ds_gen N. 3 – Maggio 2004 – Tradizione Romana

 

 

Pietro Paolo Onida

Università di Sassari

 

Tensioni non risolte nel nuovo diritto societario:

una lettura romanistica

 

 

 

Il testo qui presentato contiene la relazione, nella sua stesura originaria (con la sola integrazione di un apparato minimo di fonti e dottrina), letta al II Seminario en el Caribe «Derecho romano y latinidad: identidad e integración latinoamericana y caribeña», La Habana-Cuba, 12-14 febbraio 2004.

 

 

Sommario: Premessa. – Parte prima. Societas europaea. – 1. I presupposti e gli obiettivi della introduzione, a livello comunitario, della Societas europaea. a. I presupposti.b. Gli obiettivi. – 2. Struttura, modalità costitutive e sede della Societas europaea.a. La struttura. – b. Le modalità costitutive.c. La sede societaria. – 3. Il governo della Societas europaea: fra sistema «dualistico» e «monistico».a. I due sistemi fondamentali di strutturazione della Societas europaea: «dualistico» e «monistico». – b. Il primo sistema, «dualistico». – c. Il secondo sistema, «monistico». – d. La composizione degli organi e l’assemblea. – 4. Il coinvolgimento dei lavoratori nella Societas europaea. – a. La centralità, nella Societas europaea, del coinvolgimento dei lavoratori. – b. Il contenuto del coinvolgimento dei lavoratori nella Societas europaea.Parte seconda. Società unipersonale.1. La definizione di società nel Trattato istitutivo della Comunità Europea. – a. L’art. 48 del Trattato istitutivo della Comunità Europea: alcune riserve dottrinali con particolare riguardo alla connessione fra società e persona giuridica. – b. Il valore (odierno) del contratto nella costituzione della società. – 2. La costituzione della società con atto unilaterale.a. Imprenditore individuale e responsabilità limitata nella moderna scienza giuridica. - b. Conseguenze aberranti nella costituzione della società attraverso atto unilaterale.Parte terza. Societas romana.1. Societas europaea e societas romana. – a. Una linea di continuità fra Societas europaea e societas romana. – b. La rilevanza della nozione romana di societas nel ius publicum. – 2. Contratto di societas e persona giuridica. – a. Il problema giuridico della considerazione unitaria degli atti di una pluralità di persone nel diritto romano e moderno. – b. Tensioni non risolte fra la soluzione antica, basata sul contratto di societas, e la soluzione moderna, basata sulla persona giuridica, nel nuovo diritto societario.

 

 

 

Premessa

 

Il regolamento comunitario n. 2157/2001[1], destinato a entrare in vigore l’8 ottobre 2004[2], in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, contiene la disciplina, particolarmente complessa[3], della cosiddetta Societas europaea, una «nuova entità societaria»[4] riconducibile alla forma della società per azioni, la cui previsione si inserisce a pieno titolo nel processo di partecipazione dei lavoratori alla impresa[5].

La disciplina della Societas europaea trae le sue fonti dalle disposizioni del regolamento e dalle disposizioni contenute nello statuto della società, qualora il regolamento rinvii ad esse; oppure, per quanto non disciplinato dal regolamento, dalle «disposizioni di legge» degli Stati membri emanate in applicazione delle disposizioni comunitarie dettate per la Societas europaea; dalle «disposizioni di legge» degli Stati membri per le società per azioni, purché costituite in conformità della «legge» dello Stato membro in cui la Societas europaea ha la sede sociale; dalle disposizioni dello statuto alle condizioni previste per le società per azioni, purché, come nel caso precedente, costituite in conformità della «legge» dello Stato membro in cui la Societas europaea ha la sede sociale[6].

Non interessa, in questa occasione, ripercorrere le tappe fondamentali del percorso che hanno condotto alla formulazione di uno statuto della Societas europaea[7]. Preme qui rilevare che tale formulazione appare indissolubilmente connessa, sin dalle origini, alla partecipazione dei lavoratori, peraltro nell’ambito, più ampio, della questione relativa alla armonizzazione del diritto societario nella Unione Europea[8]. Senza poi dimenticare che lo statuto della Societas europaea, proprio per il coinvolgimento dei lavoratori nella società, può essere ricondotto all’ambito dei diritti di informazione e consultazione dei lavoratori, già garantiti nella Carta comunitaria dei diritti sociali dei lavoratori, approvata a Strasburgo nel dicembre del 1989, e nella Carta europea di Nizza, del dicembre 2000[9]. Sul piano costituzionale, poi, lo statuto della Societas europaea è anche una importante opportunità per una riflessione sulla disposizione dell’art. 46 della Costituzione, che «affida alla legislazione la definizione delle forme di partecipazione dei lavoratori nell’impresa»[10].

Si è osservato che, con il presente regolamento comunitario, il legislatore intendeva, originariamente, dare vita a «un tipo di società azionaria a sé stante»[11], la disciplina della quale avrebbe dovuto avere un carattere uniforme all’interno della Unione Europea, indipendentemente dal luogo in cui la società avesse avuto la sua sede e avesse svolto la sua attività.

Tale intento, però, è apparso ben presto di difficile attuazione a causa delle differenze fra gli ordinamenti dei diversi Stati membri dell’Unione, ai quali il regolamento, del resto, nel disciplinare la Societas europaea, fa frequente richiamo.

Sono anzitutto previsti rinvii alla legislazione dello Stato in cui ha sede la Societas europaea[12]. Si applicano, inoltre, alla Societas europaea le «disposizioni nazionali» relative al ricorso pubblico al risparmio e alla transazione di titoli[13]. Nel caso che una impresa eserciti un controllo su un’altra impresa, la tutela degli azionisti di minoranza e dei terzi è assicurata dal diritto applicabile alla impresa controllata, salvi gli obblighi che gravano sulla impresa controllante in base al diritto ad essa applicabile[14]. Sia nel caso in cui la Societas europaea operi in qualità di società controllante, sia nel caso in cui essa operi in qualità di società controllata, ferma restando la necessità di un maggiore coordinamento fra gli Stati membri, non è prevista la emanazione di una specifica disciplina in materia, ma la applicazione delle norme e dei principi del diritto internazionale privato[15].

Alla legislazione statale, nel caso di violazioni del presente regolamento, è invece necessario fare riferimento per applicare le sanzioni che riguardano l’attività delle società per azioni[16]. Alla legislazione statale e al diritto comunitario, inoltre, il regolamento rinvia per quei settori da esso non espressamente disciplinati, quali il «diritto tributario», il «diritto della concorrenza», il «diritto della proprietà intellettuale», il «diritto fallimentare»[17]. Altri rinvii alle legislazioni statali sono poi previsti in tema di contabilità, di bilanci e di pubblicità[18].

Anche a causa di tali rinvii, la Societas europaea costituirà, presumibilmente, un «modello o tipo generale», adeguato, in prevalenza, alle aziende di dimensioni medie o grandi, su scala europea, destinato, a sua volta, ad esprimersi, concretamente, in ipotesi differenti a seconda dei vari ordinamenti statali[19].

In questa sede, ci proponiamo, attraverso una lettura romanistica di alcune linee di tendenza del nuovo diritto societario, di mettere in rilievo tensioni non risolte di tale diritto, che, con riferimento alla questione fondamentale, nella scienza giuridica, della considerazione unitaria degli atti di una pluralità di persone, si pone, da un lato, lungo una linea di continuità con la soluzione antica di tale questione: la societas, e dall’altro, se ne allontana, per richiamarsi alla soluzione moderna della questione stessa: la persona giuridica, apparentemente senza avvertire l’inconciliabilità delle due soluzioni, oppure ancora per ridurre il valore del contratto di società, sancendo la possibilità che la società possa essere istituita anche per volontà di un solo costituente mediante un atto unilaterale: è la cosiddetta società unipersonale.

 

 

PARTE PRIMA

SOCIETAS EUROPAEA

 

 

1. – I presupposti e gli obiettivi della introduzione, a livello comunitario, della Societas europaea

 

a. – I presupposti

 

L’introduzione della Societas europaea, attraverso il regolamento comunitario istitutivo, si fonda sul presupposto che il «completamento del mercato interno ed il miglioramento della situazione economica e sociale in tutta la Comunità» europea richiedano, oltre alla «eliminazione degli ostacoli agli scambi», una «ristrutturazione dei fattori produttivi in dimensioni adeguate a quelle della Comunità»[20].

