Del
possesso per usucapione continuato, aperto e in buona fede
Direttore della Filiale di San Pietroburgo
del Centro degli studi di diritto romano
La
legislazione civile moderna della Russia, regolando rapporti giuridici, usa
assai spesso termini, concezioni e le loro combinazioni che, da una parte,
hanno un contenuto speciale richiedente precisa esecuzione, mentre dall’altra
parte, dato che la definizione del loro contenuto non è stata introdotta in
modo evidente, la detta definizione richiede un “trattamento dottrinale” per
ogni caso specifico. Ne serve da esempio lampante l’art. 234 del Codice Civile
della Federazione Russa (da qui in poi CCFR) che contiene norme riguardanti
l’usucapione. L’articolo dice: «Una persona - un cittadino o una persona
giuridica - che non è proprietario del bene, ma possiede in buona fede,
apertamente e continuativamente un immobile come suo proprio entro quindici
anni, oppure un altro bene entro cinque anni, acquisisce il diritto di
proprietà su questo bene».
Ma
con tutto questo il contenuto delle concezioni del possesso del bene come suo
proprio, del possesso aperto, continuato e in buona fede non viene definito dal
legislatore in modo esplicito. Evidentemente esso si presume oramai noto. In
questo senso il legislatore si conforme alla tradizione della giurisprudenza
prerivoluzionaria nazionale russa siccome neanche nella
legislazione dell’Impero Russo veniva direttamente definito il contenuto della
concezione “possesso” e dei suoi requisiti[1]. A
quanto pare allora si aveva in vista che la concezione del possesso con tutti i
suoi attributi doveva essere appresa nel corso del diritto romano privato, il
quale secondo il ben noto civilista russo I.A. Pokrovskij «nelle condizioni
esistenti dell’istruzione civilistica sostituisce per noi la teoria generale
del diritto civile»[2].
I.E.
Enghelman, autore della monografia più fondamentale sulla prescrizione
acquisitiva nella civilistica prerivoluzionaria russa scriveva in riguardo
dell’usucapione così: «Seguendo il sorgere e la formazione di questa
concezione, vediamo che nei sistemi nuovissimi del diritto essa appariva sotto
l’influenza della dottrina del diritto romano. Perciò per dare una valutazione
giusta di questa concezione bisogna esaminare il suo significato nel diritto
romano, in quell’archetipo e fondamento di ogni legislazione civilizzata e in
via di sviluppo»[3].
Sempre Enghelman ha formulato: «definito il significato di questa concezione
nel diritto romano, avremo una misura giusta per la valutazione teorica di quel
significato che la prescrizione ha nel diritto russo»[4].
Inoltre, riferendosi alle sentenze sulla prescrizione nella tradizione
nazionale giuridica russa I.E. Engelman ha notato: «Nel diritto russo
sussistono ancora l’unilateralità e la deficienza che potrebbero essere
superate solo con l’adozione dei principi del diritto romano, ossia della
scienza del diritto».
Non
credo che si potrebbe insistere che oramai questa affermazione abbia già perso
l’attualità. Sebbene che sotto l’influenza delle codificazioni europee del XIX
secolo per un certo periodo si formasse l’illusione che il diritto romano
dovesse cedere le sue posizioni nella dottrina civilistica a una sintetica
“teoria del diritto civile”, tuttavia queste speranze non si realizzarono, e
per cause obbiettive un’autonoma “teoria del diritto civile” in qualità di una
disciplina scientifica indipendente dalla legislazione positiva non esiste
finora. Perciò un posto piuttosto modesto che il diritto romano occupa nelle
ricerche civilistiche moderne in Russia, ivi comprese quelle dedicate
all’usucapione, si spiega solo dall’inerzia del diritto sovietico il quale in
conseguenza delle note cause ideologiche respingeva il diritto romano come
alieno alla concezione giuridica socialista[5].
Va
notato che l’ignorare delle radici romanistiche del modello dell’usucapione che
viene affermato nel CCFR sembra avere un carattere ostentato. Così l’autore di
un articolo, dedicato in modo speciale a questo istituto e pubblicato in una
seria edizione scientifica, parlando del diritto romano, si è permesso di
limitarsi di indicare solamente che l’usucapione era «istituto del diritto
romano privato» e di riferirsi, chissà perché, al dizionario latino-russo del
1976[6],
dopo di che ha evitato quasi del tutto di parlare degli istituti del diritto
romano nella sua analisi teorica delle concezioni della legislazione vigente.
Perfino in quei pochi casi quando un autore crede necessario ricordare le
radici giuridiche romane dell’istituto dell’usucapione, lo fa spesso senza
legarle all’esposizione conseguente dedicata al diritto civile vigente della
Russia, lasciando una simile digressione storica priva di significato pratico[7].
A favore dell’attenzione
all’esperienza del diritto romano per interpretare gli istituti vigenti del
diritto civile della Russia, in particolare di quei che sono legati alla
concezione del possesso, serve anche l’esperienza degli altri paesi. Perfino in
Germania, il codice civile della quale contiene una definizione legale assai
precisa del possesso e dei suoi requisiti, le ricerche dedicate alla teoria del
possesso in una certa parte risalgono direttamente al diritto romano[8],
e molti principi di base della dottrina moderna tedesca, relativi a questo
argomento si deducono direttamente dal diritto romano[9].
Per
Dall’altra
parte, forse come il difetto principale dell’ultima codificazione del diritto
civile russo viene indicata dai critici del nuovo CCFR la mancanza della
definizione legale della concezione del possesso e dei suoi requisiti. Un
civilista famoso pietroburghese Ju.K. Tolstoj scrive: «In sostanza la
concezione del possesso assente nella legislazione nazionale russa, mentre
senza elaborare questa concezione, senza scoprire il suo contenuto, sarebbe
difficile parlare in modo concreto della tutela possessoria siccome non si sa
che cosa esattamente in questo caso dovrebbe essere tutelato»[12].
Questa osservazione vale completamente anche per il contenuto delle concezioni
come possesso per usucapione, la buona fede di esso, il suo carattere aperto e
la sua continuità.
Quindi
a favore dell’uso più largo delle disposizioni del diritto romano per rivelare
il contenuto della concezione possesso ed i suoi requisiti nel diritto civile
russo contemporaneo serve tanto il carattere per eccellenza romanistico del
CCFR, quanto l’assenza di una definizione legale di queste concezioni nel CC.
Comunque, vorremmo sottolineare ancora una volta, che, come dimostra
l’esperienza della Germania e degli altri paesi dell’Europa Occidentale, anche
la presenza delle suddette definizioni nelle loro legislazioni vigenti non
esima dalla necessità di rivolgersi all’esperienza del diritto romano per una
più corretta comprensione e interpretazione.
Il
legislatore russo considera la continuità del possesso come uno dei requisiti
necessari per acquistare il diritto di proprietà tramite l’usucapione. Però, il
CCFR non contiene definizione di ciò che deve essere ritenuto interruzione del
possesso del possessore per usucapione.
Nei
commentari e nei testi di studio si indica di solito che il possesso per
usucapione viene considerato interrotto nel caso quando il possessore compie
azioni con le quali dimostra il suo riconoscimento del dovere di restituire la
cosa al proprietario, nonché nel caso di presentazione dell’istanza di
restituzione del bene da parte della persona autorizzata, vale a dire che
l’usucapione si interrompe per gli stessi motivi per le quali viene interrotta
la prescrizione giudiziale[13].
Questa interpretazione è evidentemente presa dalla dottrina prerivoluzionaria
civilistica nazionale russa, in quanto, come diceva I.E.Enghelman in merito al
diritto civile russo del suo tempo: «... la somiglianza delle ordinanze
sull’usucapione e sulla prescrizione giudiziale in pratica crea un’interazione
fortuita di questi istituti nel diritto russo poiché questi due istituti nel
diritto russo sono gemelli, simili l’uno all’altro a tal punto che è facile
confonderli»[14].
Però, storicamente questa interpretazione risale al concetto dell’interruzione
civile (civilis usurpatio) del Corpus juris di Giustiniano che
prevedeva l’interruzione dell’usucapione con la querela sporta al possessore e
spinta fino al litis contestatio[15].
Il fatto, che l’interruzione dell’usucapione doveva avere gli stessi motivi che
l’interruzione della prescrizione giudiziale, si accettava come indiscutibile
da quei civilisti sovietici che parlavano dell’istituto dell’usucapione ancora
prima che il nuovo Codice Civile della Russia fosse approvato[16].
Tuttavia, dopo l’approvazione del detto Codice una simile interpretazione
dell’interruzione dell’usucapione non potrebbe essere riconosciuta adeguata. Il
fatto è che nel diritto romano l’istituto di usucapione si intrecciava
strettamente con l’istituto di prescrizione estintiva[17].
La decorrenza della prescrizione giudiziale andava parallelamente alla
decorrenza dell’usucapione e perciò fu naturale per la giurisprudenza romana di
stabilire che l’usucapione andava interrotta per gli stessi motivi che la
decorrenza della prescrizione assegnata al proprietario perché presentasse
l’istanza di rivendicazione. Anche i civilisti sovietici, dichiarandosi a
favore della ricezione del costrutto analogo dal diritto civile russo,
partivano dal presupposto che nel nuovo CC della Russia sarebbe stabilita la
decorrenza parallela della prescrizione giudiziale e dell’usucapione, e perciò
dichiaravano la necessità di assicurare garanzie per il proprietario affinché
perdesse la possibilità di restituire la cosa alla decorrenza dell’usucapione
nel caso se la prescrizione giudiziale fosse interrotta o sospesa[18].
Ma in conformità al p. 4 art. 234 del CCFR la decorrenza dell’usucapione non
può cominciare, in via di principio, prima della scadenza della prescrizione
giudiziale per l’istanza atta a richiedere la data cosa in virtù degli artt.
301 e 305 del CCFR. Le possibili, nei casi eccezionali, interruzioni o
sospensioni della decorrenza della prescrizione giudiziale, di per se stesse
non hanno nessuna importanza siccome con questo costrutto dei rapporti tra la
prescrizione giudiziale e l’usucapione esse soltanto posticipano l’inizio
dell’usucapione. In questo modo nella Russia contemporanea non esistono ragioni
per diffondere le norme dell’interruzione della prescrizione giudiziale
sull’interruzione dell’usucapione. Sebbene i commentatori riconoscano
l’originalità della novella del p. 4 art. 234 del CCFR[19],
dalla constatazione di questa originalità non erano fatte conclusioni pratiche
e al livello dell’interpretazione dottrinale del Codice Civile il problema
dell’interruzione dell’usucapione continua a risolversi così come se nella
legislazione vigente civile, parimenti al diritto romano, la prescrizione
giudiziale e l’usucapione formassero indissolubile unità e quindi dovessero
essere interrotte per gli stessi motivi. Così Ju.K. Tolstoj, basandosi su
questa interpretazione della legislazione vigente, nell’articolo pubblicato nel
1992[20],
ha formulato la sua opinione, relativa alle norme della Legge della RSFSR sulla
proprietà e alle Basi della legislazione civile dell’URSS del 1991,
riproducendola in seguito nel manuale pubblicato dopo l’approvazione della
Parte 1 del nuovo CCFR[21].
Intanto una simile opinione alla luce del p. 4 art. 234 del CCFR non solo manca
di giustificazione logica, ma ha un effetto nocivo per i bisogni pratici
dell’utilizzo. Il fatto è che anche dopo il decorso della prescrizione
giudiziale in virtù del p. 1 art. 199 del CCFR: «La richiesta della protezione
del diritto violato va accettata dal tribunale indipendentemente dalla scadenza
del termine della prescrizione giudiziale», anche se, nel caso il convenuto
presentasse la domanda di applicare la prescrizione giudiziale, quella azione
non sarà soddisfatta dal tribunale in virtù del p. 2 art. 199 del CCFR. Se si
riconosce che la decorrenza dell’usucapione va interrotta con la presentazione
dell’azione da parte del proprietario, così come succede in relazione alla
prescrizione giudiziale in conformità all’art. 203 del Codice Civile, allora
sorge la possibilità per il proprietario non possedente di abusare del suo
diritto di presentare azione, interrompendo con questa presentazione la
decorrenza dell’usucapione con l’unico scopo di ostacolare l’acquisto del
diritto di proprietà per usucapione da parte del possessore siccome una
restituzione forzata della cosa in ordine giudiziario con la scadenza del
termine della prescrizione giudiziale risulta oramai impossibile.
