Sommario: 1. Premessa.
– 2. Le
cose da considerare per scegliere le tipologie delle fonti del diritto civile.
– 3. Le
fonti del diritto civile della Cina. – 3.1. La legge. – 3.2. Le “quasi leggi”. –
3.3. La
consuetudine. – 3.4. La giurisprudenza. – 4. La
polemica su un rescritto del Tribunale Supremo Popolare. – 5. Conclusione.
Il problema delle fonti del diritto
cinese può essere solamente un problema teorico anziché di diritto positivo,
perché in Cina non c’è nessuna legge che imposta le fonti del diritto cinese.
Ma nelle parti iniziali delle opere teoriche dedicate alle ricerche di ogni
branca dell’ordinamento giuridico, si parla sempre delle fonti di tale branca
del diritto. Essendo uno studioso del diritto civile (sono anche studioso del
diritto romano), ho fatto la stessa cosa nel mio manuale di diritto civile[1]. Quindi vorrei qui parlare del problema
delle fonti del diritto cinese dal punto di vista del diritto civile.
Ci sono due
tipologie delle fonti del diritto civile nella codificazione civile del mondo.
Una è quella del monismo, secondo cui il legislatore riconosce solamente nelle
leggi la fonte del diritto civile. Il Codice Civile francese la adoperava,
stabilendo nel suo articolo 5 quanto segue:
«Verso
i casi da giudicare i giudici non possono giudicare in maniera di creare la
regola».
Questa norma escludeva
la possibilità di applicare altre fonti oltreché le statuizioni.
L’altra
tipologia è quella del pluralismo: il legislatore riconosce come fonti del
diritto civile non solo la statuizione, ma anche la consuetudine e la
giurisprudenza. Il Codice Civile Svizzero utilizza questa tipologia nel suo
articolo 1:
«(1)
La legge si applica a tutte le questioni giuridiche alle quali può riferirsi la
lettera od il senso di una disposizione;(2) nei casi non previsti dalla legge
il giudice decide secondo la consuetudine e, in difetto di questa, secondo la
regola che egli adotterebbe come legislatore;(3) Egli si attiene alla dottrina
ed alla giurisprudenza più autorevoli».
Questo articolo
ha stabilito una tipologia pluralistica delle fonti del diritto civile, che
include la legge, la consuetudine, la dottrina e la giurisprudenza. Ovviamente
tale sistema è molto diverso dal sistema delle fonti del Codice Civile
francese.
La scelta del
legislatore tra il monismo e il pluralismo dipende dalle sue risposte a queste
due questioni.
A. La prima
questione attiene al riconoscimento da parte del legislatore dell’esistenza di
lacune nelle leggi. Coloro che non riconoscono le limitatezze delle leggi
necessariamente ritengono che le leggi abbiano una propria autosufficienza senza
bisogno di essere completate con altre fonti, quindi riconoscono soltanto la
legge come unica fonte del diritto.
Coloro che
riconoscono la limitatezza delle leggi sanno dell’esistenza di lacune nelle
legislazione, quindi sagacemente consente che siano completate da altre fonti.
Nell’età del Codice Civile francese i legislatori, sotto l’influenza del
razionalismo, credevano che la loro abilità epistemologica fosse suprema ed
assoluta, di conseguenza sceglievano il monismo nel campo delle fonti del diritto.
Ma nell’età del Codice Civile svizzero era ormai diventata predominante la
filosofia kantiana, secondo la quale l’essere umano, nonostante possa conoscere
la maggiore parte degli oggetti del mondo, non può conoscere qualunque oggetto,
come ad esempio Dio, spirito e volontà etc. Quindi il legislatore doveva
lasciare che le cose che non ha conosciuto fossero trattate da parte dei
giudici. Da quanto ho detto si può tirare una conclusione: il problema delle
fonti del diritto civile è quello della epistemologia.