A tale fine, è stabilito che le imprese, che non operano sulla base di «esigenze puramente locali», possano riorganizzarsi su «scala comunitaria». Per consentire tale riorganizzazione, nel rispetto delle regole della concorrenza, si prevede che le imprese debbano essere poste nella condizione di «mettere in comune, mediante operazioni di fusione» le diverse potenzialità[21].

 

b. – Gli obiettivi

 

Il regolamento, inoltre, in considerazione del fatto che le «operazioni di ristrutturazione e cooperazione», fra le imprese di Stati membri differenti, presentano «difficoltà di natura giuridica, fiscale e psicologica», pone l’obiettivo, nell’ottica di un «ravvicinamento» della disciplina di società appartenenti a Stati membri differenti, di eliminare, anche mediante direttive future, tali difficoltà[22].

Il legislatore comunitario, preso atto della distinzione fra il «contesto giuridico», nel quale le imprese operano, costituito, in larga parte, dalle normative nazionali, e il «contesto economico», nel quale le imprese devono realizzare gli obiettivi del trattato[23], si propone di far coincidere, all’interno della Comunità, l’«unità economica» e l’«unità giuridica» dell’impresa, prevedendo, accanto alle società di «diritto nazionale», società «di dimensioni europee», la cui costituzione e il cui funzionamento siano disciplinati da un regolamento di diritto comunitario applicabile, direttamente, in tutti gli Stati membri[24].

 

 

2. – Struttura, modalità costitutive e sede della Societas europaea

 

 

a. – La struttura

 

La struttura della Societas europaea, nell’ottica di una attività imprenditoriale in una dimensione sovrannazionale, è quella di una società di capitali per azioni dotata di personalità giuridica, che si acquista con la iscrizione in un registro «designato» dalla legge dello Stato in cui è la sede della società[25]. La Societas europaea è tenuta a comunicare iscrizione e cancellazione dell’iscrizione attraverso una nota pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea[26]. La struttura societaria, inoltre, deve essere di «dimensioni ragionevoli», qualità che è garantita da un capitale minimo di centoventimila euro[27].

 

b. – Le modalità costitutive

 

Le quattro modalità costitutive della Societas europaea sono previste tassativamente nell’art. 2 del presente regolamento. Al fine di consentire agevolmente la costituzione di una Societas europaea, il regolamento stabilisce che gli Stati membri debbano evitare, nei riguardi di questa forma societaria, ogni forma di discriminazione rispetto a quanto stabilito in generale per le altre società per azioni[28].

Una prima modalità è la fusione di più società per azioni, purché almeno due di esse assoggettate alla «legge di Stati membri differenti»[29].

Una seconda modalità è la costituzione di una Societas europaea holding relativa a più società, per azioni o a responsabilità limitata, purché assoggettate alla «legge di Stati membri differenti» o aventi, da almeno due anni, una affiliata assoggettata alla «legge» di uno Stato membro differente o una succursale presente in un altro Stato membro[30].

Una terza modalità è la costituzione di una Societas europaea affiliata da società o anche da enti pubblici o privati, che si trovino nelle condizioni di cui si è detto per la costituzione di una Societas europaea holding[31].

Una quarta modalità è la trasformazione di una società per azioni, costituita in conformità della «legge» di uno Stato membro e avente la sede e l’amministrazione all’interno della Comunità, in una Societas europaea, purché da almeno due anni abbia una affiliata assoggettata alla «legge di un altro Stato membro»[32].

A sua volta, la Societas europaea, anche nella forma di società unipersonali, può dar vita ad un’altra Societas europaea affiliata[33]. Essa, due anni dopo la costituzione e l’approvazione dei primi due bilanci, può anche trasformarsi in società per azioni disciplinata dalla «legge» dello Stato membro ove si trova la sede sociale[34].

Tutte le diverse modalità costitutive, tranne il caso della creazione di una società affiliata, si fondano su un progetto redatto dagli organi di gestione e approvato da parte delle assemblee delle diverse società coinvolte nella fusione. Come è stato correttamente rilevato, solo la costituzione di una holding è, nel nostro sistema giuridico, una vera e propria novità, in quanto le altre modalità costitutive sono già conosciute nella sostanza[35]. Si osservi, inoltre, che rispetto a quanto verificabile nel caso, entro certi aspetti simile, di una fusione in senso stretto, nel caso della costituzione di una holding, le società non si sciolgono[36].

 

c. – La sede societaria

 

Al fine di individuare la «legge dello Stato membro» da applicare alla Societas europaea, la sede della società è quella in cui, all’interno della Unione europea, essa ha la sua amministrazione centrale. A tal fine, uno Stato membro può anche imporre che una Societas europaea faccia «coincidere» amministrazione centrale e sede della società[37].

Nell’obiettivo di facilitare la costituzione di una Societas europaea, il regolamento vieta che gli Stati membri prevedano «restrizioni eccessive» per la costituzione della società o il trasferimento della sede sociale[38]. Nel caso di trasferimento della sede della Societas europaea da uno Stato membro a un altro, anzitutto, la società conserva la propria identità: il trasferimento, infatti, non comporta lo scioglimento della società del luogo di origine, né la costituzione di una nuova persona giuridica nel luogo di destinazione[39]. La Societas europaea, inoltre, salvo quanto stabilito dai diritti degli Stati membri e dal diritto comunitario in materia societaria, può trasferire liberamente la sede sociale in un altro Stato membro, tenendo conto dei diritti degli azionisti e/o dei creditori e delle conseguenze, oltre che per questi ultimi soggetti, per i lavoratori[40]. Il procedimento, necessario ai fini del trasferimento della sede, è comunque assoggettato a un sistema dettagliato di garanzie dei diritti dei soci e dei terzi, tra le quali garanzie particolare significato hanno quelle relative al coinvolgimento dei lavoratori e alla pubblicità del progetto predisposto dagli amministratori e approvato dalla assemblea[41].

Condizioni particolari sono previste nel caso in cui una società, non avente la amministrazione centrale all’interno della Comunità, intenda partecipare alla costituzione di una Societas europaea: in tal caso, la società deve essere costituita in base alla «legge di uno Stato membro», avere la sede sociale in questo stesso Stato membro e possedere un «legame effettivo e continuato con l’economia di uno Stato membro»[42].

 

 

3. – Il governo della Societas europaea: fra sistema «dualistico» e «monistico»

 

 

a. – I due sistemi fondamentali di strutturazione della Societas europaea: «dualistico» e«monistico»

 

Il governo della Societas europaea si presenta in parte con i caratteri propri di un sistema «dualistico»[43], in parte con i caratteri propri di un sistema «monistico»[44].

Il regolamento, in merito ai due sistemi fondamentali di strutturazione della società per azioni, stabilisce che la Societas europaea possa essere costituita secondo il sistema più idoneo al perseguimento dei propri obiettivi, ma pur sempre nell’ottica di una «chiara delimitazione tra le responsabilità delle persone incaricate della gestione e quelle incaricate della vigilanza»[45].

 

 

b. – Il primo sistema, «dualistico»

 

Il primo sistema, «dualistico», è quello relativo a una Societas europaea che si doti di un organo di direzione con funzioni di gestione[46] e di un organo di vigilanza con funzione di controllo della gestione[47]. Tali organi devono essere costituiti da soggetti diversi[48].

La nomina e la revoca degli organi di direzione spettano all’organo di vigilanza, salvo il caso in cui la legislazione locale preveda la competenza della assemblea[49]. A quest’ultima spetta anche la nomina dei membri dell’organo di vigilanza, al quale, almeno ogni tre mesi, l’organo di direzione deve riferire della situazione societaria[50]. L’organo di vigilanza ha il potere di chiedere all’organo di direzione ragguagli e di procedere a verifiche e a ispezioni necessarie all’adempimento delle proprie funzioni[51].

 

 

c. – Il secondo sistema, «monistico»

 

Il secondo sistema, «monistico», invece, è relativo a una Societas europaea che si doti di un solo organo di amministrazione con funzioni di gestione[52]. Tale sistema, che si caratterizza per ampi riferimenti alla legislazione locale[53], richiede che il numero dei membri dell’organo di amministrazione, da eleggere da parte della assemblea, non sia inferiore a tre, qualora sia previsto il coinvolgimento dei lavoratori nella Societas europaea[54].