Tenendo
conto di quanto detto sopra, si deve riconoscere che nel diritto civile russo
il motivo per l’interruzione della decorrenza dell’usucapione risulta solo
l’effettiva perdita del possesso che i pandettisti chiamavano naturalis
usurpatio (interruzione naturale dell’usucapione)[22].
Tuttavia, per riconoscere il possesso perduto bisogna definire che cosa
s’intende per il possesso in senso giuridico. Nella dottrina civilistica il
possesso in senso giuridico (possesso giuridico) per tradizione viene
considerato come l’insieme di due elementi che esistono inseparabilmente:
l’intenzione di possedere la cosa come la sua (animus possessionis) e
l’effettivo possesso di essa che si esprime nel contatto materiale con essa (corpus
possessionis). Sembra che, appoggiandosi proprio su questa costruzione, gli
autori del commentario pratico-scientifico alla Parte I del CCFR, collaboratori
dell’Istituto dello Stato e del diritto dell’Accademia di Scienze Russa, hanno
ritenuto che per riconoscere l’usucapione ininterrotto «l’eventuale acquirente
dovrebbe in via di principio provare che giorno per giorno entro tutto il
periodo rimaneva possessore della cosa. Per esempio, con riferimento ad un
apprezzamento di terra dovrebbero essere presentate le relative prove per tutti
i 365 giorni dei 15 anni»[23].
Anche se più tardi gli autori del commentario acconsentiranno di dover
riconoscere la presunzione della continuità di possesso[24],
però la possibilità di contestare la detta presunzione, a quanto pare, viene
presupposta da loro siccome rimane la necessità per il possessore di eseguire
giornalmente l’elemento reale del possesso (corpus possessionis), alla
mancanza di cui, a loro parere, non si potrebbe affermare in modo evidente se il
possesso fosse effettuato quel tal oppure se in quel giorno venisse interrotto.
Tuttavia se tentiamo di esaminare l’applicazione di questa costruzione su
diversi esempi concreti, dovremmo dubitare della sua adeguatezza. Basterebbe
ricordare un esempio da antologia col possesso di una villa estiva. E’ chiaro
che per essere considerato possessore della villa non è del tutto necessario
abitarvi tutto l’anno (cosa spesso anche impossibile perché questa casa non è
adibita per starci l’anno intero). Tuttavia non lascia alcun dubbio il fatto
che il padrone della villa continui a possederla, anche se la maggior parte
dell’anno non viene a starci. Dall’altra parte, è anche difficile rispondere
alla domanda: per quanto tempo la villa dovrebbe rimanere in disuso affinché
sia riconosciuto che il possesso della stessa è perduto. E’ ovvio che proprio
queste difficoltà nel definire la concezione del possesso hanno costretto
l’autore del suddetto commentario dell’Istituto dello Stato e del diritto
dell’Accademia di scienze della Russia A.A.Rubanov a rinunziare a considerare
il possesso come categoria di diritto, riconoscendogli solo il carattere di una
categoria “sociale”[25],
lasciando in questo modo alla decisione della corte la libertà di riconoscere l’esistenza
del fatto di possesso in ogni caso concreto senza chiari criteri per una simile
definizione, che si fa solo per mezzo di “una determinazione sociale”. In
questo modo sarebbe legittimo domandarsi, se solo il possesso effettivo di una
cosa da parte del suo possessore o del suo rappresentante (detentore) può
essere considerato quale possesso giuridico oppure qualcos’altro? Com’è stato
detto sopra, dal momento che la legislazione russa non definisce direttamente
il contenuto delle concezioni “possesso” e “possessore”, sarebbe giusto
rivolgersi al diritto romano per rendere chiaro il vero significato di queste
due definizioni.
Il
rivolgimento alla casistica delle situazioni possessorie, riflessa nelle fonti
del diritto romano, particolarmente nel libri 41 e 43 dei “Digesti di
Giustiniano”, dimostra che nel diritto classico il possesso veniva considerato
prima di tutto come una continua manifestazione della volontà possessoria,
mentre l’elemento reale di possesso può essere assente, essendo la forma di volontà
possessoria la più evidente, ma non l’unica. Così i giuristi romani decidono
che il possesso di un pascolo non viene perso anche se il possessore lo
abbandona in autunno, perché durante l’inverno non potrà esercitare nessuna
azione sul pascolo realizzando il corpus possessionis[26].
In complesso, ragionando logicamente, l’effettiva presa di possesso della
cosa, cioè il contatto corporale con essa, o l’appropriazione dimostrativa di
essa, è necessario solo all’inizio di possesso, sebbene solo in quella misura,
in quale la trasmissione effettiva della cosa sia necessaria per il passaggio
del diritto di proprietà nel momento di alienazione della cosa. Naturalmente,
in merito agli immobili la presa di possesso si realizza in forma di un qualche
atto simbolico testimoniante la perdita della volontà possessoria da parte del
possessore precedente e la rivelazione della stessa da parte del nuovo
possessore. Tali atti possono essere la consegna delle chiavi della casa, la
dimostrazione dei confini dell’appezzamento, facendone il giro lungo il
perimetro oppure osservandolo da una altura e così via[27].
E’ significativo, che già nel diritto romano, alla fine fu elaborata la
procedura di trasmissione del possesso proprio per mezzo della firma dell’atto
di consegna[28],
nota anche al moderno diritto russo. In seguito, dopo la presa di possesso il
possessore potrebbe anche non avere il contatto corporeo con la cosa, però la
sua volontà possessoria si presume fino al momento in cui da sua parte non
seguirà la dimostrazione della perdita della volontà possessoria, in
particolare, in forma della mancata richiesta da parte sua, nei termini
definiti dalla legge, della difesa del possesso contro attentati dei terzi.
Dal
momento che il possessio ad usucapionem presuppone un rapporto di buona
fede con la cosa come con quella sua propria, è naturale che la presa di
possesso “per usucapione” dovrebbe essere eseguita in forma di transazione, la
quale presupponga, in presenza di tutte le condizioni necessari, il passaggio
del diritto di proprietà all’acquirente, mentre anche la perdita di tale
possesso potrebbe avvenire in forma di transazione che presupponga il passaggio
del diritto di proprietà dall’alienante all’acquirente. Ne consegue quella
pretesa speciale che il diritto romano presenta all’usucapione – la presenza
nella sua base di un “justus titulus”, cioè di una transazione che di
per se stessa avrebbe potuto portare all’acquisto del diritto di proprietà da
parte dell’acquirente se nel momento della sua stipulazione esistessero tutti i
requisiti della sua validità. Proprio per questa causa il settore principale
dell’uso dell’usucapione nel diritto romano era quello di acquisto in tale modo
del diritto di proprietà da parte dell’acquirente in buona fede in virtù della
transazione non valida[29].
In
questo modo, si può considerare come l’interruzione del possesso per usucapione
solo l’esecuzione da parte del possessore di tali azioni giuridiche che
potrebbero, a condizione che egli avesse il diritto di proprietà, portare alla perdita
di esso, e nel dato caso portano alla perdita del possesso della cosa come sua
propria, cioè “per usucapione”. Supponiamo che acquistato in buona fede
l’oggetto di possesso da un alienante non autorizzato in virtù della
transazione la quale soddisfa pienamente in tutto il resto le condizioni della
sua validità, l’acquirente in buona fede potrebbe non utilizzarlo e non avere
nessun contatto fisico con esso. Ciononostante non si può dire che in assenza
del simile contatto corporeo con l’oggetto di possesso l’acquirente abbia
smesso di essere suo possessore e che il suo possesso sia interrotto.Per
perdere il possesso per usucapione l’acquirente dovrebbe eseguire quelle azioni
giuridiche che porterebbero all’alienamento da parte sua dell’oggetto di possesso
nel caso se ne fosse proprietario. Con questo anche un semplice rifiuto dal
possesso diventa quasi analogo di derelizione, cioè del rifiuto dal diritto di
proprietà a favore di una persona indeterminata. Non c’è dubbio che la prassi
processuale russa prima o poi dovrebbe arrivare a questa interpretazione della
“continuità” del possesso per usucapione. A favore di questo presupposto
testimonia l’attuale pratica giudiziaria nei confronti delle collisioni, che
sono tipologicamente vicini alla suddetta. Così, ancora l’attività giudiziaria
del periodo sovietico, trovandosi di fronte alla necessità di definire il fatto
di residenza in un’abitazione il che era importante dal punto di vista
dell’acquisto o della perdita del diritto di abitarvi, partendo dal contenuto
dell’articolo 54 del Codice d’abitazione della RSFSR, ha riconosciuto che il
requisito indispensabile per l’acquisto di tale diritto consiste nel fatto di
alloggiamento iniziale nell’abitazione in ordine stabilita dalla legge il quale
veniva inteso in virtù del p. 7 della delibera del Plenum del Tribunale Supremo
dell’URSS del 03.04.1987 come il rispetto delle norme riguardanti la
registrazione in alloggio rispettivo. Anche se successivamente con
Così,
tornando all’esempio della villa estiva non è praticamente possibile di
definire se il suo mancato uso durante i mesi estivi avviene perché il
possessore abbia deciso di rinunciare al possesso di essa, oppure avviene per
qualche altro motivo.
Dall’analisi
complessiva delle soluzioni di alcuni casi riferiti nei “Digesti” risulta che,
secondo il diritto romano, affinché il possesso si considerasse cessato, si
doveva perdere non solo il potere reale sulla cosa, ma anche quella potenziale,
cioè il possessore doveva perdere non solo il possesso effettivo su di essa, ma
perfino la pretesa per lo stesso, attuabile giuridicamente, siccome «non
enim videtur possessioni renuntiasse, qui rem vindicavit»[30].
E’ significativo che nella legislazione del Tardo Impero Romano la questione
sul terreno abbandonato se veniva acquistato in proprietà della persona che
l’avesse occupato immediatamente, per mezzo di occupazione, oppure per
usucapione, fu risolta a favore dell’usucapione, in quanto nel caso del corso
parallelo della prescrizione giudiziale e dell’usucapione nel diritto romano,
il proprietario precedente conservava la possibilità di richiedere il terreno
con procedimento di azione fino al decorso della prescrizione, e quindi fino a
quel momento si presupponeva tacitamente che egli non perdesse la volontà
possessoria[31].
Tale concezione del possesso rendeva possibile l’esistenza anche degli
interdetti ricuperatori (restitutori), non indirizzati alla difesa
dell’esistente possesso effettivo dell’oggetto possessorio, ma alla
restituzione del corpus possessionis perso[32].
La
preferenza dell’elemento di volontà del possesso all’effettivo possesso creava
certe difficoltà legate a quella circostanza che anche la persona che aveva
arbitrariamente privato il possessore del possesso effettivo dell’oggetto di
possesso, veniva riconosciuta possessore e aveva il diritto di pretendere alla
difesa possessoria del suo possedere della cosa contro attentati dei terzi,
mentre in teoria la giurisprudenza romana dall’inizio negava la possibilità di
un possesso contemporaneo delle cosa da parte dei due diversi possessori. Però,
per motivare la funzione ricuperatoria (di restituzione) dell’interdetto uti
possidetis alcuni giuristi romani riconobbero di fatto il costrutto di
doppio possesso, chiamando la persona privata in modo arbitrario del possesso justus
possessor e la persona che l’aveva privata di possesso – injustus
possessor[33].
In
questo modo elemento principale che definisce la presenza o l’assenza del
possesso è volontà possessoria – animus possidendi, cioè l’intenzione di
possedere la cosa come sua propria, il che logicamente conduce all’ammissione
di tutta una serie di situazioni col costrutto del doppio possesso.
A
quanto pare, il pensiero del legislatore russo andava in questa direzione
quando egli, per evitare il costrutto di doppio possesso, ha stabilito col p. 4
art. 234 del CC che il corso dell’usucapione comincia solo dopo il decorso
della prescrizione giudiziale dietro l’azione del possessore oppure di una
persona, avente diritto di possedere quella data cosa, sorto dal contratto o in
virtù di qualche altro titolo previsto dalla legge. Non c’è nessun motivo di
interpretare, seguendo A.A. Rubanov, il p. 4 art. 234 del Codice Civile
in modo che esso sottintendesse che la persona che si rende conto che il suo
possesso della cosa non è illegale, per i fini dell’art. 234 del Codice Civile
viene riconosciuto possessore in buona fede[34].
