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Responsabilità: origine e significati

 

Maria Antonietta Foddai

Università di Sassari

 

 

SOMMARIO: 1. Spondeo, σπένδω e respondeo. – 2. La comparsa del soggetto in età moderna: “responsable”. – 3. Responsible. – 4. Il processo di costituzionalizzazione e l’impiego di Responsibility. – 5. Liberté, égalité, fraternité e.. responsabilité. – 6. Risponsabile. – 7. Risponsabilità. – 8. Verantwortlich e Verantwortlichkeit. – 9. Significati in età moderna. – Abstract.

 

 

1. – Spondeo, σπένδω e respondeo

 

Quella del termine ‘responsabilità’ è una storia breve; sarebbe inutile cercare nel latino classico il corrispondente del sostantivo astratto ‘responsabilità’; la presenza di responsabilitas, che riscontriamo ad esempio nel Codex iuris canonici vigente, corrisponde ad un uso recente derivato probabilmente dagli impieghi del termine nelle lingue moderne[1]. Se è un dato indiscusso che il latino antico non presenti il vocabolo, tuttavia ne racchiude l’origine nel verbo respondeo: è qui che si trova lo strato di senso originario del termine ‘responsabilità’.

Respondeo deriva da spondeo, che indica l’atto solenne del promettere e del garantire. Benveniste rileva la chiara parentela del verbo latino spondeo col greco σπένδω, fra i cui significati spicca quello di «concludere un patto e prendersi reciprocamente a garanti»[2]. A differenza del primo, specializzato in un uso giuridico, il verbo greco ha in origine un significato religioso, che successivamente si evolve verso un’accezione politica indicata dalla forma media del verbo (σπένδομαι), che significa concludere un accordo. Nell’evoluzione del verbo, Benveniste rileva il processo semantico che va dal significato di ‘prendere gli dei a garanti’, verso quello di ‘prendersi reciprocamente a garanti’ attraverso lo scambio delle promesse, e individua nell’offerta di sicurezza il significato comune a σπένδω e spondeo.

A differenza del greco σπένδω, che ha il significato religioso di fare offerte agli dei per assicurarsene il favore, Benveniste specifica che il suo corrispondente latino ha, fin dall’origine, il significato giuridico di «portarsi garante in giustizia, dare la propria cauzione personale per qualcuno»[3]. La pronuncia del termine conferisce all’atto il significato della promessa, così come mostra chiaramente la terminologia del matrimonio, dove i termini sponsus, sponsa e sponsalia riflettono un impegno solenne che nasce dalla libera comunicazione della volontà. Le formule matrimoniali, riportate da Plauto nel Trinummus, e scambiate tra il padre della sposa e il pretendente, sanciscono l’ impegno assunto a garanzia del patto concluso[4].

Re-spondeo indica uno scambio di garanzie, significa «promettere vicendevolmente»[5], garantire a propria volta[6]. Il responsor è colui che, di fronte all’impegno altrui, s’impegna a propria volta per garantirne il buon esito. Egli interviene in un rapporto obbligatorio già definito tra le parti, fornendo, con la sua parola, la sicurezza che l’impegno assunto da altri verrà rispettato. Se Benveniste evidenzia che respondēre significa scambiarsi un’offerta di sicurezza, assicurarsi reciprocamente un determinato risultato, Villey sottolinea un significato ulteriore, che avrà notevoli sviluppi nel diritto. Il responsor è infatti colui che nella stipulatio interviene a favore del debitore a garanzia del suo debito; pronunciando la formula «respondeo», egli rafforza l’impegno formalmente assunto dallo sponsor[7]. In questo caso la parola che impegna viene spesa per altri, si risponde per qualcuno, garantendo per lui.

«Da allora, dice Villey, la parola rispondere implica l’idea di essere garanti di un corso di eventi futuri»[8]. L’argomento evoca la dimensione del tempo implicata nell’enunciato di responsabilità: il responsor pronuncia le parole che, oggi, lo impegnano a garantire la stabilità di una relazione futura, più che a rendere conto di un’azione passata, come accadrà in età moderna[9].

Sono due gli elementi che emergono da queste prime formulazioni: il primo sottolinea una concezione della responsabilità che definiremo come ‘indiretta’, che riguarda il comportamento di un altro soggetto del quale si deve rendere conto; il secondo anticipa una concezione prospettica della responsabilità: la dimensione temporale del respondēre è il futuro, nel quale si realizza un progetto comune, non il passato che si volge a un giudizio retrospettivo sul comportamento tenuto[10]. L’accento posto sul futuro e sull’idea di sicurezza si conserverà soprattutto in una particolare forma moderna di responsabilità: la responsabilità per ruolo, che ha consolidato l’idea di garanzia riferita all’assolvimento di un insieme complesso di doveri derivanti da un compito sociale[11].

Se il greco σπένδω significa che la garanzia viene accordata dagli dei in cambio di un’offerta, il suo corrispondente latino, da cui deriva respondeo, prevede che siano gli uomini, i cives, a potersi prestare l’un l’altro questa garanzia, a scambiarsi offerte di sicurezza. Ma cosa riguarda questa solenne assicurazione, o meglio, di che natura sono questi eventi di cui il responsor, solo un millennio dopo divenuto responsabilis, deve garantire il corso futuro? Riguardano il rispetto degli accordi e la coerenza tra l’azione e la parola data: il responsor interviene a garantire la stabilità e l’equilibrio all’interno di un sistema di relazioni. Con la formula «Et ego tibi respondeo» egli garantiva la sicurezza di un accordo e la stabilità di una relazione intersoggettiva. Il significato di respondēre si collega quindi sin dall’origine alle azioni umane e alla loro coerenza rispetto alla parola, l’impegno, la promessa.

Anche nei responsa dei sacerdoti e dei giuristi è possibile cogliere il valore di una garanzia. Infatti, così come il responsum dei collegi sacerdotali ha il significato dello scambio tra l’offerta agli dei e la sicurezza fornita dalla risposta dell’oracolo, anche quello dei giureconsulti conserverà, fino all’età imperiale, il medesimo senso di una garanzia accordata al richiedente e fondata sulla competenza di chi fornisce il parere[12].

Nel linguaggio comune il verbo indica l’atto di rispondere ad una domanda e si specifica ulteriormente in alcune aree del diritto: in quella delle obbligazioni di garanzia (principalmente nell’istituto della stipulatio), riferito all’atto spontaneo di chi si fa garante di un debito o promessa preesistente, e nell’ambito processuale, dove respondēre perderà il carattere di libera iniziativa dell’atto, designando il dovere di presentarsi in giudizio per respingere un’accusa o una pretesa[13]. Da quest’ultimo significato tecnico-processuale di resistere in giudizio, che si diffonderà ampiamente, deriva quello ulteriore di rispondere del crimine o debito, qualora la pretesa della controparte sia stata riconosciuta fondata[14].