La nomina dei membri dell’organo di amministrazione è compito dell’assemblea generale, salvo il caso in cui essi siano indicati dallo statuto della Societas europaea[55]. L’organo di amministrazione ha l’obbligo di riunirsi, almeno ogni tre mesi, per prendere deliberazioni sull’attività della Societas europaea[56]. Ogni membro può conoscere le informazioni in possesso dell’organo di amministrazione[57].

 

d. – La composizione degli organi e l’assemblea

 

In entrambi i sistemi, «dualistico» e «monistico», è previsto che i componenti degli organi della società rimangano in carica per il periodo stabilito dallo statuto. Il periodo massimo di permanenza in carica non può comunque essere superiore a sei anni, salva la possibilità di una loro rielezione, nel caso in cui lo statuto non disponga diversamente[58].

I componenti degli organi possono essere anche società o altre «entità giuridiche», se ciò non sia vietato dalla legislazione dello Stato membro della sede sociale della Societas europaea. In questo caso, le società o le altre «entità giuridiche» devono indicare una persona fisica, in qualità di rappresentante all’interno degli organi[59]. I componenti degli organi sono responsabili dei danni causati alla Societas europaea a causa dell’inadempimento dei loro obblighi[60].

L’assemblea ha il compito di deliberare per le materie in relazione alle quali ha una competenza specifica, in base o al regolamento o alla legge dello Stato membro[61]. Sono previsti rinvii alle norme interne circa l’organizzazione, lo svolgimento e la votazione[62]. Essa deve riunirsi almeno una volta per anno civile, entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio, salvo il caso in cui la legge dello Stato membro della sede sociale non stabilisca una frequenza superiore[63].

Le minoranze, purché rappresentative del dieci per cento del capitale, salvo il caso in cui la legislazione statale o lo statuto non prevedano una percentuale inferiore, hanno il diritto di convocare l’assemblea e di fissare l’ordine del giorno[64].

Per le deliberazioni assembleari si richiede la maggioranza dei voti validamente espressi, escluse astensioni o schede bianche o nulle[65], salvo il caso in cui il regolamento o la legislazione dello Stato membro della sede sociale non stabiliscano una maggioranza più alta[66]. Nel caso delle modifiche allo statuto si richiedono i due terzi dei voti espressi[67], a meno che, anche in questo caso, il regolamento o la legislazione dello Stato membro non stabiliscano una maggioranza più alta.

Si prevede che le deliberazioni della assemblea generale, nell’ipotesi di categorie diverse di azioni, siano subordinate a votazioni specifiche per le diverse categorie di azionisti[68].

 

 

4. – Il coinvolgimento dei lavoratori nella Societas europaea

 

 

a. – La centralità, nella Societas europaea, del coinvolgimento dei lavoratori

 

Si è già detto che, nella formulazione dello statuto della Societas europaea, la partecipazione dei lavoratori è un elemento centrale, a tal punto, possiamo ora aggiungere, che l’entrata in vigore del regolamento istitutivo della società ha subito un differimento, al fine di consentire agli Stati membri di recepire la direttiva 2001/86/CE, dell’8 ottobre 2001, in tema di coinvolgimento dei lavoratori[69]. La direttiva, preso atto che il regolamento è funzionale alla predisposizione di un «quadro giuridico uniforme», nell’ambito del quale le società possano «programmare» e «eseguire» la riorganizzazione delle loro attività a livello comunitario, considera di importanza centrale, ai fini del perseguimento degli obiettivi sociali della Comunità, il coinvolgimento dei lavoratori[70].

Per quanto attiene al rapporto tra regolamento e direttiva, degno di attenzione è il fatto che il primo delimiti l’ambito della seconda, stabilendo che quest’ultima sia finalizzata al coinvolgimento dei lavoratori per questioni relative alla vita della società, mentre altre questioni, relative al diritto all’informazione e alla consultazione dei lavoratori, siano disciplinate dalle «disposizioni nazionali» previste per le società per azioni[71]. Si stabilisce, inoltre, nel regolamento, che le disposizioni, contenute nella direttiva in tema di coinvolgimento dei lavoratori, siano «complemento indissociabile» del regolamento stesso e debbano «poter essere applicate contemporaneamente»[72]. Si prevede, sempre nel regolamento, che l’iscrizione della Societas europaea sia possibile solo dopo aver concluso l’accordo sulle modalità di coinvolgimento dei lavoratori[73] secondo quanto stabilito dalla direttiva[74], salvo il caso che la «delegazione speciale di negoziazione», istituita per rappresentare gli interessi dei lavoratori, non preferisca evitare negoziati con gli organi sociali di direzione o di amministrazione o scelga di porre fine ai negoziati, per fare riferimento alle norme in tema di informazione e di consultazione dei lavoratori in vigore negli Stati membri[75], oppure sia trascorso inutilmente il termine stabilito nell’art. 5 della direttiva per la conclusione dei negoziati[76]. In caso di fallimento delle trattative fra i rappresentanti dei lavoratori e gli organi direttivi delle società, sono comunque garantite la «informazione» e la «consultazione» dei lavoratori[77].

 

b. – Il contenuto del coinvolgimento dei lavoratori nella Societas europaea

 

Quanto al contenuto del coinvolgimento, la direttiva garantisce ai lavoratori la possibilità di compiere quelle attività, con le quali i relativi rappresentanti possano influire sulle decisioni da adottare all’interno della società. Nella direttiva si richiamano espressamente attività quali la «informazione», la «consultazione» e la «partecipazione», precisando che per «informazione» debba intendersi la comunicazione, ai rappresentanti dei lavoratori da parte dell’organo competente, di quanto concerne la attività complessiva della Societas europaea e delle altre società operanti in Stati diversi da quelli in cui la prima abbia la sua sede sociale e/o la comunicazione di quanto concerne le materie che eccedono i poteri degli organi decisionali di uno Stato membro, in modo da consentire ai lavoratori di avviare valutazioni di impatto e consultazioni con gli organi della società; per «consultazione», il «dialogo» e/o lo «scambio di opinioni» tra l’«organo competente» e i rappresentanti dei lavoratori, in modo da consentire a questi ultimi di influire sulle decisioni adottate all’interno della società; per «partecipazione», la «influenza» dei rappresentanti dei lavoratori sull’attività della società, attraverso il diritto di «eleggere» o di «designare» alcuni membri dell’organo di vigilanza o di amministrazione della società, oppure il diritto di «raccomandare la designazione» di alcuni o anche di tutti i membri dell’organo di vigilanza o di amministrazione della società[78].

In sintesi, quindi, il coinvolgimento dei lavoratori, nella Societas europaea, si esprime sia attraverso la informazione e la consultazione di un organismo di rappresentanza dei lavoratori, sia attraverso la partecipazione dei lavoratori nel consiglio di amministrazione e di vigilanza della società[79]. La competenza dell’organo di rappresentanza si limita, fondamentalmente, alle questioni che riguardano la Societas europaea o una affiliata situata in un altro Stato membro. Quanto al diritto dell’organo di rappresentanza di essere informato e consultato, in relazione alla attività della Societas europaea, questo diritto riguarda gli aspetti principali della vita societaria, quali quelli relativi alla situazione economica e finanziaria, alla produzione e alla occupazione, anche con riguardo alle metodologie concernenti la organizzazione del lavoro o i processi produttivi, senza escludere le questioni concernenti la chiusura delle imprese e i licenziamenti collettivi.

La direttiva prevede una procedura di negoziazione assai complessa che prende il via dalla «Istituzione di una delegazione speciale di negoziazione». A tale scopo, gli organi di direzione o di amministrazione delle società partecipanti, non appena abbiano predisposto un progetto di costituzione di una Societas europaea, debbono iniziare una negoziazione con i rappresentanti dei lavoratori[80]. La delegazione speciale di negoziazione e gli organi competenti delle società, tramite accordo scritto, devono stabilire le modalità del coinvolgimento dei lavoratori nella Societas europaea[81]. Il «contenuto dell’accordo», tra gli organi competenti delle società partecipanti e la delegazione speciale di negoziazione, sulle modalità del coinvolgimento dei lavoratori nella Societas europaea, deve essere conforme a uno «spirito di cooperazione»[82]. L’accordo è finalizzato, tra l’altro, a disciplinare l’ambito di esso stesso, la composizione e il numero dei componenti dell’organo di rappresentanza, la procedura necessaria per l’informazione e la consultazione dell’organo di rappresentanza, il numero delle riunioni, le risorse finanziarie dell’organo di rappresentanza, i termini dell’accordo e le procedure di negoziazione ulteriore[83]. Si prevede una tutela per i rappresentanti dei lavoratori che devono essere garantiti alla pari dei rappresentanti dei lavoratori degli Stati membri[84].

