Salvatore Riccobono nell’Università di Sassari*
sommario: - 1. Breve nota biografica. – 2. Professore
dell'Università di Sassari. – 3. La produzione scientifica degli anni 1897-1898.
Nell'anno accademico 1896/97 la cattedra di Diritto romano della
Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Sassari venne attribuita al
professor Salvatore Riccobono, il cui apporto agli studi romanistici è stato
paragonato dal Sanfilippo «solo a quello di quei pochi che hanno impresso una
svolta decisiva alla evoluzione della Scienza: a quello di un Cartesio, di un
Galileo, di un Volta, le cui scoperte non sono certo citate, ma presupposte in
ogni moderna indagine di filosofia, di astronomia, di fisica»[1].
Salvatore Riccobono era nato a San Giuseppe Jato il 31 gennaio
1864[2].
Frequentò i corsi di ginnasio inferiore e superiore al Seminario di Monreale e
si laureò in giurisprudenza nell'Università di Palermo nel 1889, discutendo una
tesi di diritto romano sull’istituto del possesso. Dopo aver conseguito la
laurea, seguì i suggerimenti del prof. Giuseppe Gugino, che fu suo docente di
diritto romano, si recò in Germania al fine di perfezionare gli studi
giuridici. Rimase in Germania per quattro anni, fino al 1893, dove frequentò i
corsi tenuti da prestigiosi Maestri (Ernst Eck, Heinrich Dernburg, Lewin
Goldschmidt, Alfred Pernice, Otto Lenel, Otto Gradewitz, Bernard Windscheid)
nelle Università di Monaco di Baviera, Lipsia, Berlino, Strasburgo. Il
soggiorno ininterrotto di quattro anni in Germania, in un «clima culturale
particolarmente stimolante confermò la convinzione che l'indirizzo storico era,
per gli studi del diritto romano, l'unico che aveva ormai significato, ne
intravide le prospettive e ne assorbì i metodi, e al contempo consolidò la
propria formazione giuridica»[3].
Al suo ritorno in Italia seguì il grande Vittorio Scialoja e si
perfezionò nella sua scuola di esegesi[4].
Negli anni 1893-1895 furono pubblicati i Suoi primi lavori scientifici[5]
nei quali «indicò subito le linee fondamentali d'un metodo di ricerca –
espressione ed ulteriore sviluppo di quelli appresi dai suoi Maestri – che
avrebbe dato immediatamente risultati di estremo interesse e aperto più tardi
prospettive del tutto impreviste»[6].
Nel 1895 Salvatore Riccobono conseguì la libera docenza
nell’Università di Parma e, successivamente, divenne professore nell’Università
di Camerino (1895-1896). Dal febbraio 1897 fu professore ordinario
nell’Università di Sassari e, nell’ottobre dello stesso anno, si trasferì
nell’Università di Palermo dove insegnò Istituzioni di Diritto Romano fino
1931. Fu Rettore dell’Ateneo palermitano negli anni 1908–1911 e ricoprì la
carica di Preside della Facoltà di Giurisprudenza dal 1921 al 1931. Sempre a
Palermo, il Riccobono fu promotore della creazione del «Seminario Giuridico» ed
inoltre, nel 1912, fondò gli «Annali del Seminario Giuridico dell'Università di
Palermo»[7].
Durante gli anni della Sua lunga permanenza palermitana fu
invitato a tenere un corso di conferenze presso Università di Londra nonché una
lezione nell’Università di Oxford, dove gli venne conferito il titolo di Doctor honoris causa of Civil Law
(maggio 1924); oltre a ciò, nell’anno scolastico 1928-29, su invito della Catholic University of America, tenne un
corso di lezioni di Esegesi a Washington, venne nominato Magister ad vitam e in suo onore venne fondato il ‘Riccobono
Seminar of Roman Law’[8].
Nel 1932 fu chiamato nell’Università di Roma “La Sapienza”, dove
venne istituita per Lui, nella Facoltà di Giurisprudenza, la cattedra di
Esegesi delle fonti di diritto romano; dall’anno successivo, in seguito alla
scomparsa di Pietro Bonfante, gli venne attribuita la cattedra di Diritto
romano. Nel 1934 divenne segretario perpetuo del Bullettino dell'Istituto di
Diritto Romano fondato nel 1888 dal Suo Maestro Vittorio Scialoja[9].