Sia il possessore in buona fede e quello in mala fede sono tutt’e due
possessori illegali e l’oggetto di possesso può essere richiesto per mezzo di
applicazione degli artt. 301 e 305 del CCFR tanto ad uno quanto all’altro,
ovviante in considerazione delle limitazioni per la richiesta della cosa
dall’acquirente in buona fede a titolo oneroso, limitazioni sorgenti dal
contenuto dell’art.302 del Codice civile. Per esempio, dall’acquirente in buona
fede della cosa rubata essa può essere senza dubbio rivendicata essendo uscita
dal possesso del possessore contro la sua volontà, però l’acquirente è in buona
fede proprio perché nel momento dell’acquisto egli non sa e non può sapere il
fatto dell’illegittimità del suo possesso. Un altro problema è che
l’informazione sull’illegittimità dell’acquisto, acquisita dall’acquirente più
tardi non può trasformare il suo possesso in quello di mala fede, ma questo
principio non è legato in alcun modo al p. 4 dell’articolo esaminato del Codice
Civile. E’ difficile anche condividere la tesi che la norma del p. 4 art.
234 fosse determinata dal fatto che fino al decorso della prescrizione
giudiziale il possesso non può essere riconosciuto di buona fede[35].
La buona fede è una ben fondata soggettiva convinzione di una persona nella
conformità alla legge del suo comportamento che obiettivamente è illegale[36].
Dato che nel momento dell’acquisto del possesso della cosa l’acquirente non
aveva motivo di pensare che acquistava il diritto di proprietà, egli rimane
possessore di mala fede sia prima, sia dopo che il decorso della prescrizione
giudiziale, siccome secondo il diritto russo il decorso di per se non estingue
il diritto protetto da questa azione[37],
mentre il rispettivo bene non diventa un bene di nessuno. La convinzione del
possessore del contrario rappresenterà l’errore giuridico (error juris),
che non viene considerato scusabile[38].
Non si può condividere nemmeno l’opinione che secondo il diritto russo il corso
della prescrizione acquisitiva cominci non prima del decorso della prescrizione
giudiziale perché soltanto da questo momento il proprietario viene considerato
come quello che abbia perso interesse ai suoi beni[39].
Da questo momento il proprietario viene considerato come quello che abbia perso
la volontà possessoria, ossia abbia perso la pretesa, riconosciuta dal diritto
obiettivo e quindi attuabile, di possedere una data cosa, e non viene più
considerato possessore, però il rifiuto al possesso, rifiuto eventualmente
forzato, di per sé stesso non è sempre identico al rifiuto del diritto di
proprietà[40].
Questa circostanza è in particolar modo evidente alla luce dell’applicazione
pratica del diritto stabilitasi in Russia quando per l’inizio della decorrenza
della prescrizione giudiziaria su azione di rivendicazione si prende il momento
della effettiva perdita della cosa da parte del proprietario e non quel momento
quando egli viene a sapere chi ha questa cosa e quindi chi deve essere il
convenuto opportuno per questa azione[41].
Se,
caso mai, l’istanza per la richiesta della cosa mobile non è stata presentata
da parte del suo proprietario, perché egli in questa forma volesse di fatto
dimostrare il rifiuto sia al possesso, sia al diritto di proprietà, mentre il
fatto stesso è stato confermato, allora tale cosa deve essere considerata
acquistata in proprietà dal suo nuovo possessore in virtù delle norme
dell’art.226 del CC, ossia in certi casi - in modo immediato con l’occupazione,
cioè impossessandosi della cosa di nessuno con l’intenzione di diventare suo
proprietario, in altri casi – in conformità alla decisione del tribunale presa
dopo il riconoscere la cosa di nessuno dietro la domanda della persona entrata
in possesso della cosa. In tutti e due casi la prescrizione acquisitiva è fuori
luogo.
In
generale, bisogna riconoscere che l’acquisto in proprietà per usucapione della
cosa di nessuno in conformità alla CCFR praticamente è impossibile data la
sostituzione di questo modo di acquisto di tali cose con altri metodi
qualificati di passaggio di esse in proprietà delle persone che ne sono
impossessate[42].
Quanto
alle cose immobili per il rifiuto al diritto di proprietà su immobile bisogna
apportare relative modifiche nel Registro unico pubblico degli immobili e delle
transazioni con essi (da qui in poi “Registro unico pubblico degli immobili”),
siccome se esiste il sistema di registrazione pubblica dei diritti sugli
immobili la rinuncia alla proprietà immobile è ammissibile soltanto in quella
forma che corrisponde al sistema di registrazione, mentre la derelizione
compiuta in forma del semplice rifiuto al possesso è ammissibile forse solo nei
riguardi delle costruzioni, il diritto di proprietà sulle quali non era ancora
registrato[43].
Ancora di più, come nota E.A.Suchanov, nei riguardi degli oggetti registrati
immobili anche il possesso viene realizzato in modi giuridici e non solo in
quelli di fatto, cioè il proprietario non può essere considerato come chi ha
perso il possesso se esiste una relativa iscrizione di registrazione nel
Registro unico pubblico degli immobili[44].
Per questa causa anche nel caso di privazione illegittima del proprietario da
parte dell’occupante arbitrario di possibilità di accedere all’oggetto immobile
che ad egli appartiene, il proprietario ha diritto di difendersi presentando
l’azione negatoria e non quella di rivendicazione[45].
E’ una cosa del tutto naturale siccome, fatta l’iscrizione di registrazione
confermante il possesso dell’oggetto immobile da parte del querelante, non
avviene legittimazione passiva dell’occupante arbitrario in qualità del
possessore illegittimo citato nell’azione di rivendicazione e, quindi, si
tratta solo della violazione sotto questo o quell’altro riguardo del possesso
del querelante che continua ad esistere.
In
questo modo, sembra del tutto inevitabile la conclusione che le norme del CCFR
nei riguardi dell’applicazione dell’usucapione agli immobili di nessuno si
riferiscono solo a quegli oggetti immobili che non sono definiti come tali dal
Registro unico pubblico degli immobili oppure a quelli ai quali il proprietario
ha rinunciato direttamente introducendo relative modifiche nelle iscrizioni di
registrazione. Proprio in questo senso si deve capire la spiegazione data nella
Delibera del Plenum del Tribunale Supremo dell’Arbitrato[46]
del 25.02.1998 N°8 “Su alcuni problemi di decisioni delle cause relative alla
difesa del diritto di proprietà ed altri diritti reali” secondo la quale
l’assenza della registrazione statale del diritto di proprietà sul bene
immobile non serve da ostacolo per rivolgersi all’arbitrato con la richiesta di
riconoscere il diritto di proprietà in virtù all’usucapione. Il fatto che
nell’ordinamento giuridico della Russia del periodo di passaggio l’oggetto, sul
quale i diritti non sono registrati nel Registro unico pubblico degli immobili,
è riconosciuto, non di meno, come oggetto immobile, risulta dal contenuto
dell’art.6 della Legge Federale “Sulla registrazione pubblica dei diritti sul
bene immobile e delle transazioni con esso” (da qui in poi “Sulla registrazione
pubblica dei diritti sul bene immobile”), di cui il p. 1 dichiara il
riconoscimento della validità giuridica dei diritti sul bene immobile, sorti
prima dell’approvazione della Legge nominata, anche nel caso di assenza della
loro registrazione pubblica. Il p. 2 dichiara la necessità di procedere alla
registrazione pubblica di tali diritti solo nel caso di stipulazione di una
transazione, eseguita successivamente, con il detto oggetto immobile.
Però,
anche se il proprietario, avente i diritti sull’immobile sorti prima
dell’approvazione della Delibera nominata sopra e nemmeno registrati nel
Registro unico pubblico degli immobili, ha rinunciato di fatto al possesso e al
diritto di proprietà sulla cosa immobile, questa cosa può essere riconosciuta
cosa di nessuno soltanto in seguito della conferma del suo stato di nessuno,
espressa dalla sentenza del tribunale, presa in conformità al p. 3 art. 225 del
Codice Civile sull’azione dell’organo autorizzato alla dei beni municipali. Per
di più se il proprietario è conosciuto, evidentemente, ci vorrà la rinuncia
diretta del proprietario al diritto ad egli appartenente nel processo
giudiziale, siccome di principio gli viene conservata la possibilità di
riaccettare la cosa da lui abbandonata in possesso, uso e gestione. Il
riconoscimento dell’immobile come cosa di nessuno e la sua trasmissione in
proprietà municipale con motivazione che il proprietario non ne ha cura e l’ha
abbandonata, cioè la mantiene trascuratamente, significherebbe compiere un
illegittimo sequestro arbitrario del diritto di proprietà al proprietario
dell’oggetto, il che contraddice alle fondamenta principali dell’ordinamento
giuridico esistente. Com’è noto nel vigente CCFR alcune conseguenze giuridiche
di questo tipo vengono legate soltanto al mantenimento trascurato dei beni
culturali (art. 240) e delle abitazioni (art. 293). Questa lista rappresenta un
numerus clausus e non può essere sottomesso all’interpretazione
estensiva.
Di
più, fino al momento della decisione al tribunale della sorte della cosa
immobile abbandonata con l’applicazione dell’art. 225 del CC, anche col decorso
del termine della prescrizione giudiziale, il proprietario conserva il diritto
di presentare l’azione, mentre il tribunale in virtù dell’art. 199 del CC non
può respingere la querela da egli presentata ex officio, cioè
all’assenza della domanda del citato di applicare la prescrizione giudiziale.
Si capisce che all’assenza della registrazione pubblica del diritto di
proprietà del querelante, sorto prima dell’approvazione della Legge Federale
“Sulla registrazione pubblica dei diritti sul bene immobile”, non si tratterà
dell’azione negatoria, ma proprio dell’azione di rivendicazione alla quale di
principio si applicano le norme di prescrizione giudiziale. Prima della
pronuncia della sentenza del tribunale la registrazione preliminare del bene
immobile in qualità del bene di nessuno da parte degli organi di registrazione
su richiesta dell’amministrazione locale in virtù dello stesso p. 3 art. 225
del CC non significa l’estinzione del diritto e il proprietario conserva i suoi
poteri, quindi la cosa non può essere riconosciuta di nessun, né il suo
possessore effettivo – quello di buona fede, se nel momento di impossessarsene
l’appartenenza della cosa a un’altra persona poteva essere chiarita. Come
giustamente notava A.A. Rubanov: «la registrazione non rappresenta fatto
giuridico che influenza i rapporti giuridici»[47].
In questo modo la cosa immobile, i diritti sulla quale sono sorti prima
dell’approvazione della Legge Federale “Sulla registrazione pubblica dei
diritti sul bene immobile”, non registrati nel Registro unico pubblico degli
immobili, può essere acquisita in proprietà per usucapione come cosa di nessuno,
ma solo in una situazione poco probabile, se la cosa sarà riconosciuta, con la
sentenza in virtù del p. 3 art. 225 del CC, cosa di nessuno, però il tribunale
non la riconosce entrata in proprietà municipale e il proprietario che l’aveva
abbandonata rifiuterà di riaccettarla in possesso, uso e gestione.
E’
più probabile che questo succeda nel caso se, causa troppo tempo trascorso, è
diventato impossibile stabilire l’origine dell’oggetto in questione, né la sua
appartenenza iniziale. Oltre a ciò un esito analogo (in via ipotetica) è
possibile anche nel caso del rifiuto all’oggetto immobile, pronunciato in
precedenza dal suo proprietario, se i diritti su di esso sono stati registrati
nel Registro unico pubblico degli immobili, a condizione che le relative modifiche,
legate alla derelizione compiuta, sono state introdotte nelle iscrizioni di
registrazione.
Sommando
tutto quanto detto sopra, si deve riconoscere che il decorso, dalla parte del
possessore, del termine della prescrizione giudiziale sull’azione di sua
richiesta dal possesso illegittimo della cosa immobile ad egli appartenente, su
cui diritto di proprietà non è stato registrato prima nel Registro unico
pubblico degli immobili, ma che viene considerato valido in quanto sorto prima
dell’approvazione della Legge Federale “Sulla registrazione pubblica dei
diritti sul bene immobile”, di per sé stesso non rende in buona fede il detto
possesso se nel momento dell’impossessarsene esso non lo era. In questo caso
esso può diventare in buona fede solo dopo il riconoscimento della detta cosa
come quella di nessuno in conformità alla sentenza del tribunale in via di
applicazione dell’art. 225 del CC.