In questa sede non è ancora possibile trarre conclusioni circa la disciplina introdotta a livello comunitario con la istituzione della Societas europaea. Si è detto che essa è «volutamente una disciplina incompiuta», in quanto sarà necessario, per avere un quadro di insieme, attendere l’entrata in vigore del regolamento e l’attuazione della direttiva attraverso i diritti degli stati membri[85].

Si può però osservare, sin da ora, che oggi è sempre più diffuso il convincimento che l’impresa non sia semplicemente un oggetto, uno dei tanti, del diritto di proprietà, ma anzitutto una comunità in cui si incontrano e si scontrano interessi diversi, dietro i quali vi sono non finzioni giuridiche, che il dogmatismo spesso erge a realtà, ma pur sempre uomini, questi sì reali, con il loro bisogni e le loro aspirazioni, che attraverso l’impresa possono realizzare obiettivi comuni[86].

Si è prodotta così, in particolare in Italia, proprio mentre il clima politico appare sempre più teso, specialmente per quanto attiene alla grande questione delle relazioni fra datori di lavoro e lavoratori, la necessità che la impresa sia concepita non solo come una occasione di collaborazione tra imprenditore e lavoratore, ma anche come uno strumento di espressione di un nuovo modo di concepire la proprietà stessa. Si è detto, in tal senso, che per il capitalismo italiano il regolamento sulla Societas europaea e la direttiva sul coinvolgimento dei lavoratori nell’impresa hanno costituito una «rivoluzione copernicana» verso un processo di democratizzazione della economia, in cui la «partecipazione finanziaria e strategica dei lavoratori nell’impresa» sia resa possibile, anzitutto, attraverso un sistema di garanzie di tutela del risparmio azionario e di occasioni forti per i lavoratori di manifestare la propria volontà[87].

Come si vedrà meglio nel prosieguo del discorso, è proprio il coinvolgimento dei lavoratori, elemento centrale della Societas europaea, a rafforzare il quadro di continuità fra tale «nuova entità societaria» e la societas romana, invenzione straordinaria della scienza giuridica, alla quale i soci partecipano, in posizione eguale, per perseguire una «utilità unica, che, per definizione, è la stessa per ciascuno di essi»[88].

 

 

PARTE SECONDA

società unipersonale

 

 

1.   – La definizione di società nel Trattato istitutivo della Comunità Europea

 

a. L’art. 48 del Trattato istitutivo della Comunità Europea: alcune riserve dottrinali con particolare riguardo alla connessione fra società e persona giuridica

 

Nel Trattato istitutivo della Comunità Europea, all’art. 48, si legge che:

 

Le società costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale all’interno della Comunità, sono equiparate, ai fini dell’applicazione delle disposizioni del presente capo, alle persone fisiche aventi la cittadinanza degli Stati membri.

Per società si intendono le società di diritto civile o di diritto commerciale, ivi comprese le società cooperative, e le altre persone giuridiche contemplate dal diritto pubblico o privato, ad eccezione delle società che non si prefiggono scopi di lucro.

 

La definizione di società ivi contenuta ha suscitato, nella dottrina italiana, un certo stupore e vere e proprie riserve, attribuibili, anzitutto, al fatto che, in tale definizione, il legislatore, a differenza di quanto avviene per la nozione di contratto di società, riportata nell’art. 2247 cod. civ., assegna un peso fondamentale al fine di lucro. E si è rilevato che il fine di lucro è «il criterio principale che in essa (scil. nella definizione) si adopera per individuare gli enti, diversi dalle persone fisiche, a cui gli Stati assicurano libertà di stabilimento»[89]. Stupore e riserve, poi, attribuibili al fatto che, nella definizione, si attribuisce alle società la personalità giuridica, sia in quanto ad esse si riconosce, come alle persone fisiche, il diritto di stabilimento, sia in quanto, entro la nozione così delineata, si comprendono le persone giuridiche del diritto pubblico e del diritto privato, in particolare gli enti pubblici economici o le aziende pubbliche[90].

L’indirizzo dottrinale, secondo cui tra società e persona giuridica vi è una intima connessione, non è certo nuovo. «La società», scrive già nel 1929 un illustre studioso del diritto commerciale, Cesare Vivante, «ha la sua base imprescindibile in un contratto, ma questo contratto ha la virtù speciale di dare vita a una persona che prima non esisteva, dotata di una propria volontà, che si regola, nei limiti segnati dalla legge, secondo i propri interessi: persona nuova autonoma che persegue durevolmente il suo scopo, anche quando i soci che concorsero a costituirla ne sono usciti, o sono morti, o lavorano per distruggerla»[91].

Con la riforma del diritto societario[92], in Italia, si è diffuso in dottrina un indirizzo secondo il quale le società di persone e di capitali, in quanto dotate di un nome, di una sede, di un patrimonio e di una capacità negoziale e processuale siano, per ciò stesso, da considerare persone giuridiche. Nell’impianto originario del codice civile del 1942, profondamente influenzato in questo senso dal modello tedesco, l’acquisto della personalità giuridica, da parte della società di capitali, viene invece subordinato alla iscrizione della società nel registro delle imprese[93].

 

b. – Il valore (odierno) del contratto nella costituzione della società

 

Con la riforma del diritto societario, il contratto di società non è più l’unica fonte della società. Due tipi di società, quello a responsabilità limitata e ora anche quello per azioni, possono essere istituiti anche per volontà di un solo costituente (artt. 2328, comma 1, 2463, comma 1, cod. civ., nel testo novellato dal d. lgs. 17 gennaio 2003 n. 6), mediante un atto unilaterale, simile a quello che può dare vita a una fondazione[94]. Si viene così a rompere una tradizione giuridica secolare richiamata nella nozione di società di cui all’art. 2247 cod. civ.:

 

Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili.

 

Si tratta, come si vede, di una definizione del contratto di società, nella quale ciò che emerge non è il fine di lucro o la personalità giuridica, ma l’accordo delle parti, più precisamente l’accordo finalizzato all’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili[95].

Richiamare il valore che nella tradizione secolare ha assunto il contratto di società non è una operazione nostalgica. Richiamare tale valore significa mettere in rilievo che il contratto di società ha caratteri particolarissimi[96]. Il contratto di società deve essere annoverato fra i contratti plurilaterali con comunione di scopo, assieme a figure giuridiche quali il contratto di consorzio, l’associazione, il cartello o il sindacato azionario[97]. Come si è rilevato, esso non è un «contratto caratterizzato, alla stregua dei sinallagmatici, dalla presenza di obbligazioni e prestazioni contrapposte», ma è un contratto in cui «la prestazione di ciascuna parte non è che un mezzo per il raggiungimento dello scopo comune. L’obbligazione che sorge dal contratto si pone verso la società, ossia verso il gruppo unificato dei soci, tramite il quale si realizza l’esercizio dell’attività, con l’obiettivo di produrre utili e di farli ricadere nel patrimonio dei singoli»[98]. «Insistere sul contratto», si è osservato, «serve anche a ricercare un interesse comune dei soci quale criterio di composizione dei conflitti ed a respingere quelle opinioni che soprattutto nella grande impresa azionaria vedono un’istituzione, alla quale sono legati non soltanto chi investe il capitale e partecipa al voto ed agli utili (gli sharehlders) ma anche altre categorie di soggetti che vi impegnano una posta più o meno ingente (gli stakeholders), quali possono essere i lavoratori, gli agenti e gli altri intermediari commerciali, i consumatori, le collettività locali, la stessa nazione»[99].

 

 

2.   La costituzione della società con atto unilaterale

 

a. – Imprenditore individuale e responsabilità limitata nella moderna scienza giuridica

 

Risale agli inizi del XX secolo il dibattito sulla opportunità di concedere all’imprenditore individuale la possibilità di operare in regime di responsabilità limitata, in modo da facilitarne l’iniziativa economica[100]. Il codice civile, però, riconduce la costituzione della società al contratto, riconoscendo, in tal modo, la necessità che le parti della società siano due o più[101]. Nella tradizione anglosassone, nella quale la personalità giuridica, in origine, è concepita come un privilegio concesso dal sovrano alla corporation, vi sono, evidentemente, meno remore nel riconoscere che una società possa esistere sulla base di un atto di un singolo[102].