Grazie alla
evoluzione storica, la credenza della supremazia dell’abilità epistemologica
dell’essere umano è stata fortemente scossa; il legislatore acquisiva la
coscienza di poter regolare solamente i rapporti sociali che conosceva con
certezza, lasciando ad altri la competenza di regolare quei rapporti sociali
che potevano determinarsi in futuro. Da qui era sorta la teoria delle lacune
delle statuizioni positive, quale risulta dal pluralismo delle fonti del Codice
Civile svizzero. Come tutti sanno, questo codice permette di completare le
lacune di statuizione con le fonti complementari.
B. L’altra
questione a cui il legislatore che sta disegnando la tipologia delle fonti del
diritto civile deve rispondere è la seguente: c’è bisogno di dividere rigidamente
il potere legislativo da quello giudiziario? La giurisprudenza, che è la fonte
complementare più importante e quella più spesso applicata, si presenta infatti
proprio come legislazione prodotta dai giudici.
Il Codice Civile
francese seguiva rigidamente la teoria della separazione dei poteri e vietava
ai giudici di oltrepassare il potere legislativo, per questo motivo si
disegnava un sistema monistico delle fonti del diritto civile. Nel suo articolo
5 si proibiva espressamente al giudice di agire come legislatore. Ma la
possibilità di realizzare tale proibizione dipende dalla possibilità di
autosufficienza delle leggi. Se le leggi non possono essere perfette, perché i
giudici non possono giudicare i casi con la motivazione del silenzio della
legge, sarebbe necessario trattare i casi sottoposti al loro giudizio creando
una regola, senza considerare la proibizione del legislatore.
Grazie alla
introduzione della teoria della lacuna della legge, i legislatori dei paesi
moderni abbandonavano progressivamente l’idea rigida della separazione dei
poteri, ed iniziavano a credere che i parlamenti sono il legislatore per le
questioni generali, mentre i giudici sono il legislatore per le cose
particolari[2]. Il primo
realizza il programma di una legge; il secondo invece realizza i dettagli di
essa. Sicché la divisione severa tra il potere legislativo e quello giudiziario
cominciava a smorzarsi, il confine tra questi due poteri tendeva ad offuscarsi.
Di conseguenza, la maggior parte dei paesi del mondo riconosce generalmente la
giurisprudenza come fonte complementare del diritto civile. Anche
Senza l’altro,
la tipologia delle fonti del diritto civile della Cina cade nella categoria del
pluralismo, secondo la dottrina dominante del nostro paese, il diritto civile
cinese ha le seguente fonti:
Le leggi sono le norme di
comportamento impostate dall’Assemblea del Popolo e il suo Comitato Permanente
secondo la procedura legislativa. Le leggi sono le statuizioni più tipiche.
Fino ad oggi, abbiamo i Principi Generali del Diritto Civile,
«Coloro
che hanno subito danno in conseguenza di violazione dei diritti del cittadino
da parte di un organo statale o dei suoi impiegati hanno diritto di ottenere un
risarcimento secondo le stipulazioni delle leggi».
Ovviamente questa norma
appartiene alla responsabilità extracontrattuale del diritto civile. A
tutt’oggi
Sono quasi leggi
le normative con la forza vincolante generale impostate dagli organi
amministrativi statali o da quelli giudiziari e dai governi locali, includendo
le forme seguenti:
(a) I
regolamenti emessi dal Consiglio di Stato e i suoi ministeri. Il
Consiglio di Stato è il supremo organo amministrativo della Cina; dirige tutti
i ministeri che esercitano le diverse funzioni dello Stato e risponde per
l’esercizio delle sue funzioni all’Assemblea del Popolo. Il Consiglio di Stato
e i suoi ministeri hanno la competenza di promulgare i regolamenti
amministrativi, le regole applicative e i provvedimenti amministrativi per
risolvere i problemi relativi all’ambito di applicazione del diritto
costituzionale. Questi regolamenti amministrativi possono contenere delle norme
attinenti al diritto civile; per esempio, l’Ufficio del Diritto d’Autore,
ufficio subordinato del Consiglio di Stato, ha promulgato l’Ordinanza per
applicare il diritto d’autore, le cui norme sono per la maggiore parte di
diritto civile.
