N. 3 –
Maggio 2004 – Tradizione Romana
Università di Sassari
Tensioni
non risolte nel nuovo diritto societario:
una
lettura romanistica
Il testo qui presentato contiene la relazione, nella
sua stesura originaria (con la sola integrazione di un apparato minimo di fonti
e dottrina), letta al II Seminario en el Caribe «Derecho romano y latinidad:
identidad e integración latinoamericana y caribeña», La Habana-Cuba, 12-14
febbraio 2004.
Il regolamento comunitario n. 2157/2001[1],
destinato a entrare in vigore l’8 ottobre 2004[2],
in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, contiene la disciplina,
particolarmente complessa[3],
della cosiddetta Societas europaea,
una «nuova entità societaria»[4]
riconducibile alla forma della società per azioni, la cui previsione si
inserisce a pieno titolo nel processo di partecipazione dei lavoratori alla
impresa[5].
La disciplina della Societas
europaea trae le sue fonti dalle disposizioni del regolamento e dalle
disposizioni contenute nello statuto della società, qualora il regolamento
rinvii ad esse; oppure, per quanto non disciplinato dal regolamento, dalle
«disposizioni di legge» degli Stati membri emanate in applicazione delle disposizioni
comunitarie dettate per la Societas
europaea; dalle «disposizioni di legge» degli Stati membri per le società
per azioni, purché costituite in conformità della «legge» dello Stato membro in
cui la Societas europaea ha la sede
sociale; dalle disposizioni dello statuto alle condizioni previste per le
società per azioni, purché, come nel caso precedente, costituite in conformità
della «legge» dello Stato membro in cui la Societas
europaea ha la sede sociale[6].
Non interessa, in questa occasione,
ripercorrere le tappe fondamentali del percorso che hanno condotto alla
formulazione di uno statuto della Societas
europaea[7].
Preme qui rilevare che tale formulazione appare indissolubilmente connessa, sin
dalle origini, alla partecipazione dei lavoratori, peraltro nell’ambito, più
ampio, della questione relativa alla armonizzazione del diritto societario
nella Unione Europea[8].
Senza poi dimenticare che lo statuto della Societas
europaea, proprio per il coinvolgimento dei lavoratori nella società, può
essere ricondotto all’ambito dei diritti di informazione e consultazione dei
lavoratori, già garantiti nella Carta comunitaria dei diritti sociali dei
lavoratori, approvata a Strasburgo nel dicembre del 1989, e nella Carta europea
di Nizza, del dicembre 2000[9].
Sul piano costituzionale, poi, lo statuto della Societas europaea è anche una importante opportunità per una
riflessione sulla disposizione dell’art. 46 della Costituzione, che «affida
alla legislazione la definizione delle forme di partecipazione dei lavoratori
nell’impresa»[10].
Si è osservato che, con il presente
regolamento comunitario, il legislatore intendeva, originariamente, dare vita a
«un tipo di società azionaria a sé stante»[11],
la disciplina della quale avrebbe dovuto avere un carattere uniforme
all’interno della Unione Europea, indipendentemente dal luogo in cui la società
avesse avuto la sua sede e avesse svolto la sua attività.
Tale intento, però, è apparso ben presto
di difficile attuazione a causa delle differenze fra gli ordinamenti dei
diversi Stati membri dell’Unione, ai quali il regolamento, del resto, nel
disciplinare la Societas europaea, fa
frequente richiamo.
Sono anzitutto previsti rinvii alla
legislazione dello Stato in cui ha sede la Societas
europaea[12].
Si applicano, inoltre, alla Societas europaea le «disposizioni nazionali»
relative al ricorso pubblico al risparmio e alla transazione di titoli[13].
Nel caso che una impresa eserciti un controllo su un’altra impresa, la tutela
degli azionisti di minoranza e dei terzi è assicurata dal diritto applicabile
alla impresa controllata, salvi gli obblighi che gravano sulla impresa
controllante in base al diritto ad essa applicabile[14].
Sia nel caso in cui la Societas europaea operi in qualità di società
controllante, sia nel caso in cui essa operi in qualità di società controllata,
ferma restando la necessità di un maggiore coordinamento fra gli Stati membri,
non è prevista la emanazione di una specifica disciplina in materia, ma la
applicazione delle norme e dei principi del diritto internazionale privato[15].
Alla
legislazione statale, nel caso di violazioni del presente regolamento, è invece
necessario fare riferimento per applicare le sanzioni che riguardano l’attività
delle società per azioni[16].
Alla legislazione statale e al diritto comunitario, inoltre, il regolamento
rinvia per quei settori da esso non espressamente disciplinati, quali il
«diritto tributario», il «diritto della concorrenza», il «diritto della
proprietà intellettuale», il «diritto fallimentare»[17].
Altri rinvii alle legislazioni statali sono poi previsti in tema di
contabilità, di bilanci e di pubblicità[18].
Anche
a causa di tali rinvii, la Societas
europaea costituirà, presumibilmente, un «modello o tipo generale»,
adeguato, in prevalenza, alle aziende di dimensioni medie o grandi, su scala
europea, destinato, a sua volta, ad esprimersi, concretamente, in ipotesi
differenti a seconda dei vari ordinamenti statali[19].
In
questa sede, ci proponiamo, attraverso una lettura romanistica di alcune linee
di tendenza del nuovo diritto societario, di mettere in rilievo tensioni non risolte
di tale diritto, che, con riferimento alla questione fondamentale, nella
scienza giuridica, della considerazione unitaria degli atti di una pluralità di
persone, si pone, da un lato, lungo una linea di continuità con la soluzione
antica di tale questione: la societas,
e dall’altro, se ne allontana, per richiamarsi alla soluzione moderna della
questione stessa: la persona giuridica, apparentemente senza avvertire
l’inconciliabilità delle due soluzioni, oppure ancora per ridurre il valore del
contratto di società, sancendo la possibilità che la società possa essere
istituita anche per volontà di un solo costituente mediante un atto
unilaterale: è la cosiddetta società unipersonale.
PARTE PRIMA
L’introduzione
della Societas europaea, attraverso
il regolamento comunitario istitutivo, si fonda sul presupposto che il
«completamento del mercato interno ed il miglioramento della situazione
economica e sociale in tutta la Comunità» europea richiedano, oltre alla
«eliminazione degli ostacoli agli scambi», una «ristrutturazione dei fattori
produttivi in dimensioni adeguate a quelle della Comunità»[20].
A tale fine, è stabilito che le imprese, che non operano sulla
base di «esigenze puramente locali», possano riorganizzarsi su «scala
comunitaria». Per consentire tale riorganizzazione, nel rispetto delle regole
della concorrenza, si prevede che le imprese debbano essere poste nella
condizione di «mettere in comune, mediante operazioni di fusione» le diverse
potenzialità[21].
Il
regolamento, inoltre, in considerazione del fatto che le «operazioni di ristrutturazione
e cooperazione», fra le imprese di Stati membri differenti, presentano
«difficoltà di natura giuridica, fiscale e psicologica», pone l’obiettivo,
nell’ottica di un «ravvicinamento» della disciplina di società appartenenti a
Stati membri differenti, di eliminare, anche mediante direttive future, tali
difficoltà[22].
Il
legislatore comunitario, preso atto della distinzione fra il «contesto giuridico»,
nel quale le imprese operano, costituito, in larga parte, dalle normative nazionali,
e il «contesto economico», nel quale le imprese devono realizzare gli obiettivi
del trattato[23],
si propone di far coincidere, all’interno della Comunità, l’«unità economica» e
l’«unità giuridica» dell’impresa, prevedendo, accanto alle società di «diritto
nazionale», società «di dimensioni europee», la cui costituzione e il cui
funzionamento siano disciplinati da un regolamento di diritto comunitario
applicabile, direttamente, in tutti gli Stati membri[24].