In seguito all’approvazione della legge che ridusse a 70 anni il
limite di età per l'insegnamento dei professori universitari, Salvatore Riccobono
fu collocato a riposo nel 1935[10].
Dopo poco tempo fu nominato professore emerito nell'Università di Roma e
continuò ad insegnare diritto romano nel Pontificio Ateneo Lateranense[11]
sino alla fine del 1955. La sua attività scientifica si interruppe[12]
solo qualche anno prima della morte avvenuta a Roma il 5 aprile 1958.
Salvatore Riccobono venne nominato, con Decreto Reale del 21
gennaio 1897, in seguito a concorso, Professore ordinario di diritto romano nella
R. Università di Sassari e prese immediatamente servizio dal primo febbraio
dello stesso anno[13].
Il concorso per un posto di ordinario alla cattedra di diritto
romano si era ormai concluso il 23 ottobre 1896[14]. La commissione
esaminatrice, presieduta dal prof. Filippo Serafini e composta dai professori
Giuseppe Brini, Muzio Pampaloni, Carlo Fadda e Contardo Ferrini, attribuì il
primo posto al prof. Gino Segrè (già professore ordinario di pandette
all’Università di Cagliari) e il secondo posto, ex aequo, ai professori straordinari Emilio Costa e Salvatore
Riccobono, i quali vennero «riconosciuti pienamente meritevoli di essere
nominati in qualità di ordinari»[15]. La
Commissione, inoltre, stabilì che nella «prevedibile ipotesi» di rifiuto
dell’incarico da parte del prof. Segrè, venisse «chiamato ad occupare la
cattedra uno dei due concorrenti collocati ex
aequo»[16].
Dalla lettura della Relazione della commissione esaminatrice
emerge chiaramente l'altissimo valore del candidato Salvatore Riccobono nonché
della Sua produzione scientifica «in cui predomina la critica delle fonti e
l'esegesi, per cui l'autore ha molta attitudine e ottima preparazione, alla
quale hanno contribuito gli studi da lui fatti sotto la guida dei principali
maestri in Germania»[17].
L'ottimo giudizio espresso dalla commissione esaminatrice si conclude con
l'affermazione che «niuno può negare che in pochi anni il Riccobono siasi
acquistato un posto distinto nella scuola italiana e che si abbia ogni ragione
a molto sperare dal suo ingegno acuto, dalla sua coltura, dalla sua grande
attività»[18].
Nella R. Università di Sassari, Salvatore Riccobono venne
chiamato a ricoprire la cattedra di Diritto Romano rimasta priva di titolare in
seguito alla scomparsa del prof. Salvatore Virdis Prosperi avvenuta nel 1895[19].
Dall'analisi dei Registri delle deliberazioni della Facoltà di
Giurisprudenza della R. Università di Sassari emergono alcune tracce del
brevissimo periodo di permanenza del Riccobono nell'Ateneo turritano. Nella
Seduta del 12 marzo 1897 il Riccobono, «testè giunto in questa Università»[20],
venne designato a leggere il discorso inaugurale degli Studi al principio del
nuovo anno scolastico 1897/98. Nella Deliberazione
del 21 giugno 1897, invece, si legge che il Ministro della P. Istruzione,
con partecipazione del 26 maggio 1897, comunicò al preside della Facoltà di
Giurisprudenza il trasferimento, disposto per l'anno scolastico successivo, del
prof. Riccobono, che ne aveva fatto richiesta, alla Facoltà Giuridica di
Palermo in qualità di professore straordinario di Istituzioni di diritto
romano. Il vivo dispiacere per il trasferimento del prof. Riccobono, espresso
dal preside della Facoltà Giuridica di Sassari, al contempo viene accompagnato
dal compiacimento «col suddetto professore, che, riavvicinandosi alla sua terra
natale, raggiunge certamente un bello ideale»[21].
Appare alquanto significativo il fatto che, nella stessa seduta del 21 giugno 1897, il
Riccobono venga invitato a tracciare la carriera scientifica di Carlo Arnò,
libero docente di Diritto romano nell'Università di Torino, il quale aveva
presentato richiesta per «l'incarico dell'insegnamento che resterà vacante col
trasferimento del Prof. Riccobono»[22]. Nel
profilo scientifico, delineato dal Riccobono, si evidenzia «come gli studi di
perfezionamento fatti dal candidato nelle Università del Regno e della Germania
diano già una ben rilevante garanzia della seria preparazione dell’Arnò negli
studi del diritto romano, che d’altronde si rivela nei lavori che ha dato alla
luce nell’ultimo triennio»[23] e da
ciò ne consegue accoglimento all’unanimità da
parte della Facoltà della domanda avanzata dall’Arnò, al quale verrà
affidato l’incarico di diritto romano per l’anno scolastico 1897 – 1898[24].