Promettere vicendevolmente, scambiarsi una garanzia, è il significato originario di respondeo, che potrebbe essere assunto come significato fondamentale della responsabilità. Dall’idea dell’impegno assunto formalmente e pubblicamente deriva quella dell’impegno a subire la sanzione nel caso in cui l’accordo non venisse rispettato.

Il significato dell’assoggettabilità a una pena è quello che si sviluppa successivamente in ambito processuale, ma che potrebbe logicamente derivare dall’idea stessa di uno spontaneo assoggettamento del responsor alle sanzioni derivanti dal mancato rispetto dell’impegno.

Notiamo che manca, tra i significati rilevati nelle fonti, un terzo nucleo, che riguarda la qualità morale connessa all’atto, la virtù sociale dell’affidabilità, che caratterizza la figura di colui che risponde. Quando parliamo di qualità morale non ci riferiamo alla morale fondata sulla scelta individuale, che connoterà uno dei significati prevalenti della responsabilità contemporanea, ma piuttosto alla morale sociale, fondata sui mores, che comprendono valori umani, ma definiti da un contesto sociale e tradotti in una serie di atti che esprimono le qualità di chi li compie. La qualità morale non preesiste all’atto, ma ne costituisce l’espressione. L’atto del respondēre porta con sé la forza morale dell’affidabilità, della coerenza, che tuttavia non vengono esplicitate nell’uso di respondeo, ma espresse dal responsum, la risposta solenne e formale che viene resa in un contesto giuridico-religioso[15].

La sacralità che circonda i responsa dei sacerdoti e la nobiltà che emana dal responsum del giureconsulto sono il segno del valore attribuito al ruolo, che riverbera su coloro che concretamente lo svolgono[16]. Allo stesso modo, il responsor sarà considerato una persona affidabile, che compie ciò che ci si aspetta da lui, per il fatto concreto che pronuncia la formula «respondeo», e non per una qualità o virtù preesistente che giustifica l’atto del respondēre.

Nelle sue riflessioni, Scarpelli nota che in ciascuno dei numerosi significati di respondeo sono presenti due elementi che si conserveranno nei termini moderni da questo derivati: «l’idea di una relazione intersoggettiva e l’idea di una garanzia o sicurezza data circa l’oggetto della relazione»[17].

La relazione tra due o più soggetti rappresenta una condizione necessaria del respondēre, fin dalle sue origini. Si risponde infatti sempre verso qualcuno, prima ancora che di qualcosa. Il dovere verso l’altro ha una priorità logica rispetto all’oggetto di tale dovere, alla prestazione. La stessa oralità dell’atto ne è un segno importante, non si può rispondere a sé stessi, né ci si può impegnare verso sé stessi, ma solo verso qualcuno. La risposta e l’impegno relativo avvengono in un contesto relazionale che conferisce il senso all’evento; rispondere implica sempre un rivolgersi a qualcuno, stabilendo una comunicazione. Nel suo Lexicon Totius Latinitatis, Forcellini scrive che « respondēre proprie est ore loqui, non scripto», evidenziando quel carattere che si conserverà nell’uso moderno più diffuso del rispondere, del dare una risposta a una domanda[18].

A questi due elementi se ne affiancheranno altri, che in età moderna andranno a comporre la rete dei significati della responsabilità, e presenteranno uno spostamento dal polo oggettivo della relazione e della garanzia a quello soggettivo della capacità di agire secondo consapevolezza e di pagare per le azioni compiute.

Ma ci vorranno ancora circa mille anni perché avvenga questa oscillazione e il termine francese responsable si affacci nell’orizzonte linguistico dell’Occidente.

 

 

2. – La comparsa del soggetto in età moderna: ‘responsable

 

Se tutte le lingue neolatine moderne registrano la presenza del verbo ‘respondēre’, è il francese la prima a presentare, tra le numerose forme derivate[19], la parola’responsable’. Il Robert, Dictionnaire historique de la langue française, segnala la presenza del termine già all’inizio del XIV secolo (1304), impiegato in ambito giuridico con il significato di «persona che deve rendere conto dei suoi atti e di quelli delle persone di cui ha la custodia»[20]. Si tratta tuttavia di un’apparizione destinata a non avere seguito, trascorreranno ancora quattro secoli prima che il termine cominci a radicarsi nel linguaggio tecnico e ordinario. E’ infatti dal 1700 che inizierà a rilevarsi un uso costante sia degli aggettivi ‘responsable’ e ‘irresponsable’, sia del sostantivo ‘responsabilité’, che nascerà solo alla fine del secolo in coincidenza non casuale con l’evento della rivoluzione del 1789.

Tra i significati di ‘responsable’, Godefroy, nel suo Dictionnaire che arriva fino al XV secolo, ne segnala tre: «qui sert de réponse», «admissible en justice» «qui peut résister»[21]. Fra questi spicca la funzione di garanzia, attribuita al soggetto che deve fornire una risposta qualificata dal diritto[22], e il significato processuale, riferito sia a chi può essere chiamato in un processo, sia a chi, essendo stato condannato, è tenuto a “rispondere” del suo debito. Non è presente, fra i significati che abbiamo visto, quello di persona affidabile, capace di prendere decisioni dopo attenta ponderazione, che si affermerà nell’arco dell’Ottocento[23].

É singolare il fatto che l’aggettivo responsable rimanga ‘dormiente’ per più di quattrocento anni, custodito in alcuni documenti ufficiali ed ecclesiastici, ma non parte del linguaggio in uso, espressione viva di esigenze sociali ed istituzionali, come invece accadrà negli anni che precedono la rivoluzione e l’emanazione del Code civil, quando, nell’arco di poco più di un decennio, si diffonderà rapidamente sulla scia di ‘responsabilité’[24]. Curiosamente, anche ‘responsabilité’ attraversa una vicenda simile: la parola responsabiliteit compare una sola volta in una cronaca della prima metà del Quattrocento, per poi riapparire nella forma nota 350 anni dopo[25].

In questo processo ha un ruolo decisivo l’influsso del modello inglese di ‘responsibility’, di alcuni anni precedente alla comparsa di responsabilité.

 

 

3. – ‘Responsible’

 

Nell’area di lingua inglese, l’aggettivo responsible (più raro responsable) si affaccia alla fine del XVI secolo[26], col significato «capace di rispondere», «che può essere chiamato a rispondere (di fronte) a qualcuno per qualcosa», per questo secondo significato viene affiancato da ‘answerable’ e ‘accountable’. McKeon segnala che inizialmente ‘responsible’ viene usato come sinonimo di ‘accountable’,[27] ma se ne distanzia progressivamente per il contesto d’uso: nella prima metà del Settecento, ‘responsible’ viene impiegato per indicare il dovere dei ministri di rendere conto della gestione del potere politico, ‘accountable’ indica con più precisione l’assoggettabilità alla pena giuridica, e quindi la punibilità. ‘Liable’ esprime invece l’aspetto obbligatorio del rapporto e l’essere tenuto ad adempiere un’obbligazione[28]. Tra i significati di ‘responsible’ notiamo anche quello di «moralmente imputabile» e «capace di condotta razionale»[29], ma, come segnala l’Oxford English Dictionary, è solo dall’Ottocento in poi che si registra l’uso nelle fonti di un senso morale di ‘responsible’, che appare il più recente, affermatosi nel solco dei significati giuridici e politici di espondēre’[30]. Se ‘answerable’, ‘accountable’ e ‘liable’ esprimono la capacità di rispondere dei debiti, la punibilità e l’obbligatorietà del vincolo, ‘responsible’ si specializza nell’area del linguaggio politico, riferito all’operato dei ministri e pubblici funzionari che possono essere chiamati a rispondere degli atti compiuti nell’esplicazione del loro ruolo[31].

