Università di Novi Sad
Recezione diretta del Diritto romano nella parte introduttiva
del Codice civile serbo
Sommario: 1. Introduzione.
– 2. L’adozione del modello istituzionale e la concezione
romana del diritto. – 3. Conclusione.
L’introduzione del diritto
romano nel diritto serbo
contemporaneo si collega alla promulgazione del Codice
civile serbo del 1844 (CCS). Il codice
serbo nasce dall’elaborazione del Codice civile
generale austriaco (Allgemeines bürgerliches Gesetzbuch)
del 1811, con qualche
riferimento al francese Code
civil del 1804[1], al diritto consuetudinario serbo e non mancano nemmeno tracce del diritto
turco. Il numero delle disposizioni trasposte dall’ABGB è,
tuttavia, incomparabilmente minore rispetto a quelle che sono il risultato di
rielaborazioni di questa stessa fonte. Siccome l’ABGB, frutto della tarda scuola giusnaturalistica, si fonda sul diritto romano[2] –
e Jovan Hodžić ne
rispettò la sistematizzazione adottandone le soluzioni –
il CCS appartiene alla famiglia dei diritti europei
moderni fondati sulla tradizione giuridica romana.
Nelle
considerazioni che seguono desideriamo dimostrare che Jovan Hadžić, creatore dell’abbozzo
del CCS, adottò alcune soluzioni del diritto romano direttamente dalla
codificazione giustinianea. Indicheremo soltanto alcuni esemрi di recezione diretta delle soluzioni giuridiche romane che si evidenziano
nella fase di sistematizzazione della parte introduttiva del CCS e di
definizione della natura del codice civile. Finora la storiografia giuridica
non si è soffermata a considerare questi aspetti della ricezione diretta
del diritto romano[3].
Il codice
serbo ha un’introduzione (§§ 1-35) che, come
in quello austriaco, contiene disposizioni che parlano del Codice
come fonte del diritto civile. Segue
poi una prima parte (§§ 36-181), intitolata Dei diritti personali, che comprende il diritto delle persone e
della famiglia, che, secondo la terminologia romana è ius quod ad personas
pertinet. È diviso
in quattro capitoli: Delle persone e dei diritti personali secondo le caratteristiche proprie; Dei diritti e doveri dei coniugi; Dei diritti e doveri dei genitori e
dei figli; Тutela e curatela. Con questa ripartizione della materia il CCS segue la sistematizzazione
dell’ABGB. La seconda
parte (§§ 182-826), intitolata Dei diritti reali, comprende il diritto patrimoniale, оvvero, secondo
la terminologia romana ius quod ad res pertinet e, come l’ABGB, nella prima sezione
tratta delle cose, del possesso, dei diritti reali e del
diritto ereditario, e nella seconda, dei contratti. E, in fine, nella
terza ed ultima parte (§§ 827-950), intitolata Principi generali per i diritti personali o reali, vengono
esposte le norme da applicare in
entrambi i campi del diritto civile, tanto nello ius quod ad personas pertinet, quanto nello ius quod
ad res pertinet. Anche
in questo il CCS
segue l’ABGB.
La sistematizzazione summenzionata ci dice
che nel CCS viene
applicato il modello istituzionale di esposizione del
diritto civile, che
presuppone una parte
introduttiva seguita, innanzi
tutto, dalle norme
sulle persone, poi
sul diritto patrimoniale, mentre vengono date
alla fine le norme generali da applicare all’uno come all’altro
campo del diritto civile. Questa parte
finale, sul piano
sistematico, corrisponde al capitolo conclusivo del Digesto di Giustiniano Delle varie norme del diritto antico (De diversis regulis iuris antiqui).
