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Franchini-2015-1Lorenzo Franchini

 

La recezione nel ‘ius civile’ dei ‘iudicia bonae fidei’

 

QUESTIONI DI METODO E DI MERITO

 

 

L’ARTE DEL DIRITTO

Collana diretta da Luigi Garofalo

27

 

 

Napoli, Jovene, 2015

VIII-176 pp. – ISBN  978-88-243-2357-4

 

 

 

 

 

INDICE  SOMMARIO

 

Premessa critica

1

 

CAPITOLO PRIMO

I PRESUPPOSTI DELL'INDAGINE: IL QUADRO STORICO-NORMATIVO

 

1.         L'origine pretoria dei iudicia bonae fidei

5

2.         Le testimonianze preclassiche

15

3.         Gli sviluppi successivi: l'integrazione nel ius civile dei iudicia bonae fidei

30

 

 

CAPITOLO SECONDO

CRITERI DI SVOLGIMENTO DELL'INDAGINE: L'ADERENZA AGLI SCHEMI ROMANI

 

1.         La receptio come prodotto di atti o fatti normativi: impossibilità di alternative

35

2.         Diritto e processo: una distinzione ineludibile anche nell'esperienza romana

37

 

 

CAPITOLO TERZO

LE FONTI POSSIBILI DELLA RECEZIONE

 

1.         Premessa

43

2.         La legge

46

3.         Il senatoconsulto

53

4.         La costituzione imperiale

57

5.         La giurisdizione pretoria

58

6.         La giurisprudenza

75

7.         La consuetudine e la prassi (giudiziaria e non)

99

 

 

CAPITOLO  QUARTO

OSSERVAZIONI IN MERITO AI SINGOLI ‘IUDICIA BONAE FIDEI’. IN PARTICOLARE, LA DUPLICITÀ DI AZIONI A TUTELA DI DEPOSITO E COMODATO

 

1.       Cenni sui singoli istituti

119

2.         Il problema della coesistenza di actio in ius e actio in factum a tutela di deposito e comodato

132

 

 

CAPITOLO  QUINTO

SINTESI DELL’INDAGINE

 

1.         Premessa

143

2.         I giudizi di buona fede di genesi repubblicana

144

3.         I giudizi di buona fede di genesi imperiale

147

 

 

CAPITOLO  SESTO

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE E PROSPETTIVE PROBLEMATICHE ATTUALI

 

1.         Riflessione finale sulla vicenda storica

151

2.         Attualità della tematica trattata

153

 

 

Indice degli autori

161

Indice delle fonti

169

 

Seconda e terza di copertina

 

I iudicia bonae fidei per lungo tempo sembrarono appartenere soltanto al diritto onorario. Franchini oggi aderisce all'orientamento – non incontroverso, ma prevalente in dottrina – che colloca la civilizzazione di quei giudizi non prima del­l'inizio dell'età classica, per effetto di un'evoluzione di cui analizza modi e fattori. Gli elenchi delle azioni di buona fede contenuti nelle opere letterarie di epoca repubblicana paiono rivelarne la natura soltanto pretoria, data la riscontrabilità in essi di espressioni quali arbitria honoraria (Cic. Rosc. com. 5.15) o sine lege iudicia (Cic. off. 3.15.61), giudicate incompatibili con l'originaria inerenza alla tradizione civilistica. Tutto ciò, senza trascurare il dato che per certi altri istituti, quali i principali contratti reali, già protetti dal magistrato mediante la concessione di actiones in factum conceptae, la recezione, databile ad un periodo successivo, coincide senz'altro con la stessa proposizione edittale di actiones in ius di buona fede.

L'autore formula alcune indispensabili precisazioni circa il metodo dell'indagine, che non prescinde dalla necessità di individuare con precisione la fonte, o le fonti, che abbiano determinato l'integrazione nel mondo del diritto di figure che prima, sostanzialmente, a quel mondo non appartenevano. La ricerca delle fonti possibili della recezione sarà svolta attenendosi al ben noto ordine gaiano di cui al passo 1.2 delle Institutiones, e con la sola aggiunta finale della consuetudine e della prassi, giudiziaria e non.

L'analisi si fa appunto approfondita, grazie anche ad un'esegesi stringente di quei frammenti – non numerosi, in verità: v. soprattutto Ulp. D. 21.1.31.20 e 27.4.1pr. – che sembrano disporre direttamente in merito ai fatti normativi che abbiano prodotto la recezione. La risposta data in conclusione è che si tratta di una receptio moribus. Ma – spiega esemplarmente l'autore – «non sono mere prassi `spontanee' quelle in cui si possano identificare i processi consuetudinari, ma qualcosa di assai più complesso, cui danno impulso, coagendo tra di loro, in rapporto di continua reciproca osmosi, un gran numero di fattori. Sono processi di cui possiamo anche ricapitolare le tappe: a monte, la diffusione di usi commerciali internazionali o di usi interni fondati su rapporti di reciproca forte solidarietà, entrambi momentaneamente privi di valore giuridico; l'intervento di organi giurisdizionali che dell'importanza di quelle pratiche prendono atto; l'avvio di un processo consuetudinario ufficiale, che consta di un flusso di attività negoziali e di decisioni giudiziali rese coerenti e sapientemente indirizzate, in modo univoco, da una scienza giuridica assai più sensibile alla risoluzione dei problemi pratici che non ad esigenze di inquadramento teorico; l'incidenza della legislazione, che però integra direttamente, nell'ordinamento, soltanto gli effetti della macchina processuale dal cui funzionamento dipende, da sempre, la tutela di quelle pratiche; il definitivo consolidamento della disciplina ormai formatasi sulle stesse, donde il suo assorbimento nell'ordinamento sostanziale, certificato come tale, se non di fatto addirittura compiuto, dal magistrato giusdicente nell'esercizio delle sue competenze».

Tale conclusione è preceduta da alcune considerazioni sulla vicenda dei singoli istituti, svolte alla luce delle peculiarità storiche di ciascuno, e dall'indagine sui motivi della sopravvivenza dell’actio in factum depositi e commodati, una volta introdotta quella in ius: motivi che vengono individuati dall'autore secondo criteri coerenti con l'assetto complessivo della sua ricostruzione.

Chiude il libro una riflessione sull'attualità dei fenomeni di recezione, oggi che la tradizionale gerarchia delle fonti, strutturata sull'assioma del primato della legge dello Stato, appare sconvolta dalle dinamiche proprie della c.d. globalizzazione, interessante anche il campo giuridico. Ciò che rappresenta un'ulteriore spia del passo avanti che con quest'opera la ricerca compie sul tema generale della receptio, lungo il cammino già a suo tempo autorevolmente intrapreso da altri studiosi, primo fra tutti Filippo Gallo.

 

Francesco Paolo Casavola