2. – Struttura, modalità costitutive e sede della Societas
europaea
La
struttura della Societas europaea,
nell’ottica di una attività imprenditoriale in una dimensione sovrannazionale,
è quella di una società di capitali per azioni dotata di personalità giuridica,
che si acquista con la iscrizione in un registro «designato» dalla legge dello
Stato in cui è la sede della società[25].
La Societas europaea è tenuta a
comunicare iscrizione e cancellazione dell’iscrizione attraverso una nota
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea[26].
La struttura societaria, inoltre, deve essere di «dimensioni ragionevoli»,
qualità che è garantita da un capitale minimo di centoventimila euro[27].
Le
quattro modalità costitutive della Societas
europaea sono previste tassativamente nell’art. 2 del presente regolamento.
Al fine di consentire agevolmente la costituzione di una Societas europaea, il regolamento stabilisce che gli Stati membri
debbano evitare, nei riguardi di questa forma societaria, ogni forma di discriminazione
rispetto a quanto stabilito in generale per le altre società per azioni[28].
Una
prima modalità è la fusione di più società per azioni, purché almeno due di
esse assoggettate alla «legge di Stati membri differenti»[29].
Una
seconda modalità è la costituzione di una Societas
europaea holding relativa a più
società, per azioni o a responsabilità limitata, purché assoggettate alla «legge
di Stati membri differenti» o aventi, da almeno due anni, una affiliata assoggettata
alla «legge» di uno Stato membro differente o una succursale presente in un
altro Stato membro[30].
Una
terza modalità è la costituzione di una Societas
europaea affiliata da società o
anche da enti pubblici o privati, che si trovino nelle condizioni di cui si è
detto per la costituzione di una Societas
europaea holding[31].
Una
quarta modalità è la trasformazione di una società per azioni, costituita in
conformità della «legge» di uno Stato membro e avente la sede e
l’amministrazione all’interno della Comunità, in una Societas europaea, purché da almeno due anni abbia una affiliata
assoggettata alla «legge di un altro Stato membro»[32].
A
sua volta, la Societas europaea, anche
nella forma di società unipersonali, può dar vita ad un’altra Societas europaea affiliata[33].
Essa, due anni dopo la costituzione e l’approvazione dei primi due bilanci, può
anche trasformarsi in società per azioni disciplinata dalla «legge» dello Stato
membro ove si trova la sede sociale[34].
Tutte
le diverse modalità costitutive, tranne il caso della creazione di una società
affiliata, si fondano su un progetto redatto dagli organi di gestione e approvato
da parte delle assemblee delle diverse società coinvolte nella fusione. Come è
stato correttamente rilevato, solo la costituzione di una holding è, nel nostro sistema giuridico, una vera e propria novità,
in quanto le altre modalità costitutive sono già conosciute nella sostanza[35].
Si osservi, inoltre, che rispetto a quanto verificabile nel caso, entro certi
aspetti simile, di una fusione in senso stretto, nel caso della costituzione di
una holding, le società non si
sciolgono[36].
Al fine di individuare la «legge dello
Stato membro» da applicare alla Societas
europaea, la sede della società è quella in cui, all’interno della Unione
europea, essa ha la sua amministrazione centrale. A tal fine, uno Stato membro
può anche imporre che una Societas
europaea faccia «coincidere» amministrazione centrale e sede della società[37].
Nell’obiettivo
di facilitare la costituzione di una Societas
europaea, il regolamento vieta che gli Stati membri prevedano «restrizioni
eccessive» per la costituzione della società o il trasferimento della sede
sociale[38].
Nel caso di trasferimento della sede della Societas
europaea da uno Stato membro a un altro, anzitutto, la società conserva la
propria identità: il trasferimento, infatti, non comporta lo scioglimento della
società del luogo di origine, né la costituzione di una nuova persona giuridica
nel luogo di destinazione[39].
La Societas europaea, inoltre, salvo
quanto stabilito dai diritti degli Stati membri e dal diritto comunitario in
materia societaria, può trasferire liberamente la sede sociale in un altro
Stato membro, tenendo conto dei diritti degli azionisti e/o dei creditori e
delle conseguenze, oltre che per questi ultimi soggetti, per i lavoratori[40].
Il procedimento, necessario ai fini del trasferimento della sede, è comunque
assoggettato a un sistema dettagliato di garanzie dei diritti dei soci e dei
terzi, tra le quali garanzie particolare significato hanno quelle relative al
coinvolgimento dei lavoratori e alla pubblicità del progetto predisposto dagli
amministratori e approvato dalla assemblea[41].
Condizioni
particolari sono previste nel caso in cui una società, non avente la
amministrazione centrale all’interno della Comunità, intenda partecipare alla costituzione
di una Societas europaea: in tal
caso, la società deve essere costituita in base alla «legge di uno Stato
membro», avere la sede sociale in questo stesso Stato membro e possedere un
«legame effettivo e continuato con l’economia di uno Stato membro»[42].
3. – Il governo della Societas europaea: fra sistema
«dualistico» e «monistico»
a. – I due sistemi fondamentali di
strutturazione della Societas europaea: «dualistico» e«monistico»
Il governo della Societas europaea si presenta in parte con i caratteri propri di un
sistema «dualistico»[43],
in parte con i caratteri propri di un sistema «monistico»[44].
Il
regolamento, in merito ai due sistemi fondamentali di strutturazione della
società per azioni, stabilisce che la Societas
europaea possa essere costituita secondo
il sistema più idoneo al perseguimento dei propri obiettivi, ma pur sempre nell’ottica
di una «chiara delimitazione tra le responsabilità delle persone incaricate
della gestione e quelle incaricate della vigilanza»[45].
b. – Il primo sistema,
«dualistico»
Il primo sistema, «dualistico», è quello relativo a una Societas europaea che si doti di un
organo di direzione con funzioni di gestione[46]
e di un organo di vigilanza con funzione di controllo della gestione[47].
Tali organi devono essere costituiti da soggetti diversi[48].
La nomina e la revoca degli organi di direzione spettano all’organo
di vigilanza, salvo il caso in cui la legislazione locale preveda la competenza
della assemblea[49].
A quest’ultima spetta anche la nomina dei membri dell’organo di vigilanza, al
quale, almeno ogni tre mesi, l’organo di direzione deve riferire della
situazione societaria[50].
L’organo di vigilanza ha il potere di chiedere all’organo di direzione
ragguagli e di procedere a verifiche e a ispezioni necessarie all’adempimento
delle proprie funzioni[51].
c. – Il secondo sistema, «monistico»
Il secondo sistema, «monistico», invece, è relativo a una Societas europaea che si doti di un solo
organo di amministrazione con funzioni di gestione[52].
Tale sistema, che si caratterizza per ampi riferimenti alla legislazione locale[53],
richiede che il numero dei membri dell’organo di amministrazione, da eleggere
da parte della assemblea, non sia inferiore a tre, qualora sia previsto il
coinvolgimento dei lavoratori nella Societas
europaea[54].
La nomina dei membri dell’organo di amministrazione è compito
dell’assemblea generale, salvo il caso in cui essi siano indicati dallo statuto
della Societas europaea[55].
L’organo di amministrazione ha l’obbligo di riunirsi, almeno ogni tre mesi, per
prendere deliberazioni sull’attività della Societas
europaea[56]. Ogni membro può conoscere le informazioni
in possesso dell’organo di amministrazione[57].
d. – La composizione degli organi e l’assemblea
In entrambi i sistemi, «dualistico» e «monistico», è previsto che
i componenti degli organi della società rimangano in carica per il periodo
stabilito dallo statuto. Il periodo massimo di permanenza in carica non può
comunque essere superiore a sei anni, salva la possibilità di una loro
rielezione, nel caso in cui lo statuto non disponga diversamente[58].