In
questo modo, tornando alla continuità dell’usucapione, potremmo dire che dal
punto di vista dell’istituto della prescrizione acquisitiva anche nel diritto
russo il possesso del possessore precedente si perde definitivamente dopo il
mancato uso del diritto ad egli appartenente di difendere per mezzo dell’azione
il suo possesso sulla cosa. Se prima del decorso di questo termine il possesso
effettivo sarà da lui restituito, in questo caso non ci sarà motivo di ritenere
sospeso il corso dell’usucapione, tanto meno interrotto.[48]
Dall’altra
parte, partendo dal fatto che il possesso rappresenta una legittima,
riconosciuta dal diritto obiettivo, espressione di volontà in rapporto della
cosa, bisogna riconoscere che, nonostante il contenuto singolare del p. 4 art.
234 del CCFR, rimane almeno una sola ragione comune per interrompere sia della
prescrizione giudiziale, sia di quella acquisitiva. Questa ragione è il
compimento da parte del possessore delle azioni che manifestano il
riconoscimento del suo dovere di restituire la cosa al proprietario[49].
Con particolare riferimento alla prescrizione acquisitiva simili azioni hanno
il significato della perdita del più importante requisito dell’usucapione, cioè
del possesso della cosa come della sua propria (pro suo), in assenza del
quale il suo possessore effettivo potrebbe essere considerato come semplice
detentore al nome altrui, che esercita un possesso dipendente (derivato) fino
alla richiesta, cioè quello chi trattiene corpus possessionis, senza
possedere la volontà autonoma possessoria (animus possessionis). Questo
deve essere tenuto presente quando si pensa il contenuto di alcuni requisiti
dell’usucapione, in particolare, del requisito che si chiama “apertura” del
possesso, il che dimostreremo sotto.
Nell’attività
giurisdiziale della Russia prerivoluzionaria fu accettato il concetto
conformemente al quale l’atto di disposizione del proprio bene immobile da
parte del possessore che lo compie per mezzo dei documenti (disposizione per
documenti) interrompe l’usucapione, anche se la detta disposizione non fosse
nota al possessore effettivo senza impedirgli in nessun modo in senso pratico, per
esempio, se il proprietario ipotecava il bene[50].
Tale decisione fu motivata, evidentemente, dall’idea che il possesso equivale
alla manifestazione della volontà e che il costrutto del «doppio possesso»
della cosa come «di sua propria» è impossibile e, quindi, dato che il
proprietario ha compiuto l’atto di volontà nei riguardi della propria cosa, non
si può riconoscere che fino a quel momento il possessore effettivo realizzasse
il possesso «per usucapione». Nello stesso tempo la giurisprudenza della Russia
prerivoluzionaria non era coerente nel detto problema, perché essa non
riconosceva per interruzione dell’usucapione i pagamenti fondiari compiuti dal
proprietario[51].
In ogni caso, nelle condizioni della Russia moderna, con il suo sistema di
registrazione pubblica dei diritti sull’immobile ed i suoi aggravamenti, una
simile situazione risulta impossibile. Il fatto è che sia i pagamenti fiscali,
sia gli atti di disposizione degli immobili sono possibili solo per la persona,
registrata in veste del proprietario dell’oggetto immobile. Dall’altra parte,
non è possibile diventare possessore giuridico dell’oggetto immobile, di cui
diritto di proprietà è registrato ad un’altra persona. Con la registrazione del
diritto di proprietà sull’oggetto ad un’altra persona l’immobile può essere
posseduto solo in virtù del contratto con il proprietario – e in quel caso non
come del suo proprio, oppure compiendo un’occupazione arbitraria, il che
esclude il possesso giuridico, siccome la persona del proprietario può essere
verificata dagli organi giuridici e perciò l’occupante arbitrario va eliminato
piuttosto con l’azione negatoria e non con quella di rivendicazione[52].
Così,
possessore per usucapione dell’oggetto immobile si diventa o in situazione,
quando il diritto di proprietà su un dato oggetto non era registrato prima ad
un’altra persona (se nel momento della presa del possesso esistevano
indiscutibili motivi per considerarlo cosa di nessuno), o in via di
applicazione dell’art. 225 del CC dopo che esso fosse riconosciuto cosa di
nessuno data la rinuncia del proprietario al diritto ad egli appartenente,
introdotte le relative modifiche nelle iscrizioni della registrazione, mentre
l’oggetto non era riconosciuto proprietà municipale, oppure nel caso del suo
acquisto in buona fede fondato sulla transazione invalida a condizione che la
transazione stessa soddisfacesse tutte le pretese della legge relative alla
forma della sua stipulazione e se in virtù della stessa era registrato in
ordine stabilito dalla legge il passaggio del diritto di proprietà
all’acquirente in buona fede. Come rilevava nei riguardi delle realtà del
sistema giuridico della Germania dell’inizio del secolo scorso il professore
dell’Università di Berlino I. Koler: «I beni immobili vengono caratterizzati
dal Registro dei libri fondiari ... Grazie a questo si è formata nello stesso
tempo l’idea che la prescrizione in tutti questi casi poteva avere un ruolo
decisivo solo come la prescrizione del libro , cioè solo come la prescrizione
grazie al libro fondiario. Per la proprietà sugli appezzamenti di terra essa ha
importanza solo quando qualcuno è registrato nel Libro fondiario e possiede la
cosa. In questo caso la prescrizione può creare il diritto di proprietà, se
questo non è ancora successo con l’iscrizione al Libro fondiario»[53].
Queste considerazioni hanno un’indubbia importanza per
In
tal modo, in tutti i casi esaminati il proprietario non ha possibilità pratica
di disporre del suo immobile: oppure egli ha smesso di esserlo per causa della
derelizione compiuta, introdotte le relative modifiche nelle iscrizioni di
registrazione, oppure non è autorizzato a disporre dell’oggetto immobile ad
egli appartenente in conformità al p. 2 art. 6 della Legge Federale “Sulla
registrazione pubblica dei diritti sul bene immobile”, dato che il suo diritto
di proprietà, sorto prima dell’entrata in vigore della Legge nominata, non è
stato registrato in ordine stabilito dalla legge. Però, se egli riuscirà a
registrare il detto diritto nel Registro unico pubblico degli immobili, allora
il possesso del possessore effettivo di questo dato oggetto deve essere
considerato cessato, e il proprietario che in virtù della registrazione è
diventato possessore giuridico, può eliminar quest’ultimo per mezzo dell’azione
negatoria.
Nel
caso dell’acquisto in buona fede di un oggetto immobile fondato su una
transazione invalida nel Registro unico pubblico degli immobili il proprietario
figura l’acquirente in buona fede che è possessore effettivo, il quale verrà
considerato come tale, almeno fino al momento di dichiarazione dell’invalidità
della transazione che serviva da motivo per eseguire la relativa iscrizione di
registrazione.
Dal
punto di vista della soluzione del problema della presenza o dell’assenza del
possesso per usucapione, non si può sorpassare il problema di demarcazione
giuridica tra i possessori ed i detentori. Così Ju.K. Tolstoj scrive: «E’
difficile, in particolar modo, rispondere alla domanda: quale contenuto viene
messo dalla legislazione nel concetto di possesso e chi può essere considerato
possessore della cosa? In questo argomento si potrebbe seguire l’esempio sia
del diritto romano, delimitando i concetti del possesso e della detenzione, sia
delle legislazioni del gruppo germanico, fissando l’istituto del doppio
possesso e rivelando la figura del servo possidente. Purtroppo, il legislatore
non ha scelto nessuna di queste due varianti. Perciò è sempre difficile dare la
risposta alla domanda, se il proprietario continua ad essere possessore della
cosa se essa viene affittata oppure per il periodo di affitto viene
riconosciuto possessore della cosa soltanto l’affittante»[54].
Qui
vorremmo prima di tutto rilevare che la differenziazione tra possesso e
detenzione nasce come frutto dell’elaborazione sistematica delle fonti del
diritto romano da parte della dottrina germanica del diritto pandettistico. I
romani stessi differenziavano il possesso della cosa “come sua propria” (pro
suo), di cui elemento effettivo (corpus possessionis) poteva essere
realizzato quanto dallo stesso possessore, tanto da un’altra persona possedente
la cosa al suo nome, e il possesso dipendente dal nome altrui. Con ciò
quest’ultimo o non veniva affatto considerato possesso (per esempio, il
possesso del servo, o di un membro di famiglia dipendente dal padrone di casa),
oppure si considerava come possesso naturale (possessio naturalis), o
detenzione naturale (naturaliter tenetur). Come tale veniva stimato il
possesso di affittuario, depositario, comodatario o altro possessore che ha
ottenuto il possesso della cosa temporaneamente in virtù della transazione
giuridica. Proprio dal verbo latino “tenere” nel periodo di recezione del
diritto romano nei riguardi di questo tipo di possesso sorge il termine detentio
(“detenzione”). E’ riconosciuto da tutti che nel diritto romano il detentore,
essendo possessore dipendente, non godeva conseguenze giuridiche del suo
possesso, cioè per egli non scorreva la prescrizione acquisitiva, né aveva
difesa indipendente del possesso[55].
A questo e a quello poteva pretendere soltanto la persona da cui nome il
detentore teneva la cosa. Proprio in virtù di questa circostanza, quest’ultimo,
a differenza del detentore (possessore naturale), viene considerato possessore
giuridico che realizza l’elemento effettivo del possesso tramite un’altra
persona. Soltanto nei casi del possesso “derivato” o “anomalo” i detentori
vengono riconosciuti possessori dal punto di vista della possibilità di
pretendere di ricevere la difesa possessoria (interdettiale). Ai casi del
possesso “anomalo” per tradizione si riferisce il possesso di precarista,
sequestario, pignoratario del pegno manuale, enfiteuta, superficiario ed
usufruttuario. Però, questi possessori “anomali” possiedono nondimeno solo dal
punto di vista della possibilità di pretendere indipendentemente di ricevere la
difesa del possesso (possessio ad interdicta), mentre lo status del
possessore per usucapione (possessio ad usucapionem) si conserva lo
stesso per la persona da cui nome il detentore tiene la cosa.
La
differenza cardinale del diritto moderno dal diritto romano consta
nell’affermazione del diritto alla difesa autonoma del proprio possesso della
cosa a tutti i possessori effettivi, cioè sia a quelli che la possiedono come
la sua, sia ai detentori a nome altrui (cf. art. 305 del CCFR, dove si tratta
della protezione petitoria). Però, si potrebbe dire (o no) che una simile
equiparazione di tutte le categorie dei possessori dal punto di vista del loro
diritto alla difesa del possesso livelli la differenza tra i possessori e
detentori, mentre la differenziazione di queste categorie nel diritto civile
moderno perda senso? Si vede che a questa domanda necessita una risposta
negativa. E se al possesso, oltre al diritto alla difesa giurisdizionale,
vengono legate le altre conseguenze giuridiche, cioè la possibilità di
acquistare il diritto di proprietà per usucapione, è indubbio che una simile
possibilità dovrebbe avere solo chi possiede la cosa come sua propria, ciò che
dice direttamente il c. 1 art. 234 CCFR. Dall’altra parte se non si riconosce
che il possesso di prescrizione continua anche nel caso, se il suo elemento
effettivo si realizza da un’altra persona che a nome di questo possessore e in
virtù del contratto con lui stipulato “tiene” la cosa, allora la cosa rimane
fuori dei limiti del giro legale siccome nessuno potrà diventare suo possessore
per usucapione: né quello che ha passato il possesso effettivo della cosa
all’altra persona, né quello che realizza il detto possesso a nome di chi
glielo aveva passato possedendo il bene non come suo proprio, ma come quello
altrui, a lui trascorso temporaneamente. Simile situazione è possibile, per
esempio, se la cosa è stata data in affitto. La presenza del concetto del
possesso di un bene come suo proprio nella vigente legislazione presuppone la
differenziazione dei possessori e detentori. Del tutto diverso è che,
adoperando la terminologia romanistica, dal punto di vista della civilistica
moderna tutti i detentori devono essere considerati come “possessori derivati”.