Il modello istituzionale era stato elaborato nel diritto romano, nel cui
ambito nacque come risposta all’aspirazione della scienza giuridica di formulare
il diritto come conoscenza sistematizzata[4] e dell’impegno volto a far sì che il diritto venisse
trasferito in modo sistematico ai discenti che l’avrebbero studiato[5]. Lo troviamo anche nelle Istituzioni di Gaio, l’unico manuale di diritto dell’epoca classica che si sia
conservato. Le Istituzioni cominciano con note introduttive sul diritto
privato positivo (ius civile, ius gentium), sulle
fonti (lex,
plebiscitum, senatus consultum, constitutio
principis, edictum, responsa prudentium) e sulle ripartizioni del diritto; segue quindi l’esposizione del
diritto civile secondo la divisione tripartita: personae, res, actiones.
Questo
è lo stesso modello espositivo che troviamo nelle Istituzioni di Giustiniano. Pur rifacendosi
al modello di Gaio, i compilatori giustinianei non lo seguirono
pedissequamente, riuscendo anzi ad arricchirlo e ad introdurvi mutamenti se pur
parziali, così che la loro opera costituisce la seconda tappa nella
produzione del modello istituzionale. Il loro merito consiste nell’aver
meglio collegato le materie affini e nell’introduzione di parti relative
ai concetti astratti, a cui Gaio, nel suo lavoro, non aveva dato spazio. Per
esempio, nel modello di Giustiniano, a differenza di quello di Gaio, ha
ricevuto una buona sistematizzazione la materia relativa alle servitù
prediali e personali. Oppure, nel modello di Gaio, si passa direttamente dal
diritto ereditario alla divisione delle obbligazioni e alla presentazione di
singoli rapporti obbligazionari, mentre i compilatori di Giustiniano iniziano
la loro esposizione sulle obbligazioni con la definizione in base alla quale
l’obbligazione è un vincolo giuridico, iuris vinculum.
Molti
secoli dopo l’impresa
codificatrice di Giustiniano, gli istituzionalisti hanno
dato un’elaborazione esaustiva dei diritti
reali e della parte
generale del diritto obbligazionario, partendo proprio dalle
Istituzioni giustinianee e dai
progressi espositivi che vi erano contenuti. Fra le opere scritte secondo il
modello istituzionale, nell’Europa occidentale del XVIII secolo, godevano
di un particolare prestigio le Istituzioni di Heineccius. Vennero infatti
tradotte
in quasi tutti i paesi europei, dai quali furono trasferite nell’America Latina, così che
esercitarono un grande influsso sulla cultura giuridica e sulla legislazione in
entrambi i continenti. Nella prospettiva storica, il lavoro dei professori che
nell’esporre il diritto partivano dalle Istituzioni di Giustiniano
costituisce la terza tappa nella formazione del modello istituzionale di elaborazione del diritto civile. Si
tratta di una fase di eccezionale importanza perché ha preparato il
terreno per le grandi codificazioni europee, fra le quali va annoverato anche
il Codice civile austriaco, a cui avrebbe poi fatto ricorso il legislatore
serbo.
Passiamo ora a considerare se Jovan Hadžić, redigendo il codice serbo, abbia coerentemente seguito la
sistematizzazione dell'ABGB o se abbia apportato qualche mutamento al modello
istituzionale
Già nell’introduzione al Codice, Hadžić applica un
cambiamento molto interessante. Al contrario di quanto troviamo nell'ABGB, in cui l’introduzione, intitolata Delle leggi civili in generale, è un testo unico, nel CCS abbiamo una
suddivisione. C’è infatti una sezione А. Delle leggi civili in generale, dedicata alle fonti del diritto, e una sezione B. Caratteri fondamentali del diritto
e della giustizia nelle leggi civili. La prima
sezione si rifà all’introduzione dell’ABGB, mentre
lа seconda si ispira
ai primi capitoli delle Istituzioni
giustinianee e del Digesto, che hanno per titolo De iustitia et iure. In particolare, va sottolineato che Hadžić, nel titolo della sezione B,
non introduce soltanto il termine diritto ma anche quello di giustizia, la qual
cosa si deve collegare con il primo frammento del Digesto e con la famosa
definizione di Celso: ius est
ars boni et aequi[6].