I componenti degli organi possono essere anche società o altre
«entità giuridiche», se ciò non sia vietato dalla legislazione dello Stato
membro della sede sociale della Societas
europaea. In questo caso, le società
o le altre «entità giuridiche» devono indicare una persona fisica, in qualità
di rappresentante all’interno degli organi[59].
I componenti degli organi sono responsabili dei danni causati alla Societas europaea a causa dell’inadempimento dei loro obblighi[60].
L’assemblea ha il
compito di deliberare per le materie in relazione alle quali ha una competenza
specifica, in base o al regolamento o alla legge dello Stato membro[61].
Sono previsti rinvii alle norme interne circa l’organizzazione, lo svolgimento
e la votazione[62].
Essa deve riunirsi almeno una volta per anno civile, entro sei mesi dalla
chiusura dell’esercizio, salvo il caso in cui la legge dello Stato membro della
sede sociale non stabilisca una frequenza superiore[63].
Le minoranze, purché
rappresentative del dieci per cento del capitale, salvo il caso in cui la
legislazione statale o lo statuto non prevedano una percentuale inferiore,
hanno il diritto di convocare l’assemblea e di fissare l’ordine del giorno[64].
Per le deliberazioni
assembleari si richiede la maggioranza dei voti validamente espressi, escluse
astensioni o schede bianche o nulle[65],
salvo il caso in cui il regolamento o la legislazione dello Stato membro della
sede sociale non stabiliscano una maggioranza più alta[66].
Nel caso delle modifiche allo statuto si richiedono i due terzi dei voti
espressi[67],
a meno che, anche in questo caso, il regolamento o la legislazione dello Stato
membro non stabiliscano una maggioranza più alta.
Si prevede che le
deliberazioni della assemblea generale, nell’ipotesi di categorie diverse di
azioni, siano subordinate a votazioni specifiche per le diverse categorie di
azionisti[68].
4. – Il coinvolgimento dei lavoratori nella Societas europaea
a. –
La centralità, nella Societas europaea, del coinvolgimento dei
lavoratori
Si è
già detto che, nella formulazione dello statuto della Societas europaea, la
partecipazione dei lavoratori è un elemento centrale, a tal punto, possiamo ora
aggiungere, che l’entrata in vigore del regolamento istitutivo della società ha
subito un differimento, al fine di consentire agli Stati membri di recepire la
direttiva 2001/86/CE, dell’8 ottobre 2001, in tema di coinvolgimento dei
lavoratori[69].
La direttiva, preso atto che il regolamento è funzionale alla predisposizione
di un «quadro giuridico uniforme», nell’ambito del quale le società possano
«programmare» e «eseguire» la riorganizzazione delle loro attività a livello
comunitario, considera di importanza centrale, ai fini del perseguimento degli
obiettivi sociali della Comunità, il coinvolgimento dei lavoratori[70].
Per
quanto attiene al rapporto tra regolamento e direttiva, degno di attenzione è
il fatto che il primo delimiti l’ambito della seconda, stabilendo che
quest’ultima sia finalizzata al coinvolgimento dei lavoratori per questioni relative
alla vita della società, mentre altre questioni, relative al diritto
all’informazione e alla consultazione dei lavoratori, siano disciplinate dalle
«disposizioni nazionali» previste per le società per azioni[71].
Si stabilisce, inoltre, nel regolamento, che le disposizioni, contenute nella
direttiva in tema di coinvolgimento dei lavoratori, siano «complemento
indissociabile» del regolamento stesso e debbano «poter essere applicate
contemporaneamente»[72].
Si prevede, sempre nel regolamento, che l’iscrizione della Societas europaea sia
possibile solo dopo aver concluso l’accordo sulle modalità di coinvolgimento
dei lavoratori[73]
secondo quanto stabilito dalla direttiva[74],
salvo il caso che la «delegazione speciale di negoziazione», istituita per rappresentare
gli interessi dei lavoratori, non preferisca evitare negoziati con gli organi sociali
di direzione o di amministrazione o scelga di porre fine ai negoziati, per fare
riferimento alle norme in tema di informazione e di consultazione dei
lavoratori in vigore negli Stati membri[75],
oppure sia trascorso inutilmente il termine stabilito nell’art. 5 della
direttiva per la conclusione dei negoziati[76].
In caso di fallimento delle trattative fra i rappresentanti dei lavoratori e
gli organi direttivi delle società, sono comunque garantite la «informazione» e
la «consultazione» dei lavoratori[77].
b. – Il contenuto del coinvolgimento dei lavoratori nella Societas europaea
Quanto
al contenuto del coinvolgimento, la direttiva garantisce ai lavoratori la
possibilità di compiere quelle attività, con le quali i relativi rappresentanti
possano influire sulle decisioni da adottare all’interno della società. Nella
direttiva si richiamano espressamente attività quali la «informazione», la
«consultazione» e la «partecipazione», precisando che per «informazione» debba
intendersi la comunicazione, ai rappresentanti dei lavoratori da parte
dell’organo competente, di quanto concerne la attività complessiva della Societas europaea e delle altre società operanti in Stati diversi da quelli
in cui la prima abbia la sua sede sociale e/o la comunicazione di quanto
concerne le materie che eccedono i poteri degli organi decisionali di uno Stato
membro, in modo da consentire ai lavoratori di avviare valutazioni di impatto e
consultazioni con gli organi della società; per «consultazione», il «dialogo»
e/o lo «scambio di opinioni» tra l’«organo competente» e i rappresentanti dei
lavoratori, in modo da consentire a questi ultimi di influire sulle decisioni
adottate all’interno della società; per «partecipazione», la «influenza» dei
rappresentanti dei lavoratori sull’attività della società, attraverso il
diritto di «eleggere» o di «designare» alcuni membri dell’organo di vigilanza o
di amministrazione della società, oppure il diritto di «raccomandare la
designazione» di alcuni o anche di tutti i membri dell’organo di vigilanza o di
amministrazione della società[78].
In
sintesi, quindi, il coinvolgimento dei lavoratori, nella Societas europaea, si
esprime sia attraverso la informazione e la consultazione di un organismo di rappresentanza
dei lavoratori, sia attraverso la partecipazione dei lavoratori nel consiglio
di amministrazione e di vigilanza della società[79].
La competenza dell’organo di rappresentanza si limita, fondamentalmente, alle
questioni che riguardano la Societas
europaea o una affiliata situata in un altro Stato membro. Quanto al diritto
dell’organo di rappresentanza di essere informato e consultato, in relazione
alla attività della Societas europaea,
questo diritto riguarda gli aspetti principali della vita societaria, quali
quelli relativi alla situazione economica e finanziaria, alla produzione e alla
occupazione, anche con riguardo alle metodologie concernenti la organizzazione
del lavoro o i processi produttivi, senza escludere le questioni concernenti la
chiusura delle imprese e i licenziamenti collettivi.
La
direttiva prevede una procedura di negoziazione assai complessa che prende il
via dalla «Istituzione di una delegazione speciale di negoziazione». A tale
scopo, gli organi di direzione o di amministrazione delle società partecipanti,
non appena abbiano predisposto un progetto di costituzione di una Societas europaea, debbono iniziare una
negoziazione con i rappresentanti dei lavoratori[80].
La delegazione speciale di negoziazione e gli organi competenti delle società,
tramite accordo scritto, devono stabilire le modalità del coinvolgimento dei
lavoratori nella Societas europaea[81].
Il «contenuto dell’accordo», tra gli organi competenti delle società partecipanti
e la delegazione speciale di negoziazione, sulle modalità del coinvolgimento
dei lavoratori nella Societas europaea,
deve essere conforme a uno «spirito di cooperazione»[82].