L’imponente produzione scientifica di Salvatore Riccobono, che fu
ininterrotta a far data dal 1893 fino al 1956, anno in cui furono pubblicati i
Suoi ultimi scritti romanistici, è talmente vasta e corposa da non poter essere
trattata in maniera adeguata in questo breve scritto. Mi limiterò a riferire
della produzione scientifica nel biennio 1897-1898, a partire, quindi, dagli
scritti pubblicati nel periodo di insegnamento nell’Ateneo turritano fino
all’anno successivo, in cui furono editi i lavori in corso d’opera durante il
soggiorno sassarese.
Senza alcun dubbio gli anni ‘90 dell’ottocento furono, come
scrive Mario Talamanca, «importanti perché – in quel lento svilupparsi della
metodologia interpolazionistica in sinergia con gli altri atteggiamenti della
romanistica e non solo italiana – si venne a fissare la cornice nella quale si
sarebbe svolta, per circa un cinquantennio, la ricerca sulle fonti romanistiche
e sui loro contenuti giusprivatistici»[25].
Al Riccobono va riconosciuto il grande merito di aver contribuito
in maniera determinante al rinnovamento nel metodo[26]
negli studi romanistici iniziato alla fine dell’ottocento e protrattosi agli
inizi del secolo successivo. Il grande Maestro fu l’indiscusso fondatore in
Italia del metodo critico interpolazionistico[27], fin
dai primi scritti «delineò, con mirabile precisione, lo scopo delle sue
ricerche: ricostruire la storia interna degli istituti giuridici nel diritto
classico, attraverso la ricostruzione delle singole dottrine, che in proposito
i giureconsulti classici avevano elaborato»[28]
dimostrando «che spesso dottrine estranee al giurista classico, cui apparteneva
il frammento, si erano formate nel periodo postclassico, o immediatamente
precedente alla compilazione, per opera della prassi»[29].
In questo modo il Riccobono creò un nuovo metodo critico nell’esegesi, le cui
regole venivano tratte «dalla viva realtà dei frammenti»[30].
Come afferma Ugo Brasiello «il Riccobono ci fa vedere un diritto classico
dinamico, ricco di tendenze e di opinioni diverse e contrastanti,
giganteggiante nella personalità dei singoli interpreti»[31].
Risale al 1897 la pubblicazione nell’Archivio Giuridico dello
scritto dal titolo “La distinzione delle impensae
e la regola fructus intelleguntur
deductis impensis”[32]. Il
tema delle impensae, affrontato dal
Riccobono per la prima volta, per poi essere ripreso in scritti successivi[33],
viene affrontato seguendo il metodo critico nell’esegesi delle fonti. L’analisi
delle fonti, condotta con l’esercizio della critica del testo, porterà
l’illustre Maestro a ritenere interpolato il frammento di Ulpiano D. 25.1.3.1
(Ulp. 36 ad Sab.), anche se il contenuto del testo risulterà essere confermato
«ad literam dai frammenti sinaitici»[34].
Nello scritto viene esaminata la triplice distinzione delle impensae (necessariae, utiles e voluptuariae), indicata da Ulpiano in D. 25.1.1 (Ulp. 36 ad Sab.),
nonché la regola fructus intelleguntur
deductis impensis che risulta essere riconducibile, per il Riccobono, alla
elaborazione della giurisprudenza pontificale.