Con questa innovazione a livello sistematico, Hadžić da prova di
autonomia e creatività, perché non si tratta solo di una
divisione meccanica del capitolo, bensì di un intervento sul piano
concettuale.
In contrapposizione al positivismo giuridico del legislatore austriaco,
Hadžić è tornato alla concezione romana del diritto, fondato
sull'idea della giustizia. Che si tratti
del rifiuto di Hadžić dell'approccio positivistico al dirittо, risulta evidente dal confronto fra il §
1 dell'ABGB e il § 2
del CCS, in cui i due legislatori danno il concetto di
codice civile, vale a dire del diritto civile. Nel § 1 dell'ABGB leggiamo:
«Il gruppo di leggi che
istituiscono i diritti privati e i doveri fra i cittadini di uno stato,
costituisce il diritto civile in questo stato».
A differenza di quanto esposto, nel corrispondente § 2
del CCS troviamo il testo seguente:
«In questo codice sono
prescritte le leggi civili come regole stabili a scopo di giustizia ed equità che si richiedono da ogni Serbo verso il fratello Serbo nei loro specifici
diritti e doveri reciproci»[7].
Evidente è, dunque, la differenza nella concezione della
natura del codice civile
e, diremmo, del diritto in generale. Mentre per
il legislatore austriaco il codice
civile è soltanto un insieme
di prescrizioni che amministrano i diritti e i doveri
fra i cittadini nei
rapporti concernenti il diritto
privato; per quello serbo è
un insieme di prescrizioni per mezzo delle quali si attuano la giustizia e
l’equità, che devono sussistere in tutti i rapporti del diritto privato fra coloro ai quali il Codice si applica.
Coerentemente con una tale concezione, Hadžić introduce nel Codice l'equità come uno dei perni
nell'interpretazione delle leggi. Mentre i §§
6 e 7 dell’ABGB suonano:
(6) «Quando la legge si riferisce a qualcosa, non
è permesso darle un altro senso tranne quello portato dal significato
proprio delle parole nella loro connessione e dalla chiara intenzione del
legislatore».
(7) «Se il caso giuridico non può essere
giudicato né secondo le parole né secondo il senso naturale della
legge, si terrà conto di casi analoghi che siano stati in certo modo
giudicati nelle leggi, come delle motivazioni di altre leggi in questo
analoghe. Se, nonostante tutto questo, il caso giuridico rimane controverso,
esso va giudicato secondo i principi del diritto naturale, considerate le
circostanze, accuratamente evidenziate ed esaminate con maturità».
nel § 8 del CCS sta scritto:
«Il senso della legge non venga da alcuno
stravolto, né sia mal
interpretato. Ciascuno badi alle parole e al loro vero significato, ma se
così non ci si potesse capire, si guardi alle altre leggi adeguate qui
esposte, e si analizzi l’intenzione del legislatore e interpreti la legge
confrontandola con quelle, in accordo con i fondamenti del senso comune e con
la giustizia naturale (marcato da А. М.)»[8]
Hadžić, dunque, completa il
legislatore austriaco, il quale, partendo dall'insegnamento della scuola del
diritto naturale, punta sulla ragione, mentre Hadžić sottolinea
l'importanza della giustizia che sta alla base del diritto e ne costituisce lo
scopo[9].
Dove si trovano le radici di una tale concezione del diritto civile qual’è
quella di Hadžić? Hadžić era un uomo molto colto.