L’accordo è finalizzato, tra l’altro, a disciplinare l’ambito di esso stesso, la
composizione e il numero dei componenti dell’organo di rappresentanza, la
procedura necessaria per l’informazione e la consultazione dell’organo di
rappresentanza, il numero delle riunioni, le risorse finanziarie dell’organo di
rappresentanza, i termini dell’accordo e le procedure di negoziazione ulteriore[83].
Si prevede una tutela per i rappresentanti dei lavoratori che devono essere
garantiti alla pari dei rappresentanti dei lavoratori degli Stati membri[84].
In questa sede non è ancora possibile trarre conclusioni circa la
disciplina introdotta a livello comunitario con la istituzione della Societas europaea. Si è detto che essa è
«volutamente una disciplina incompiuta», in quanto sarà necessario, per avere
un quadro di insieme, attendere l’entrata in vigore del regolamento e
l’attuazione della direttiva attraverso i diritti degli stati membri[85].
Si può però osservare, sin da ora, che oggi è sempre più diffuso
il convincimento che l’impresa non sia semplicemente un oggetto, uno dei tanti,
del diritto di proprietà, ma anzitutto una comunità in cui si incontrano e si
scontrano interessi diversi, dietro i quali vi sono non finzioni giuridiche,
che il dogmatismo spesso erge a realtà, ma pur sempre uomini, questi sì reali,
con il loro bisogni e le loro aspirazioni, che attraverso l’impresa possono realizzare
obiettivi comuni[86].
Si è prodotta così, in particolare in Italia, proprio mentre il
clima politico appare sempre più teso, specialmente per quanto attiene alla
grande questione delle relazioni fra datori di lavoro e lavoratori, la
necessità che la impresa sia concepita non solo come una occasione di
collaborazione tra imprenditore e lavoratore, ma anche come uno strumento di
espressione di un nuovo modo di concepire la proprietà stessa. Si è detto, in
tal senso, che per il capitalismo italiano il regolamento sulla Societas europaea e la direttiva sul coinvolgimento dei lavoratori
nell’impresa hanno costituito una «rivoluzione copernicana» verso un processo
di democratizzazione della economia, in cui la «partecipazione finanziaria e
strategica dei lavoratori nell’impresa» sia resa possibile, anzitutto,
attraverso un sistema di garanzie di tutela del risparmio azionario e di
occasioni forti per i lavoratori di manifestare la propria volontà[87].
Come si vedrà meglio nel prosieguo del discorso, è proprio il
coinvolgimento dei lavoratori, elemento centrale della Societas europaea, a rafforzare il quadro di continuità fra tale
«nuova entità societaria» e la societas
romana, invenzione straordinaria della scienza giuridica, alla quale i soci partecipano,
in posizione eguale, per perseguire una «utilità unica, che, per definizione, è
la stessa per ciascuno di essi»[88].
1.
–
La definizione di società nel Trattato istitutivo della Comunità
Europea
Nel Trattato istitutivo della Comunità
Europea, all’art. 48, si legge che:
Le società costituite conformemente alla legislazione di uno
Stato membro e aventi la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro
di attività principale all’interno della Comunità, sono equiparate, ai fini
dell’applicazione delle disposizioni del presente capo, alle persone fisiche
aventi la cittadinanza degli Stati membri.
Per società si intendono le società di diritto civile o di
diritto commerciale, ivi comprese le società cooperative, e le altre persone
giuridiche contemplate dal diritto pubblico o privato, ad eccezione delle
società che non si prefiggono scopi di lucro.
La definizione di società ivi contenuta ha suscitato, nella
dottrina italiana, un certo stupore e vere e proprie riserve, attribuibili,
anzitutto, al fatto che, in tale definizione, il legislatore, a differenza di
quanto avviene per la nozione di contratto di società, riportata nell’art. 2247
cod. civ., assegna un peso fondamentale al fine di lucro. E si è rilevato che
il fine di lucro è «il criterio principale che in essa (scil. nella
definizione) si adopera per individuare gli enti, diversi dalle persone fisiche,
a cui gli Stati assicurano libertà di stabilimento»[89].
Stupore e riserve, poi, attribuibili al fatto che, nella definizione, si
attribuisce alle società la personalità giuridica, sia in quanto ad esse si riconosce,
come alle persone fisiche, il diritto di stabilimento, sia in quanto, entro la
nozione così delineata, si comprendono le persone giuridiche del diritto
pubblico e del diritto privato, in particolare gli enti pubblici economici o le
aziende pubbliche[90].
L’indirizzo dottrinale, secondo cui tra società e persona
giuridica vi è una intima connessione, non è certo nuovo. «La società», scrive
già nel 1929 un illustre studioso del diritto commerciale, Cesare Vivante, «ha
la sua base imprescindibile in un contratto, ma questo contratto ha la virtù
speciale di dare vita a una persona che prima non esisteva, dotata di una
propria volontà, che si regola, nei limiti segnati dalla legge, secondo i
propri interessi: persona nuova autonoma che persegue durevolmente il suo
scopo, anche quando i soci che concorsero a costituirla ne sono usciti, o sono
morti, o lavorano per distruggerla»[91].
Con la riforma del diritto societario[92],
in Italia, si è diffuso in dottrina un indirizzo secondo il quale le società di
persone e di capitali, in quanto dotate di un nome, di una sede, di un
patrimonio e di una capacità negoziale e processuale siano, per ciò stesso, da
considerare persone giuridiche. Nell’impianto originario del codice civile del
1942, profondamente influenzato in questo senso dal modello tedesco, l’acquisto
della personalità giuridica, da parte della società di capitali, viene invece
subordinato alla iscrizione della società nel registro delle imprese[93].
b. – Il valore (odierno) del contratto nella costituzione della
società
Con la riforma del diritto societario, il contratto di società
non è più l’unica fonte della società. Due tipi di società, quello a
responsabilità limitata e ora anche quello per azioni, possono essere istituiti
anche per volontà di un solo costituente (artt. 2328, comma 1, 2463, comma 1,
cod. civ., nel testo novellato dal d. lgs. 17 gennaio 2003 n. 6), mediante un
atto unilaterale, simile a quello che può dare vita a una fondazione[94].
Si viene così a rompere una tradizione giuridica secolare richiamata nella
nozione di società di cui all’art. 2247 cod. civ.:
Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o
servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne
gli utili.
Si tratta, come si vede, di una definizione del contratto di
società, nella quale ciò che emerge non è il fine di lucro o la personalità
giuridica, ma l’accordo delle parti, più precisamente l’accordo finalizzato
all’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli
utili[95].
Richiamare il valore che nella tradizione secolare ha assunto il
contratto di società non è una operazione nostalgica. Richiamare tale valore
significa mettere in rilievo che il contratto di società ha caratteri
particolarissimi[96].
Il contratto di società deve essere annoverato fra i contratti plurilaterali
con comunione di scopo, assieme a figure giuridiche quali il contratto di consorzio,
l’associazione, il cartello o il sindacato azionario[97].
Come si è rilevato, esso non è un «contratto caratterizzato, alla stregua dei
sinallagmatici, dalla presenza di obbligazioni e prestazioni contrapposte», ma
è un contratto in cui «la prestazione di ciascuna parte non è che un mezzo per
il raggiungimento dello scopo comune. L’obbligazione che sorge dal contratto si
pone verso la società, ossia verso il gruppo unificato dei soci, tramite il
quale si realizza l’esercizio dell’attività, con l’obiettivo di produrre utili
e di farli ricadere nel patrimonio dei singoli»[98].