Nella “Dottrina dell’alveo abbandonato”, pubblicato nel 1898[35],
emerge chiaramente la predisposizione del Riccobono per l’esercizio della
critica del testo al fine di evidenziare «l’evolversi delle dottrine nella
giurisprudenza classica, il lavorio dei compilatori bizantini diretto a rendere
i frammenti più omogenei». Il rimaneggiamento del frammento D. 41.1.7.5, dimostrato
dal Riccobono, in particolare della frase «tamen
[…] stricta ratione […] sed vix est ut id obtineat», comporterà,
in seguito, l’affermazione della regola, per cui con le espressioni «stricto iure» o «suptili ratione» i Compilatori «intendessero togliere valore alla
decisione classica»[36]. In
quel periodo storico, l’individuazione di tale regola rappresentava una novità
assoluta. Di particolare rilievo il fatto che per il Riccobono, per ragioni di
equità, l’imperatore Giustiniano affermò il principio per cui l’alveo
abbandonato dovesse essere attribuito agli antichi proprietari che lo avevano
perduto a causa dell’invasione delle acque. In questo modo, veniva abbandonata
la dottrina classica secondo cui l’alveo abbandonato doveva spettare ai
proprietari rivieraschi. Il Riccobono giustifica questa scelta dell’Imperatore
facendo riferimento all’aequitas
dalla quale scaturisce il principio del diritto giustinianeo «che vuole evitare
in ogni caso l’arricchimento dal patrimonio altrui»[37].
Nel 1898 il Riccobono pubblicò anche un corposo saggio dal titolo
“Scholia Sinaitica”[38],definito
dal Baviera come «un vero gioiello di metodo di ricerca e di analisi […] non
esiste uno eguale in tutta la letteratura sull’argomento»[39].
Il Riccobono distinse il contenuto degli scolii in quattro masse[40]
e sostenne che il contenuto dei frammenti «non è il prodotto di un solo
individuo, che piuttosto si venne formando in tempi diversi»[41],
individuando, inoltre, numerose interpolazioni[42] di
alcuni frammenti riportati nel Digesto. L’illustre studioso ritenne che il
manoscritto pervenuto dovesse rappresentare un’opera di commento prodotta da
una scuola di diritto, forse di Berito[43], e
che rappresentasse l’estratto di un commento greco[44].
Mette conto sottolineare che i risultati di questo lavoro del Riccobono furono
utilizzati dal Peters[45] per
l’elaborazione della sua tesi del c.d. “predigesto” nell’ottica di dimostrare
la capacità elaborativa delle scuole d’Oriente nell’ambito del diritto romano[46].
Si può quindi affermare che «sin dal 1898 il Riccobono intuisce
la grande importanza delle collezioni giuridiche bizantine per la conoscenza e
la ricostruzione di istituti e dottrine classiche»[47]
da cui scaturiranno nuovi e successivi studi «diretti ad esaltare l’opera
creatrice della giurisprudenza classica e a vedere i frammenti tratti dalle
opere dei giuristi come prodotti romani
rimaneggiati dai compilatori a vari fini […] onde la tesi vigorosamente
affermata in quasi tutti i suoi scritti [...] che le interpolazioni avessero
avuto per lo più carattere formale e
non sostanziale»[48].
L’apporto del Riccobono al rinnovamento degli studi romanistici
attraverso il metodo della critica del testo ha rappresentato un punto di
riferimento necessario per la formazione di un gran numero di romanisti[49].
Nel profilo del Riccobono, delineato da Antonio Mantello in occasione della
presentazione degli Scritti di Paolo Frezza in Laterano, in una giornata
dedicata al ricordo dei romanisti lateranensi del Novecento, emerge chiaramente
il ruolo degli insegnamenti riccoboniani nella formazione degli allievi del suo
allievo Riccardo Orestano: «Era quello che aveva detto la parola, se non
definitiva, decisiva sulla tesi degli interpolazionisti. Ma il Riccobono era
anche quello le cui dottrine dovevano essere ormai metabolizzate, costituivano
un po’ il necessario punto di partenza, le radici, per ulteriori sviluppi e
analisi»[50].
Le metodologie di ricerca e di studio del Riccobono, strettamente ancorate ad
un rigoroso impianto esegetico, continuano ad essere tutt’oggi un prezioso punto
di riferimento per i romanisti del XXI secolo.
* Questo contributo sarà pubblicato anche in M.
Da Passano-A. Mattone (a cura di), Storia dell’Università di Sassari.
