N. 4 – 2005 – Didattica & Innovazione

 

Didattica del diritto romano e simulazione processuale a squadre

 

Riccardo Fercia

Università di Cagliari

 

Ormai da tre anni accademici, nell’ambito del corso di Istituzioni di diritto romano, viene organizzata a Cagliari, in collaborazione con la sezione locale dell’ELSA, che ne ha suggerito la realizzazione, una simulazione processuale a squadre – ampiamente sperimentata ormai da anni nell’ambito delle iniziative culturali di quest’ultima associazione in altri rami delle scienze giuridiche[1] – con la quale gli studenti del primo anno del corso di laurea in Scienze Giuridiche sono invitati a confrontarsi, in una sorta di ‘competizione’[2], su temi di diritto privato romano analizzati dal punto di vista, tipico di questo ordinamento, di concepire il diritto con riferimento un ‘sistema’ di azioni.

L’interesse degli studenti e la significativa risposta formativa sono apparsi, in queste prime esperienze, decisamente importanti, tanto più a seguito della piena attuazione della riforma che, come noto, ha rimodellato i percorsi didattici, che oggi prevedono, oltre l’organizzazione dell’attività in base a corsi semestrali, la possibilità di riconoscere, in ragione di specifiche attività formative complementari, il riconoscimento di CFU liberi.

Da un lato, infatti, la Commissione didattica della Facoltà cagliaritana ha previsto ormai in via generale l’attribuzione di tre CFU liberi per la partecipazione a siffatte attività didattiche integrative; dall’altro, la collocazione dell’iniziativa nell’ambito del secondo semestre del corso principale consente agli studenti un momento di riflessione ed approfondimento in ordine alle problematiche affrontate nel primo semestre, normalmente dedicato allo studio delle fonti, del negozio giuridico in generale, del diritto delle persone e, quindi, del processo civile.

L’organizzazione di questo particolare percorso formativo impone, peraltro, secondo l’esperienza maturata in questi anni, un ciclo di seminari dedicati alla puntualizzazione dei principali problemi della tecnica formulare, in cui gli studenti – cui viene richiesta, a tal fine, obbligatoriamente la frequenza- sono posti di fronte ai testi di un certo numero di formulae, con l’intendimento di concretizzare le nozioni acquisite, su presupposti puramente teorici, nel primo semestre di corso.

Sussidio indispensabile, in questa prospettiva, è non tanto il – seppur fondamentale – lavoro del Lenel, quanto piuttosto l’agile manuale del Mantovani[3], che contiene una proposta ricostruttiva delle principali conceptiones verborum formulari integrati da una traduzione italiana che agevola la comprensione del fenomeno anche agli studenti che, per un verso o per l’altro, abbiano poca dimestichezza con la lingua latina.

La contestualizzazione di queste problematiche, poi, può trovare ulteriore interessante complemento nella prospettazione della testimonianza archeologica del testo della formula delle actiones ex sponsione tertiae partis e certae creditae pecuniae, conservate in unico contesto, come noto, nel trittico edito in TPSulp. 31 (= TP 34)[4], ciò che sinora ha consentito di chiarire, durante i seminari, in quali termini poteva ‘cristallizzarsi’ in un documento processuale scritto il contenuto della formula oggetto della litis contestatio: ha, infatti, sempre riscosso un grande successo mostrare agli studenti – omettendo, naturalmente, analitiche considerazioni di natura paleografica – foto ed apografo di questo importantissimo reperto archeologico[5] e procedere, di seguito, all’esame diretto della sua edizione critica, con le interessanti precisazioni che ciò può implicare, tra cui l’approfondimento relativo al problema del collegamento processuale tra le due actiones.

È, peraltro, evidente che l’approfondimento in questione, rivolto a studenti del primo anno del corso in Scienze Giuridiche, non può avere particolari pretese di scientificità: sinora, è stato ritenuto un buon compromesso l’iniziativa di affidare ai gruppi di lavoro spontaneamente formatisi tra i Iustiniani novi la lettura dei capitoli dedicati al processo civile contenuti nei vari  manuali di Istituzioni di diritto romano diversi da quello normalmente utilizzato per la preparazione degli esami di profitto, onde consentire loro di esaminare diversi ‘moduli espositivi’ di un medesimo problema rispettando la chiave puramente istituzionale del progetto formativo.