«Insistere sul contratto», si è osservato, «serve anche a ricercare un
interesse comune dei soci quale criterio di composizione dei conflitti ed a
respingere quelle opinioni che soprattutto nella grande impresa azionaria
vedono un’istituzione, alla quale sono legati non soltanto chi investe il
capitale e partecipa al voto ed agli utili (gli sharehlders) ma anche altre categorie di soggetti che vi impegnano
una posta più o meno ingente (gli stakeholders),
quali possono essere i lavoratori, gli agenti e gli altri intermediari commerciali,
i consumatori, le collettività locali, la stessa nazione»[99].
2.
– La
costituzione della società con atto unilaterale
a. – Imprenditore individuale e responsabilità limitata nella moderna
scienza giuridica
Risale
agli inizi del XX secolo il dibattito sulla opportunità di concedere
all’imprenditore individuale la possibilità di operare in regime di responsabilità
limitata, in modo da facilitarne l’iniziativa economica[100].
Il codice civile, però, riconduce la costituzione della società al contratto,
riconoscendo, in tal modo, la necessità che le parti della società siano due o
più[101].
Nella tradizione anglosassone, nella quale la personalità giuridica, in
origine, è concepita come un privilegio concesso dal sovrano alla corporation, vi sono, evidentemente,
meno remore nel riconoscere che una società possa esistere sulla base di un
atto di un singolo[102].
È
noto che nei diritti di diversi Stati membri, nel corso dell’ultimo trentennio,
sono state emanate leggi con le quali è stata ammessa la costituzione della
società con atto unilaterale. Nella Comunità Europea, il 21 dicembre 1989, è
stata poi approvata la dodicesima direttiva, 89/667/CEE, che introduce, a
livello comunitario, la limitazione della responsabilità dell’imprenditore
unico. In Italia, sulla base di tale direttiva, dapprima col d.lgs. 3 marzo
1993, n. 88 e poi col d.lgs., 17 gennaio 2003, n. 17, si è introdotta la
possibilità di costituire, attraverso un atto unilaterale, sia la società per
azioni (art. 2328, comma 1, cod. civ.), sia la società a responsabilità
limitata (art. 2463, comma 1, cod. civ.). Quando un unico socio è il fondatore
della società, questa si costituisce per atto unilaterale (art. 2328, comma 1,
cod. civ.). La società, sorta per atto unilaterale, è ancora però suscettibile
di trasformarsi in un contratto quando il fondatore ceda le proprie azioni ad
altri o deliberi un aumento di capitale sociale che altri sottoscrivano[103].
b. – Conseguenze aberranti nella costituzione della società
attraverso atto unilaterale
Vi sono conseguenze aberranti nell’ammettere la costituzione
della società attraverso un atto unilaterale. Non a torto si è parlato, ad
opera di uno dei più autorevoli studiosi del diritto commerciale, Francesco
Galgano, di uno «sdoppiamento della personalità»: il socio unico diventa «altro
da sé: terzo rispetto ai diritti che egli stesso acquista in nome della società
ed alle obbligazioni che egli stesso assume in nome della medesima, se in assemblea
nomina se stesso come amministratore unico della società». È importante che
questa osservazione derivi proprio da uno studioso che ha partecipato ai lavori
della commissione di riforma del diritto societario! Il quale peraltro ha anche
osservato come per la società unipersonale sia «forte il sospetto di abuso
della personalità giuridica, ossia della alterità soggettiva fra socio unico e
società»[104].
Ma vi è di più. La società con un solo socio costituisce un caso
anomalo rispetto al fenomeno societario che presuppone, evidentemente, per
definizione, la esistenza di una pluralità di soggetti con interessi
convergenti rispetto almeno al fine societario. Vi è dunque in Italia chi ha
correttamente posto in dubbio l’esatta qualificazione del fenomeno come
societario, per ritenere che la società unipersonale sia solo «una impresa
sostanzialmente individuale ma in forma di impresa collettiva»[105].
Non intendiamo soffermarci ancora su tali aspetti. Ci limitiamo a rilevare che
sono assolutamente fondati i dubbi prospettati in dottrina sulla «pericolosità»
di una forma societaria unipersonale: manca qui, infatti, la possibilità, di
una tutela dei terzi conseguente al controllo dei soci di minoranza[106].
1. – Societas europaea
e societas romana
a. – Una linea di continuità fra Societas europaea e societas
romana
La lettura che si intende qui dare, in estrema sintesi, delle
linee di tendenza del nuovo diritto societario, con particolare riguardo a
quelle risultanti dalle fonti relative alla Societas
europaea è, naturalmente, una lettura con gli occhiali propri di un
romanista. Pertanto, non appare fuori luogo osservare, anzitutto, che l’impiego
della lingua latina per indicare una nuova forma di società per azioni – la Societas europaea – richiama una linea di continuità fra questa forma
e il contratto romano della societas.
Tale linea di continuità si esprime e si rafforza nella concreta disciplina, come
si è anticipato, soprattutto in relazione alla prevista possibilità di un
«coinvolgimento» dei lavoratori nella Societas
europaea, al di là di quello che, altrimenti, potrebbe apparire un richiamo
formale, una mera affinità linguistica.
È di particolare importanza, inoltre, osservare che il
coinvolgimento dei lavoratori all’interno della Societas europaea, da intendersi, secondo la direttiva ora
richiamata, nel senso di «qualsiasi meccanismo, ivi comprese l’informazione, la
consultazione e la partecipazione, mediante il quale i rappresentanti dei
lavoratori possono esercitare un’influenza sulle decisioni che devono essere
adottate nell’ambito della società»[107],
richiama un aspetto fondamentale e del tutto caratteristico della societas romana[108]:
quello della utilità comune[109].
A differenza dei contratti di scambio, in cui le parti sono in una posizione
contrapposta – quella del creditore e quella del debitore – nella societas romana, come ha osservato Giovanni
Lobrano, i «contraenti sono uguali, sono soci
e perseguono una utilità unica, che, per definizione, è la stessa per ciascuno
di essi. Il contratto di società non impone né produce rinunce ai
contraenti-soci; al contrario, esso è la macchina sofisticata che consente di
potenziare le capacità e le utilità individuali ben oltre la loro semplice
somma, ma ciascun contraente-socio deve sapere e volere transitare, attraverso
l’artificium e la ascesi della
mediazione costituita dalla determinazione-perseguimento della utilità
collettiva»[110].
Non sfugge a chi scrive, naturalmente, che i lavoratori, nella Societas europaea, non sono soci,
sebbene le parti sociali non siano, a volte, dello stesso avviso[111].
Si intende, quindi, richiamare l’attenzione sul fatto che il coinvolgimento dei
lavoratori all’interno della Societas
europaea può essere letto in una linea di continuità con la concezione
romana della societas, intesa come
rapporto fra eguali. In questo senso non appare azzardato rilevare che il
legislatore comunitario ha (re)introdotto,
nel nostro sistema giuridico, un carattere fondamentale del rapporto
societario, che si evidenzia, appunto, nella concreta partecipazione dei lavoratori
alla vita societaria.
b. – La rilevanza della nozione romana di societas nel ius
publicum
Tale carattere della societas
romana, dal piano del cosiddetto ius
privatum, si esprime con altrettanta forza sul piano del cosiddetto ius publicum. Alla base della nozione
stessa di populus, come emerge in
Cicerone[112],
vi è la idea stessa di societas. Si
deve qui ricordare che non è solo il populus
a poter essere interpretato come societas,
ma anche la città, che peraltro costituisce il popolo (Cic., De re publica 1.26.41: civitas, quae est constitutio populi), a
poter essere identificata come un elemento di una progressione, in cui forte è
l’idea, espressa ancora in Cicerone, nel De
officiis[113],
di un’unica condicio iuris fra tutti gli esseri animati. Come
si è tentato di mostrare in altra sede[114],
la vera e propria chiave di lettura della nota classificazione dei vari gradi della
società umana, riportata da Cicerone nel De
officiis, risiede nella concezione del carattere naturale delle diverse
forme di società comuni agli uomini e agli altri esseri animati. Nella
classificazione ciceroniana, il legame fra tutti gli esseri animati, uomini e
animali non umani, si esprime nel richiamo all’istinto alla procreazione,
considerato come il fattore di altre società: da quella del coniugium, a quella dei liberi, e quindi a quella della domus e delle altre res communes. Il vincolo
che contraddistingue tali società è talmente importante da costituire il principium urbis e il seminarium rei
publicae. La prospettiva della riflessione ciceroniana non è, dunque,
dissimile da quella adottata da Ulpiano nella definizione del ius naturale come diritto comune a
uomini e ad altri esseri animati[115],
ove è evidente, per il riferimento alla coniunctio,
alla procreatio e alla educatio liberorum, il parallelismo con
la riflessione di Cicerone, in tema di coniugium
e di societas liberorum[116].