[2] Nel 1864, oltre al Riccobono, nacquero altri due illustri
romanisti: Pietro Bonfante e Gino Segrè. Per le notizie biografiche e alcuni
ricordi del grande Maestro siciliano vedi: G. Baviera,
Salvatore Riccobono e l’opera sua, in
Studi in onore di Salvatore Riccobono,
I, Palermo 1936, XXII ss.; B. Albanese,
Ricordo di Salvatore Riccobono, in Annali del Seminario giuridico
dell’Università di Palermo 26, 1958, 695-700 (= in Id., Scritti giuridici,
a cura di M. Marrone, II, Palermo 1991, 1901-1906); U. Brasiello, Salvatore
Riccobono (1864-1958), in Studia et
Documenta Historiae et Iuris 24, 1958, XI-XIX; P. de Francisci, Ricordo di Salvatore Riccobono, in Studi romani 6, 1958, 457-458; C. Sanfilippo, In Memoriam. Salvatore Riccobono, cit., 122-133; V. Arangio-Ruiz-P. de Francisci, Salvatore
Riccobono e il «Bullettino», in Bullettino
dell'Istituto di Diritto Romano 62, 1959, VII-XX; F. Wieacker, Salvatore Riccobono, in Zeitschrift
der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte 89, 1959, 677-682; R. Orestano, L’‘animus’ di Salvatore
Riccobono, in Iura 29, 1978, 1-8
(= in Id., Diritto: incontri e scontri, Bologna 1981; in Id.,
Scritti (Antiqua 79), III, Napoli
1998); M. Marrone, Romanisti professori a Palermo, in Index 25, 1997, 587-616 [= in Archeogate - Iura (http://www.archeogate.it/IURA/d_romano/PUB/marrone/romanisti.html)];
S. Riccobono jr., Salvatore
Riccobono accademico d’Italia nella testimonianza del nipote, in Rassegna Siciliana di Storia e Cultura
13, 2001, (http://www.isspe.it/Ago2001/riccobono_jr_.htm);
A. Mantello, Salvatore Riccobono,
in Studia et Documenta Historiae et Iuris
48, 2002, XVII.
[3] M. Marrone, Romanisti professori a Palermo, cit.,
587 ss.
[4] Cfr. G. Baviera, Salvatore Riccobono e l’opera sua, cit.,
XXXIII; U. Brasiello, Salvatore Riccobono (1864-1958), cit.,
XI s.; P. de Francisci, Ricordo di Salvatore Riccobono, cit.,
457; V. Arangio-Ruiz, P. de Francisci, Salvatore Riccobono e il «Bullettino», cit., IX; R. Orestano, L’‘animus’ di Salvatore Riccobono, cit., 9; M. Marrone, Romanisti professori a Palermo, cit., 587; S. Riccobono jr., Salvatore Riccobono accademico d’Italia nella testimonianza del nipote,
cit., 2.
[5] S.
Riccobono, Der
Besitzwille und Celsus fr. 5 D. ad
exhib. 10.4, in Archiv für die Civ. Praxis 80, 1893, 124-127; Id., Studi
critici sui libri XVIII di Paolo ad Plautium, in Bullettino dell'Istituto di Diritto Romano 6, 1893, 119-171; Id., Proposta
di emendazione del fr. 25,2 D. 41,2, in Bullettino
dell'Istituto di Diritto Romano 6, 1893, 229-233; Id., Rec. Di
Windscheid, Die indirekte Vermögensleistung, in Circolo Giuridico 22, 1893, 304-306; Id., Rec. di Ferrini
C., Il Digesto, in Bullettino
dell'Istituto di Diritto Romano 6, 1893, 62-69; Id., Rec. Di Hirsch, Die Prinzipien des Sachbesitzerwerbs und Verlustes nach röm. Recht, in Rivista italiana per
le scienze giuridiche 14, 1893, 355-362; Id.,
La teoria del possesso nel diritto romano,
in Archivio Giuridico Filippo Serafini 50, 1893, 227-280; Id., J.E.
Kuntze (Necrologia), in Bullettino
dell'Istituto di Diritto Romano 7, 1894, 135-137; Id., Rec. Di Brunetti,
Il dies incertus nella disposizione
testamentaria, in Circolo Giuridico 25, 1894, 144-148; Id., Libri VI Julianus ad Minicium, in Bullettino dell'Istituto di Diritto Romano
7, 1894, 225-268, e in Archivio Giuridico
Filippo Serafini 8, 1895, 169-295; Id., Interpretazione
e critica del fr. 63 D. 24.1 Paulus III ad Neratium ed il requisito della furtività nell’a. de tigno iuncto, in Archivio Giuridico Filippo Serafini 53, 1895, 521-543, e in Archivio Giuridico Filippo
Serafini 54, 1895, 265-281.
[6] M. Marrone, Romanisti professori a Palermo, cit.,
593.
[7] Si vedano soprattutto G.