Ciononostante relativamente da poco tempo il concetto del “possesso derivato”
nel suo significato romanistico ha cominciato ad essere riconosciuto e ad
essere usato nella letteratura civilistica russa con particolare riferimento
alle situazioni possessorie[56].
A
favore della ricezione della differenziazione dei possessori giuridici e
detentori dal punto di vista della prescrizione acquisitiva opera anche la
pratica prerivoluzionaria della giurisprudenza russa. Così G.F. Scerscenevitch,
riferendosi alla legislazione prerivoluzionaria russa relativa alla
prescrizione acquisitiva, anche essa ignara dell’affermazione legale della
distinzione tra possessori e detentori, scriveva: «Con l’espressione “in forma
della proprietà” (a titre de proprietaire) la legge, evidentemente,
voleva indicare la necessità del possesso giuridico, e non solo della
detenzione. Questo idea della legislazione si rivela in un altro posto ancora
più chiaramente: per dare forza alla prescrizione bisogna possedere “col
diritto di proprietà”, e non su un altro titolo»[57].
Sempre lo stesso autore notava: «l’affittuario non può acquistare per
usucapione, almeno fino al decorso del termine accordato, nello stesso modo
come il possessore a vita ed altre persone che dominano la cosa a nome dell’altro
senza intenzione di appropriarsene, come ricevitore del carico, creditore
pignoratizio, tutore, amministratore»[58].
E’ evidente che queste considerazioni sono valide anche attualmente, nella luce
di quanto esige l’art. 234 CCFR sulla presenza del possesso del bene come suo
proprio in qualità del requisito necessario della prescrizione acquisitiva.
Dall’altra
parte, oramai si possono vedere alcuni esempi di ciò che la giurisprudenza
della Russia moderna volens nolens comincia a percepire la detta
delimitazione tra possessori e detentori, attenendosi alle esigenze pratiche
del giro. Come un esempio di questo tipo si può riferire
Suscita
interesse anche la domanda su cosa avviene se il detentore perde il possesso effettivo
della cosa. Visto che nel diritto moderno anche i detentori hanno diritto alla
difesa tramite querela del suo possesso alla pari dei possessori giuridici,
diventa chiaro che si può parlare dell’interruzione del possesso in virtù della
sua perdita effettiva soltanto dal momento quando anche sia il detentore sia
quella persona da cui nome egli realizzava il possesso perdono perfino la
possibilità potenziale della sua restituzione forzata per causa del decorso del
termine della sua prescrizione giudiziale.
Sono
possibili anche le altre collisioni curiose legate alla distinzione tra
possessori giuridici e possessori derivati (detentori). Così, una persona che
ha venduto la cosa a un altra persona, se ha lasciato su la preghiera di
quell’ultima la cosa per conservare presso di sé, non smette di essere
possessore de facto. Però, de iure questa persona ha perso la
propria volontà di possedere la cosa come sua propria ed è diventata detentore
della cosa dal nome altrui. In questo modo per la persona indicata si
interrompe il corso della prescrizione acquisitiva, l’acquirente però può
aggiungere il termine del suo possesso al periodo di possesso suo proprio,
mentre l’usucapione continua a decorrere per l’acquirente che rappresenta
oramai datore del carico[59].
Merita
attenzione particolare anche la situazione, quando l’oggetto di usucapione
viene dato in affitto dal possessore, e poi in subaffitto. La sua qualifica
giuridica fu interpretata in modo esauriente nel relativo brano dei “Digesti di
Giustiniano”: «Si ego tibi commodavero, tu Titio, qui putet tuum esse,
nihilo minus ego id possidebo. Et item erit, si colonus meus fundum locaverit
aut is, apud quem deposueram, apud alium rursus deposuerit. Et id quamlibet per
plurium personam factum observandum ita erit»[60].
In tal modo nei simili casi il possesso per “usucapione” rimane al primo
locatore, il quale dichiara di possedere la cosa “come sua propria”.
Un
altro requisito dell’usucapione è la sua trasparenza. Viene considerata possidente
in modo trasparente una persona che non cela il suo possesso della cosa davanti
ai terzi, cioè la possiede apertamente[61].
Con questo nella dottrina russa si è formata l’opinione secondo la quale il
possessore, anche non obbligato a compiere azioni effettive per dimostrare ai
prossimi il possesso, però non deve nascondere il bene dagli sguardi altrui[62].
E’ chiaro che, basandosi su tale concezione della trasparenza del possesso,
In questo modo nel diritto romano
l’apertura del possesso, così come la buona fede, fu requisito necessario solo
nel momento della presa del possesso e poi, in seguito, formava uno stato
giuridico incrollabile, dando al possesso un carattere qualificato del possessio
ad usucapionem. Al primo sguardo, tale interpretazione del problema
dell’apertura del possesso, data dai giuristi romani, potrebbe sembrare
paradossale. Però, da un esame più attento risulta che è, invece, molto logica
e coerente. Il fatto è che l’apertura del possesso ad usucapione deve legarsi
ad un’altra importantissima caratteristica, al possesso della cosa come sua
propria (pro suo). Questo significa che il possessore non è solo
autorizzato, ma ha il dovere di trattare l’oggetto del possesso come se fosse
suo proprietario, se egli vuole mantenere lo stato indiscutibile del possessore
ad usucapionem, che gli permettere, al decorso dell’usucapione stabilito
dalla legge, diventarne proprietario. Se il possessore entro tutto il tempo del
possesso viene obbligato a dimostrare l’apertura del suo possesso, creando in
questo modo condizioni per una eventuale rivendicazione dell’oggetto del
possesso, allora solo questo fatto permette di dire che egli non possiede la
cosa come sua propria, ma come quella che si trova da lui fino al momento di
essere richiesta (in terminologia dei giuristi romani precario), essendo
così solo detentore della cosa a nome altrui e, quindi, non può essere
considerato possessor ad usucapionem). Ancora di più, se si riconosce,
come lo fanno i fautori dell’opinione sopra esposta, che anche la buona fede
del possesso viene persa, se il possessore con l’andar del tempo si rende conto
dell’illegittimità del suo possesso, allora l’apertura e la buona fede del
possesso entrano in contraddizione tra di esse, siccome non è possibile,
dimostrando l’apertura del possesso, da una parte, coscienziosamente
trattenendosi dall’occultamento della cosa e nello stesso tempo, dall’altra
parte, comportarsi in questo modo senza rendersi conto che un simile
comportamento è necessario per causa della propria incompetenza del possesso,
mentre la comprensione del fatto di per sé stessa esclude la buona fede.
Tornando al caso sopraccitato della Corte Costituzionale della FR, possiamo
notare che, se i quadri venissero conservati nei depositi aperti con lo scopo
di dare possibilità di dichiarare le pretese da parte delle persone
interessate, questo significherebbe la presenza della comprensione
dell’illegittimità del possesso di questi quadri. Allora la sentenza della
CCFR, in fin dei conti, sarebbe stata la stessa, ma motivata dall’assenza di
buona fede del possesso.
In
questo modo, dopo un attento esame, risulta che anche in questa questione il
punto di vista dei giuristi romani ha una base logica più ferma
dell’interpretazione percepita modernamente dalla dottrina civilistica russa,
il che fa considerare la citata sentenza della Corte Costituzionale della FR
sui beni culturali trasferiti non del tutto indiscutibile in quel che concerne
l’usucapione. Di più, proprio questo caso particolare, esaminato dalla Corte
Costituzionale della FR, dimostra per quanto la ricezione del diritto romano,
relativa alla comprensione dell’apertura del possesso, potrebbe essere più
preferibile dal punto di vista dei bisogni pratici. In vita pratica il
possessore spesso non è informato dell’illegittimità del suo possesso non solo
nel momento dell’impossessarsi della cosa, ma fino al momento della
presentazione a lui delle pretese da parte del proprietario, siccome, di
regola, la presa del possesso avviene a base del titolo falso (titulus putativus),
di cui l’illegittimità si rivela soltanto nel corso dell’udienza in tribunale
su querela del proprietario. Così, di solito il possessore non nasconde con
intenzione, ma per altri motivi. In particolarità, la ragione per conservare i
quadri nei depositi chiusi e non in esposizione aperta potrebbe essere una
primitiva mancanza di aree d’esposizione del museo e non intenzione di
occultare il fatto stesso del possesso dei quadri, precisamente come la
mancanza del registro pubblicato dei detti beni trasferiti, accessibile per
tutti, può essere spiegato dalla povertà tradizionale degli istituti di cultura
russi, i quali in maggioranza dei casi sono impossibilitati di finanziare la
stesura dei simili basi dati su scala di tutto il paese. Parlando del momento
della presa di possesso dei detti beni, è evidente che, si deve riconoscerlo,
in quel momento erano presenti sia l’apertura, sia la buona fede, siccome
l’URSS sequestrava i relativi beni per diritto della guerra, considerandoli
compensa dei propri beni culturali persi per colpa degli stati-aggressori e li
consegnava con le procedure necessarie, dettate dalla legislazione di quel
tempo, agli istituti di cultura sovietici.
Per
ciò che riguarda la buona fede, per capire la sua sostanza è molto
significativa la polemica che aveva luogo intorno alla possibilità di diventare
proprietario per usucapione per l’affittuario o per un altro possessore che ha
preso il possesso della cosa con fondamento contrattuale.
La
deliberazione del Plenum del TSA FR del 25.02.1998 N° 8 “Su alcuni problemi
della pratica di decisione delle controversie relative alla difesa del diritto
di proprietà e degli altri diritti reali” ha negato tale possibilità. Però, il
vice-procuratore della città di San Pietroburgo A.V. Konovalov nella sua
monografia, la prima apparsa negli ultimi decenni in Russia sul possesso e
sulla difesa possessoria, ha criticato la delibera citata riferendosi alla sua
non conformità alla tradizione russa prerivoluzionaria di applicazione delle
norme dell’usucapione[66].
Qui vorremmo rilevare subito che nel diritto prerivoluzionario russo la buona
fede non era requisito necessario del possesso ad usucapionem, quindi la
ragione per la critica dell’interpretazione moderna di questo istituto dalle
posizioni della tradizione prerivoluzionaria necessita di per sé stessa di
argomentazione. Il requisito di buona fede per il possesso ad usucapionem
è novella del diritto russo civile che ha radici proprio nella tradizione
romanistica, ecco perché, evidentemente, sarebbe più logico in questo caso il
far appello non al diritto russo prerivoluzionario, ma piuttosto al diritto
romano.
Parlando
del caso quando i beni sono trasmessi dal proprietario in possesso titolare su
basi contrattuali (ad esempio, in affitto) e poi il possessore titolare viola
condizioni del contratto, dimostrando l’arbitraria intenzione di possedere in
seguito il bene come suo proprio, A.V. Konovalov fa l’argomentazione per la
possibilità di acquistare da quello ultimo il diritto di proprietà per
usucapione. Vista la particolare complicatezza del problema in esame ha senso
di citare completamente, senza tagli, l’argomentazione di A.V. Konovalov che
scrive: «Nonostante un certo difetto del possesso ad usucapione (ricevuta
all’inizio la cosa in possesso titolare, rifiutando di restituirla in seguito,
il possessore per usucapione si comporta all’inizio in mala fede), il possesso,
dopo il decorso della prescrizione giudiziale per la pretesa contrattuale del
proprietario di restituire la cosa, acquisisce il carattere in buona fede, e
quindi il carattere del possesso ad usucapione, siccome il possessore comprende
la mancata da parte del proprietario presa di misure di richiesta della cosa
come la mancata soggettiva intenzione, che sia ben manifestata, dell’ultimo di
possedere la cosa. Mettere la valutazione della bona fides del
possessore ad usucapione in dipendenza dal momento del decorso della
prescrizione giudiziale, ossia dal tempo, concesso al soggetto del diritto
violato per svolgere azioni effettive per la sua difesa, non dovrebbe creare
l’impressione che la priorità viene data al comportamento volitivo del
proprietario della cosa in discussione. Per qualificare il possesso come
possesso ad usucapione necessita l’elemento della buona fede proprio nel
comportamento del possessore effettivo, e non della persona autorizzata a
presentare querela di richiedere la cosa. Proprio a questo momento si dà la
precipua importanza nella valutazione della buona fede del possessore
contrattuale, impossessatosi del bene, passato a lui per contratto, - il
possessore effettivo al quale non è stata presentata l’azione durante la
prescrizione giudiziale, comincia a comprendere l’insufficiente interesse del
proprietario per la cosa per cui richiesta è decorsa la prescrizione
giudiziale. Chiedergli di dimostrare l’attività nel chiarire quali circostanze
ostacolano il proprietario di presentare l’azione, significherebbe presentare
le pretese più grandi al confronto del normale livello di cura e previdenza di
un bonus pater familias»[67].