2. – Contratto di societas
e persona giuridica
a. – Il problema giuridico della considerazione unitaria degli
atti di una pluralità di persone nel diritto romano e moderno
L’idea di una societas,
in cui i cittadini-soci si prefiggono la propria utilitas, «attraverso il perseguimento della communio utilitatis del popolo-societatis»,
costituisce la risposta antica alla
questione giuridica fondamentale della considerazione, «in maniera unitaria»,
degli «atti posti in essere da una pluralità di persone»[117].
Tale nozione di societas si è
conservata e rinnovata, nell’evo medio, attraverso il Corpus iuris civilis, nella rete di Città-Municipi che, denominati
Comuni, in quanto tesi verso la ricerca, caratteristica della societas, del «bonum commune», si associano in leghe, federazioni e
confederazioni.
Alla nozione, fondata sulla virtus,
di quella particolare forma di societas
che è la civitas romana (Cic., De re publica 1.2.2: virtus in usu sui tota posita est; usus
autem eius est maximus civitatis gubernatio), si richiama, tra gli altri,
Jean Jacques Rousseau, nel Contratto
sociale, pubblicato nel 1764, per riproporre la Repubblica del popolo
romano.
Accanto a questa soluzione, antica,
della questione ora richiamata, l’altra soluzione, moderna, è, invece, la costruzione di una categoria giuridica, la persona ficta vel repraesentata, la cui
prima elaborazione si fa risalire, come è noto, nel XIII sec., a Sinibaldo dei
Fieschi, Papa Innocenzo IV, categoria poi applicata e ulteriormente sviluppata
nel diritto parlamentare inglese. Si tratta della categoria della ‘persona
giuridica’ e della ‘rappresentanza della volontà’[118].
Alla costruzione della persona giuridica si richiama la idea del
Leviatano, dello Stato-persona, nel XVII sec., elaborata da Thomas Hobbes, secondo
il quale la natura umana è irrimediabilmente egoista, protesa verso la propria
utilità individuale. Il riconoscimento di tale natura conduce, necessariamente,
alla esclusione della partecipazione dei cittadini, in quanto incapaci a
perseguire la utilità pubblica, dal processo di formazione della volontà pubblica
e, quindi, alla necessità di un «sovrano altro dal ‘popolo dei cittadini’»: il
Leviatano, appunto, identificabile, concretamente, nelle persone fisiche dei
suoi rappresentanti[119].
Nella disciplina della Societas europaea, ma più in generale,
come si è visto in tema di società unipersonale, nel nuovo diritto societario,
l’atteggiamento del legislatore, in merito alla questione giuridica della considerazione
«unitaria degli atti posti in essere da una pluralità di persone», appare
caratterizzato da tensioni non risolte fra la soluzione antica, basata sul contratto di societas,
e la soluzione moderna, basata sulla
persona giuridica: in particolare, il previsto riconoscimento, nella disciplina
comunitaria, della Societas europaea
come persona giuridica quanto meno altera la linea di continuità con la societas romana[120].
Nel nuovo diritto
societario italiano, a seguito di alcune riforme dell’ultimo decennio,
intraprese sulla base di scelte normative effettuate a livello europeo, in
contrasto con la scelta che ha condotto a privilegiare, almeno parzialmente, la
linea di continuità fra la Societas
europaea e la societas romana, è
stata, invece, introdotta la possibilità che la società a responsabilità
limitata (nel 1993) e ora pure la società per azioni (2004) siano costituite
anche nel caso di un solo socio. Il legislatore, attraverso la ammissione di
società unipersonali, sembra quindi avere del tutto rinunciato a quella linea
di continuità, già compromessa, con riferimento alla Societas europaea, dall’innesto della categoria moderna di persona
sulla soluzione antica basata sul
contratto di societas[121].
Si tratta di una
scelta, nell’uno e nell’altro caso, particolarmente significativa che denota,
nella situazione politica ed economica odierna, l’assenza di società e di
virtù, il ripristino delle quali, si è detto, è «còmpito del ius, in una intesa rinnovata con la religio»[122].
[3] Mette ora in rilevo la complessità della disciplina E. De Filippo, Documentazione, in Aver voce in
capitolo. Società europea e partecipazione dei lavoratori nell’impresa, a cura di L. Bordogna-F. Guarriello,
Roma 2003, 179.
[4] L’espressione fra virgolette è di M. Biagi, Flessibilità
e obblighi partecipativi nella direttiva sulla Società europea, in Aver voce in capitolo. Società europea e
partecipazione dei lavoratori nell’impresa, cit., 39-40. A nostro parere,
«nuova» la Societas europaea può
essere definita non in relazione alle modalità costitutive o alla sua storia,
che risale ormai a trent’anni addietro (v. infra nt. 8), ma alle
opportunità che può offrire alle imprese, in vista della «integrazione nel
mercato unico anche a livello di diritto societario», a tale punto che vi è chi
ha parlato di «una rivoluzione copernicana» per il capitalismo italiano, con
una spinta fondamentale verso la «democratizzazione dell’economia»: così D. Paparella, Presentazione, in Aver voce
in capitolo. Società europea e partecipazione dei lavoratori nell’impresa,
cit., 9.
[5] Cfr. M. Biagi, Società europea, partecipazione e relazioni
industriali in Italia e in Europa, in Aver
voce in capitolo. Società europea e partecipazione dei lavoratori nell’impresa,
cit., 24 ss. In generale sulla partecipazione dei lavoratori, con riguardo
anche alla Societas europaea, si veda G. Arrigo, Il diritto
del lavoro dell’Unione europea, II, Milano 2001, 378 ss.
[6] Art. 9 reg.
[7] Su tale percorso si veda, per tutti, F. Guarriello, Dalle
prime proposte in tema di partecipazione all’attuale direttiva, in Aver voce in capitolo. Società europea e
partecipazione dei lavoratori nell’impresa, cit., 61 ss.
[8] Cfr. F. Guarriello,
Dalle prime proposte in tema di
partecipazione all’attuale direttiva, cit., 62 ss., la quale, nel porre in
risalto il fatto che lo statuto della Societas
europaea sia legato alla «partecipazione» dei lavoratori, rileva che
«tracce di tale progetto congiunto sono rinvenibili sin dalla prima ideazione
risalente al 1959, poi esplicitata dal lavoro del gruppo di esperti, presieduto
dall’olandese Pieter Sanders, presentato nel 1966 e nella formalizzazione della
proposta presentata dalla Commissione nel 1970». Si vedano inoltre: P. Sanders, Progetto di uno Statuto di società anonima europea, Bruxelles 1966
e la Proposta di regolamento Cee del Consiglio relativo allo Statuto di
una società per azioni europea, presentata dalla Commissione al Consiglio
il 30 giugno 1970, in G.U.C.E. C 124, 10 ottobre 1970, entrambi citati nel
contributo sopra richiamato di Guarriello. Sulla armonizzazione del diritto
societario si veda ora A. Serra, Diritto commerciale ed evoluzione della
disciplina delle società in Europa (dall’armonizzazione al diritto uniforme),
in Roma e America. Diritto romano comune,
13, 2002, 256 ss., il quale, in relazione al programma di organizzazione del
diritto societario, si è espresso nei termini di una «armonizzazione
incompiuta». Si tenga inoltre presente, per quanto attiene ai caratteri della
«specialità», della «universalità» e della «uniformità» del diritto
commerciale, F. Galgano, Diritto civile e commerciale, I, Le categorie generali. Le persone. La
proprietà, 3 ed., Padova 1999, 87 ss.; Id.,
Lex mercatoria, Bologna 2001, 19 ss.; 56 ss.; 131 ss.