 

 

4. – Il processo di costituzionalizzazione e l’impiego di ‘responsibility’

 

Il tema principale che animò i dibattiti parlamentari inglesi per tutto il corso del Settecento fu quello del dovere, da parte degli organi dell’esecutivo, di rispondere della gestione del potere, in ossequio al principio «The King can do no wrong», che sanciva l’insindacabilità delle decisioni della Corona[32].

Il principio dell’irresponsabilità regia, che si afferma alla fine del Seicento con la restaurazione della monarchia, dopo la parentesi della dittatura di Cromwell, lungi dal voler essere un segno del rafforzamento del potere della monarchia, ne rappresenta piuttosto un indebolimento, mostrato da quel particolare equilibrio di forze instauratosi tra Re e Parlamento che, come spiega Mortati, consente l’affermazione della monarchia costituzionale in Inghilterra[33]. Il principio secondo cui «il Re non può sbagliare» è un compromesso tra l’indiscussa affermazione della sovranità regia, che deriva dalle teorie dell’assolutismo di origine divina e dal contrattualismo hobbesiano[34], e il potere del Parlamento, che esercita un controllo sul governo del monarca. È proprio in virtù di questo potere di controllo, ormai conquistato e tenacemente difeso dal Parlamento, che si afferma la possibilità di sanzionare l’operato dei ministri del Re.

Il principio dell’irresponsabilità del Re si converte nell’affermazione della piena responsabilità dei suoi ministri per gli atti da esso compiuti. Tale responsabilità consiste nella possibilità di essere chiamati a rendere conto davanti al Parlamento che, in base all’Act of Settlement del 1700, vede confermato il suo antico potere di impeachment, che consisteva nella possibilità di accusare e giudicare per alto tradimento i ministri e consiglieri del Re[35].

La responsabilità ministeriale quindi nasce come una responsabilità giuridica, basata sull’accusa e sul giudizio penale contro la persona del ministro. Nella seconda metà del Settecento, il consolidamento della forma di governo parlamentare favorirà la trasformazione della originaria responsabilità giuridica del singolo ministro in responsabilità politica di tutto il governo[36]. L’omogeneità che distingue gli atti del governo rende infatti difficile l’impeachment di uno solo dei suoi membri, ma determina un giudizio di responsabilità verso l’intero collegio dei ministri, ormai caratterizzato dall’unitarietà dell’azione politica. La condivisione del potere si traduce nella condivisione della responsabilità, che si fa collegiale e perde il suo carattere giurisdizionale: all’accusa penale si sostituisce l’atto di sfiducia e all’incriminazione la sostituzione del governo riconosciuto responsabile[37].

L’acceso dibattito parlamentare, riferito dai giornali dell’epoca, rivela fin dai primi decenni del Settecento un’idea compiuta di responsabilità politica, che generalmente si esprime col termine accountability, per indicare la possibilità di assoggettare a una forma di sanzione i ministri “colpevoli” di una cattiva amministrazione[38].

É in tale contesto che è attestato per la prima volta nel 1766 l’impiego di ‘responsibility’, che comincerà a diffondersi a partire dal 1775, per definire un dovere derivante da atti e decisioni politiche[39]. L’osservazione si deve a von Proschwitz, che sottolinea il ruolo determinante svolto dalla stampa dell’epoca nella diffusione del termine. In mancanza di registrazioni ufficiali delle sedute parlamentari, erano i giornalisti a fornire i resoconti del dibattito sulle colonne dei giornali, che cominciarono ad usare e diffondere questa nuova parola, per spiegare ai loro lettori, in un linguaggio semplice ed efficace, i nuovi principi costituzionali.

‘Responsibility’ viene usato per indicare la necessità di controllare il modo in cui viene gestito il potere di governo e, nel caso in cui si rilevi una difformità rispetto ai desideri dell’elettorato, la possibilità di sanzionarne il cattivo esercizio. L’antico senso di garanzia riferito ad una relazione tra cives si estende, in età moderna, fino a ricomprendere l’area più vasta delle garanzie civili, in cui si segnala il primo autentico ‘nuovo’ significato del termine[40].

E’ quindi con lo sviluppo delle libertà politiche e la progressiva, lenta affermazione dei principi dello stato di diritto[41], che nasce la responsabilità moderna, il cui significato eminentemente politico risalta nel saggio n.63 del Federalist[42], pubblicato nel 1788: «I add, as a sixth defect, the want, in some important cases, of a due responsibility in the government to the people, arising from that frequency of elections which in other cases produces this responsibility».

Hamilton lamenta il paradosso secondo cui frequenti elezioni indeboliscono, anziché rafforzare, la responsabilità dei rappresentanti nei confronti degli elettori. Dopo qualche riga, si preoccupa di chiarire la sua affermazione, stabilendo una precisa correlazione col potere e tracciando i confini della responsabilità: «Responsibility, in order to be reasonable, must be limited to the objects within the power of the responsible party»[43]. Il governo può essere reso responsabile solo per quegli atti che è nel suo potere compiere, ma un’assemblea che rimane in carica per un tempo tanto breve da non poter realizzare che due o tre obiettivi, non può essere chiamata a rispondere della mancata realizzazione di un progetto politico a lungo termine, né essere lodata per la sua effettiva realizzazione, se questa si svolge nell’arco di un certo numero di anni.

Il popolo deve poter giudicare con esattezza il ruolo svolto dai suoi rappresentanti nell’azione di governo. Per questa ragione Hamilton sostiene la tesi dell’istituzione del Senato federale, un organo che, per la continuità della sua azione, può ben essere reso responsabile, ma che esprime anche il senso di responsabilità politica, proprio per il ruolo che è chiamato a svolgere. In questo contesto il significato di responsibility oscilla tra la possibilità di sanzionare politicamente l’azione del governo e il senso di responsabilità che dovrebbe caratterizzare l’attività dei suoi membri, tra il giudizio retrospettivo sugli atti compiuti, pronunciato dagli elettori, e la valutazione preventiva delle loro conseguenze, affidata ai rappresentanti.

Non è quindi casuale che, sulla spinta degli eventi che delineano la nuova struttura dell’organizzazione politica in Inghilterra e negli Stati Uniti, il termine compaia anche in Francia nell’acceso dibattito politico che annuncia la Rivoluzione[44].