Nella
riferita argomentazione di A.V. Konovalov in ciò che concerne il comportamento
del bonus pater familias, si intravvede l’appello al diritto
romano. Però in tutto il resto essa si trova in conflitto evidente con la
tradizione romanistica. In primo luogo, come è stato già detto sopra,
l’affittuario o un altro possessore che ha ricevuto il possesso al nome altrui
su base del contratto, di principio non può essere considerato di per sé stesso
“possessore ad usucapionem”, siccome non ha intenzione di possedere la
cosa “come sua propria” (pro suo). Impossessatosi della cosa,
l’affittuario, certo, diventa possessore autonomo, perché anche ladro possiede.
Ciononostante il possesso di mala fede non può diventare in seguito quello in
buona fede in virtù dell’atteggiamento soggettivo del possessore stesso verso
quel che avviene, siccome, come scriveva il giurista romano Giuliano «... causam
possessionis neminem sibi mutare posse»[68].
Sempre lo stesso diede il seguente commentario che riguarda direttamente la
situazione da noi esaminata: «... quod vulgo respondetur ipsum sibi causam
possessionis mutare non posse, totiens verum est, quotiens quis sciet se bona
fide non possidere et lucri faciendi causa inciperet possidere»[69].
Proprio a questa circostanza, trattandosi del caso in esame dell’appropriazione
del bene preso in affitto da parte dell’affittuario, hanno prestato attenzione
i romanisti italiani V. Arangio-Ruiz[70]
e M. Marrone[71],
notando che per trasformare l’affittuario o un altro detentore in possessore in
buona fede non si può fare a meno della dichiarazione di volontà del locatore,
la mancanza della quale rende impossibile tale metamorfosi. Una simile
opinione, basata sulla stessa argomentazione, ha formulato anche Ju.K. Tolstoj,
però non si sa perché solo nei riguardi dell’impossibilità dell’inizio del
corso dell’usucapione prima del decorso del termine della prescrizione
giudiziale per la richiesta di carattere del diritto delle obbligazioni[72].
E’
molto interessante notare anche il fatto che già i civilisti russi del periodo
prerivoluzionario valutavano criticamente quella tradizione dell’applicazione
delle norme dell’usucapione ai beni usurpati dall’affittuario o da un altro
detentore che si era formata per quel momento nella giurisprudenza e
sull’autorità della quale si richiama A.V. Konovalov. I.E. Engelman scriveva a
questo proposito: «Tutta l’assurdità e l’ingiustizia della nostra usucapione
sarà rivelata, se noi guardiamo come l’esempio riportato dovrebbe essere
risolto in conformità ai principi del diritto sviluppato. Secondo la logica
giuridica non si può inventare arbitrariamente di propria fantasia titoli di
possesso, lo può essere soltanto il fatto giuridico; non si può possedere, in
forma di proprietà, segretamente oppure possedere una cosa, ricevuta a
condizione. Il detentor con il solo decorso della condizione non diventa
possessore, ma per questo ci vuole un nuovo fatto giuridico. Se dopo il decorso
del termine accordato la cosa rimane dal detentor e viene usata in modo
prescritto dalla condizione, allora la più vicina è la supposizione di un
tacito rinnovamento del contratto per un tempo indefinito fino al momento di
richiesta, o per un anno e così via. L’usucapione di tale cosa da parte del detentor
è impossibile. Un’altra situazione, se la cosa passa all’erede o al successore
di diritti del detentor, i quali sono ignari che la cosa è altrui. Loro
possiedono in buona fede e a titolo legittimo, acquistando il diritto di
proprietà per usucapione»[73].
Il
diritto romano nel problema esaminato partiva dalla premessa che le
caratteristiche del possesso nel momento della presa del possesso formano uno
stato giuridico incrollabile ed esso non si cambia se avvengono le circostanze,
le quali, se fossero presenti nel momento della presa del possesso, non
avrebbero permesso di sorgere il dato stato giuridico. Nei “Digesti” di
Giustiniano troviamo la seguente indicazione: «Si eo tempore, quo mihi res
traditur, putem vendentis esse, deinde cognovero alienam esse, quia perseverat
per longum tempus capio»[74].
Questo significa che né il possesso in buona fede può arbitrariamente essere
trasformata in possesso in mala fede, né quello in mala fede in quello in buona
fede. Pensiamo che le considerazioni sopra riportate riguardano completamente
anche il diritto vigente russo. Un’interpretazione opposta delle relative norme
del CCFR renderebbe impossibile la promozione da parte del possessore in buona
fede dell’azione, che a lui spetta in conformità al p. 2 art. 234 del CCFR e
che è l’analogo russo dell’actio in rem Publiciana, dato che la
promozione di tale azione significherebbe il riconoscimento dal possessore
dell’illegittimità del proprio possesso, quindi della propria mala fede[75].
La
detta tesi è stata ribattuta da D.O. Tuzov col motivo che l’azione promossa in
conformità al p. 2 art. 234 del CCFR non è strumento della difesa petitoria, ma
della difesa possessoria e perciò non è legata alla buona fede. L’argomento di
prova della sua tesi era indicazione che la difesa del possesso ad
usucapionem non rappresenta difesa del diritto, ma del fatto[76].
Intanto p. 2. art. 234 CCFR conferisce il diritto solo al possessore in buona
fede di promuovere tale azione, perché proprio il possessore in buona fede è
quel possessore di cui la situazione giuridica prima dell’acquisto da lui del
diritto di proprietà sull’oggetto di possesso in virtù dell’usucapione viene
definita dall’articolo indicato. In primo luogo, lo testimonia il fatto che la
promozione della detta azione contro il proprietario o contro un’altra persona,
autorizzata a possedere la cosa contestata, non viene ammessa, cioè contro
questa azione si può obbiettare che il citato è possessore titolare, invece nel
processo possessorio i riferimenti all’autorizzazione del citato a possedere la
cosa non sono possibili di principio[77].
In secondo luogo, la formulazione stessa del detto articolo, che indica sulla
presenza del diritto di promuovere la relativa azione solo dalla persona che
dovrà diventare proprietario della cosa per usucapione. In terzo luogo, la
disposizione dei punti in esame nel limiti dell’articolo del CC sull’usucapione
con tutta evidenza mostra quale dei possessori è autorizzato a promuovere tale
azione. Lo può essere riconosciuto solo il possessore per usucapione , cioè chi
possiede il bene in buona fede e apertamente come suo proprio. E’ naturale che
il citato ha possibilità di rimuovere questa azione controbattendo la
presunzione della buona fede del possesso del querelante.
Tutto
quanto significa che nel p. 2 art. 234 del CCFR non si tratta della difesa
possessoria, simile a quella che nel diritto romano veniva concessa dagli
interdetti possessori, ma della difesa petitoria del possesso ad usucapionem.
Caratterizzando quest’ultimo i giuristi romano usavano il termine jus
possessionis, cioè diritto di possedere[78].
Tra l’altro anche V.M. Chvostov a cui si riferisce D.O. Tuzov, caratterizza il
possesso per usucapione, difesa dall’azione Publiciana, come diritto reale
relativo[79],
seguendo in questo senso H. Dernburg. Condivideva la stessa opinione un altro
civilista russo prerivoluzionario I.A. Pokrovskij[80].
Per
ora non si potrebbe dire ancora che tale punto di vista fosse condivisa
apertamente nella civilistica russa contemporanea, però una serie di indizi
conferma che per tale riconoscimento ci sono seri presupposti. Così, il
legislatore, parlando nel p. 3 art. 234 CCFR della possibilità di successione
nel possesso per usucapione, usa il termine “successione nei diritti”.
Dall’altra parte nella Delibera della Corte Costituzionale FR del 21.04.2003 su
causa del controllo di costituzionalità delle norme dei punti 1 e 2 art. 167
del CCFR promosso su ricorsi dei cittadini O.M. Mariničeva, A.V.
Nemirovskaja, Z.A. Sklianova, V.M. Širiaev si usa anche l’espressione «diritti
patrimoniali degli acquirenti in buona fede sorti su basi previste dalla
legge», mentre dal testo della delibera risulta chiaro che il proprietario
rimane lo stesso e, in questo modo, il diritto dell’acquirente in buona fede si
distingue dal diritto di proprietà. Comunque, in questo caso simile uso della
parola può avere solo interesse scientifico, dato che in conformità al p. 25
della Delibera del Plenum del TSA FR del 25.02.1998 N° 8 nel caso di respinta
dell’azione diretta alla richiesta della cosa dal suo acquirente in buona fede,
nel caso se il diritto di proprietà su tale cosa deve passare la registrazione
pubblica, la sentenza del tribunale serve da motivo per registrazione del
passaggio del diritto di proprietà all’acquirente.
E’
interessante anche come viene caratterizzato lo status dell’acquirente in buona
fede “per usucapione” nella letteratura di studio e nei commentari. Così A.P.
Sergeev scrive che «nel diritto russo è assente diritto speciale di possesso,
ma c’è solo competenza giuridica di possesso, che entra come componente nei
diversi diritti soggettivi»[81].
E lo stesso autore nota: «L’unica eccezione in questo senso rappresenta, come
si diceva sopra, l’azione dell’acquirente per usucapione del bene che non si
appoggia su un diritto concreto soggettivo ed è diretto alla difesa del
possesso effettivo come tale»[82].
Ciononostante lo stesso autore scriveva un po’ prima che questa azione non
difende tutti i tipi di possesso, ma solo quello qualificato per usucapione[83].
Però, appunto per questa ragione Ju.K. Tolstoj qualificava la data azione non
come analoga al interdetto romano pretorio, ma come quella analoga all’actio
in rem Publiciana. Intanto nella romanistica russa l’actio in rem
Publiciana per tradizione non viene riferita ai mezzi della difesa
possessoria, ma a quelli della difesa petitoria[84].
Se vogliamo ricordare che oltre alla difesa del possesso all’usucapione (in
buona fede) va legata anche la possibilità di appropriazione dei redditi sorti
dalla cosa (art. 303 del CCFR) e se facciamo attenzione alla tradizione di
percepire il possesso per usucapione nella giurisprudenza europea, cominciando
dai giuristi romani e arrivando ai civilisti prerivoluzionari russi, allora
dovremmo riconoscere che l’assimilazione dal legislatore russo del modello
romanistico di usucapione, che presuppone la buona fede, fa credere che il
possessore per usucapione possiede un diritto speciale nei riguardi della cosa
altrui che si trova in suo possesso.
Quanto
alla difesa possessoria, essa rappresenta non solo la difesa di un determinato
e qualificato bene, nel nostro caso, per usucapione, ma di qualsiasi tipo di
possesso, ossia non solo del possesso per usucapione del possessore illegale e
in buona fede, ma anche, da una parte, del possesso del proprietario e di altro
possessore legale, e dall’altra parte, del possesso che sia quello illegale e
in mala fede, ivi compreso il possesso acquistato in modo violento e arbitrario[85].
Lo scopo della difesa possessoria consiste nel troncare l’illecito arbitrio e
nel trasferire tutti i conflitti patrimoniali nel campo del processo petitorio,
cioè della controversia sul diritto[86].
La difesa possessoria si concede indipendentemente dal fatto, se una delle
parti in causa possiede o non possiede il diritto di proprietà. In questo senso
non si può affermare che nel diritto civile russo vigente esiste la difesa
possessoria come un istituto completo, anche se esistano singoli elementi di
tale difesa che si riferisce a determinati oggetti di possesso. Così, per
esempio, si potrebbe essere considerata come analogo dell’interdetto romano
possessorio la possibilità di sfratto dall’abitazione, che appartiene al fondo
abitativo statale o municipale, se occupato arbitrariamente. Tale sfratto è
previsto all’art. 90 del vigente Codice delle abitazioni della RSFSR[87]
e va compiuto in ordine amministrativo su sanzione del procuratore. Com’è noto,
Tutto
sommato, lo stesso I.A. Pokrovskij disse giustamente che «... in ogni società
civilizzata la distribuzione effettiva delle cose, come tale, il possesso in
senso descritto, gode la difesa contro ogni violenza e ogni attentato da parte
dei privati»[89].