[9] Cfr., in tal senso, G.
Arrigo, Il diritto del lavoro
dell’Unione europea, cit., 378 ss., che pone in rilievo il fatto che la
partecipazione dei lavoratori si inserisce nella questione della armonizzazione
del diritto societario, in particolare per quanto attiene alla composizione e alla
struttura degli organi societari; F.
Guarriello, Dalle prime proposte
in tema di partecipazione all’attuale direttiva, cit., 62, che richiama il
contributo sopra citato di Arrigo.
[10] Così D. Paparella, Presentazione, cit., 9.
[11] Si veda G.A. Rescio,
La società europea, in Diritto
delle società di capitali. Manuale breve, prefazione di B. Libonati, Milano
2003, 177 ss.
[12] Artt. 3-4-5 reg.
[13] N. 12 reg.
[14] N. 15 reg.
[15] N. 16 reg.
[16] N. 18 reg.
[17] N. 20 reg.
[18] Si vedano, tra gli altri, artt. 8, comma 2; 13; 25; 32, comma 3;
33, comma 3; 37, comma 5; 61; 62, comma 2; 66, comma 4, reg.
[19] Si veda, in tal senso, G.A.
Rescio, La società europea, cit., 177 ss.
[20] N. 1 reg.
[21] N. 2 reg.
[22] N. 3 reg.
[23] N. 4 reg.
[24] N. 6 reg.
[26] Art. 14, comma 1, reg.
[42] N. 23 reg., ove si fa riferimento ai «principi stabiliti nel
Programma generale del 1962 per l’abolizione delle restrizioni alla libertà di
stabilimento».
[74] Art. 4 dir.
[75] Art. 3, par. 6 dir.
[85] Così F. Guarriello,
Dalle prime proposte in tema di
partecipazione all’attuale direttiva, cit., 82.
[88] Così G. Lobrano, Dell’homo artificialis – deus mortalis dei Moderni comparato alla societas degli Antichi, in Giovanni Paolo II. Le vie della giustizia.
Itinerari per il terzo millennio, a cura di A. Loiodice-M. Vari, Roma 2003,
che si cita dal dattiloscritto.
[89] Si veda G. Cottino-R.
Weigmann, Le società di persone,
in Trattato di Diritto commerciale,
diretto da G. Cottino, III, Società di persone e consorzi,
Padova 2004, 4 ss.
[91] C. Vivante, Trattato di diritto commerciale, II, Le società, Milano 1929, 1 ss. Sono ancora
fondamentali le pagine scritte al riguardo da F.
Ferrara, Teoria delle persone giuridiche, 2 ed., in Il diritto
civile italiano secondo la dottrina e la giurisprudenza, diretto da P.
Fiore e continuato a cura di B. Brugi, parte seconda, Delle Persone,
Roma-Torino-Napoli 1923, 526 ss.; Id.,
Le persone giuridiche, 2 ed., con note di F. Ferrara j., in Trattato
di diritto civile italiano, diretto da F. Vassalli, II, tomo II, Torino
1956, 78. Per un quadro generale, sulla concezione della società come persona
giuridica, si vedano inoltre, con rinvii alla letteratura: G. Ferri, v. Società (in generale),
in Novissimo Digesto Italiano, XVII, Torino 1970, 543 ss. (ora in Digesto
delle Discipline privatistiche. Sezione commerciale, XIV, Torino 1997, 265
ss.); F. Galgano, v. Società
(dir. priv.), in Enciclopedia del Diritto, XLII, Milano 1990,
868 ss.; Id., Diritto civile e commerciale, III, L’impresa e le società,
tomo secondo, Le società di capitali e le cooperative, 3 ed., Padova
1999, 109 ss.
[92] La riforma del diritto societario, in tema di società di
capitali, trova le sue fonti nella legge delega al Governo per la riforma del
diritto societario, la n. 366 del 3 ottobre 2001, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale n. 234 dell’8 ottobre 2001. Alla legge delega ha fatto seguito il
d.lgs. delegato, del 17 gennaio 2003, n. 5 e 17 gennaio 2003 n. 6,
rispettivamente per la parte processuale e per la parte sostanziale, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale, il 22 gennaio 2003, n. 17. Cfr. G. Ragusa Maggiore, Trattato delle
società, II, Le società di capitali.
La società per azioni. Formazione della società per azioni. Nuovo diritto
societario, Padova 2003, XIII ss.
[93] Artt. 2331, 2454, 2463, comma 3, cod. civ.
[97] Cfr. G. Marasà, Le società. Società in generale, in Trattato di diritto privato, a cura di
G. Iudica-P. Zatti, 2 ed., Milano 2000, 9 ss.; G.
Cottino-R. Weigmann, Le società di
persone, cit., 14.
[98] Così G. Cottino-R.
Weigmann, Le società di persone,
cit., 14. Si veda, inoltre, F. Galgano,
Diritto civile e commerciale, III, L’impresa
e le società, tomo primo, L’impresa. Le società in genere. Le società di
persone, 3 ed., Padova 1999, 109 ss.
[99] Si veda G. Cottino-R.
Weigmann, Le società di persone,
cit., 13.
[100] Cfr. R. Weigmann, Le società unipersonali: esperienze positive
e prospettive di diritto uniforme, in Contratto
e impresa, 1986, 831 ss.; Id.,
v. Società di un solo socio, in Digesto
delle discipline privatistiche. Sezione commerciale, XIV, Torino 1997, 209
ss.; F. Galgano, Il nuovo diritto societario, in Trattato di diritto commerciale e di diritto
pubblico dell’economia, diretto da F.
Galgano, Padova 2003, 57 ss.; G.
Cottino-R. Weigmann, Le società di
persone, cit., 35 ss.
[104] Si veda F. Galgano,
Il nuovo diritto societario, cit., 57
ss. Si veda, inoltre, sulla «estensione della personalità giuridica», nel nuovo
diritto societario, con particolare riferimento alle società di capitali, G. Ragusa Maggiore, Trattato delle
società, II, Le società di capitali.
La società per azioni. Formazione della società per azioni. Nuovo diritto
societario, cit.,
19 ss.
[105] Così C. Ibba, S.p.a. e s.r.l. con un solo socio,
relazione (che si cita dal dattiloscritto) presentata al convegno, tenutosi a
Sassari, il 2 ottobre 2003, su «La riforma del diritto societario», i cui atti
sono in corso di stampa.
[106] Così ancora C. Ibba,
S.p.a. e s.r.l. con un solo socio,
cit. Sulla società unipersonale si veda inoltre C.
Ibba, La Società a responsabilità
limitata con un solo socio, Torino 1995; Id.,
La S.r.l. unipersonale fra alterità
soggettiva e separazione patrimoniale, in Studi in onore di Pietro Rescigno, IV, Diritto privato, Milano 1998, 249 ss.
[108] Sulla societas, nel sistema giuridico romano, la
letteratura è vastissima. Per un primo esame si vedano: V. Arangio-Ruiz, La
società in diritto romano, rist., Napoli 1965; M. Bianchini, Studi
sulla societas, Milano 1967; F. Bona,
Studi sulla società consensuale in
diritto romano, Milano 1973; A.