Parlava il latino e il greco e aveva studiato prima filosofia e poi
giurisprudenza all'Università di Pest. Dopo aver frequentato per due anni un corso specialistico a Vienna,
conseguì il dottorato a Pest. Era, dunque, un uomo di vasta cultura di
impostazione filosofica, ma con un’eccellente preparazione giuridica. La
sua visione del diritto è, perciò, ampia. Egli, dunque, nel
diritto non vede soltanto la norma giuridica, ma anche il fenomeno sociale, il che
sottintende la sua valutazione e la determinazione di uno scopo. Inoltre il suo
pensiero non poté non essere influenzato dalle circostanze in
cui operava. Dopo la liberazione dal dominio ottomano e l’abbattimento
dell’ordinamento feudale, in Serbia avevano preso forza le idee di
libertà, uguaglianza e giustizia. Si era creato, dunque, il clima adatto
per accogliere le idee di libertà, uguaglianza e giustizia promosse
dalla rivoluzione francese. Non è certo un caso che i primi passi verso
la codificazione del diritto civile avessero portato alla traduzione in serbo
del Code civil. Tutto questo non poté non avere ripercussioni sul
lavoro di codificazione affrontato da Hadžić.
Da buon conoscitore del diritto romano – era questa la condicio
sine qua non perché al suo
tempo si conseguisse il dottorato in giurisprudenza – può
certamente aver sentito il bisogno di inserire nell'introduzione del Codice la specifica sezione B., in cui poter rilevare l’importanza della giustizia e dell’equità,
dandole il medesimo titolo conferito dai compilatori di Giustiniano ai primi
capitoli delle Istituzioni e del Digesto, in cui si parla del concetto di
diritto[10].
Che
una delle idee che
guidarono Hadžić
nella stesura del Codice fosse
il considerare strettamente collegati fra di loro
la legge civile, la giustizia e l’equità,
ce lo dice anche il contenuto dell’introduzione al codice serbo. Infatti questa parte risulta allargata rispetto a quella corrispondente
dell’ABGB, che contiene 14 paragrafi,
mentre nel CCS ce ne sono 35. Quali sono le disposizioni inserite? Nella sezione B. Hadžić ha messo il § 18 che proibisce la schiavitù. Nell’ABGB, la proibizione della schiavitù viene data nell’ambito della
regolamentazione dello stato delle persone e il § 16 fa derivare il divieto dai diritti naturali dell’uomo. Proprio
collocando questa disposizione nella sezione dedicata alla giustizia ed
all’equità, Hadžić esprime la sua concezione della schiavitù come una delle massime
ingiustizie. Così ragiona un giurista che scrive un codice di leggi in
un paese che ha conquistato da poco la sua libertà.
Nella
sezione B. Hadžić ha
introdotto anche altre disposizioni che inducono il lettore del Codice alla
conclusione che il diritto amministra la sua materia in modo equo coll'intento
di contribuire alla giustizia. Così nel § 23 troviamo la disposizione: Su chi appartiene il diritto ricadono anche i carichi che ne derivano[11], e subito dopo, nel §
24 leggiamo: Chi gode di un qualche diritto deve sopportare anche il peso ad esso
connesso[12]. Collocate una accanto all’altra, queste due prescrizioni, indubbiamente, esprimono con forza una
precisa idea di giustizia. Nella sezione B. Troviamo anche il § 29: Quanto non ha, uno non lo può dare a nessun altro; così
nessuno può concedere a un altro più diritti di quanto lui stesso
possieda o altri abbiano[13]. Anche
qui si tratta di una regola giuridica la cui attuazione porta ad una giustizia elementare.
Ci si può chiedere se Hadžić abbia formulato le
disposizioni citate partendo dall'ABGB, oppure dal diritto romano. Siamo del parere che qui si tratti della
ricezione diretta del diritto romano, ovvero che Hadžić vi sia
arrivato sfogliando il titolo XVII De
diversis regulis iuris antiqui del cinquantesimo libro dei Digesta. Questo è il titolo che i compilatori di Giustiniano aggiunsero alla
fine del loro lavoro ai Digesta. In
esso i compilatori inserirono un certo numero di regole, spiegazioni e
definizioni giuridiche per avvicinare agli studenti, cui i Digesta erano innanzi tutto destinati, la problematica del diritto. Una
particolare attenzione allo
studio di questo capitolo veniva riservata nel
corso degli studi di giurisprudenza nel medio evo
come avviene nell’era moderna
e come avveniva anche al tempo di Hadžić, al quale dunque questo testo era ben noto. Proprio qui
troviamo il frammento di Paolo: Secundum
naturam est commoda cuiusque rei eum sequi, quem sequentur incommoda[14],
che è il testo sopra citato al §
24 del CCS. Nello stesso titolo dei
Digesta si trovano i frammenti che
corrispondono al § 29 del CCS. Alla prima parte della proposizione di questo paragrafo: Што ко
сам нема, оно
не може ни
другом дати, corrisponde il frammento di Papiniano: Non videntur rem amittere, quibus propria
non fuit[15]. Al resto
della proposizione: и тако
нико не може
другоме више
права уступити,
него колико
сам има, као
ни туђе, corrisponde il testo
di Ulpiano: Nemo plus iuris ad alium transferre potest,
quam ipse haberet[16]
[17].