La scelta di ricorrere unicamente al processo formulare, e non agli schemi della cognitio (né, tanto meno, alle risalenti forme delle legis actiones) si giustifica, poi, con l’assoluta centralità teorica e metodologica di questa forma di processo civile per lo sviluppo del diritto classico, oltre che con la constatazione, evidente soprattutto nelle prove d’esame, della notevole difficoltà, da parte degli studenti, di assimilare con piena cognizione di causa, da un punto di vista puramente teorico, l’idea di un processo civile in cui non è dato riscontrare veri e propri ‘atti di parte’ tra loro dialetticamente distinti e contrapposti.

L’esame diretto di testi formulari, in questa prospettiva, consente, quindi, di supplire una lacuna inevitabile nella conduzione di qualsiasi corso che non abbia carattere seminariale, e di evidenziare in quali termini le posizioni antagoniste di attore e convenuto trovino nella conceptio verborum formulare la compiuta realizzazione di un programma che contiene, in un unico testo, l’intera dialettica processuale funzionale a governare il giudizio.

I seminari preparatori, quindi, vertono sull’esame diretto di testi formulari, esaminati in una struttura verbale proposta – a parte, naturalmente, TPSulp. 31 – nella ricostruzione congetturale generalmente accettata dalla più autorevole e recente dottrina.

Ciò consente di chiarire, per così dire, ‘sul campo’ alcuni tra i nodi che, come si diceva, risultano più ostici per gli studenti: i percorsi formativi sinora proposti, infatti, approfondiscono la distinzione – che pare fondamentale e prioritaria rispetto a qualsiasi altra questione – tra formulae in factum conceptae e formulae in ius conceptae, aspetto, questo, che viene di solito agevolmente compreso sottoponendo agli studenti il confronto ‘empirico’ tra le due formulae dell’a. commodati; nonché le distinzioni tra le formulae civiles di stretto diritto che presidiano l’obbligazione di dare in senso tecnico e quelle che presidiano un dare facere oportere; tra queste ultime (e, in particolare, le seconde) e le formulae dei iudicia bonae fidei, al fine di evidenziare come solo in queste ultime figuri la clausola di buona fede, con tutto ciò che questa peculiarità implica sul piano teorico e metodologico della ricostruzione dell’attuale struttura del rapporto obbligatorio; tra la formula petitoria e la Publiciana, nonché tra queste e la risorsa – anch’essa non di agevole comprensione ove esaminata in via puramente teorica – dell’agere in rem per sponsionem. Inoltre, l’esame diretto dei testi viene proposto anche con riferimento ad alcune tra le più problematiche questioni – tuttora controverse – della tecnica formulare, quali sono la struttura formulare dell’a. fiduciae, specialmente con riguardo al suo contenuto rispetto a quello proprio dei iudicia bonae fidei, nonché quella dell’a. rei uxoriae, di diverse ipotesi di actiones ficticiae e, infine, delle actiones cd. ‘adiecticiae qualitatis’.

Pare evidente che un’impostazione di questo genere implica un impegno significativo per gli studenti; allo stesso tempo, tuttavia, il beneficio che essi possono trarre dal calarsi nella ‘visione processuale romana’, in via diretta ed immediata, consente loro di contestualizzare esattamente i problemi esaminati nella prima parte del corso e, quindi, di trarre dall’esame della formula le implicazioni sostanziali ad essa sottese.

Ad ogni modo, la finalità delle esercitazioni seminariali sulla tecnica formulare è propedeutica alla ‘competizione’ vera e propria, che –in ossequio alla distinzione classica tra iurisdictio e iudicatio- si svolge in due diverse giornate, l’una dedicata alla fase in iure della simulazione processuale a squadre, l’altra alla fase in iudicio.

Alle squadre degli studenti partecipanti, cui viene attribuita per sorteggio la funzione di difensori dell’attore o del convenuto, viene proposto un caso (descritto in lingua italiana) tratto dal Digesto[6], normalmente modificato in alcuni tratti salienti della fattispecie[7]; mentre, in calce a tale testo, vengono riportati diversi testi formulari già predisposti, insieme con eventuali exceptiones o praescriptiones. La procedura, inevitabilmente semplificata per il raggiungimento dei fini formativi propri dell’iniziativa, si conclude con la definitiva individuazione del testo delle formulae ritenute utilizzabili, munite eventualmente di exceptiones o praescriptiones richieste da parte delle due squadre, che quindi addivengono alla litis contestatio assistite da un praetor, funzione, questa, svolta normalmente da chi scrive.