Baviera, Salvatore Riccobono e
l’opera sua, cit., 24 s.; M. Marrone,
Romanisti professori a Palermo, cit.,
587; S. Riccobono jr., Salvatore Riccobono accademico d’Italia
nella testimonianza del nipote, cit., 2.
[8] Cfr. G. Baviera, Salvatore Riccobono e l’opera sua, cit.,
XXV; P. de Francisci, Ricordo di Salvatore Riccobono, cit.,
457; V. Arangio-Ruiz-P. de Francisci, Salvatore Riccobono e il «Bullettino», cit., VIII; F. Wieacker, Salvatore Riccobono, cit., 678; M. Marrone,
Romanisti professori a Palermo, cit.,
587; S. Riccobono jr., Salvatore Riccobono accademico d’Italia
nella testimonianza del nipote, cit., 2.
[9] Al riguardo, rinvio soprattutto a V. Arangio-Ruiz-P. de
Francisci, Salvatore Riccobono e
il «Bullettino», cit., VII-XX.
[10] In occasione del collocamento a riposo di Salvatore Riccobono,
l’Università di Palermo, il 28 novembre 1936, tributò al grande Maestro solenni
onoranze, in occasione delle quali gli furono offerti quattro volumi di studi
in suo onore. Vedi G. Baviera, Salvatore Riccobono e l’opera sua, cit.,
XIX-CVIII; e soprattutto la Cronaca delle
onoranze, in Archivio Giuridico Filippo Serafini 18, 1939, XV-LXXII.
[11] Vedi il recente profilo delineatone da A. Mantello, Salvatore Riccobono, cit., XVI-XXI, nella giornata di studi,
svoltasi nel gennaio 2001 in Laterano, dedicata al ricordo dei romanisti
lateranensi del Novecento.
[12] Gli ultimi scritti del Riccobono risalgono al 1956, anno di
pubblicazione di: S Riccobono, Revisione delle interpolazioni giustinianee
nel Corpus Juris Civilis, in Betterworths
South African Law Review 8, 1956,
57-59; Id., Lettera al prof. Volterra in occasione delle onoranze a P. de Francisci, in Studi in onore di P. de Francisci, I, Milano 1956, VII-VIII. Per
l’elenco cronologico di tutti gli scritti di Salvatore Riccobono vedi C. Sanfilippo, In Memoriam. Salvatore Riccobono, cit., 123-133.
[13] Come risulta dal Decreto
di nomina del Ministro della P. Istruzione, in Archivio Storico dell’Università di Sassari 7, IV, Registri Decreti
IV, 1886-1905, n. 448, in cui si legge: «Il Ministro della P. Istruzione
dichiara che per Decreto Reale del 21 gennaio 1897 registrato alla Corte dei
Conti addì 2 febbraio stesso anno […] il Signor Dottor Salvatore Riccobono è
nominato in seguito a concorso, Professore Ordinario di Diritto Romano nella
Regia Università di Sassari con l’annuo stipendio di £ 3000 a far tempo dal I
febbraio 1897».
[14] Sul concorso vedi la Relazione
della commissione esaminatrice del concorso alla cattedra di ordinario di
diritto romano nell’Università di Sassari, in Ministero della Pubblica Istruzione, Bollettino Ufficiale, a. XXV, I, n. 8, 24 febbraio 1898, 325-328.
Cfr. G. Fois, Flaminio Mancaleoni professore e rettore dell’Università di Sassari,
in Diritto @ Storia. Quaderni di Scienze
Giuridiche e Tradizione Romana 1, 2002, n. 9 http://www.dirittoestoria.it/memorie/Testi%20delle%20Comunicazioni/Giuseppina%20Fois.htm,
[=Per una storia dell’Università di
Sassari, a cura di G. Fois-A. Mattone, Bologna 2002, 114 n. 9].
[15] Relazione della
commissione esaminatrice del concorso alla cattedra di ordinario di diritto
romano nell’Università di Sassari, cit., 328.
[16] Relazione della
commissione esaminatrice del concorso alla cattedra di ordinario di diritto
romano nell’Università di Sassari, cit., 328.
[17] Relazione della
commissione esaminatrice del concorso alla cattedra di ordinario di diritto
romano nell’Università di Sassari, cit., 326.
[18] Relazione della
commissione esaminatrice del concorso alla cattedra di ordinario di diritto
romano nell’Università di Sassari, cit., 326.