È noto che nei diritti di diversi Stati membri, nel corso dell’ultimo trentennio, sono state emanate leggi con le quali è stata ammessa la costituzione della società con atto unilaterale. Nella Comunità Europea, il 21 dicembre 1989, è stata poi approvata la dodicesima direttiva, 89/667/CEE, che introduce, a livello comunitario, la limitazione della responsabilità dell’imprenditore unico. In Italia, sulla base di tale direttiva, dapprima col d.lgs. 3 marzo 1993, n. 88 e poi col d.lgs., 17 gennaio 2003, n. 17, si è introdotta la possibilità di costituire, attraverso un atto unilaterale, sia la società per azioni (art. 2328, comma 1, cod. civ.), sia la società a responsabilità limitata (art. 2463, comma 1, cod. civ.). Quando un unico socio è il fondatore della società, questa si costituisce per atto unilaterale (art. 2328, comma 1, cod. civ.). La società, sorta per atto unilaterale, è ancora però suscettibile di trasformarsi in un contratto quando il fondatore ceda le proprie azioni ad altri o deliberi un aumento di capitale sociale che altri sottoscrivano[103].

 

b. – Conseguenze aberranti nella costituzione della società attraverso atto unilaterale

 

Vi sono conseguenze aberranti nell’ammettere la costituzione della società attraverso un atto unilaterale. Non a torto si è parlato, ad opera di uno dei più autorevoli studiosi del diritto commerciale, Francesco Galgano, di uno «sdoppiamento della personalità»: il socio unico diventa «altro da sé: terzo rispetto ai diritti che egli stesso acquista in nome della società ed alle obbligazioni che egli stesso assume in nome della medesima, se in assemblea nomina se stesso come amministratore unico della società». È importante che questa osservazione derivi proprio da uno studioso che ha partecipato ai lavori della commissione di riforma del diritto societario! Il quale peraltro ha anche osservato come per la società unipersonale sia «forte il sospetto di abuso della personalità giuridica, ossia della alterità soggettiva fra socio unico e società»[104].

Ma vi è di più. La società con un solo socio costituisce un caso anomalo rispetto al fenomeno societario che presuppone, evidentemente, per definizione, la esistenza di una pluralità di soggetti con interessi convergenti rispetto almeno al fine societario. Vi è dunque in Italia chi ha correttamente posto in dubbio l’esatta qualificazione del fenomeno come societario, per ritenere che la società unipersonale sia solo «una impresa sostanzialmente individuale ma in forma di impresa collettiva»[105]. Non intendiamo soffermarci ancora su tali aspetti. Ci limitiamo a rilevare che sono assolutamente fondati i dubbi prospettati in dottrina sulla «pericolosità» di una forma societaria unipersonale: manca qui, infatti, la possibilità, di una tutela dei terzi conseguente al controllo dei soci di minoranza[106].

 

 

PARTE TERZA

Societas romana

 

 

1. – Societas europaea e societas romana

 

a. – Una linea di continuità fra Societas europaea e societas romana

 

La lettura che si intende qui dare, in estrema sintesi, delle linee di tendenza del nuovo diritto societario, con particolare riguardo a quelle risultanti dalle fonti relative alla Societas europaea è, naturalmente, una lettura con gli occhiali propri di un romanista. Pertanto, non appare fuori luogo osservare, anzitutto, che l’impiego della lingua latina per indicare una nuova forma di società per azioni – la Societas europaea – richiama una linea di continuità fra questa forma e il contratto romano della societas. Tale linea di continuità si esprime e si rafforza nella concreta disciplina, come si è anticipato, soprattutto in relazione alla prevista possibilità di un «coinvolgimento» dei lavoratori nella Societas europaea, al di là di quello che, altrimenti, potrebbe apparire un richiamo formale, una mera affinità linguistica.

È di particolare importanza, inoltre, osservare che il coinvolgimento dei lavoratori all’interno della Societas europaea, da intendersi, secondo la direttiva ora richiamata, nel senso di «qualsiasi meccanismo, ivi comprese l’informazione, la consultazione e la partecipazione, mediante il quale i rappresentanti dei lavoratori possono esercitare un’influenza sulle decisioni che devono essere adottate nell’ambito della società»[107], richiama un aspetto fondamentale e del tutto caratteristico della societas romana[108]: quello della utilità comune[109]. A differenza dei contratti di scambio, in cui le parti sono in una posizione contrapposta – quella del creditore e quella del debitore – nella societas romana, come ha osservato Giovanni Lobrano, i «contraenti sono uguali, sono soci e perseguono una utilità unica, che, per definizione, è la stessa per ciascuno di essi. Il contratto di società non impone né produce rinunce ai contraenti-soci; al contrario, esso è la macchina sofisticata che consente di potenziare le capacità e le utilità individuali ben oltre la loro semplice somma, ma ciascun contraente-socio deve sapere e volere transitare, attraverso l’artificium e la ascesi della mediazione costituita dalla determinazione-perseguimento della utilità collettiva»[110].

Non sfugge a chi scrive, naturalmente, che i lavoratori, nella Societas europaea, non sono soci, sebbene le parti sociali non siano, a volte, dello stesso avviso[111]. Si intende, quindi, richiamare l’attenzione sul fatto che il coinvolgimento dei lavoratori all’interno della Societas europaea può essere letto in una linea di continuità con la concezione romana della societas, intesa come rapporto fra eguali. In questo senso non appare azzardato rilevare che il legislatore comunitario ha (re)introdotto, nel nostro sistema giuridico, un carattere fondamentale del rapporto societario, che si evidenzia, appunto, nella concreta partecipazione dei lavoratori alla vita societaria.

 

b. – La rilevanza della nozione romana di societas nel ius publicum

 

Tale carattere della societas romana, dal piano del cosiddetto ius privatum, si esprime con altrettanta forza sul piano del cosiddetto ius publicum. Alla base della nozione stessa di populus, come emerge in Cicerone[112], vi è la idea stessa di societas. Si deve qui ricordare che non è solo il populus a poter essere interpretato come societas, ma anche la città, che peraltro costituisce il popolo (Cic., De re publica 1.26.41: civitas, quae est constitutio populi), a poter essere identificata come un elemento di una progressione, in cui forte è l’idea, espressa ancora in Cicerone, nel De officiis[113], di un’unica condicio iuris fra tutti gli esseri animati. Come si è tentato di mostrare in altra sede[114], la vera e propria chiave di lettura della nota classificazione dei vari gradi della società umana, riportata da Cicerone nel De officiis, risiede nella concezione del carattere naturale delle diverse forme di società comuni agli uomini e agli altri esseri animati. Nella classificazione ciceroniana, il legame fra tutti gli esseri animati, uomini e animali non umani, si esprime nel richiamo all’istinto alla procreazione, considerato come il fattore di altre società: da quella del coniugium, a quella dei liberi, e quindi a quella della domus e delle altre res communes. Il vincolo che contraddistingue tali società è talmente importante da costituire il principium urbis e il seminarium rei publicae. La prospettiva della riflessione ciceroniana non è, dunque, dissimile da quella adottata da Ulpiano nella definizione del ius naturale come diritto comune a uomini e ad altri esseri animati[115], ove è evidente, per il riferimento alla coniunctio, alla procreatio e alla educatio liberorum, il parallelismo con la riflessione di Cicerone, in tema di coniugium e di societas liberorum[116].

 

 

2. – Contratto di societas e persona giuridica

 

a. – Il problema giuridico della considerazione unitaria degli atti di una pluralità di persone nel diritto romano e moderno

 

L’idea di una societas, in cui i cittadini-soci si prefiggono la propria utilitas, «attraverso il perseguimento della communio utilitatis del popolo-societatis», costituisce la risposta antica alla questione giuridica fondamentale della considerazione, «in maniera unitaria», degli «atti posti in essere da una pluralità di persone»[117]. Tale nozione di societas si è conservata e rinnovata, nell’evo medio, attraverso il Corpus iuris civilis, nella rete di Città-Municipi che, denominati Comuni, in quanto tesi verso la ricerca, caratteristica della societas, del «bonum commune», si associano in leghe, federazioni e confederazioni.

Alla nozione, fondata sulla virtus, di quella particolare forma di societas che è la civitas romana (Cic., De re publica 1.2.2: virtus in usu sui tota posita est; usus autem eius est maximus civitatis gubernatio), si richiama, tra gli altri, Jean Jacques Rousseau, nel Contratto sociale, pubblicato nel 1764, per riproporre la Repubblica del popolo romano.