(b) I
pareri e rescritti sulle questioni civili promulgati dal Tribunale Supremo
Popolare. Il Tribunale Supremo Popolare è l’organo giudiziario supremo
della Cina, ha la competenza di interpretare le «leggi in maniera da
facilitarne l’applicazione». A causa della lacunosità delle legislazioni civili
del parlamento cinese, sia i pareri del Tribunale Supremo Popolare
sull’applicazione delle norme civili di minore concretezza, sia i rescritti
emessi per rispondere alle richieste di istruzioni dei tribunali popolari
locali di diverso grado sulle questioni civili, sia gli altri regolamenti
riguardanti le operazioni delle sezioni civili dei tribunali, sintetizzano le
esperienze giudiziarie basandosi sui principi del diritto civile; possiedono,
inoltre, un carattere di quasi leggi, in quanto esercitano un ruolo molto
importante nell’applicazione corretta del diritto civile e nel completare le
carenze della legislazione. Ad esempio, i Principi Generali del Diritto
Civile hanno soltanto 156 articoli, ma i pareri del Tribunale Supremo
Popolare sui problemi di applicazione dei principi generali del diritto civile
constano di 200 articoli, completando in tal modo non poche lacune degli stessi
principi generali.
(c) Leggi
e regolamenti delle autorità locali. Le leggi ed i regolamenti
promulgati dalle Assemblee del Popolo locali, dai governi provinciali e dai
governi delle regioni autonome di gruppi etnici minoritari nell’ambito di
autorizzazione del diritto costituzionale e di leggi, hanno la forza normativa
in quelle regioni. Quelle parti di queste leggi e regolamenti che riguardano il
diritto civile sono considerate fonti del diritto civile.
A mio sommesso
avviso, le legislazioni locali hanno due principali funzioni. Da un lato,
possono essere considerate esperimenti legislativi.
La consuetudine
è costituita da norme di comportamento dotate di una certa forza coattiva al di
là delle leggi statali, in quanto radicate autorevolmente nella stessa organizzazione
sociale.
Nelle pratiche
giudiziarie della Cina la consuetudine viene utilizzata come fonte
complementare delle leggi. Per esempio, nel «Rescritto sulla legittimità della
richiesta del genero che vive in casa dei suoceri ad accedere all’eredità di
questi ultimi» dell’8 luglio 1951, la sezione del Tribunale Supremo Popolare
nella Prefettura del Sud-Ovest prevedeva che «se ci sia una consuetudine locale
su questo punto che non è contro lo spirito della politica, si può trattare il
caso applicandola». In Cina, la consuetudine che prevede il fidanzamento prima
del matrimonio è molto popolare, ma quest’usanza non è incorporata nella legge;
pertanto, dal punto di vista giuridico, non è altro che un contratto
preliminare del contratto di matrimonio, di cui tuttavia, non essendo contra
bonos mores, si deve riconoscere il carattere vincolante.
Costituiscono
giurisprudenza i pareri che i giuristi (intesi in senso ampio, (includendo cioè
i professori di diritto e i giudici) danno per risolvere le questioni
controverse attinenti al diritto civile[3]. La dottrina e
i precedenti, le due forme della giurisprudenza, completano quindi le lacune
delle leggi, quando la consuetudine non è in grado di operare in tal senso.
Dato che
Secondo la
dottrina cinese dominante, i precedenti non possono essere una fonte
complementare che a certe condizioni. Visto che c’è una grande differenza nella
qualità e nel livello professionale tra i giudici dei tribunale di gradi
diversi, generalmente si ritiene che soltanto le sentenze del Tribunale Supremo
Popolare e dei Tribunali Superiori Popolari di livello provinciale possono
avere forza vincolante, mentre le sentenze emanate dagli altri tribunali non
hanno forza vincolante. Così si può garantire che i precedenti giochino un
ruolo nel completare le lacune della legislazione, evitando l’abuso di essi.