[19] Cfr. P. Fiori Maciocco,
Per un elenco dei docenti di materie
storico-giuridiche dal 1880 in poi. VII. Facoltà di Giurisprudenza
dell’Università di Sassari, in Index
9, 1980, 304, 309.
[20] Registro delle
deliberazioni della Facoltà di Giurisprudenza, 1882-1902, in Archivio Storico dell’Università di Sassari,
35, III.
[21] Registro delle
deliberazioni, con solo intervento dei professori ordinari, della Facoltà di
Giurisprudenza, 1880-1907, in Archivio
Storico dell’Università di Sassari 35, IV, 28.
[22] Registro delle deliberazioni,
con solo intervento dei professori ordinari, della Facoltà di Giurisprudenza,
1880-1907, cit., 28.
[23] Registro delle
deliberazioni, con solo intervento dei professori ordinari, della Facoltà di
Giurisprudenza, 1880-1907, cit., 28 s.
[24] Registro delle
deliberazioni, con solo intervento dei professori ordinari, della Facoltà di
Giurisprudenza, 1880-1907, cit., 28 s. In realtà, l’Arnò non insegnò mai
nell’Ateneo turritano. Secondo quanto scrive P. Fiori
Maciocco, Per un elenco dei
docenti di materie storico-giuridiche dal 1880 in poi. VII. Facoltà di
Giurisprudenza dell’Università di Sassari, cit., 304, nell’anno accademico
1897/98 la Cattedra di Diritto romano fu tenuta dal prof. Giovanni Maria
Devilla. Di parere contrario G. Fois, Flaminio Mancaleoni professore e rettore
dell’Università di Sassari, cit., 114, la quale afferma che Flaminio
Mancaleoni «dopo avere retto la supplenza di diritto romano sin dal 1897-98, a
due anni dalla nomina a dottore aggregato, divenne professore straordinario di
quella disciplina (dal 1898-99 al 1901)». Dal Registro delle deliberazioni della Facoltà di Giurisprudenza, 1882-1902,
cit. supra nt. 20, risulta, con
delibera del 15 luglio 1897, l’approvazione del programma del Corso pratico di
Diritto romano comparato col diritto civile italiano presentato dal Dottore
aggregato Flaminio Mancaleoni per l'anno accademico 1897/98.
[25] M. Talamanca, La romanistica italiana fra Otto e Novecento,
in Index 23, 1995, 176.
[26] Sul valore del metodo di Salvatore Riccobono vedi L. Chiazzese, L'opera scientifica di Salvatore Riccobono, in Annali del Seminario Giuridico della R. Università di Palermo 18,
1939, XLII-LVIII, il quale scrive: «È tutto un mondo nuovo che il Riccobono ha
aperto agli studiosi; tutto un complesso organico di metodi e di dottrine, di
cui il valore non consiste soltanto nei risultati conseguiti, ma ancora di più
consiste nell'indirizzo che ne risulta tracciato per le indagini future» (LVI).
[27] Cfr. G. Baviera, Salvatore Riccobono e l’opera sua, cit.,
XXI. Vedi anche U. Brasiello, Salvatore Riccobono (1864-1958), cit.,
XV, il quale afferma: «Egli ritenne quindi che le interpolazioni furono, sì,
introdotte e in quantità innumerevole per via di soppressioni, aggiunte,
mutamenti; ma furono spesso dovute alla necessità, pei compilatori, di essere levigatores dei testi classici, o
soltanto sutores: essi nel levigare o
nel cucire hanno dovuto mettere d’accordo le contraddizioni. Per le alterazioni
sostanziali sostenne d’altra parte che non bastava segnare la interpolazione,
ma occorreva valutare la ragione della interpolazione: tali ragioni indagò il
più profondamente possibile».
[28] G. Baviera, Salvatore Riccobono e l’opera sua, cit.,
XXVIII.
[29] G. Baviera, Salvatore Riccobono e l’opera sua, cit.,
XXX.
[30] G. Baviera, Salvatore Riccobono e l’opera sua, cit.,
XXXI.
[31] U. Brasiello, Salvatore Riccobono (1864-1958), cit.,
XIV.
[32] S. Riccobono, La distinzione delle impensae e la regola fructus intelleguntur deductis impensis, in Archivio Giuridico Filippo Serafini 58, 1897, 61-92.
[33] Tra tutti vedi S. Riccobono,
Dal diritto romano classico al diritto
moderno, in Annali del Seminario
Giuridico della R. Università di Palermo 3-4, 1917.