Accanto a questa soluzione, antica, della questione ora richiamata, l’altra soluzione, moderna, è, invece, la costruzione di una categoria giuridica, la persona ficta vel repraesentata, la cui prima elaborazione si fa risalire, come è noto, nel XIII sec., a Sinibaldo dei Fieschi, Papa Innocenzo IV, categoria poi applicata e ulteriormente sviluppata nel diritto parlamentare inglese. Si tratta della categoria della ‘persona giuridica’ e della ‘rappresentanza della volontà’[118].

Alla costruzione della persona giuridica si richiama la idea del Leviatano, dello Stato-persona, nel XVII sec., elaborata da Thomas Hobbes, secondo il quale la natura umana è irrimediabilmente egoista, protesa verso la propria utilità individuale. Il riconoscimento di tale natura conduce, necessariamente, alla esclusione della partecipazione dei cittadini, in quanto incapaci a perseguire la utilità pubblica, dal processo di formazione della volontà pubblica e, quindi, alla necessità di un «sovrano altro dal ‘popolo dei cittadini’»: il Leviatano, appunto, identificabile, concretamente, nelle persone fisiche dei suoi rappresentanti[119].

 

b. – Tensioni non risolte fra la soluzione antica, basata sul contratto di societas, e la soluzione moderna, basata sulla persona giuridica, nel nuovo diritto societario

 

Nella disciplina della Societas europaea, ma più in generale, come si è visto in tema di società unipersonale, nel nuovo diritto societario, l’atteggiamento del legislatore, in merito alla questione giuridica della considerazione «unitaria degli atti posti in essere da una pluralità di persone», appare caratterizzato da tensioni non risolte fra la soluzione antica, basata sul contratto di societas, e la soluzione moderna, basata sulla persona giuridica: in particolare, il previsto riconoscimento, nella disciplina comunitaria, della Societas europaea come persona giuridica quanto meno altera la linea di continuità con la societas romana[120].

Nel nuovo diritto societario italiano, a seguito di alcune riforme dell’ultimo decennio, intraprese sulla base di scelte normative effettuate a livello europeo, in contrasto con la scelta che ha condotto a privilegiare, almeno parzialmente, la linea di continuità fra la Societas europaea e la societas romana, è stata, invece, introdotta la possibilità che la società a responsabilità limitata (nel 1993) e ora pure la società per azioni (2004) siano costituite anche nel caso di un solo socio. Il legislatore, attraverso la ammissione di società unipersonali, sembra quindi avere del tutto rinunciato a quella linea di continuità, già compromessa, con riferimento alla Societas europaea, dall’innesto della categoria moderna di persona sulla soluzione antica basata sul contratto di societas[121].

Si tratta di una scelta, nell’uno e nell’altro caso, particolarmente significativa che denota, nella situazione politica ed economica odierna, l’assenza di società e di virtù, il ripristino delle quali, si è detto, è «còmpito del ius, in una intesa rinnovata con la religio»[122].



 

[1] G.U.C.E. L 294 del 10 novembre 2001.

 

[2] Art. 70 reg.

 

[3] Mette ora in rilevo la complessità della disciplina E. De Filippo, Documentazione, in Aver voce in capitolo. Società europea e partecipazione dei lavoratori nell’impresa, a cura di L. Bordogna-F. Guarriello, Roma 2003, 179.

 

[4] L’espressione fra virgolette è di M. Biagi, Flessibilità e obblighi partecipativi nella direttiva sulla Società europea, in Aver voce in capitolo. Società europea e partecipazione dei lavoratori nell’impresa, cit., 39-40. A nostro parere, «nuova» la Societas europaea può essere definita non in relazione alle modalità costitutive o alla sua storia, che risale ormai a trent’anni addietro (v. infra nt. 8), ma alle opportunità che può offrire alle imprese, in vista della «integrazione nel mercato unico anche a livello di diritto societario», a tale punto che vi è chi ha parlato di «una rivoluzione copernicana» per il capitalismo italiano, con una spinta fondamentale verso la «democratizzazione dell’economia»: così D. Paparella, Presentazione, in Aver voce in capitolo. Società europea e partecipazione dei lavoratori nell’impresa, cit., 9.

 

[5] Cfr. M. Biagi, Società europea, partecipazione e relazioni industriali in Italia e in Europa, in Aver voce in capitolo. Società europea e partecipazione dei lavoratori nell’impresa, cit., 24 ss. In generale sulla partecipazione dei lavoratori, con riguardo anche alla Societas europaea, si veda G. Arrigo, Il diritto del lavoro dell’Unione europea, II, Milano 2001, 378 ss.

 

[6] Art. 9 reg.

 

[7] Su tale percorso si veda, per tutti, F. Guarriello, Dalle prime proposte in tema di partecipazione all’attuale direttiva, in Aver voce in capitolo. Società europea e partecipazione dei lavoratori nell’impresa, cit., 61 ss.

 

[8] Cfr. F. Guarriello, Dalle prime proposte in tema di partecipazione all’attuale direttiva, cit., 62 ss., la quale, nel porre in risalto il fatto che lo statuto della Societas europaea sia legato alla «partecipazione» dei lavoratori, rileva che «tracce di tale progetto congiunto sono rinvenibili sin dalla prima ideazione risalente al 1959, poi esplicitata dal lavoro del gruppo di esperti, presieduto dall’olandese Pieter Sanders, presentato nel 1966 e nella formalizzazione della proposta presentata dalla Commissione nel 1970». Si vedano inoltre: P. Sanders, Progetto di uno Statuto di società anonima europea, Bruxelles 1966 e la Proposta di regolamento Cee del Consiglio relativo allo Statuto di una società per azioni europea, presentata dalla Commissione al Consiglio il 30 giugno 1970, in G.U.C.E. C 124, 10 ottobre 1970, entrambi citati nel contributo sopra richiamato di Guarriello. Sulla armonizzazione del diritto societario si veda ora A. Serra, Diritto commerciale ed evoluzione della disciplina delle società in Europa (dall’armonizzazione al diritto uniforme), in Roma e America. Diritto romano comune, 13, 2002, 256 ss., il quale, in relazione al programma di organizzazione del diritto societario, si è espresso nei termini di una «armonizzazione incompiuta». Si tenga inoltre presente, per quanto attiene ai caratteri della «specialità», della «universalità» e della «uniformità» del diritto commerciale, F. Galgano, Diritto civile e commerciale, I, Le categorie generali. Le persone. La proprietà, 3 ed., Padova 1999, 87 ss.; Id., Lex mercatoria, Bologna 2001, 19 ss.; 56 ss.; 131 ss.

 

[9] Cfr., in tal senso, G. Arrigo, Il diritto del lavoro dell’Unione europea, cit., 378 ss., che pone in rilievo il fatto che la partecipazione dei lavoratori si inserisce nella questione della armonizzazione del diritto societario, in particolare per quanto attiene alla composizione e alla struttura degli organi societari; F. Guarriello, Dalle prime proposte in tema di partecipazione all’attuale direttiva, cit., 62, che richiama il contributo sopra citato di Arrigo.

 

[10] Così D. Paparella, Presentazione, cit., 9.

 

[11] Si veda G.A. Rescio, La società europea, in Diritto delle società di capitali. Manuale breve, prefazione di B. Libonati, Milano 2003, 177 ss.

 

[12] Artt. 3-4-5 reg.

 

[13] N. 12 reg.

 

[14] N. 15 reg.

 

[15] N. 16 reg.

 

[16] N. 18 reg.

 

[17] N. 20 reg.

 

[18] Si vedano, tra gli altri, artt. 8, comma 2; 13; 25; 32, comma 3; 33, comma 3; 37, comma 5; 61; 62, comma 2; 66, comma 4, reg.

 

[19] Si veda, in tal senso, G.A. Rescio, La società europea, cit., 177 ss.

 

[20] N. 1 reg.

 

[21] N. 2 reg.

 

[22] N. 3 reg.

 

[23] N. 4 reg.

 

[24] N. 6 reg.

 

[25] Artt. 12 e 16, comma 1, reg.

 

[26] Art. 14, comma 1, reg.

 

[27] N. 13 reg. e art. 4, comma 2, reg.

 

[28] N. 5 reg.

 

[29] Art. 2, comma 1, reg.

 

[30] Art. 2, comma 2, reg.

