; di fatto, le chiese hanno organizzato in Cina numerose opere di carità: orfanotrofi, ospedali, scuole e università.

Nel campo della filosofia, alcuni vedono le religioni come una questione fuori la scienza, riconoscono la limitatezza della scienza e le ragioni esistenziali delle religioni, delle quali non si può dimostrare né la verità né la falsità.

Nel campo del diritto, si comincia a riconoscere che sarebbe meglio se qualsiasi azione umana fosse giudicata dalle “tre corti”, cioè la corte del diritto, la corte della morale e la corte di Dio; la mancanza dell’ultima corte sarebbe alla base dell’infelicità della Cina.

A seguito dei fattori suddetti, abbiamo gli argomenti per sostenere che l’atteggiamento del governo cinese nei confronti delle religioni stia diventando sempre più tollerante e che la libertà religiosa goduta dai cittadini cinesi stia diventando sempre più attuale.

 



 

[1] Una dinastia della storia cinese che ha regnato dal 617 al 907 d.C. Si dice che il Nestorianesimo sia stato introdotto a Changan, capitale della dinastia Tang nel 635 quando vi era l’imperatore Tangtaizong (Li shimin). Cfr. ZHANGSUI, Parole sulla religione: la storia e l’attualità, Shanghai 1985, 150.

 

[2] Ad esempio, il Protestantesimo era entrato nella provincia di Taiwang insieme all’esercito Olandese; l'ortodossia russa era entrata nel nostro paese insieme ai soldati cosacchi che aggredirono Yakesa, regione della provincia dello Heilongjiang. Cfr. ZHANGSUI, Op. cit., 153.

 

[3] Cfr. ZHANGLI e LIU JIANTANG, La Storia dei casi religiosi nella Cina, Chengdu 1987, 131-132.

 

[4] Per esempio, nella regione della Mongolia nove preti erano stati uccisi nel periodo del movimento Yihetuan. Cfr. ZHANGLI e LIU JIANTANG, Op. cit., 524.

 

[5] Cfr. V.I. Lenin, Sull’atteggiamento del partito degli operai verso le religioni, in Tutte le opere, trad. cinese, vol. 15, Pechino 1957, 367-379.

 

[6] Vedasi Ya Hanzhang, I problemi nazionali e quelli religiosi, Chengdu 1984, 193.

 

[7] Una dinastia della storia cinese che durava dal 202 a.C. al 220 d.C.

 

[8] Vedasi il Corso della Costituzione Cinese, a cura di Lian Xisheng, Pechino 1994, 274.

 

[9] Nella Cina di oggi, tutti i preti cattolici sono nominati dal Consiglio degli affari ecclesiastici del Cattolicesimo della Cina con sede a Pechino.

 

[10] Deng Xiaoping è morto nel 1997, però il suo successore Jiang Zemin garantisce al pubblico che conserverà tutte le politiche di Deng.

 

[11] La data deriva dal Grande Dizionario della Politica Contemporanea Cinese, a cura di Liao Yigai etc. Changchun, 1991, 11.