 

 

5. – Liberté, Egalité, fraternité e…Responsabilité

 

Sono ancora le accurate ricerche di von Proschwitz che ci aiutano a chiarire la relazione linguistica tra il sostantivo inglese e quello francese, e la questione del primato rivendicato dalla Francia nell’invenzione di ‘responsabilité’[45]. Ed è ancora una volta il ruolo della stampa ad essere determinante in questo processo.

La stampa francese pre-rivoluzionaria è ben lontana dall’eguagliare il modello inglese, che consente ai suoi giornali, nonostante alcune resistenze, di svolgere un’adeguata e capillare opera d’informazione presso l’elettorato. Sarà infatti con l’avvento della Rivoluzione, che sancirà la libertà di stampa, che anche i giornali francesi cominceranno ad acquistare una certa importanza politica. Tuttavia, nonostante la censura, la stampa francese segue con grande interesse le vicende politiche che animano l’Inghilterra, il cui modello culturale, oltre che politico, suscita una grande influenza in Francia, così come in gran parte d’Europa[46]. E’ infatti un giornale francese, il Courier de l’Europe, stampato a Londra, ma distribuito in Francia, che, nel numero del 21 novembre 1783, riporta la parola responsabilité, traducendo un discorso del celebre personaggio politico inglese Charles Fox[47].

‘Responsabilité’ ricompare in Francia come traduzione dell’inglese ‘responsibility’, nonostante il termine responsabiliteit sia registrato, come abbiamo visto, nelle cronache francesi della prima metà del Trecento. Von Proschwitz ci racconta questo scambio linguistico, spiegando che ‘responsabilité fa parte di quei termini francesi che, un tempo “esportati” in Inghilterra, sono tornati al loro paese d’origine carichi di un nuovo significato[48].

Dopo quattro anni il sostantivo comparirà nel Dizionario dell’Abate Feraud, pubblicato nel 1787-1788, che lo menziona con un preciso riferimento alla Responsabilité du Gouvernement[49], presentandolo tuttavia come un bizzarro neologismo.

Due anni dopo, nel progetto di Dichiarazione dei Diritti dell’uomo dell’11 luglio 1789, La Fayette enuncia, tra i principi dello stato di diritto, la separazione dei poteri, il diritto di rappresentanza, la responsabilité dei funzionari del governo e l’imparzialità dei giudici [50].

Negli anni immediatamente successivi, la parola comparirà in alcuni decreti, sempre a designare un generico dovere di rispondere del proprio operato attribuito a pubblici funzionari e ministri, fino ad essere inserita a pieno titolo nel Dictionnaire de l’Académie Française del 1798 che così la definisce:«obligation légale de répondre de ses actions, d’être garante de quelque chose (...) Il s’applique aux Ministres, aux hommes publics (...)»[51].

Se responsible e responsibility esprimono l’esigenza di definire il moderno principio della libertà politica, in Francia si osserva un uso più ampio dei termini corrispondenti che assumono precisi significati nel diritto privato[52]. ‘Prestare garanzia’, ‘rispondere di un’obbligazione’, ‘essere convocato in giudizio’, sono le aree semantiche che denotano un uso puntuale di ‘responsable’ e ‘responsabilité’. Quest’ultima è contenuta in alcuni articoli del Code Napoleon [53], tra i quali spicca l’art. 1384 che sancisce la responsabilità dei genitori, precettori e artigiani per i danni cagionati dai figli minori, allievi e garzoni.

L’impiego della parola responsabilité, tuttavia, è ancora raro e potremmo dire modesto nel diritto, soprattutto nell’area delle obbligazioni nascenti da fatto illecito che saranno, nel XIX e XX secolo, l’area nella quale si costruirà il concetto attuale di responsabilità giuridica e in cui si registrerà l’uso più creativo ed ampio dei termini corrispondenti. Per Viney è al pensiero giuridico del XIX secolo che dobbiamo l’elaborazione critica della categoria giuridica della responsabilità, e in particolare agli autori dei primi Trattati di diritto contemporanei che sentirono l’esigenza di formulare concetti generali sui quali costruire le soluzioni del diritto positivo[54].

Per queste ragioni, oltre che per le esigenze derivanti dai nuovi assetti politico-istituzionali, è attribuito alla Francia e alla sua tradizione giuridica un ruolo determinante nella diffusione del termine nelle altre lingue neolatine[55].

 

 

6. – Risponsabile

 

Nella lingua italiana la famiglia semantica della responsabilità attraversa vicende simili.

La voce ‘risponsabile’, preceduta di due secoli da ‘risponsale’ e ‘responsale[56], compare per la prima volta nella seconda metà del XVII secolo (a. 1660), col significato di «colui che può essere chiamato a rendere conto per gli atti svolti nell’esercizio del proprio ruolo».[57] Sarà solo nel corso dell’Ottocento che ‘risponsabile’ comincerà a diffondersi, acquistando un preciso significato nel linguaggio giuridico e politico.

Nel loro Dizionario della Lingua Italiana, pubblicato nel 1876, Tommaseo e Bellini notano che si tratta di una voce «certamente oramai comune in Italia tra la gente che chiamasi colta, e intesa dal popolo almeno delle città; da coloro che fanno consistere la purezza del linguaggio nell’antico uso delle voci evitata», ma non sempre evitabile, aggiungono, «da chi voglia parlare e scrivere disinvolto e spedito»[58].

‘Risponsabile’ significa «che deve rispondere, deve rendere ragione»; per questo significato del prestare garanzia, che s’inscrive nell’antico solco del respondēre latino, Tommaseo e Bellini precisano che si avvicina al significato di mallevadore, che tuttavia non può essere considerato un sinonimo, poiché non copre interamente l’arco dei significati di risponsabile: «Certamente non si direbbe Mallevadore in certi casi il padre pe’ figli, il padrone mallevadore de’ servi: non è codesto un impegno assunto, ma un obbligo implicito naturale o sociale, una logica conseguenza che deducesi dalla necessità delle cose»[59]. Il verbo Rispondere copre quindi una precisa area semantica, poiché si riferisce «agli effetti dell’obbligo e all’eseguimento dell’impegno», così come l’aggettivo «risponsabile alle sequele debite o meramente possibili», a differenza del nome mallevadore che si riferisce «all’origine e al titolo dell’obbligo e dell’impegno»[60].

‘Responsabile’ quindi si presenta come un neologismo usato più dai pratici del diritto e della politica che dai cultori della lingua, ma si rivela ormai insostituibile, tanto da abbattere le ultime resistenze dei puristi: «Manca la voce “risponsabile” e le derivate da essa alla nostra Crusca; ma, essendo voce tecnica, necessaria ed alla quale niun’altra equivalente si può sostituire, non tremo d’adottarla»[61].