[34] G. Baviera, Salvatore Riccobono e l’opera sua, cit.,
LXIV.
[35] S. Riccobono, La dottrina dell’alveo abbandonato, in Studi in onore di F. Schupfer, I, Torino
1898, 215-228.
[36] G. Baviera, Salvatore Riccobono e l’opera sua, cit.,
XLII.
[37] G. Baviera, Salvatore Riccobono e l’opera sua, cit.,
XLII.
[38] S. Riccobono, Scholia
Sinaitica, in Bullettino
dell'Istituto di Diritto Romano 9, 1898, 217-300 [= in Id., Scritti
di Diritto romano, I, Studi sulle
fonti, Palermo 1957, 273-335].
[39] G. Baviera, Salvatore Riccobono e l’opera sua, cit.,
XXXVIII. Sull’importanza dell’opera vedi anche: V. Arangio-Ruiz-P. de
Francisci, Salvatore Riccobono e
il «Bullettino», cit., XI, in cui l’Arangio-Ruiz scrive: «non senza
ricordare, peraltro, la forte indagine da Lui dedicata agli allora apparsi Scholia Sinaitica, indagine di grande
momento per la valutazione del lavoro delle scuole orientali prime e dopo la
compilazione di Giustiniano».
[40] Sui criteri distintivi delle masse, vedi S. Riccobono, Scholia Sinaitica,
cit., 280 ss.
[41] S. Riccobono, Scholia
Sinaitica, cit., 329: «Ma noi invece sappiamo che il commento greco non è
il prodotto di un solo individuo, che piuttosto si venne formando in tempi
diversi, accresciuto via via da nuove aggiunte per parte di altri scrittori,
come già abbiamo molti esempi nelle opere annotate della letteratura giuridica
romana».
[42] L’ A. individua i seguenti passi come interpolati: D. 17.1.10.10
(Ulp. 31 ad ed.); D. 24.3.7.16 (Ulp.
31 ad Sab.); D. 25.1.3.1 (Ulp. 36 ad Sab.); D. 25.1.9 (Ulp. 36 ad Sab.); D. 25.1.11 pr. (Ulp. 36 ad Sab.); D. 39.2.40 pr. (Ulp. 43 ad Sab.); D. 41.1.14.1 (Ner. 5 mem.).
[43] Cfr. S. Riccobono, Scholia
Sinaitica, cit., 333, in cui si afferma: «La 4. massa è sicuramente
posteriore alla pubblicazione dei Digesti. Se il commento si venne formando
nella scuola di Berito, come è molto probabile, la revisione dovette avvenire
nel periodo fra il 534-551».
[44] S. Riccobono, Scholia
Sinaitica, cit., 334: «Secondo me il manoscritto a noi pervenuto
rappresenta soltanto un estratto del commento greco. L'originale doveva
contenere o le necessarie indicazioni, o direttamente il testo ulpianeo. Questa
spiegazione collima coi risultati che si ricavano dal presente lavoro; in
quanto, se il commento fu riveduto dopo la compilazione nel sec. VI,
naturalmente dovette essere allora ricopiato».
[45] H. Peters,
Die oströmischen
Digesterkommentare und die Entstehung der Digesten, Lipsiae 1913.
[46] Cfr. G. Baviera, Salvatore Riccobono e l’opera sua, cit.,
XXXIX.
[47] V. Riccobono Salvatore
(senior), in Novissimo Digesto
Italiano, XV, Torino 1968, 923.
[48] V. Riccobono Salvatore
(senior), cit., 923.
[49] Sono significative, al riguardo, le parole del grande Vincenzo
Arangio-Ruiz, V. Arangio-Ruiz-P. de
Francisci, Salvatore Riccobono e
il «Bullettino», cit., VIII: «Egli era per noi il simbolo della lontana
giovinezza, l’oggetto vivente di quella venerazione che si porta a chi nei
primi passi ci ha sorretti e giudicati […] Tale Egli era, d’altronde, non solo
per noi romanisti italiani, vecchi e giovani, ma per quanti in ogni paese del mondo
coltivano gli stessi studi: perché dalla Germania alla Francia e
all’Inghilterra, e dall’America del Nord all’Africa del Sud, il nome di
Salvatore Riccobono è stato per almeno vent’anni il più rispettato, e insieme
il più popolare».
[50] A. Mantello, Salvatore Riccobono, cit., XVII.