 

[31] Art. 2, comma 3, reg.

 

[32] Art. 2, comma 4, reg.

 

[33] Art. 3, comma 2, reg.

 

[34] Art. 66 reg.

 

[35] Cfr. G.A. Rescio, La società europea, cit., 181.

 

[36] Art. 32, comma 1, reg.

 

[37] Artt. 3 e 7 reg. Cfr. G.A. Rescio, La società europea, cit., 178.

 

[38] N. 5 reg.

 

[39] Art. 8, comma 1, reg.

 

[40] Artt. 8, comma 2 e 3, reg.

 

[41] Art. 8, comma 2, reg.

 

[42] N. 23 reg., ove si fa riferimento ai «principi stabiliti nel Programma generale del 1962 per l’abolizione delle restrizioni alla libertà di stabilimento».

 

[43] Artt. 39-42 reg.

 

[44] Artt. 43-44 reg.

 

[45] N. 14 reg.

 

[46] Art. 39, comma 1, reg.

 

[47] Art. 39, comma 2, reg.

 

[48] Artt. 39, comma 3, e 40, comma 1, reg.

 

[49] Art. 39, comma 2, reg.

 

[50] Art. 40, comma 2, e 41, comma 1, reg.

 

[51] Art. 41, comma 3-4, reg.

 

[52] Art. 43 reg.

 

[53] Cfr. G.A. Rescio, La società europea, cit., 179.

 

[54] Art. 43, comma 2, reg.

 

[55] Art. 43, comma 3, reg.

 

[56] Art. 44, comma 1, reg.

 

[57] Art. 44, comma 2, reg.

 

[58] Art. 46 reg.

 

[59] Art. 47, comma 1, reg.

 

[60] Art. 51 reg.

 

[61] Art. 52 reg.

 

[62] Art. 53 reg.

 

[63] Art. 54 reg.

 

[64] Art. 55, comma 1, reg.

 

[65] Art. 58 reg.

 

[66] Art. 57 reg.

 

[67] Art. 59 reg.

 

[68] Art. 60 reg.

 

[69] N. 22 e art. 70 reg.

 

[70] N. 2 dir.

 

[71] N. 21 reg.

 

[72] N. 19 reg.

 

[73] Sulla «procedura di negoziazione» si vedano artt. 3 e ss. dir.

 

[74] Art. 4 dir.

 

[75] Art. 3, par. 6 dir.

 

[76] Art. 12, comma 2, reg.

 

[77] N. 11 e artt. 3 e ss. dir.

 

[78] Art. 2 lettere h-k dir.

 

[79] Artt. 9 e 10 dir.

 

[80] Art. 3, par. 1, dir.

 

[81] Art. 3, par. 3, dir.

 

[82] Art. 4, par. 1, dir.

 

[83] Art. 4, par. 2, dir.

 

[84] Art. 10 dir.

 

[85] Così F. Guarriello, Dalle prime proposte in tema di partecipazione all’attuale direttiva, cit., 82.

 

[86] Cfr. D. Paparella, Presentazione, cit., 8.

 

[87] Così D. Paparella, Presentazione, cit., 9.

 

[88] Così G. Lobrano, Dell’homo artificialis deus mortalis dei Moderni comparato alla societas degli Antichi, in Giovanni Paolo II. Le vie della giustizia. Itinerari per il terzo millennio, a cura di A. Loiodice-M. Vari, Roma 2003, che si cita dal dattiloscritto.

 

[89] Si veda G. Cottino-R. Weigmann, Le società di persone, in Trattato di Diritto commerciale, diretto da G. Cottino, III, Società di persone e consorzi, Padova 2004, 4 ss.

 

[90] Si veda G. Cottino-R. Weigmann, Le società di persone, cit., 4 ss.

 

[91] C. Vivante, Trattato di diritto commerciale, II, Le società, Milano 1929, 1 ss. Sono ancora fondamentali le pagine scritte al riguardo da F. Ferrara, Teoria delle persone giuridiche, 2 ed., in Il diritto civile italiano secondo la dottrina e la giurisprudenza, diretto da P. Fiore e continuato a cura di B. Brugi, parte seconda, Delle Persone, Roma-Torino-Napoli 1923, 526 ss.; Id., Le persone giuridiche, 2 ed., con note di F. Ferrara j., in Trattato di diritto civile italiano, diretto da F. Vassalli, II, tomo II, Torino 1956, 78. Per un quadro generale, sulla concezione della società come persona giuridica, si vedano inoltre, con rinvii alla letteratura: G. Ferri, v. Società (in generale), in Novissimo Digesto Italiano, XVII, Torino 1970, 543 ss. (ora in Digesto delle Discipline privatistiche. Sezione commerciale, XIV, Torino 1997, 265 ss.); F. Galgano, v. Società (dir. priv.), in Enciclopedia del Diritto, XLII, Milano 1990, 868 ss.; Id., Diritto civile e commerciale, III, L’impresa e le società, tomo secondo, Le società di capitali e le cooperative, 3 ed., Padova 1999, 109 ss.

 

[92] La riforma del diritto societario, in tema di società di capitali, trova le sue fonti nella legge delega al Governo per la riforma del diritto societario, la n. 366 del 3 ottobre 2001, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 234 dell’8 ottobre 2001. Alla legge delega ha fatto seguito il d.lgs. delegato, del 17 gennaio 2003, n. 5 e 17 gennaio 2003 n. 6, rispettivamente per la parte processuale e per la parte sostanziale, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, il 22 gennaio 2003, n. 17. Cfr. G. Ragusa Maggiore, Trattato delle società, II, Le società di capitali. La società per azioni. Formazione della società per azioni. Nuovo diritto societario, Padova 2003, XIII ss.

 

[93] Artt. 2331, 2454, 2463, comma 3, cod. civ.

 

[94] Cfr. G. Cottino-R. Weigmann, Le società di persone, cit., 11 ss.

 

[95] Cfr. G. Cottino-R. Weigmann, Le società di persone, cit., 13.

 

[96] Cfr. P. Ferro-Liuzzi, I contratti associativi, rist., Milano 2001, 2 ss.

 

[97] Cfr. G. Marasà, Le società. Società in generale, in Trattato di diritto privato, a cura di G. Iudica-P. Zatti, 2 ed., Milano 2000, 9 ss.; G. Cottino-R. Weigmann, Le società di persone, cit., 14.

 

[98] Così G. Cottino-R. Weigmann, Le società di persone, cit., 14. Si veda, inoltre, F. Galgano, Diritto civile e commerciale, III, L’impresa e le società, tomo primo, L’impresa. Le società in genere. Le società di persone, 3 ed., Padova 1999, 109 ss.

 

[99] Si veda G. Cottino-R. Weigmann, Le società di persone, cit., 13.

 

[100] Cfr. R. Weigmann, Le società unipersonali: esperienze positive e prospettive di diritto uniforme, in Contratto e impresa, 1986, 831 ss.; Id., v. Società di un solo socio, in Digesto delle discipline privatistiche. Sezione commerciale, XIV, Torino 1997, 209 ss.; F. Galgano, Il nuovo diritto societario, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, diretto da F. Galgano, Padova 2003, 57 ss.; G. Cottino-R. Weigmann, Le società di persone, cit., 35 ss.

 

[101] Cfr. G. Cottino-R. Weigmann, Le società di persone, cit., 14 ss.; 35 ss.

 

[102] Cfr. G. Cottino-R. Weigmann, Le società di persone, cit., 36.

 

[103] Cfr. F. Galgano, Il nuovo diritto societario, cit., 57 ss.

 

[104] Si veda F. Galgano, Il nuovo diritto societario, cit., 57 ss. Si veda, inoltre, sulla «estensione della personalità giuridica», nel nuovo diritto societario, con particolare riferimento alle società di capitali, G. Ragusa Maggiore, Trattato delle società, II, Le società di capitali. La società per azioni. Formazione della società per azioni. Nuovo diritto societario, cit., 19 ss.

 

[105] Così C. Ibba, S.p.a. e s.r.l. con un solo socio, relazione (che si cita dal dattiloscritto) presentata al convegno, tenutosi a Sassari, il 2 ottobre 2003, su «La riforma del diritto societario», i cui atti sono in corso di stampa.