 

 

7. – Risponsabilità

 

Sebbene la maggior parte degli studiosi ritenga che il termine ‘responsabilità’ sia derivato dal francese e faccia la sua comparsa nella lingua italiana nell’ultimo decennio del Settecento[62], recenti ricerche hanno spostato indietro la datazione, mostrando una sostanziale coincidenza di date nell’apparizione dei termini, sia nella lingua francese che in quella italiana[63]. E’ infatti del 1760 la prima registrazione della parola ‘responsabilità’ nella nostra lingua [64], alla quale seguono numerose testimonianze scritte che confermano l’uso del termine ben prima del 1789, data in cui si riteneva fosse avvenuta la sua prima trascrizione[65].

‘Responsabilità’ significa «sottomissione, disposta dalla legge, alla sanzione in conseguenza della violazione di un dovere giuridico»[66]. Come nota Schipani, l’uso italiano dei termini, così come avviene per il francese, è attestato sia nell’ambito del diritto pubblico, con riferimento ai doveri del monarca e del professore, sia in quello del diritto privato, riferito ai padroni, genitori e al comandante della nave[67]. In tutti questi casi, responsabilità esibisce un nucleo semantico comune, quello di “dover rendere conto” e “poter essere chiamato in causa” riferito ad un soggetto che, in ragione di un incarico pubblico, o di un ruolo privato socialmente rilevante, ha una sfera d’influenza o di potere del cui esercizio deve rispondere.

 

 

8. – ‘Verantwortlich’ e ‘Verantwortlichkeit

 

In Germania, così come negli altri esempi considerati, l’aggettivo Verantwortlich compare prima del sostantivo corrispondente, nella prima metà del Seicento. Verantwortlichkeit è usato molto più tardi, rispetto ai suoi corrispondenti inglese, francese e italiano. La ragione consiste, come riferisce McKeon, nel fatto che in Germania la discussione intorno a Verantwortlichkeit si sovrappone al precedente dibattito, presente nel pensiero giusnaturalista, sul tema dell’imputazione, espresso da Zurechnung[68].

Secondo il Deutsches Wörterbuch di Jacob e Wilhelm Grimm, pubblicato nel 1877[69], l’aggettivo Verantwortlich, nella forma attiva significa «che deve rispondere di», e compare riferito a persone. Tra gli esempi riportati, prevalgono quelli che si riferiscono allo svolgimento di specifici ruoli e attività commerciali, come il redattore di un giornale, o l’ingegnere che deve rispondere del corretto funzionamento dei macchinari, fino al riferimento a un impiego di responsabilità[70]. McKeon riferisce che la prima apparizione dell’aggettivo risale al 1644, e si trova impiegato in riferimento alla responsabilità ministeriale[71]. Il sostantivo femminile Verantwortlichkeit, significa «lo stato dell’essere responsabile». È ancora una volta Mc Keon che ci aiuta nella ricostruzione delle origini del termine, riferendo che il vocabolo, a differenza di Zurechnung, non compare nei più importanti dizionari filosofici fino alla fine dell’Ottocento. È solo nell’edizione del 1904 del Wörterbuch der philosophischen Begriffe und Ausdrūcke che si trova la prima trattazione del concetto di responsabilità, riferito agli studi filosofici e sociologici degli anni più recenti[72].

Sia ‘Verantwortung’ che ‘verantwortlichkeit’, così come l’aggettivo ‘verantwortlich’, presentano infine un significato processuale, indicando la possibilità di essere chiamati a rispondere davanti a un giudice per gli atti compiuti[73].

 

 

9. – Significati in età moderna

 

In queste prime definizioni, notiamo che il diritto è l’area semantica nella quale si afferma la famiglia della responsabilità, che si specificherà in forme differenti nei campi del diritto pubblico e in quelli del diritto privato, per poi affermarsi nella morale e nella religione. Questo processo si snoda lungo un arco temporale che va dalla seconda metà del Settecento agli ultimi decenni dell’Ottocento.

In questo percorso anche i significati cambiano: dall’antico concetto di garanzia, che viene conservato in alcuni ambiti del diritto, vi è uno spostamento di accento verso il dovere di rendere conto del comportamento proprio o altrui e di assoggettarsi alla pena che ne deriva. La responsabilità viene ad identificarsi con il giudizio che accerta la violazione della norma giuridica o morale e con la pena che viene somministrata al responsabile, identificato con il colpevole[74]. Questo aspetto è particolarmente rilevante nell’ambito religioso, dove la responsabilità si concepisce come sottoposizione al giudizio divino e come dovere di rendere conto a Dio dei propri peccati[75].

In queste testimonianze, dalle quali rileviamo un uso ormai consolidato dei termini, manca qualsiasi riferimento ai criteri soggettivi in base ai quali il dovere di rispondere viene imputato; non si fa infatti menzione espressa della colpa o del dolo come caratteri che, subordinando la responsabilità alla capacità soggettiva di tenere un certo comportamento, ne riducono l’ambito di applicazione.

La definizione che ne dà Romagnosi nelle sue Istituzioni di civile filosofia ossia di giurisprudenza teorica, del 1839, conferma questo senso vago di attribuzione di un obbligo: «La “Responsabilità” altro non significa che la necessità giuridica di sottostare a qualche cosa in conseguenza di un atto imputabile»[76].

La mancanza di qualsiasi riferimento ai criteri della condotta disegna un concetto ampio e generico di responsabilità, la quale sembra condurre, all’inizio della sua “carriera”, una sorta di esistenza anarchica, fuori dall’impianto dei principi morali del tempo. Sembra che la responsabilità nel moderno non presenti un corredo definito di caratteri e relative condizioni di applicazione, ma all’opposto la sua genericità ne consenta un uso dilatato giustificandone la rapida espansione.

Al termine della sua ampia ricognizione filologica, Schipani rileva che, nelle condizioni d’uso del termine in età moderna, non si notano riferimenti ai criteri della condotta, né critiche ad essa riferite, così come non vi sono riferimenti espliciti alla pena, né al dovere di evitare determinate conseguenze, ma solo a quello di sopportarle, una volta cagionate. Sulla base di queste premesse egli conclude che lo sviluppo del «sostantivo “responsabilità” porta ad una intrinseca possibilità di attribuzione o accollo di essa sulla base di presupposti tutti da determinare, problematici, convenzionali, per i quali essa non offre indicazioni, ed alla cui ridiscussione sembra anzi funzionale la sua creazione e diffusione»[77]. Questo spiegherebbe il processo di definizione ancora in atto delle regole dell’agire, per le quali il concetto di responsabilità non offre alcuna indicazione, ma rappresenta piuttosto uno strumento convenzionale di attribuzione ad un soggetto di determinate conseguenze.

Questa conclusione tuttavia non appare del tutto convincente, almeno per due ragioni.