Il secondo intervento di carattere sistematico operato da Hadžić,
che, a nostro parere è sempre conseguenza del riferimento al modello
istituzionale romano, riguarda la seconda parte del codice. Il legislatore austriaco ha intitolato questa parte del
codice Del diritto alle cose e l’ha impostato formulando prima di tutto
le disposizioni che spiegano il concetto di cosa e di divisioni[18], dopo di che ha costruito due sezioni. Nella prima, Dei diritti reali, ha collocato il diritto reale e il diritto ereditario,
e nella seconda, Dei diritti personali
sulle cose, il diritto delle obbligazioni. Mantenendo lo stesso ordine espositivo delle materie, Hadžić colloca nella prima parte le
disposizioni sulle cose. Queste, dunque, nel Codice, sul modello delle Istituzioni, non sono separate dalla
rimanente materia concernente i diritti reali. Poi, Hadžić ha
lasciato senza titoli due sezioni della seconda parte del Codice e anche in questo si è avvicinato alle Istituzioni,
che nelle materie dei diritti reаli e delle obbligazioni non hanno titoli particolari. Ci sembra, dunque,
assai probabile che entrambe le divergenze dalla fonte austriaca siano
conseguenza del ricorso alle Istituzioni giustinianee, dato che la
cancellazione dei titoli non poteva essere il risultato dello sforzo di rendere
il testo del codice più breve e più comprensibile anche al meno
versato dei cittadini, obiettivo questo, che, del resto, Hadžić
mostra di perseguire in molti casi in cui cogliamo divergenze dall'ABGB.
A quanto sembra, anche altri piccoli interventi in questa parte del Codice sono conseguenza del ricorso al
modello del diritto romano. Per esempio, trattando il concetto di
proprietà, il compilatore del codice austriaco, nella prima sezione
della seconda parte fornisce il concetto di proprietà, dopo di che parla
del suo l'acquisto mediante occupazione, accessione e consegna, badando a sottolineare sempre
nei titoli dei capitoli che si tratta di acquisto di proprietà[19]. Invece
Hadžić, il terzo
capitolo della prima sezione della seconda parte, lo intitola: Della proprietà, vale a dire del diritto alla proprietà, specialmente del diritto all’eredità[20], ma nei
capitoli successivi in cui parla dell’acquisto
della proprietà, nei titoli, non usa il termine
“proprietà”, ma il termine “cosa”[21]. Questo dipende dai testi del diritto romano presi a modello. Infatti i
giureconsulti romani preferivano dire che si trasferiva o si acquisiva
qualcosa, che una cosa apparteneva o non apparteneva a qualcuno e quindi non
usavano spesso il termine “proprietà”. Numerosi sono gli esempi di questo stile espressivo nel titolo delle
Istituzioni rubricato Della divisione
delle cose. Anche nei Digesta, nel titolo sull’acquisto della proprietà, i
compilatori giustinianei non mancano di sottolineare che si tratta dell’acquisto
del diritto alle cose[22].