Il sistema dei
precedenti si è progressivamente stabilizzato nella Cina Popolare. Il
Bollettino Ufficiale del Tribunale Supremo Popolare pubblica periodicamente
sentenze e pronunciamenti di carattere tipico, che svolgono realmente una
funziona direttiva per i tribunali inferiori. Tali precedenti giocano un ruolo
nell’applicazione del diritto come fonte complementare.
D’altronde,
alcuni studiosi ritengono che Rerum natura i diritti stranieri della stessa
famiglia giuridica, i trattati internazionali e le pratiche internazionali sono
anch’essi fonti del diritto civile della Cina; per quanto tale parere non sia ancora
accettato dalla generalità dei giuristi. Il problema della posizione dei
trattati internazionali come fonte per il diritto civile cinese è diventato
rilevante in seguito al recente ingresso della Cina nella WTO: uno dei vice
presidenti del Tribunale Supremo Popolare insiste nel sostenere che possono
essere applicati direttamente; mentre l’altro vice presidente ritiene invece
che i trattati internazionali debbano essere applicati solo indirettamente,
perché è difficile per gli attuali giudici cinesi conoscere direttamente le
regole di WTO.
Le fonti sopraccitate possono essere
articolate in due categorie. La prima sono le fonti dirette: appartengono a
questa categoria le leggi e le quasi leggi; la seconda categoria è costituita
dalle fonti indirette: ad essa appartengono sia le consuetudini sia la
giurisprudenza.
La prima ha una natura diretta e prioritaria nella applicazione; se ci sia una
norma espressa delle statuizioni su un certo caso da giudicare, la si deve
applicare direttamente e prioritariamente. La seconda ha una natura
complementare e indiretta; essa è complementare perché può essere applicata
solamente nella condizione del silenzio della legge; è indiretta perché
consuetudine e giurisprudenza possono essere applicate come fonti complementari
dopo la scelta e il riconoscimento del tribunale.
Abbiamo visto che il Tribunale Supremo
Popolare gioca un ruolo attivo nel sistema delle fonti giuridiche della Cina,
esso non soltanto imposta le regole tramite rescritto, ma anche fa la stessa
cosa tramite i precedenti. Data l’inerzia dell’Assemblea del Popolo negli
esercizi dei propri poteri legislativi, il potere giudiziario aumenta sempre di
più; ciò è un risultato necessario del teorema della conservazione della
quantità dei poteri, secondo cui la quantità delle norme legislative è
inversamente proporzionale alla quantità dei poteri giudiziari[4]. Si deve dire che tale ruolo del
Tribunale Supremo Popolare è generalmente accettato, perché i risultati sono
molto positivi. Ma, come eccezione, esporrò di seguito uno dei suoi rescritti
per una caso riguardante il diritto costituzionale della Cina che ha provocato
forti critiche da parte degli studiosi.
Qi Yuling, una ragazza originaria della
Provincia di Shandong, aveva partecipato all’esame d’ammissione alla scuola
professionale di medio livello nel 1990. Era stata molto fortuna perché era
stata ammessa alla Scuola di Commercio della Comune di Jining nella suddetta
provincia. Ma la comunicazione dell’ammissione alla Scuola era stato presa per
lei da Chen Xiaoqi, una sua compagna di scuola.
Chen Xiaoqi si era presentata nella
scuola sopradetta sotto il nome di Qi Yuling. Dopo il diploma, ancora sotto il
nome di Qi Yuling, aveva ottenuto il posto di impiegata nella filiale della
Banca della Cina nel comune di Tengzhou, fino a diventare direttrice.
La vera Qi Yuling, a causa della perdita
dell’opportunità di ricevere una educazione superiore, era invece diventata una
contadina. Lei poi andò nella città in qualità di studentessa a pagamento.