La prima riguarda le condizioni soggettive della responsabilità. Il fatto che nelle prime definizioni siano del tutto assenti i criteri della condotta non autorizza a pensare che si tratti di una ‘lacuna’ nella norma generale di responsabilità, ma più probabilmente che in origine la responsabilità risponda a una funzione sociale, prima ancora che squisitamente individuale. L’esigenza, più evidente nel diritto, che vi sia qualcuno in grado di riparare i danni risponde infatti all’idea che i danni provocati vadano comunque risarciti, e l’equilibrio sociale compromesso vada ripristinato[78]. All’opposto, l’idea liberale ottocentesca, che si affermerà nell’ambito della dottrina giuridica, sosterrà che quando non sia possibile ravvisare le condizioni di imputazione soggettiva dell’obbligo di risarcire o riparare, il danno rimane a carico di chi l’abbia subito, al pari di una fatalità, legata al fisiologico dinamismo dei rapporti sociali[79]. L’idea della colpa come unico criterio della responsabilità si radicherà nel pensiero giuridico e nella morale sociale, fino a escludere dal modello culturale della responsabilità tutti quegli elementi in contraddizione col principio soggettivo della colpevolezza.

La seconda ragione riguarda quella che definiremo come condizione oggettiva della responsabilità. La considerazione del soggetto responsabile e dell’oggetto della sua responsabilità rimette in discussione i caratteri e presupposti di questa categoria normativa, che a ben vedere non si presenta del tutto ‘vuota’, ma esibisce fin dalle origini una precisa correlazione col potere.

Se consideriamo le categorie di soggetti che rientrano nella classe dei responsabili, accanto a coloro che esercitano un potere politico (il sovrano), amministrativo (i ministri e i pubblici funzionari), un incarico pubblico (i professori), vi sono quei soggetti dichiarati responsabili in virtù di un ruolo privato che si esplica in una generica sfera d’influenza (i padri per i figli, i padroni per i servi). Nei due gruppi di responsabili il potere non è circoscritto esclusivamente da un raggio personale di azione, ma è definito da un insieme di relazioni sociali, in virtù delle quali il soggetto è tenuto a rispondere.

Da questo senso ampio del termine ‘responsabile’ si ricavano precisi contenuti della responsabilità: infatti il dovere relativo non è limitato esclusivamente dalla facoltà soggettiva di agire con coscienza e volontà, ma comprende un ambito più vasto, che dall’agire si sposta al contesto di relazioni in cui si agisce, e ai ruoli, funzioni o compiti che a ciascuno vengono assegnati in ragione della sua appartenenza a quel contesto sociale. Dal senso ‘generico’ della responsabilità deriva che il rispondere di qualcosa a qualcuno implica in numerosi casi il rispondere per qualcuno o qualcosa.

L’argomento compare in una precisazione di Tommaseo, che rimane isolata nell’insieme dei significati ottocenteschi attribuiti al termine: «Risponsabilità morale, civile, non è solamente l’obbligazione in generale, ma è l’obbligazione di fare laddove altri non fa, di pagare o riparare o espiare quand’altri commette il male, o il bene debito omette»[80].

Al dovere di rendere conto delle proprie azioni si affianca quindi un altro significato, quello di rispondere per gli atti (o fatti) di chi (o cosa) ricade nella propria sfera d’influenza: proprio come il dominus per lo schiavo e il paterfamilias per il filius non emancipato, anche il padrone per i suoi servi, il datore di lavoro per i suoi dipendenti, così come il genitore per i figli minori, è tenuto al dovere di riparare i danni da questi cagionati. Nella sopravvivenza di queste norme notiamo l’unico, sebbene significativo, segnale di continuità tra antico e moderno.

Nella ricomposizione di un ordine tra i significati osserviamo, infatti, che il sistema concettuale della responsabilità moderna è cambiato rispetto all’ipotesi avanzata con respondeo. In esso il significato fondamentale è stato individuato nello ‘scambiarsi una promessa’, nel ‘garantire per qualcuno’, da cui deriva quello di assoggettarsi alle eventuali conseguenze negative che seguiranno al mancato rispetto dell’impegno. Non è stato riscontrato l’ulteriore significato dell’ affidabilità, anche se è logicamente ipotizzabile che il responsor, per il fatto di garantire, fosse una persona capace di onorare l’impegno.

Nell’insieme moderno dei significati spicca invece quello dell’assoggettabilità al biasimo o alla pena, in seguito alla violazione di norme giuridiche o morali, derivato per ‘slittamento’ dalla funzione del garantire, che si conserverà nella responsabilità per ruolo.

Vi è poi un ulteriore nucleo di significato che comincia ad affermarsi, come abbiamo notato, solo a partire dall’Ottocento, ed è quello di responsabilità come capacità di orientare il proprio comportamento in base alle aspettative sociali e morali. Se nelle fonti considerate questo significato rimane in secondo piano, registrato solo in alcuni testi letterari[81], sarà tuttavia quello che assumerà una priorità logica negli usi di responsabilità. Ci sarà un progressivo spostamento di significato che, dalle conseguenze negative di un atto, si identificherà con la sua condizione, andando dall’atto alla sua origine. La capacità di orientare il comportamento in base a una serie di doveri tra i quali il soggetto deve scegliere, tenendo conto delle conseguenze di tale scelta, diverrà il significato fondamentale in età contemporanea, al quale risulta logicamente connesso, ma per derivazione, quello della sanzionabilità di tale comportamento. Questo processo si consoliderà nel Novecento, lasciando, nel corso dell’Ottocento, il primato alla responsabilità come dovere di rispondere delle conseguenze negative di un atto. Nel diritto dei codici e nella morale sociale, la Grundbedeutung della responsabilità è il dovere di rendere conto di fronte a un’autorità della violazione di una norma giuridica o morale.

Al suo sorgere, nell’orizzonte culturale e normativo dell’età moderna, il concetto di responsabilità conserva ancora dei tratti appartenenti alla tradizione giuridica romana e alla sua pratica in età medievale[82]. A questi si affiancano i giovani caratteri derivati dalla concezione del potere politico che si afferma progressivamente negli ordinamenti giuridici moderni, e da una nuova rappresentazione dei rapporti sociali, ormai plasmati dal dinamismo dell’economia. Questo curioso melange mostra una concezione della responsabilità che potremmo definire sociale, non ancora del tutto piegata alle ragioni dell’individualismo dell’età liberale e del collettivismo del pensiero socialista.

Con ‘concezione sociale’ intendiamo riferirci alla funzione che la responsabilità svolge, orientata a una visione cooperativa, invece che competitiva della società. La responsabilità è un dovere che incombe sul soggetto in considerazione del ruolo che egli svolge nella comunità familiare, o nella struttura sociale. E’ la rete delle relazioni di cui egli è parte che determina l’estensione della sua responsabilità, ed è il quantum di potere che egli esercita che ne delimita l’intensità. Nel diritto del Secolo XIX, e nella prima metà del successivo, si accentuerà invece l’aspetto soggettivo della responsabilità, imperniata sui criteri in base ai quali l’obbligo viene imputato. Il dovere di rispondere si focalizza sul soggetto e su ciò che rientra nel suo cono d’ombra: gli atti volontari.