L’analisi sopra esplicitata della sistematizzazione applicata alla parte introduttiva del Codice civile serbo testimonia che nella “base romana” di questa
fonte del diritto, così importante per lo sviluppo del diritto e della coscienza giuridica nello stato serbo moderno[23], rientrano anche le soluzioni che sono conseguenza della ricezione diretta
del diritto romano. In questo Codice, dunque,
come avviene anche per i grandi codici civili europei, trovano applicazione le grandi conquiste della scienza giuridica romana; la
differenza sta nelle vie per le quali è avvenuto il loro accesso. Il
diritto romano è entrato nelle grandi codificazioni europee attraverso
lo ius romanum commune medievale e per il tramite delle elaborazioni giuridiche prodotte
nell’ambito della scuola giusnaturalistica e della scuola storica. Nel
caso del CCS, invece, alle vie di penetrazione che dipendono dal trasferimento
di disposizioni contenute nei codici civili europei, si aggiungono i casi in cui l’аutore del Codice, Jovan Hadžić, ha derivato i suoi modelli direttamente dal Corpus iuris civilis.
[1] Sulle soluzioni desunte dal codice francese vedi: Б.Т.
Благојевић, Утицај
француског
Грађанског
законика на србијански
Грађански
законик / Influsso del Codice civile francese sul
Codice civile serbo/,
Београд 1940. Come esempio di disposizione ripresa dal Codice francese, nella letteratura serba relativa al diritto civile abitualmente si cita il § 13 del CCS, in cui è formulato il principio della libertà contrattuale: La volontà e il comando dell’uomo
sostituisce la legge e la legge compensa la volontà e l’ordine
dell’uomo, ma in materia di ordinamento pubblico e buon costume né
la volontà né il contratto possono cambiare alcunché. /Воља и
наредба
човечија
заступа
закон, а закон
накнађа вољу
и наредбу
човечију. Но
у ономе, што
се тиче
јавног
поретка и
благонаравија,
не може се
ништа
изменити
вољом или уговором./ L’ABGB non contiene la proclamazione della libertà contrattuale. La seconda proposizione del paragrafo citato nel CCS è stata formulata sotto l’influsso dell’art. 6 del codice francese: On ne peut déroger, par des conventions particulières, aux
lois qui intéressent l'ordre public et les bonnes moeurs. Così Б.Т.
Благојевић, op. cit., 484-485. D’altra parte alcune formulazioni del legislatore francese sono entrate nell’ABGB, e da questo nel CCS, ma questo non è oggetto delle nostre considerazioni. Благојевић, op. cit., 483-484, fornisce l’elenco di tali
disposizioni.
[2] Non completamente, infatti Franz von Zeiller, аutore del testo del codice, operò un compromesso fra il diritto romano (inteso come espressione di principi immutabili
basati sulla ragione) e specifiche esigenze statali, Così: P. Stein, Roman law in European history,
7th print., Cambridge 2003, 113-114. Più dettagli sul ruolo del diritto romano nelle prime codificazioni in Germania ed in Austria vedi in op. cit., 111 e successive.
[3] La presenza del diritto romano nel CCS, di quello inserito da Hadžić, senza ispirarsi alla legislazione di altri paesi, è stata rilevata da Ј.