Consumando tanti soldi, è diventata operaia in una impresa urbana; ma in
seguito, prima ancora che venisse scoperta la verità, aveva perduto il lavoro.
Le vite delle due compagne di scuola sono state molto differenti, quasi come il
cielo e la terra, proprio per il trasferimento da una all’altra della
opportunità di ricevere l’educazione superiore.
La scoperta della verità avvenne nel
1999. Subito dopo la vera Qi Yuling ha intentato un’azione giudiziaria contro
la falsa Qi Yuling per violazione del diritto del nome e del diritto di
ricevere un’educazione scolastica superiore, chiedendole di desistere da tali
violazioni e di pagare un risarcimento sia economico che morale.
Naturalmente il Tribunale può proteggere
il diritto del nome di Qi Yuling citando le relative norme dei Principi Generali del Diritto Civile, ma
tale legge non contiene nessuna disposizione a tutela del diritto
all’educazione; una simile disposizione esiste solamente nel diritto costituzionale.
Ma c’è una consuetudine nella pratica
giudiziaria della Cina: i giudici non possono giudicare i casi portati davanti
alla loro giurisdizione ricorrendo direttamente alle disposizioni del diritto
costituzionale. Tale consuetudine deriva, infatti, da un rescritto del
Tribunale Supremo Popolare rilasciato al Tribunale Superiore Popolare della
Regione Autonoma Uighuriana dello Xinjiang nel 1955, intitolato "Rescritto sul divieto di invocare il diritto
costituzionale nelle sentenze criminali come motivazione per decidere la natura
del crimine e la punizione del reo". In tale documento, il Tribunale
Supremo scriveva: «Il diritto costituzionale della Repubblica Popolare Cinese è
il diritto fondamentale del nostro paese, esso è anche il diritto “materno” di
tutti gli altri diritti…, per quanto concerne il diritto criminale, esso non
riguarda il problema di decidere la natura dei crimini e di decidere le pene
del reo… quindi si vieta di invocare il diritto costituzionale nelle sentenze
criminali come motivazioni per decidere la natura del crimine e la punizione
del reo».
Da allora in poi, è diventata norma
consuetudinaria l’incapacità dei tribunale a ricorrere al diritto
costituzionale per giudicare i casi di loro competenza. Ovviamente questa norma
costituisce uno ostacolo per la tutela del diritto all’educazione di Qi Yuling
da parte del Tribunale Superiore Popolare della Provincia di Shandong. Per
rimuovere tale ostacolo irragionevole, il Tribunale Superiore Popolare della
Provincia di Shandong ha chiesto un rescritto al Tribunale Supremo Popolare, il
quale ha rilasciato il 13 agosto 2001 un rescritto del seguente tenore: «Chen
Xiaoqi, per mezzo della violazione del diritto del nome, ha violato il diritto
basilare a ricevere l’educazione scolastica di Qi Yuling, che doveva essere
goduto da lei sulla base del diritto costituzionale; ne è risultato un danno
concreto. Per questo Chen Xiaoqi deve assumersi la doverosa responsabilità
civile». Invocando questo rescritto, il Tribunale Superiore Popolare della Provincia
di Shandong ha sentenziato a favore di Qi Yuling il 23 agosto dello stesso
anno. Vincendo la sua causa, Qi Yuling ha ottenuto un risarcimento di centomila
yuan per il danno economico sia diretto che indiretto e per il danno morale.
Questa sentenza ha causato subito un
dibattito entusiastico nei circoli della giurisprudenza. Molti studiosi sono
d’accordo con questo rescritto e con la sentenza perché, secondo loro, essi
sono simboli della evoluzione giurisdizionale del diritto costituzionale nella
Cina; essi sono anche i simboli che indicano un processo di sviluppo del
diritto costituzionale cinese: da “diritto sulla carta” a diritto vivo, da
diritto dichiarativo a diritto di concreta attuazione. Infine, sono i simboli
che indicano che i giudici cinesi hanno goduto di un potere di controllo di
legittimità costituzionale.