Questo processo di soggettivizzazione produrrà un ben preciso risultato teorico sul fronte del diritto: la frantumazione della concezione sociale della responsabilità. Si creerà così una categoria di responsabilità soggettiva, saldamente ancorata alla filosofia e alla ideologia del tempo, e una di responsabilità definita oggettiva, o indiretta, che prescinde dal riferimento alla volontà dell’agente, e che imputa le conseguenze di atti o fatti che sono accaduti indipendentemente dal suo intervento.

 

 

Abstract

 

What do we mean when we say: "Responsibility?" In its current use, ‘Responsibility’ means the duty to give an account to an authority for one's action that has violated legal or moral rules, and the duty to suffer the consequent sanction. But this meaning, that we can define as sanctionary, it is not the only one. In this article I propose a semantic analysis of the terms ‘responsibility’, ‘responsabilité’, ‘responsabilità’ which appeared at the end of 700 during the French Revolution. In fact when the word 'responsibility' appeared for the first time in Great Britain in parliamentary discussion it was 1769, and this new word represented the need of the king's ministers to answer for the acts carried out while exercising their public power. One or two years later, "Responsabilité" appeared on the French political scene, meaning the duty of Minister and public functionaries and officials to give an account for their public role. With the same meaning the word ‘risponsabilità’ appeared in Italy where it has been used since 1760. This semantic analysis shows that “responsibility” it is an ambiguous term that has many meanings that have been stratified in time and  that do not create a coherent system.

 

 

 



 

[Per la pubblicazione degli articoli della sezione “Contributi” si è applicato, in maniera rigorosa, il procedimento di peer review. Ogni articolo è stato valutato positivamente da due referees, che hanno operato con il sistema del double-blind].

 

[1] Così S. Schipani, Lex Aquilia, culpa, responsabilità, in f. milazzo, (a cura di), Illecito e pena privata in età repubblicana, Atti del convegno internazionale di diritto romano, Copanello 4 - 7 giugno 1990, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1992, 161. Come sottolinea R. Mc Keon, The Development and the Significance of the Concept of Responsibility, in Revue Internationale de Philosophie, 1957, 39, 3-32, l’aggettivo responsabilis invece fa la sua comparsa nel latino medievale alla fine del 1200, in coincidenza con l’uso di responsable: «Neither the noun nor the adjective occurs in classical Latin, and the adjective “responsabilis” is not found in medieval Latin until the 14th century, after the formation of the French word», (8-9).

 

[2] Cfr. E. Benveniste, Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee, vol II, Torino, Einaudi, 1976, (Le vocabulaire des institutions indo-européennes, Paris, Les Editions de Minuit, 1969), vol. I, 446 s..

 

[3] E. Benveniste, op. cit., 446.

 

[4] Plauto, Trinummus, 1157-1162, cit. in E. Benveniste, op. cit., 446.

 

[5] J. Facciolati, Æg. Forcellini, et J. Furlanetti, Lexicon Totius Latinitatis, Patavii, 1887, tom. IV, v. Respondeo, 115.

 

[6] Anche in questo caso un dialogo di Plauto viene in aiuto a chiarire il significato del verbo: «Il parassita Ergasilo porta a Egione una buona notizia: suo figlio, sparito da molto tempo, sta per rientrare. Egione promette a Ergasilo di nutrirlo in eterno, se dice la verità. E costui si impegna a sua volta: 898. Sponden tu istud? – Spondeo. 899. At ego tuum tibi advenisse filium respondeo ‘Promesso? – Promesso.- E io ti prometto a mia volta che tuo figlio è arrivato’». Cit. in E. Benveniste, op. cit., 446-447.

 

[7] M. Villey, Esquisse historique sur le mot responsable, in Archives de Philosophie du droit, 1977, n. 22, 45-58, (46 s.)

 

[8] Ibidem, «Le mot répondre implique dès lors l’idée de se tenir garant du cours d’évènements à venir».

 

[9] Cfr. E. Garzón Valdés, L’enunciato di responsabilità, in Materiali per una storia della cultura giuridica, 2000, pp. 171-202, il quale distingue tra “enunciato di responsabilità (ER) retrospettivo” ed “enunciato di responsabilità (ER) prospettico”: il primo imputa una responsabilità che si riferisce a un evento passato; il secondo imputa una responsabilità che si riferisce a un evento futuro, 171.

 

[10] Sulla distinzione tra concezione retrospettiva e prospettica della responsabilità, cfr. M. S. Moore, Law and Psychiatry. Rethinking the Relationship, Cambridge, Cambridge University Press, 1984, il quale distingue i differenti impieghi del termine ‘responsabilità’ in base a un criterio temporale: «The subject is said to be responsible for some event in the past. This can be called retrospective responsibility. In contrast, the first usage looks to the future(…). This can be called prospective responsibility», (50).

 

[11] Cfr. H.L.A. Hart, Responsabilità e pena, Milano, Edizioni di Comunità, 1981 (Punishment and Responsibility, Oxford, Oxford University Press, 1968), 240. Cfr. inoltre R. S. Downie, Roles and Values, Melthuen & Co. Ltd, London, 1971.

 

[12] Cfr. F. Sini, Sua cuique civitati religio. Religione e diritto pubblico in Roma antica, Giappichelli Editore, Torino 2001; si veda inoltre L. Lombardi Vallauri, Saggio sul diritto giurisprudenziale, Milano, Giuffré, 1975, «Si noti tuttavia come nel verbo stesso respondēre, usato assolutamente e tecnicamente, sia contenuto più che il semplice suggerire la soluzione, un accento oracolare»,(17).

 

[13] Cfr. . Facciolati, Æg. Forcellini, et J. Furlanetti, Lexicon Totius Latinitatis, cit., v. Respondeo, 115.

 

[14] Per un’analisi puntuale dei significati di respondeo cfr. S. Schipani, Lex Aquilia, culpa, responsabilità, cit., 161 ss.

 

[15] Cfr. P. Thomas, Acte, agent, société: sur l'homme coupable dans la pensée juridique romaine, in Archives de Philosophie du Droit, 1977, n. 22, 63-83.

 

[16] Cfr. l’analisi di F. Sini, Religione e sistema giuridico in Roma repubblicana, in Archivio Storico e Giuridico Sardo di Sassari 6, 2002, 31-76, in cui l’autore analizza il peculiare rapporto tra religione e diritto che caratterizza il sistema giuridico romano, alla luce dell’inadeguatezza delle categorie giuridiche moderne(73); Id., Libri e commentarii nella tradizione documentaria dei grandi collegi sacerdotali romani, in Diritto @ Storia, 2002, n. 1 < http://www.dirittoestoria.it/tradizione/F.%20Sini%20-%20Libri%20e%20commentarii%20sacerdotali.htm >.