Даниловић : Српски
грађански
закон и
римско право /Il Codice civile serbo
e il diritto romano/ nella miscellanea,
Зборник
радова Сто
педесет
година од
доношења
Српског грађанског
законика (1844 – 1994),
САНУ, Научни
скупови, књ. LXXXI, Одељење
друштвених
наука, књ. 18, Београд
1996 (in seguito: Miscellanea САНУ Centocinquanta anni del CCS), 49-66. Analizzando la materia dei contratti
obbligazionari nei capitoli XVIII-XXIX del Codice, l’autrice ha
concluso che Hadžić si era rifatto al diritto
romano, opinione che noi condividiamo. Inoltre è
accettabile una parte delle argomentazioni offerte, mentre su alcune delle
prove si potrebbe discutere. Il fatto che sia dato rilievo all’animus donandi nella determinazione del
concetto di donazione e di trasferimento della donazione in caso di morte in
materia di diritto ereditario, il che costituisce una differenza rispetto
all’ABGB, anche per noi è conseguenza dell’aver
preso a modello il diritto romano. Invece nel caso della disposizione sul depositum miserabile del § 579 del CCS: Le cose salvate da un incendio, dall’abbattimento di un edificio, dalla devastazione o dall’affondamento di una imbarcazione o da una qualche altra disgrazia e consegnate a qualcuno vanno considerate come un qualsiasi altro pegno che ogni ricevente
ha il dovere di custodire e di restituire al suo proprietario /Ствари из пожара, рушења каквог здања, похаре или утопљења лађе, или другог подобног несретног случаја спасене, и коме предане, сматрају се као и други аманет, који је сваки прималац дужан чувати и натраг вратити ономе, чије су ствари./, che non esiste nell’ABGB, probabilmente ha per modello l’articolo 1949 del CC: Le dépôt nécessaire est
celui qui a été forcé par quelque accident, tel qu'un
incendie, une ruine, un pillage, un naufrage ou autre événement
imprévu. Più sui punti di vista di Ј. Даниловић vedi оp. cit., 51 e successive.
[4] Gellius tramanda (Gell., I.22) che Cicerone aveva scritto il
trattato De iure civili in artem redigendo, in cui aveva motivato la necessità di un’elaborazione
scientifica dello ius civile, e Cicerone stesso nel De oratore (I.142; 191) dice che lo ius civile era disperso e disorganizzato (diffusum et dissipatum) e che doveva essere ridotto a un certo numero di generi e ad una scienza che
fosse accessibile (in certa genera et ad artem facilem reducere).
[5] Quintus Mucius Scaevola, che visse nell’ultimo secolo prima di Cristo, scrisse diciotto libri
sullo ius civile, in cui il diritto è esposto
per generi (generatim).
[7] У законику
овом
прописани су
закони грађански
као
постојана
правила ради правде
и правице (sottolineato da А. М.), која се
од свакога
Србина, према
брату свом
Србину у
узајамним
својим
посебним правима
и дужностима
изискује.
[8] Смисао
закона нико
да не изврће,
и криво да не
тумачи. Сваки
да пази на
речи, и
њихово право
значење, па
ако му се не
би тако
разумети
дало, онда
нека погледа
на друге овде
изложене
подобне
законе, и
нека испита
намеру
законодавца,
па сравнивши
га с овима
нека га тако
протумачи,
како да се са
основима
здравог
разума и
природне
правице
слаже.
[9] L. Маrković coglie bene l'essenza
della redazione del testo compiuta da Hadžić. Secondo lui il richiamo al senso comune e alla giustizia naturale nel § 8 del Codice «ha il significato che, mediante l'interpretazione non si deve arrivare ad
una soluzione che sia in contrapposizione con l'essenza del diritto e del suo
elemento fondamentale: l'idea dell'equità». Vedi: Л.
Марковић, Грађански
законик
Краљевине
Србије са кратким
објашњењима / Il Codice civile del Regno della Serbia con brevi spiegazioni /
Београд 1921, 6. Probabilmente partendo dal testo dell’ABGB, e nella convinzione che
Hadžić avesse adottato soltanto la dottrina del
legislatore austriaco, Вл.В.
Водинелић ritiene che Hadžić, nei §§ 2 e 8 del CCS che stiamo analizzando, abbia usato
il termine
правица nel significato di diritto( proprio come nel § 6). Vedi l’articolo
dell’autore: Сто
педесет
година
касније: шта
је још живо у
Српском
грађанском
законику? /Centocinquanta anni dopo: che cosa vive ancora del Codice civile serbo?/, Miscellanea САНУ Centocinquant’anni del CCS, 389. Noi troviamo sia difficile interpretare la parola правица/giustizia/ nel senso di право/diritto/. La difficoltà
consiste nell’accettare che Hadžić nel § 2 volesse dire che le regole giuridiche erano state
introdotte nel Codice a scopo di giustizia
e diritto e non a scopo di giustizia ed equità.