 

[106] Così ancora C. Ibba, S.p.a. e s.r.l. con un solo socio, cit. Sulla società unipersonale si veda inoltre C. Ibba, La Società a responsabilità limitata con un solo socio, Torino 1995; Id., La S.r.l. unipersonale fra alterità soggettiva e separazione patrimoniale, in Studi in onore di Pietro Rescigno, IV, Diritto privato, Milano 1998, 249 ss.

 

[107] Così si definisce il «coinvolgimento» dei lavoratori nell’art. 2, lettera h, dir.

 

[108] Sulla societas, nel sistema giuridico romano, la letteratura è vastissima. Per un primo esame si vedano: V. Arangio-Ruiz, La società in diritto romano, rist., Napoli 1965; M. Bianchini, Studi sulla societas, Milano 1967; F. Bona, Studi sulla società consensuale in diritto romano, Milano 1973; A. Guarino, La società in diritto romano, Napoli 1988; M. Talamanca, v. Società. Diritto romano, in Enciclopedia del diritto, 42, 1990, 814 ss., con ampi ragguagli bibliografici; C. Velasco, La sociedad, in Derecho romano de obligaciones. Homenaje al profesor José Luis Murga Gener, coordinación y presentación J. Paricio, Madrid 1994, 611 ss.; G. Santucci, Il socio d’opera in diritto romano. Conferimenti e responsabilità, Padova 1997.

 

[109] Sulla nozione di utilitas si veda, da ultimo, M. Navarra, Ricerche sulla utilitas nel pensiero dei giuristi romani, Torino 2002, alla quale si rinvia per la letteratura precedente.

 

[110] Così G. Lobrano, Dell’homo artificialis deus mortalis dei Moderni comparato alla societas degli Antichi cit.

 

[111] Con riferimento al modello della partecipazione, ha osservato il segretario confederale della CISL P.P. Baretta, Società europea e Dialogo sociale, in Aver voce in capitolo. Società europea e partecipazione dei lavoratori nell’impresa, cit., 51: «tu, imprenditore, mi chiedi di lavorare con lo stesso atteggiamento e la stessa disponibilità di un socio, ma discuti dei miei diritti e delle mie prestazioni come se fossi un subalterno, un dipendente, un salariato. Io, lavoratore, rispondo che ci sto ad assumermi le responsabilità e gli oneri che derivano dall’essere ‘socio’, ma ti chiedo che questa condizione nuova mi venga riconosciuta, ti chiedo di entrare nel gioco. L’impresa diventa anche mia, con tutte le variabili, i limiti, le regole e le condizioni che insieme definiremo. Non è il socialismo né l’autogestione: è semplicemente la partecipazione».

 

[112] Cic., De re publica 1.25.39 : ‘Est igitur,’ inquit Africanus, ‘res publica | res populi, populus autem non omnis hominum coetus quoquo modo congregatus, sed coetus multitudinis iuris consensu et utilitatis communione sociatus. eius autem prima causa coeundi est non tam inbecillitas quam naturalis quaedam hominum quasi congregatio. Sulla nozione di res publica, per tutti, si vedano: G. Lobrano, Res publica res populi. La legge e la limitazione del potere, Torino 1996, 114 ss.; L. Labruna, De re publica, in Id., Civitas quae est constitutio populi e altri studii di storia costituzionale romana, Napoli 1999, 35 ss.; M.G. Zoz, Riflessioni in tema di res publicae, Torino 1999, 65 ss.

 

[113] Cic., De officiis 1.17.53-54: 53 Gradus autem plures sunt societatis hominum. Ut enim ab illa infinita discedatur, proprior est eiusdem gentis, nationis, linguae qua maxime homines coniunguntur; interius etiam est eiusdem esse civitatis: multa enim sunt civibus inter se communia, forum, fana, porticus, viae, leges, iura, iudicia, suffragia, consuetudines praeterea et familiaritates multisque cum multis res rationesque contractae. Artior vero colligatio est societatis propinquorum; ab illa enim immensa societate humani generis in exiguum angustumque concluditur. 54 Nam cum sit hoc natura commune animantium, ut habeant libidinem procreandi, prima societas in ipso coniugio est, proxima in liberis, deinde una domus, communia omnia; id autem est principium urbis et quasi seminarium rei publicae.

 

[114] Si veda P.P. Onida, Studi sulla condizione degli animali non umani nel sistema giuridico romano, Torino 2002, 108; Id., Il divieto dei sacrifici di animali nella legislazione di Costantino. Una interpretazione sistematica, in Poteri religiosi e istituzioni: il culto di San Costantino Imperatore tra Oriente e Occidente, a cura di F. Sini-P.P. Onida, Torino 2003, 147 ss.

 

[115] D. 1.1.1.3 (Ulpianus libro primo institutionum): Ius naturale est, quod natura omnia animalia docuit: nam ius istud non humani generis proprium, sed omnium animalium, quae in terra, quae in mari nascuntur, avium quoque commune est. Hinc descendit maris atque feminae coniunctio, quam nos matrimonium appellamus, hinc liberorum procreatio, hinc educatio: videmus etenim ce­tera quoque animalia, feras etiam istius iuris peritia censeri.

 

[116] In generale, sul fondamento naturalistico del ius nella opera di Cicerone, si vedano: U. Knoche, Ciceros Verbindung der Lehre vom Naturrecht mit dem römischen Recht und Gesetz. Ein Beitrag zu der Frage: philosophische Begründung und politische Wirklichkeit in Ciceros Staatsbild, in Cicero. Ein Mensch seiner Zeit, hrsg. G. Radke, Berlin 1968, 38 ss.; M. Ducos, Les romains et la loi. Recherches sur les rapports de la philosophie grecque et de la tradition romain à la fin de la République, Paris 1984, 225 ss.; D.H. Van Zyl, Cicero and the law of natural, in South African Law Journal, 103, 1986, 55 ss.; N. Wood, Cicero’s social and political thought, Berkeley-Los Angeles London 1988, 70 ss.; L. Perelli, Il pensiero politico di Cicerone. Tra filosofia greca e ideologia aristocratica romana, Firenze 1990, 113 ss.; J. Annas, The morality of happiness, Oxford 1993, 302 ss.; P.A. Vander Waerdt, Philosophical influence on Roman Jurisprudence? The case of Stoicism an natural Law, in Aufstieg und Niedergang der römischen Welt, II.36.7, Berlin-New York 1994, 4851 ss.; F. Fontanella, Ius pontificum, ius civile e ius naturae nel De legibus II, 45-53, in Athenaeum, 84, 1996, 260; S. Querzoli, Il sapere di Fiorentino. Etica, natura e logica nelle Institutiones, Napoli 1996, 75 nt. 1; G. Hamza, Bemerkungen über den Begriff des Naturrechts bei Cicero, in Nozione formazione e interpretazione del diritto. Dall’età romana alle esperienze moderne. Ricerche dedicate al professor Filippo Gallo, II, Napoli 1997, 349 ss.

 

[117] Si veda G. Lobrano, Dell’homo artificialisdeus mortalis dei Moderni comparato alla societas degli Antichi, cit., passim.

 

[118] Sulla categoria di persona giuridica, fondamentali sono le osservazioni di: R. Orestano, Il problema delle fondazioni in diritto romano, Torino 1959; Id., Il «problema delle persone giuridiche» in diritto romano, I, Torino 1968; P. Catalano, Diritto e persone. Studi su origine e attualità del sistema romano, Torino 1990; G. Lobrano, Dell’homo artificialisdeus mortalis dei Moderni comparato alla societas degli Antichi, cit., passim. Sulla nozione di persona nella teologia, con rilievi interessanti anche per il giurista, si veda ora A. Milano, Persona in teologia. Alle origini del significato di persona nel cristianesimo antico, 2 ed., Roma 1996.

 

[119] Si veda G. Lobrano, Dell’homo artificialisdeus mortalis dei Moderni comparato alla societas degli Antichi, cit.,

 

[120] Si veda art. 1, comma 3, reg.: «La SE ha personalità giuridica».

 

[121] Con particolare riferimento alla riforma del diritto societario, P. Spada, C’era una volta la società, in Rivista del Notariato. Rassegna di diritto e pratica notarile, LVIII – gennaio-febbraio 2004, 1, 2 ss., ha posto in risalto il fatto che la «‘realtà’ di taluni esemplari di società … poco quadrava con l’immagine culturale corrente e con la corrispondente definizione del codice, cioè con la società-sodalizio».

 

[122] L’osservazione è di G. Lobrano, Dell’homo artificialisdeus mortalis dei Moderni comparato alla societas degli Antichi, cit.,