N. 4 –
2005 – In Memoriam – Da Passano
Università di
Sassari
Preside della
Facoltà di Scienze Politiche
Desidero porgere i saluti della Facoltà di Scienze politiche
e ringraziare i partecipanti a questo evento in ricordo di Mario Da Passano.
Desidero anche rivolgere un sentito ringraziamento ai relatori, i professori
Luigi Berlinguer, Ettore Dezza, Vito Piergiovanni e Italo Birocchi, che ci
aiuteranno a ricordarlo, tracciandone il profilo scientifico, e al prof.
Antonello Mattone che si è assunto l’onere di ideare e organizzare
questo incontro. Un grazie particolare al Rettore, che con la sua presenza e le
sue parole ha voluto onorare la memoria di un collega a noi tutti molto caro.
Mario Da Passano arrivò a Sassari
trent’anni fa per insegnare Storia delle codificazioni e delle
costituzioni contemporanee. Aveva 29 anni ed era al suo primo incarico di insegnamento.
Allora forse non immaginava che Sassari sarebbe diventata, per sua scelta, la
sua università.
A Sassari, Da Passano ha infatti percorso
tutti i gradini della propria carriera accademica, come incaricato, incaricato
stabilizzato, professore associato e, infine, come professore ordinario. A
Sassari, ha insegnato per trent’anni con passione e dedizione; a Sassari,
ha impostato e svolto le proprie ricerche, che hanno dato lustro al
Dipartimento di storia, alla Facoltà, all’Ateneo; a Sassari ha fatto
scuola, lasciando un’eredità scientifica che ora va aiutata a
consolidarsi e a crescere.
Ma non si è limitato a questo, che
pure è tanto. Si è anche sobbarcato l’onere di incarichi
direttivi e organizzativi: è stato per sei anni direttore del Dipartimento
di Storia, per dodici anni vicepreside della neonata Facoltà di Scienze
politiche, dalla sua istituzione direttore del Master in Giornalismo e, negli
ultimi anni, presidente della Commissione esteri della Facoltà, oltre
che coordinatore della Commissione della ricerca intrauniversitaria a livello
di Ateneo. E’ stato infine, purtroppo per una stagione brevissima,
Preside della Facoltà di Scienze politiche.
Non credo di rivelare alcun segreto o di
mancare di rispetto all’opera di Mario, se dico che egli preferiva di
gran lunga studiare e insegnare, piuttosto che dirigere e organizzare.
Decifrare un documento d’archivio o
compulsare le carte relative alla storia della codificazione del diritto civile
e penale, da cui traeva i materiali delle lezioni, erano attività che
gli procuravano una soddisfazione inversamente proporzionale rispetto a quella
che ricavava dal decifrare un bilancio o dal compulsare le carte delle pratiche
amministrative correnti.
A voler esagerare, si può dire che
tanto trovava esaltanti le prime, quanto trovava “deprimenti” le
seconde. E, onesto com’era, non lo nascondeva.
E, tuttavia, non si è mai sottratto
a questi compiti, che ha sempre svolto con il massimo dell’impegno e
della dedizione. E questo è un altro merito che gli va ascritto.
Non lo faceva per un astratto o
intellettualistico senso del dovere, per ubbidire ad una sorta di vuoto
imperativo categorico. Secondo me
lo faceva perché era motivato da un sentimento molto preciso e concreto,
perché possedeva un forte, radicato, consapevole attaccamento
all’istituzione nella quale si riconosceva e dalla quale traeva buona
parte della sua identità.
Mario era un universitario a tutto tondo. E
dell’istituzione universitaria si è sempre messo al servizio,
accettandone anche gli aspetti per lui meno gratificanti, senza mai servirsene.
L’autonomia
dell’Università sancita nell’ultimo comma dell’ art.
33 della Costituzione, è un corollario del primo comma dello stesso
articolo che recita ”l’arte e la scienza sono libere e libero ne è
l’insegnamento”.
In altre parole l’autonomia
dell’Università, cioè l’autogoverno si giustifica
perché è funzionale alla libertà dell’insegnamento e
della ricerca, che è il valore primario da salvaguardare e
perseguire.
Ciò significa che spetta, in
primis, al corpo docente, che
è il depositario e il custode di questo valore, farsi carico del governo
in senso lato dell’Università, in tutte le sue articolazioni, da
quelle dotate di maggior visibilità a quelle di base e apparentemente
più modeste, ma fondamentali, come la gestione e l’indirizzo delle
commissioni didattiche o della commissione Erasmus o del servizio tirocini e
tutorato.
Mario ne era consapevole e si é
sempre comportato coerentemente e conseguentemente.
Era consapevole che
l’Università sopravvive grazie alle prestazioni extra-ordinarie
dei suoi docenti, cioè solo in virtù della capacità dei
docenti, dai ricercatori agli ordinari, di dare all’istituzione qualcosa
di ulteriore, rispetto a quello che è prescritto, in termini di doveri
legali, dai regolamenti didattici o richiesto, sul versante della deontologia
professionale, dalla comunità scientifica giudicante.
Ne era consapevole e ne ha dato ampia
testimonianza.
Sotto questo profilo, se mi posso
permettere di additare ai colleghi più giovani un esempio da seguire,
è proprio quello di Mario che mi sentirei di indicare. E, se
l’esempio sarà seguito, sarà l’ultimo grande servizio
che Mario avrà reso alla sua
università.