Da questo punto di vista lo stesso monopolio statale sull’uso della violenza,
nonché sugli istituti di tutela dell’ordine pubblico, esistente in questa o
quella società, dovrebbe sottintendere la presenza della difesa possessoria,
essendo fenomeno legato alla difesa generale dell’ordine pubblico, mentre
Tornando
alla discussione intorno all’argomentazione di A.V. Konovalov
sull’appropriazione della cosa da parte dell’affittuario, si deve riconoscere
tanto meno corretto il suo riferimento al livello ordinario di premurosità del bonus
pater familias, che sembra sufficiente per riconoscere il possesso in buona
fede. B.B. Čerepachin osserva giustamente che nel momento
dell’appropriarsi della cosa l’acquirente secondo le norme generali deve essere
massimamente accorto, siccome proprio il carattere dell’acquisto del possesso
definisce le sue conseguenze giuridiche[91].
Anche
K.I. Sklovskij è arrivato alle conclusioni analoghe sui problemi esaminati
sopra[92].
Però, la sua opinione è stata criticata dal quel punto di vista che essa
sembrasse non corrispondere ai fini dell’usucapione, mentre la possibilità di
trasformare arbitrariamente il possesso iniziato in mala fede in quello in
buona fede e viceversa, dovrebbe corrispondere ai detti fini[93].
A questo punto bisogna notare che qualsiasi interpretazione delle norme
legislative deve essere verificata dal punto di vista della sua corrispondenza
al senso delle norme interpretate, ad esse attribuito dal legislatore, e non ai
fini di qualche istituto compresi da questo o quell’interprete. L’aforisma
latina, tanto popolare tra i giuristi, Dura lex, sed lex, tra l’altro
significa anche che la legge non deve essere interpretata in quel modo che
sembra opportuno, ammissibile, giusto, conforme ai principi di comprensione del
diritto ecc. a questo o quell’interprete. La concezione del “diritto vivo”, che
prevede molteplicità dei sensi delle stesse norme e la libertà, per chi le
applica, di sceglierne quel senso che a suo avviso sia più conveniente per il
dato caso in virtù della giustizia e opportunità, è praticamente lo stesso che
il vero arbitrio. Questa concezione fu giustamente sottomessa alla severa
critica ancora da I.A. Pokrovskij[94].
Se nella legge vigente c’è qualcosa che suscita obiezioni, non si deve
cambiarne l’interpretazione, ma bisogna cambiare o annullare, adoperando i
relativi meccanismi della legislazione. Altrimenti al posto di un chiaro e
fissato dal Codice sistema di concezioni e costruzioni legate tra di esse in
modo logico, in breve tempo avremo un ammassamento caotico di eterogenee
interpretazioni di immediato carattere prammatico che si contraddicono
reciprocamente nelle loro premesse teoriche iniziali.
Si
deve riconoscere così che il tentativo di argomentare la possibilità di
acquistare la cosa in proprietà per usucapione da parte di un affittuario o di
un’altra persona, che ha iniziato a possedere la cosa in basi contrattuali e si
è appropriato di essa, non è adeguato al contenuto delle norme dell’art. 234
CCFR e porta all’annullamento di molti requisiti importanti dell’usucapione,
percepiti dal legislatore russo dal diritto romano. L’identità dei tratti
principali di questo istituto nel diritto romano e nel diritto civile della
Russia moderna presuppone anche lo stesso campo di applicazione
dell’usucapione. Il detto campo può essere ridotto oppure allargato in
conseguenza delle deliberazioni speciali della legge relative a certi oggetti o
certi modi di appropriarsi della cosa. Ciononostante, ad ogni caso, l’usucapione
in quella forma come fu costruita dalla giurisprudenza romana può essere
applicata per acquisire in proprietà le cose, il possesso delle quali è stato
ricevuto in virtù del negozio nullo (titulus putativus) prima di tutto
dall’alienante non autorizzato, nonché di certe categorie delle cose
abbandonate (pro derelicto). In questa direzione si sviluppa anche
l’attività giudiziaria, per quanto si può vedere dal p. 17 della Delibera del
Plenum del TSA FR del 25.02.1998 N° 8, che indica che il diritto di proprietà
in virtù dell’usucapione può essere acquisito tanto sui beni di nessuno, quanto
sui beni appartenenti col diritto di proprietà a un’altra persona. E’ evidente
che quegli ultimi possono essere acquisiti per usucapione solo dall’acquirente
in buona fede che ha ricevuto il possesso della cosa in virtù del negozio
nullo, di cui invalidità nel momento di compirlo l’acquirente non sapeva e non
poteva sapere.
Però,
il mancato riconoscimento di tutte le circostanze indicate, prese al completo,
ha delle sensibili conseguenze negative. Così, il p. 21 della Delibera del
Plenum del TSA FR del 25.02.1998 N° 8 riconosce e
[1] Šeršenevič G.F., Manuale del diritto civile russo
(edizione del 1907), Mosca 1995, 150 [Шершеневич Г.Ф. Учебник русского гражданского права. (по изд.1907 г.). М.,
[2] Pokrovskij I.A., L’organizzazione auspicabile del diritto civile nello studio e
nell’insegnamento, Kiev 1986, 15. [Покровский
И. А.
Желательная
постановка
гражданского
права в
изучении и
преподавании.
Киев.
[3] Enghelman I.E., Sull’usucapione secondo il diritto civile russo (edizione San
Pietroburgo 1900), Mosca 2003, 111. [Энгельман И.
Е. О давности
по русскому
гражданскому
праву. М., 2003. ( По изд. - Спб.,1900). C. 111.].
[5] Come una piacevole eccezione in questo senso si potrebbero citare i lavori
di B.B. Čerepachin, il quale nemmeno nel periodo staliniano non si faceva
dei problemi nel far riferimenti diretti ai testi dei civilisti romani a
sostegno della propria posizione. – Vedi, per es.: Čerepachin B.B., Acquisto del diritto di proprietà
per usucapione, in Sovietskoje gosudarstvo i pravo 4, 1940, 51-61 [Черепахин Б.Б. Приобретение права собственности по давности владения // Советское государство и право. 1940. №
[6]. Lisačenko
A.V., Usucapione nel diritto civile russo, in Civilističeskije
zapiski. Raccolta interuniversitaria di studi scientifici, Мosca 2001, 280
[Лисаченко
А.В.
Приобретательная
давность в
российском
гражданском
праве //
Цивилистические
записки.
Межвузовский
сборник
научных
трудов. М.,
[7] Vedi, per es.: Karlova N.V. , Micheeva L.Ju., L’usucapione e le regole d’utilizzo, Мosca 2002.
[Карлова Н.В.,
Михеева Л.Ю.
Приобретательная
давность и
правила ее
применения.
М., 2002].
[8] Žilinskij A., Rëricht A., Introduzione al diritto tedesco, Mosca 2001, 408
[Жилинский А.,
Рёрихт А.,
Введение в
немецкое
право. М.,
[10] Suchanov E.A., Prefazione all’edizione di: Digesti di Giustiniano, Trad. dal
latino. T.I. / Redattore resp. L.L. Kofanov, Mosca 2002, 9 [Суханов Е.А. Предисловие к изданию: Дигесты Юстиниана / Перевод с латинского. Т.I. / Отв. ред. Л.Л.Кофанов. М., 2002. 9].
[11] Suchanov E.A., Kofanov L.L., L’influenza del diritto romano nel nuovo
Codice Civile della Federazione Russa, in Ius Antiquum-Drevnee pravo
4, 1999, 13 [ Суханов Е.А., Кофанов Л.Л. Влияние римского права на новый Гражданский кодекс Российской Федерации // Древнее право. № 4. М.,
[12] Tolstoj Ju.K., Prefazione al libro: Konovalov A.V., Il
possesso e la tutela possessoria nel diritto civile, San Pietroburgo 2001,
6 [Толстой Ю.К. Предисловие к книге: Коновалов А.В. Владение и владельческая защита в гражданском праве. Спб., 2001. С. 6].
[13] A.P. Sergeev, Ju. Tolstoj (a cura di), Diritto civile. Manuale, Mosca 1997, 344
[Гражданское
право.
Учебник. / Под
ред. А.П. Сергеева,
Ю.К.Толстого.
Ч. 1. М. 1997. С. 344].
[15] Vedi, per es.: Baron Ju., Il sistema del diritto civile romano. Libro
II. Diritti reali, Trad. rus., Mosca 1898, 73 [Барон Ю. Система римского гражданского права. Кн. II.
Вещное право.
М. 1898. С. 73]; Санфилиппо
Ч., Курс
римского
частного
права, Мosca 2000, С. 178.
[16] Tolstoj Ju.K., Usucapione, in Pravovedenie, 1992, N° 3, 26 [Толстой Ю.К.
Приобретательная
давность // Правоведение.
1992. № 3. С. 26]; Čerepachin B.B., Acquisto del diritto di proprietà per usucapione, in Sovietskoje gosudarstvo i pravo, 1940, № 4, 59 [Черепахин
Б.Б.
Приобретение
права
собственности
по давности
владения //
Советское
государство
и право. 1940. № 4. С. 59].
[17] Come nota C. Sanfilippo, nel diritto
giustinianeo la longi temporis praescriptio in sostanza non e la prescrizione
acquisitiva, ma risolutiva, perche essa fa l'effetto indirettamente,
trasformando la posizione del acquistatore in buona fede nel diritto di
proprietà per causa della scadenza della vindicatio (Sanfilippo C., Op. cit., 178 nt.
2 [Санфилиппо Ч. Ук. соч., С. 178. Прим. 2]). Si deve notare, che l'interruzione
della prescrizione per causa della vindicatio intentata contro il
possessore non era applicabile all'usucapione del periodo classico, a
differenza della longi temporis praescriptio postclassica: Baron Ju., Il sistema del diritto
civile romano, cit., 73 [Барон Ю. Система римского гражданского права...С. 73].
[18] Tolstoj Ju.K., Usucapione, 26 [Толстой Ю.К. Приобретательная давность...С. 26]; Čerepachin B.B., Acquisto del diritto
di proprietà per usucapione, 59 [Черепахин Б.Б. Приобретение права собственности по давности владения.С. 59].
[19] Tolstoj Ju.K., Prefazione all’edizione: Codice Civile della Federazione Russa.
Parte I, compilato da A.V. Smirnov, San Pietroburgo 1994, 28 [Толстой Ю.К. Предисловие к изданию: Гражданский кодекс Российской Федерации. Ч.I. / Сост. А.В.Смирнов. Спб., 1994. С. 28].
[21] Diritto civile. Manuale, a cura di A.P. Sergeev, Ju. Tolstoj, Mosca 1997, 344
[Гражданское
право.
Учебник. / Под
ред. А.П. Сергеева,
Ю.К. Толстого.
Ч. 1. М.1997. С. 344]. Сf.: Tolstoj. Ju.K., Rapporto della prescrizione giudiziale e quella acquisitiva, in Pravovedenie 6, 1993, 48
[Толстой Ю.К.
Соотношение
исковой и
приобретательной
давности //
Правоведение.
1993. №6. С. 48].
[22] Baron Ju., Op.cit., 72 [Барон
Ю. Ук. соч....С. 72].
[23] Codice Civile della Federazione Russa. Parte I. Commentario pratico-scientifico, red. resp. T.E.
Abova-A.Ju. Kabalkin, Istituto dello stato e del diritto Ac. sc. Russa, Mosca 1996, 387
[Гражданский
кодекс РФ. Ч.I.
Научно-практический
комментарий.
// Отв. ред.Т.Е.Абова,
А.Ю.Кабалкин. /
Институт
государства
и права РАН. М.,
1996. С.387]. Questo punto di vista condivide anche A.V. Lisačenko, Op.cit.,
294.
[24] Ibidem.
[25] Codice Civile della Federazione Russa. Parte I. Commentario pratico-scientifico, 386.