L’analisi del testo nel § 6 (Anche lo straniero negli affari con i cittadini serbi, o
con uno straniero in Serbia troverà giustizia in base a queste leggi..) come nel citato paragrafo § 8 mostra come non
ci sia motivo di assumere che la parola правица significhi право /diritto/. Вук Ст.
Караџић nel suo Рјечник
/Dizionario/ alla
parola правда rimanda
alla parola правица, mentre alla parola
правичан,
justus, rimanda alla parola праведаn
/equo/. Vedi: Il Dizionario spiegato con parole tedesche e latine /Рјечник
истумачен
њемачкијем и
латинскијем
ријечима/,
Београд 1935, 580. Pertanto all’epoca in cui il Codice
fu scritto, la parola правица aveva il significato che oggi ha la
parola правичност /equità/.
[10] Anche i manuali di diritto privato scritti dagli istituzionalisti, Institutiones juris Romani privati, su cui aveva studiato Hadžić,
incominciavano con un capitolo sul rapporto tra diritto, equità e
giustizia (De jure et justitia).
[13] Што ко сам
нема, то не
може ни
другом дати;
и тако нико
не може
другоме више
права уступити,
него колико
сам има, као
ни туђе.
[17] Anche altre disposizioni inserite da Hadžić nell'introduzione mostrano che Hadžić voleva
rendere evidente che il diritto andasse saldamente collegato con l’equità, ma riprese quelle disposizioni dall’ABGB. Così nel § 25 troviamo il principio che res nullius appartiene a chi la prende
per primo, e nel § 31 il
principio che chi causi un danno ad un altro ha l’obbligo
dell’indennizzo. La prima regola si trova nel § 381 dell’ABGB-a, nel paragrafo che parla
dell’acquisizione della proprietà mediante appropriazione, e la
seconda nel § 1295, nel capitolo Dell’indennizzo
del danno.
[18] Questo tipo di introduzione nella materia del diritto patrimoniale rientra
nel modello istituzionale, infatti nel primo e nel secondo capitolo del secondo
libro delle Istituzioni giustinianee, innanzi tutto si parla della suddivisione
delle cose (De rerum divisione; De rebus incorporalibus) dopo di che seguono le esposizioni sui diritti reali e
sugli altri diritti patrimoniali.
[19] Il capitolo II. Del diritto di
proprietà, III. Dell’acquisto
della proprietà per appropriazione, IV. Dell’acquisto della proprietà per accessione, V. Dell’acquisto della proprietà
per consegna.
[21] Capitoli: IV. О
прибављању
ствари, V. Прибављање
ствари
прираштајем
и припатком,
VI. О прибављању ствари предајом.
[23] Oggi i giuristi sono d’accordo che la codificazione del diritto
civile, pur con tutte le manchevolezze del Codice, fu di importanza eccezionale per lo
sviluppo del diritto serbo. Vedi, ad esempio: А. Гамс, Значај
Српског
грађанског
законика за
Србију у XIX
веку / L’importanza del Codice civile serbo per
A questo proposito ci pare opportuno annotare anche quanto segue. I codici di leggi, di norma, sono
frutto di una scienza giuridica evoluta, tuttavia in determinate
circostanze storiche fanno la loro comparsa anche là dove la scienza
giuridica non sia ancora nata e in tal caso ne possono fortemente incentivare
lo sviluppo. Questo tipo di rapporto
tra i codici e la scienza giuridica era stato indicato già da Pomponio a
proposito della promulgazione delle Leggi
delle XII Tavole: (D. 1.2.2.5, Pomp.
lib. sing. ench.) His legibus latis coepit (ut naturaliter evenire solet,
ut interpretatio desideraret prudentium auctoritatem) necessarium esse
disputationem fori. Si potrebbe , dunque, dire che la
promulgazione del CCS , per quanto concerne lo sviluppo della scienza
giuridica, ebbe in Serbia l’importanza che a Roma aveva avuto la
promulgazione delle Leggi delle XII
Tavole.