Però ci sono anche degli studiosi che
tengono un atteggiamento critico verso il rescritto sopradetto. Le motivazioni
di questi studiosi sono le seguenti:
(1) il Tribunale Supremo Popolare non ha
il potere d’interpretare il diritto costituzionale; secondo la legge
costituzionale della Cina, questo potere ricade nella competenza del Comitato Permanente dell’Assemblea del Popolo. Quindi
l’autore di questo rescritto ha oltrepassato la propria competenza ed ha
violato il diritto costituzionale. In tale ottica, questo rescritto viene
considerato come manifestazione del desiderio del Tribunale Supremo Popolare di
ampliare i propri poteri.
(2) Il Diritto all’educazione, promulgato il 18 marzo
Secondo me, il punto chiave del caso di
Qi Yuling è questo: il Tribunale Superiore Popolare della Provincia di Shandong
non ha seguito il processo di trovare la regola stabilita dai manuali del
diritto civile, cioè la sequenza di legge, quasi legge, consuetudine,
giurisprudenza; ha tralasciato legge sul Diritto
all’educazione per ricorrere direttamente al rescritto del Tribunale
Supremo Popolare, col risultato negativo di una fuga verso il Tribunale Supremo
Popolare, trasformando esageratamente il potere giudiziario in potere
legislativo.
Da quanto ho detto, possiamo vedere che il
problema delle fonti giuridiche è realmente un problema di epistemologia. Partendo da questa natura
del problema, il tutto si riconduce alla accettazione della teoria della
separazione dei poteri. In Cina, a causa del materialismo dialettico, filosofia
ufficiale sostenuta dallo Stato, la legislazione discerne la propria
limitatezza nelle capacità epistemologiche, cosi si è abbandonata l’ambizione
di prendere tutte le cose sotto controllo del potere legislativo. Quindi in
Cina non esiste il cosiddetto sistema della separazione dei poteri, gli organi
legislativi, giudiziari e amministrativi godono rispettivamente di un certo
potere legislativo. Tra di essi, è particolarmente attivo il potere legislativo
dei tribunali. Il recente rescritto del Tribunale Supremo Popolare sulla causa
di Qi Yuling è, infatti, una chiara critica all’inerzia del Parlamento
nell’attività legislativa.
Per questo, gli studiosi che non sono
soddisfatti della lunga inerzia del Parlamento hanno ammirato molto il ruolo
del Tribunale Supremo Popolare. Mentre quegli studiosi che tengono un
atteggiamento critico verso questo precedente sono propensi a mantenere
l’autorità del parlamento ed a prevenire la sostituzione del potere legislativo
da parte di un altro organo; quindi, questi studiosi hanno un tendenziale
favore per la teoria della separazione dei poteri. Infatti, malgrado il
Tribunale Supremo Popolare della Cina si trovi molto lontano dal raggiungere
l’autorità esercitata dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, c’è qualcuno che
si preoccupa della possibilità di una evoluzione del sistema giuridico cinese
verso un governo dei giudici.
[1] Cfr. Xu Guodong, Parte
generale del Diritto Civile, 2ª edizione, Xiamen, Casa Editrice
dell’Università di Xiamen, 2005.
[2] Cfr. R. David, Grandi
Sistemi Giuridici nel Mondo, traduzione cinese di Qu Zhusheng, Shanghai,
Casa Editrice per Traduzione di Shanghai, 1984, 49.
[3] Cfr. H. Lévy-Bruhl, Sociologia
giuridica, traduzione cinese di Xu Jun, Shanghai, Casa Editrice del Popolo
di Shanghai, 1987, 68.
[4] Cfr. Xu Guodong, Sulla
base dell’epistemologia del futuro Codice Civile della Cina, in Lo
Studio del Diritto 6, 1992.