Guarino, La società in diritto
romano, Napoli 1988; M. Talamanca,
v. Società. Diritto romano, in Enciclopedia del diritto, 42, 1990, 814
ss., con ampi ragguagli bibliografici; C.
Velasco, La sociedad, in Derecho
romano de obligaciones. Homenaje al profesor José Luis Murga Gener,
coordinación y presentación J. Paricio, Madrid 1994, 611 ss.; G. Santucci, Il socio d’opera in diritto romano. Conferimenti e responsabilità,
Padova 1997.
[109] Sulla nozione di utilitas
si veda, da ultimo, M. Navarra, Ricerche sulla utilitas nel pensiero dei giuristi romani,
Torino 2002, alla quale si rinvia per la letteratura precedente.
[110] Così G. Lobrano, Dell’homo artificialis – deus mortalis dei Moderni comparato alla societas degli Antichi cit.
[111] Con riferimento al modello della partecipazione, ha osservato il
segretario confederale della CISL P.P.
Baretta, Società europea e Dialogo
sociale, in Aver voce in capitolo. Società
europea e partecipazione dei lavoratori nell’impresa, cit., 51: «tu,
imprenditore, mi chiedi di lavorare con lo stesso atteggiamento e la stessa
disponibilità di un socio, ma discuti dei miei diritti e delle mie prestazioni
come se fossi un subalterno, un dipendente, un salariato. Io, lavoratore,
rispondo che ci sto ad assumermi le responsabilità e gli oneri che derivano
dall’essere ‘socio’, ma ti chiedo che questa condizione nuova mi venga
riconosciuta, ti chiedo di entrare nel gioco. L’impresa diventa anche mia, con
tutte le variabili, i limiti, le regole e le condizioni che insieme definiremo.
Non è il socialismo né l’autogestione: è semplicemente la partecipazione».
[112] Cic., De re publica
1.25.39 : ‘Est igitur,’ inquit Africanus,
‘res publica | res populi, populus autem non omnis hominum coetus quoquo modo
congregatus, sed coetus multitudinis iuris consensu et utilitatis communione
sociatus. eius autem prima causa coeundi est non tam inbecillitas quam
naturalis quaedam hominum quasi congregatio. Sulla nozione di res publica,
per tutti, si vedano: G. Lobrano,
Res publica res populi. La legge e la
limitazione del potere, Torino 1996, 114 ss.; L. Labruna, De re publica, in Id., Civitas quae est constitutio populi e altri studii di storia costituzionale romana, Napoli 1999, 35
ss.; M.G. Zoz, Riflessioni in tema di res publicae,
Torino 1999, 65 ss.
[113] Cic., De
officiis 1.17.53-54: 53 Gradus autem
plures sunt societatis hominum. Ut enim ab illa infinita discedatur, proprior
est eiusdem gentis, nationis, linguae qua maxime homines coniunguntur; interius
etiam est eiusdem esse civitatis: multa enim sunt civibus inter se communia,
forum, fana, porticus, viae, leges, iura, iudicia, suffragia, consuetudines
praeterea et familiaritates multisque cum multis res rationesque contractae. Artior vero colligatio
est societatis propinquorum; ab illa enim immensa societate humani generis in
exiguum angustumque concluditur. 54 Nam cum sit hoc natura commune animantium,
ut habeant libidinem procreandi, prima societas in ipso coniugio est, proxima
in liberis, deinde una domus, communia omnia; id autem est principium urbis et
quasi seminarium rei publicae.
[114] Si veda P.P. Onida, Studi sulla condizione degli animali non
umani nel sistema giuridico romano, Torino 2002, 108; Id., Il
divieto dei sacrifici di animali nella legislazione di Costantino. Una
interpretazione sistematica, in Poteri religiosi e istituzioni: il culto di San Costantino Imperatore tra Oriente e Occidente,
a cura di F. Sini-P.P. Onida, Torino 2003, 147 ss.
[115] D. 1.1.1.3 (Ulpianus libro
primo institutionum): Ius naturale est, quod natura omnia animalia docuit: nam ius istud non humani generis proprium, sed omnium animalium, quae in terra,
quae in mari nascuntur, avium quoque commune est. Hinc descendit maris atque feminae coniunctio, quam nos matrimonium
appellamus, hinc liberorum procreatio, hinc educatio: videmus etenim cetera quoque animalia, feras etiam istius iuris peritia censeri.
[116] In generale, sul fondamento naturalistico del ius nella opera di Cicerone, si vedano: U. Knoche, Ciceros Verbindung der Lehre vom Naturrecht mit dem römischen Recht und
Gesetz. Ein Beitrag zu der Frage: philosophische
Begründung und politische Wirklichkeit in Ciceros Staatsbild, in Cicero.
Ein Mensch seiner Zeit, hrsg. G. Radke, Berlin 1968, 38 ss.; M. Ducos, Les romains et la
loi. Recherches sur les rapports
de la philosophie grecque et de la tradition
romain à la fin de la République,
Paris 1984, 225 ss.; D.H. Van Zyl,
Cicero and the law of natural, in South African Law Journal, 103, 1986, 55
ss.; N. Wood, Cicero’s social and political
thought, Berkeley-Los Angeles London
1988, 70 ss.; L. Perelli, Il pensiero
politico di Cicerone. Tra filosofia greca e ideologia aristocratica romana, Firenze 1990, 113 ss.; J.
Annas, The morality
of happiness,
Oxford 1993, 302 ss.; P.A. Vander Waerdt,
Philosophical influence on Roman Jurisprudence? The
case of Stoicism an natural Law, in Aufstieg und
Niedergang der römischen Welt, II.36.7, Berlin-New York 1994, 4851 ss.; F. Fontanella, Ius pontificum, ius civile e ius naturae nel De legibus II, 45-53,
in Athenaeum, 84, 1996, 260; S. Querzoli, Il
sapere di Fiorentino. Etica, natura e logica
nelle Institutiones, Napoli 1996, 75
nt. 1; G. Hamza, Bemerkungen über den Begriff des Naturrechts
bei Cicero, in Nozione formazione e
interpretazione del diritto. Dall’età romana alle esperienze moderne. Ricerche
dedicate al professor Filippo Gallo, II, Napoli 1997, 349 ss.
[117] Si veda G. Lobrano, Dell’homo artificialis – deus mortalis dei Moderni comparato alla societas degli Antichi, cit., passim.
[118] Sulla categoria di persona giuridica, fondamentali sono le
osservazioni di: R. Orestano, Il problema delle fondazioni in diritto
romano, Torino 1959; Id., Il «problema delle persone giuridiche» in
diritto romano, I, Torino 1968; P.
Catalano, Diritto e persone.
Studi su origine e attualità
del sistema romano, Torino
1990; G. Lobrano, Dell’homo artificialis – deus mortalis dei Moderni comparato alla societas degli Antichi, cit., passim.
Sulla nozione di persona nella teologia, con rilievi interessanti anche per il
giurista, si veda ora A. Milano,
Persona in teologia. Alle origini del
significato di persona nel
cristianesimo antico, 2 ed., Roma 1996.
[119] Si veda G. Lobrano, Dell’homo artificialis – deus mortalis dei Moderni comparato alla societas degli Antichi, cit.,
[121] Con particolare riferimento alla riforma del diritto societario,
P. Spada, C’era una volta la
società, in Rivista del Notariato. Rassegna di diritto e pratica
notarile, LVIII – gennaio-febbraio 2004, 1, 2 ss., ha posto in risalto il
fatto che la «‘realtà’ di taluni esemplari di società … poco quadrava con
l’immagine culturale corrente e con la corrispondente definizione del codice,
cioè con la società-sodalizio».