Nei giorni successivi, le squadre approfondiscono, a mezzo della sola manualistica disponibile nella biblioteca della Facoltà, gli aspetti processuali e sostanziali del problema sottoposto al loro esame e, in un momento successivo, discutono il processo di fronte al docente del corso di Istituzioni, che svolge la funzione di iudex unus: una volta sentite le parti, il docente pronuncia la propria sentenza, che naturalmente si risolve in una lezione di approfondimento, tendenzialmente di taglio esegetico, in cui vengono esaminate e discusse le fonti da cui è tratto il caso, con la disamina delle implicazioni che la soluzione può avere nell’individuazione dei modelli che s’impongono, alla luce della tradizione romanistica, nelle opzioni normative e giurisprudenziali proprie dei moderni ordinamenti.

Se si considera, quindi, che la descrizione del nostro settore scientifico e disciplinare, a mente dell’allegato B del d.m. 4 ottobre 2000, è finalizzata non solo «alla comprensione del patrimonio culturale costituito dalle fonti antiche», ma anche «dei fondamenti del diritto europeo che discendono dall’esperienza romanistica e dalla sua tradizione culturale e pratica», l’iniziativa, sinora assai favorevolmente accolta dagli studenti che conseguono – come si accennava – tre CFU per la loro partecipazione all’attività formativa, in una prospettiva didattica impegnativa ma tutto sommato anche divertente nella sua singolare complessità, conferma la vitalità dell’insegnamento delle discipline romanistiche, ed il loro valore culturale per l’affinamento del metodo del giurista contemporaneo.

La prossima sfida, a questo punto, potrebbe essere quella del processo penale romano simulato, tanto più ove si consideri che, anche di recente, è stata autorevolmente sottolineata[8] l’importanza di una rilettura delle fonti in materia nella prospettiva della «storicità» dei principi di civiltà del cd. ‘giusto processo’, ormai recepiti nella nostra Carta costituzionale.

 

 



 

[1] Cfr. al riguardo, l’organizzazione, da parte dell’ELSA, della moot court, simulazione processuale a squadre su tematiche di diritto attuale.

 

[2] Il ‘torneo’, infatti, stante la sua finalità meramente formativa, non dà luogo ad un vero e proprio vincitore, mentre consente al docente di individuare le migliori prove argomentative da parte degli studenti in funzione didattica.

 

[3] D. Mantovani, Le formule del processo privato romano. Per la didattica delle Istituzioni di diritto romano2, Padova, 1999.

 

[4] G. Camodeca, Tabulae Pompeianae Sulpiciorum. Edizione critica dell’archivio puteolano dei Sulpicii, I, Roma, 1999, pp. 97 ss. Cfr. anche Mantovani, Formule2, cit., p. 48 e n. 87; p. 103.

 

[5] In Camodeca, TPSulp., II, cit., p. 501 s.

 

[6] Nell’A/A 2003/2004, in un caso (liberamente tratto da Ulp. 11 ad ed. D. 4.3.7.3; Gell. Noct. Att. 11.18.14) sono state proposte le formulae dell’a. de dolo, dell’a. furti, della rei vindicatio, nonché un’a. in factum; in un ulteriore caso (Ulp. 37 ad ed. D. 47.2.50.4; Gai. 30 ad ed. prov. D. 47.2.51; Gai. 3.202) sono state proposte le formulae dell’a. de dolo, dell’a. furti, alcune formulae dell’a. ex lege Aquilia ed un’a. in factum; nel terzo (Ulp. 18 ad ed. D. 9.2.5.3; Ulp. 32 ad ed. D. 19.2.13.4), infine, la formula dell’a. ex locato, dell’a. iniuriarum aestimatoria, dell’a. de dolo ed alcune formulae dell’a. ex lege Aquilia. La predisposizione di formulae impraticabili accanto a formulae praticabili, eventualmente in concorso di actiones, impone agli studenti un lavoro d’équipe al fine di evitare errori nella fase cruciale della litis contestatio. Nell’A/A 2002/2003 erano stati proposti casi liberamente tratti da Alf. 3 dig a Paul. epit. D. 19.2.30.4; Afr. 8 quaest. D. 14.1.7 pr.; Alf. 2 dig. D. 18.6.12(11), con predisposizione di formulae inerenti e, ovviamente, non inerenti.

 

[7] Utilissimi, a tal fine, sono i suggerimenti contenuti nel volume di M. J. García Garrido, Responsa. Cien casos practicos de derecho romano planteados y resueltos2, Madrid, 1995.

 

[8] Cfr. P. Cerami – G. Di Chiara – M. Miceli, Profili processualistici dell’esperienza giuridica europea. Dall’esperienza romana all’esperienza europea, Torino, 2003.