[26] D.41.2.3.11: Saltus hibernos aestivosque
animo possidemus, quamvis certis temporibus eos relinquamus.
[27] Confrontare: D.41.2.3.11: non est enim
corpore et tactu necesse adprehendere possessionem, sed etiam oculis et affectu
argomento esse eas res, quae propter magnitudinem ponderis moveri non possunt,
ut columnas, nam pro traditis eas haberi, si in re presenti consenserint.
[28] Sanfilippo C., Op.cit., 187.
[29] Più dettagliatamente v.: Rudokvas A.D., Ambito di applicazione
dell’usucapio nel diritto romano e nel diritto civile contemporaneo
della Russia, in Jus Antiquum. Drevnee pravo 1 (8), 144-163
[Рудоквас А.Д.
Сфера
применения
института
приобретательной
давности (usucapio) в римском
праве и
гражданском
праве России
// Jus Antiquum.
Древнее
право.№ 1(8). С.144 - 163].
[30] D.41.2.12.1, Ulp. 70 ad ed.
[31] C.11.59(58).8: Impp.Valentinianis, Theodosius et Arcadius AAA. Tatiano P.P. Qui agros domino cessante desertos vel longe positos vel in finitimis ad privatum pariter publicumque compendium excolere festinat, voluntati suae nostrum noverit adesse responsum; ita tamen, ut, si vacanti ac destituto solo novus cultor insederit, ac vetus dominus intra biennium eadem ad suum jus voluerit revocare, restitutis primitus, quae expensa constiterit, facultatem loci proprii consequatur. Nam si biennii fuerit tempus emensum, omni
possessionis et dominii carebit jure, qui siluit.
[32] Baron Ju., Op. cit., 10; D.41.2.17.pr.: Si
quis vi de possessione deiectus sit, perinde haberi debet ac si possideret, cum
interdicto de vi reciperandae possessionis facultatem habeat.
[33] D.41.2.3.5: idem Trebatius probabat
existimans posse alium juste, alium injuste possidere.
[34] Codice Civile della Federazione Russa. P.I. Commentario pratico-scientifico, red. resp. T.E. Abova-A.Ju.
Kabalkin, Istituto dello stato e del diritto dell’Acc. sc. della Russia, Mosca
1996, 388. [Гражданский
кодекс РФ. Ч.I.
Научно-практический
комментарий.
// Отв. ред.Т.Е.Абова,
А.Ю.Кабалкин.
/Институт
государства
и права РАН. М.,
1996. С.388].
[35] Diritto civile. Manuale, red. resp. E.A.
Suchanov., T. I, Mosca 1998, 499 [Гражданское право. Учебник. / Отв.ред. Е.А. Суханов. Т.1. М., 1998. С. 499].
[36] Bogdanov E., La categoria della “buona fede” nel diritto civile, in Rossijskaja
justicija 9, 1999, 12 ss. [Богданов Е.
Категория
“добросовестности”
в гражданском
праве //
Российская
юстиция. 1999. № 9. С. 12
сл.].
[37] Diritto civile. Manuale., red. resp. E.A. Suchanov, T. I., 474.
[38] D.41.3.31: Numquam in usucapionibus juris error possessori prodest.
[39] Vitrijanskij V., La difesa del diritto di proprietà, Zakon 1995, N°11, 117 [
Витрянский В.
Зашита права собственности
// Закон. 1995. №
[40] Cf.: D.41.7.Jul.: Si quis merces ex nave jactatas invenisset, num ideo usucapire non possit, quia non viderentur derelictae, quaeritur, sed verius est eum pro derelicto usucapire non posse.
[41] Sarbaš S., Le questioni della prescrizione giudiziaria, in Chozjajstvo i pravo 4, 2000, 24-25 [Сарбаш
С. Вопросы
исковой
давности //
Хозяйство и
право. 2000. № 4. С. 24 - 25]. Argomentazione teorica di questa posizione vedi, per es., Kirillova M.Ja., Prescrizione
giudiziaria, Mosca 1966, 88 [Кириллова М.Я. Исковая давность. М., 1966. С. 88].
[42] Più dettagliatamente v.: Rudokvas A.D., Ambito di applicazione
dell’usucapio nel diritto romano e nel diritto civile contemporaneo
della Russia, 144-163.
[43] Dernburg G., Pandette, Trad. rus., San Pietroburgo 1905, T. I., Parte 2. Diritto
reale, 143 nt. 4. [Дернбург Г. Пандекты. Спб., 1905. Т.I. Ч.2. Вещное право. С. 143. Прим. 4].
[44] Diritto civile. Manuale, T. I, red. resp.
E.A. Suchanov, 2a ed., Mosca 1998, 616 nt. 1.
[45] Ibidem.
[46] Come tribunali del Arbitrato si chiamano in Russia
i tribunali statali commerciali, che non hanno nessun comune con gli Tribunali
del Arbitrato nel senso proprio.
[47] Commentario al Codice Civile della Federazione Russa, parte prima, red. resp. T.A. Abova-A.Ju.
Kabalkin, Istituto dello stato e del diritto dell’Accademia di scienze della
Russia, Mosca 2003, 235 [Комментарий к Гражданскому кодексу Российской Федерации, части первой // Под ред. Т.Е.Абовой,
А.Ю.Кабалкина.
/ Институт
государства
и права РАН. М.,
2003. С. 535].
[48] Di questo, riferendosi alle ragioni di interesse pratico scriveva B.B. Čerepachin: Čerepachin B.B., Acquisto del diritto di proprietà per l’usucapione, 59
[Черепахин
Б.Б.
Приобретение
права собственности
по давности
владения...С. 59]; condivideva la sua opinione Ju.K. Tolstoj, V.: Rapporto dela prescrizione giudiziale e quella acquisitiva , in Pravovedenie 6, 1993, 48
[Толстой Ю.К.
Соотношение
исковой и
приобретательной
давности //
Правоведение.
1993. №6. С. 48]; Id., Prescrizione nel Codice Civile
della Federazione Russa, in Pravovedenie 1, 1995, 24. [Давность
в
Гражданском
кодексе
Российской
Федерации //
Правоведение.
1995. №1. С. 24]. Cf.: Diritto civile. Manuale, a cura di A.P. Sergeev-Ju.K.Tolstoj, Parte I, Mosca 1997, 345
[Гражданское
право.
Учебник. / Под
ред. А.П. Сергеева,
Ю.К. Толстого.
Ч. 1. М. 1997. С. 345].
[49] Tolstoj Jou.K., Rapporto della prescrizione giudiziale e quella acquisitiva, 48.
[50] Sinajskij V.I., Il diritto civile russo, Mosca 2002, 222-223 [Синайский В.И. Русское гражданское право. М., 2002. С. 222-223].
[51] Ibidem 223.
[52] Il diritto civile. Manuale, T. I., 2a ed. a cura di E.A. Suchanov, Mosca 1998, 616 nt. 1 [Гражданское право. Учебник. Т.1. 2-е
изд. / Отв. ред.
Е.А. Суханов. М.,
1998. С. 616. Прим.1].
[53] Bernheft F., Koler I., Il diritto civile della Germania, Trad. rus., San Pietroburgo 1910, 124
[Бернгефт
Ф.,Колер И.
Гражданское
право Германии.
СПб.,1910. С. 124].
[54] Diritto civile. Manuale, a cura di A.P.
Sergeev-Ju.K.Tolstoj, Parte I, Mosca 1997, 328 [Гражданское право. Учебник. / Под
ред. А.П.
Сергеева, Ю.К.
Толстого. Ч. 1. М.1997. С. 328].
[55] Chvostov V.M., Sistema del diritto romano, (dall’ed.del 1907), Mosca 1996, 278
ss. [Хвостов
В.М. Система
римского
права. (по изд. 1907
г.) М.,1996. С. 278 сл.]; Pokrovskij I.A., Storia del diritto
romano, (dall’ed. del 1917), San Pietroburgo 1998, 350 ss. [Покровский
И.А. История
римского
права. (по изд.
1917 г.). Спб., 1998. С. 350 сл.].
[56] V., ad es., Masievitch
M. G., Le cause del acquisto in proprietà delle cose di nessuno,
in Problemi del diritto civile odierno. Raccolta degli articoli, Mosca 2000, 185
[Масевич М.Г.
Основания
приобретения
права
собственности
на
бесхозяйные
вещи // Проблемы
современного
гражданского
права. Сб. ст. М.,
2000. С. 185].
[57] Scerscenevitch G.F., Manuale del diritto civile russo, 188
[Шершеневич
Г.Ф. Учебник
русского
гражданского
права. С. 188].
[58] Ibidem. Cf. Meyer D.I., Il diritto civile russo,
Parte 2, Mosca 1997 (ristampa dell’edizione 1902), 71. [Мейер
Д.И. Русское
гражданское
право. Ч.2 . М., 1997. (По
изд. 1902 г.). С. 71].
[59] Cf.: D.41.2.18.pr.: Quod meo nomine
possiedo, possum alieno nomine possedere: nec enim muto mihi causam
possessionis, sed desino possedere et alium possessorem ministerio meo facio.
[60] D.41.2.30.6.
[61] Karlova N.V., Mikheeva L.Jou, L’usucapione e le regole d’utilizzo,
28 [Карлова Н.В., Михеева Л.Ю. Приобретательная давность и правила её применения. Практическое пособие. М., 2002. С. 28]; Diritto civile.
Manuale, a cura di A.P. Sergeev-Ju. K. Tolstoj, Parte 1, Mosca 1997, 344
[Гражданское
право.
Учебник. / Под
ред. А.П.
Сергеева, Ю.К.
Толстого. Ч. 1. М.
1997. С. 344].
[62] V., ad es., Karlova N.V., Mikheeva L.Jou., Op. cit., 28.
Лисаченко
А.В. Ук. соч., С. 287.
[63] Punto 7 della Deliberazione della Corte Costituzionale
della FR del 20 luglio 1999 N°12-P “Sulla causa di esame della
costituzionalità della Legge Federale del 15 aprile
[64] D.41.2.6.
[65] D.41.2.40.2.
[66] Konovalov A.V., Il possesso e la difesa possessoria nel diritto civile, San Pietroburgo 2001, 41 nt. 48 [Коновалов
А.В. Владение
и
владельческая
защита в
гражданском
праве. Спб., 2001. С. 41. Прим. 48].
[67] Konovalov A.V., Il possesso e la difesa possessoria, 40-41.
[68] D.41.5.1.
[69] D.41.3.33.
[70] Arangio-Ruiz V., Istituzioni di Diritto Romano, 14a ed., Napoli 1981, 273.
[71] Marrone M., Istituzioni di diritto romano, Vol. 3, Palermo 1987, 538-539.
[72] Tolstoj Jou.K., Prescrizione nel Codice civile, 23.
[73] Engelman I.E., Sull’usucapione ,290.
[74] D.41.1.48.1.
[75] Che tale azione è analogo russo del romano actio
in rem Publiciana, siccome sia questa, sia quella azione si basano sulla
finzione dell’usucapione decorsa, giustamente indica Ju.K.Tolstoj in: Usucapione nel Codice civile, 23.
[76] Tuzov D.O., Sulla questione dell’acquisto del diritto di proprietà dall’alienante
non autorizzato, in Legislazione civile della Repubblica del Kazakistan,
N.15. Almaty 2003, 124
[Тузов Д.О. К
вопросу об
основании
приобретения
права
собственности
от
неуправомоченного
отчуждателя
//
Гражданское
законодательство
Республики
Казахстан. Вып.15. Алматы. 2003. С. 124].
[78] D.41.2.44.pr.: jus possessionis ei qui
condidisset non videri peremptum nec infirmitatem mempriae damnum adferre
possessionis quam alius non invasit; D.41.2.49: quia possessio non
tantum corporis, sed et juris est. In questo titolo dei “Digesti” si tratta
dell’interruzione del possesso per usucapione.
[79] Chvostov V.M., Sistema del diritto romano, cit., 298.
[84] Novitckij I.B., Diritto romano, 4a ed., Mosca 1993, 86 [Новицкий И.Б. Римское право. 4 издю М., 1993. С. 86].
[86] D.41.2.35: Exitus controversiae
possessionis hic est tantum, ut prius pronuntiet iudex, uter possideat: ita
enim fiet, ut is, qui victus est de possessione, petitoris partibus fungatur et
tunc de dominio quaeratur.