 

[17] Così U. Scarpelli, Riflessioni sulla responsabilità politica. Responsabilità, libertà, visione dell’uomo, in R. Orecchia (a cura di), La responsabilità politica, diritto e tempo, Atti del XIII Congresso nazionale della Società italiana di filosofia giuridica e politica, Giuffré, Milano, 1982, che così prosegue «(…) questi due elementi a ben guardare sono presenti anche nella risposta a una domanda: la risposta, correlata alla domanda, implica – di quell’implicazione che oggi chiamiamo “implicazione pragmatica” - l’assicurazione che tale è la risposta appropriata» (45).

 

[18] Cfr. Facciolati, Æg. Forcellini, et J. Furlanetti, Lexicon Totius Latinitatis, cit., v. Respondeo, 115; si veda inoltre J. Schwartländer, Responsabilità, in H.Krings, H.M.Baumgartner, C. Wild, Concetti fondamentali di filosofia, vol. III, Roma, Editrice Queriniana, 1982, (Verantwortung, in Handbuch philosophischer Grundbegriffe, München, Kösel, 1974).

 

[19] Come nota S. Schipani, op. cit., la presenza di nuove derivazioni del verbo respondere è “varia, ricca e articolata”, in particolare tra le forme riportate sono da segnalare “responsail”, riferito a colui che fornisce le risposte, la forma “responseur”, per colui che fornisce la garanzia, e che paga il debito, le forme “responable”, “responsable”, “responsel”, “responsif” riferite principalmente, nel linguaggio processuale, a chi viene chiamato nel processo a rispondere a un’accusa e a chi, essendo stato condannato, è tenuto a pagare, (170 ss.).

 

[20] P. Robert, Dictionnaire historique de la langue française, sous la direction de A. Rey, Paris, 1993, v. Responsable, 1785.

 

[21] F. Godefroy, Dictionnaire de l’ancienne Langue Française et de tous ses dialects du IXe au XVe siècle, t. 7° Paris, 1969 (ed. or. 1892), v. Responsable, 116-117. Godefroy segnala anche un quarto significato del termine nella forma «responsaule» che compare come sostantivo maschile riferito riferito a «homme vivant et mourant d’un fief ecclésiastique», ma si vedano anche le voci responsail e responsel.

 

[22] Cfr. S. Schipani, Lex Aquilia, culpa, responsabilità, cit., secondo il quale, il termine réponse, in questo contesto d’uso, non indica una risposta generica, ma bensì una risposta giuridica, che mostra grandi affinità col responsum latino. Il termine è usato infatti per indicare «la decisione dei giureconsulti sulle questioni che sono loro proposte» e la «risoluzione, decisione scritta in calce a una petizione», (170).

 

[23] J. Henriot, Note sur la date et le sens de l’apparition du mot «responsabilité», in Archives de Philosophie du Droit, 1977, n.22, 59-63 (60), rileva da alcune fonti letterarie che il verbo repondre presenta tra i suoi significati lessicali quello di capacità psichica e attitudine morale, che tuttavia non compariranno tra i significati di responsabilité nel XVIII secolo, perché non s’inscrivono in un sistema istituzionale, (59-62).

 

[24] Cfr. J. Henriot, op. cit., il quale nota che irresponsable e irresponsabilité compariranno negli stessi anni e si diffonderanno rapidamente, 61.

 

[25] F. Godefroy Dictionnaire de l’ancienne Langue Française et de tous ses dialects du IXe au XVe Siècle, cit, v. Responsabiliteit Et ly capitle de Liege ly respondit que, selonc leur responsabiliteit, ilhs en furoient leur acquitte.», (116).

 

[26] Sebbene alcune forme derivate da respondēre, come respond e respound lo precedano di quasi duecento anni, cfr. Oxford English Dictionary, Oxford, Clarendon Press, 1970, volume VIII, 540 ss. v. respond, respound, responsable, responsible.

 

[27] R. McKeon, The development and the significance of the concept of responsibility, cit., «It was used in the sense of accountable or liable to be called to account (...) in 1643», (8 n.5).

 

[28] Cfr. Sul punto la bella analisi di N. Haines, Responsibility And Accountability., in Philosophy, 1955, n. 30, 141-163.

 

[29] Oxford English Dictionary, cit., v. Responsible, 3-b: «Morally accountable for one’s actions; capable of rational conduct» (542).

 

[30] R. McKeon, op. cit., «“Responsible” was used (...) in the sense of morally accountable in 1836» (8 n.5).

 

[31] Per i significati contemporanei cfr. F. de Franchis, Dizionario Giuridico. Law Dictionary, Milano, Giuffré, 1996, vol. 2, v. Responsabile, 1220.

 

[32] Discorso di Lord Maitland, cit. in G. von Proschwitz, op. cit., «If responsibility was once removed, where could a criminal be found? Not on the throne, for the King can do no wrong; not in Administration, for where they are not consulted, they cannot be responsible: That house therefore must suffer every measure, however injurious it might prove, to pass unnoticed, if they did not stand forward and maintain that constitutional doctrine, which declares, that for every measure shall be a responsible agent», The Morning Herald, and Daily Adviser, 18 dicembre 1783. (390-391).

 

[33] C. Mortati, Le forme di governo, Padova, Cedam, 1973, 107 ss.

 

[34] T. Hobbes Leviatano, Roma Bari, Laterza, 2004 (Leviathan, London, 1651), cap. XVIII e cap. XIX. La tesi secondo cui il sovrano non può essere chiamato a rispondere per i suoi atti è, com’è noto, alla base della teoria politica hobbesiana: «(...) nessun uomo che abbia il potere sovrano può essere giustamente messo a morte, o altrimenti in qualche modo punito dai suoi sudditi», (148) Anche Hobbes prevede la responsabilità dei ministri, ma esclusivamente dinanzi al sovrano, che non può, in quanto tale, ammettere alcun potere concorrente: «Perciò, dove un potere sovrano è già eretto, non può esserci nessun altro rappresentante dello stesso popolo, tranne che per scopi particolari limitati dal sovrano. Infatti [se ci fosse un altro rappresentante] sarebbe come se si fossero istituiti due sovrani (...)», cap. XIX, (156).

 

[35] U. Scarpelli, Riflessioni sulla responsabilità politica, cit., 72 ss.

 

[36] Sulla responsabilità politica si veda il lavoro fondamentale di G.U. Rescigno, La responsabilità politica, Milano, Giuffré, 1967, che ne considera anche l’evoluzione storica, 153 ss. Si veda inoltre Id., Responsabilità (Dir. Cost.) in Enciclopedia del Diritto, Milano, Giuffré, 1988, vol. XXXIX, 1341-1369.

 

[37] Cfr. C. Mortati, Le forme di governo, cit., 114 ss.

 

[38] The Gentlemen’s Magazine, aprile 1735, cit. in G. von Proschwitz, Responsabilité: l’idée et le mot dans le débat politique du XVIII siècle, cit., «Tho’ our Kings can do no Wrong, and tho’ they cannot be called to Account by any Form our Constitution prescribes, they Ministers may. They are answerable for the Administration of the Government», (Lord Bolingbroke, Dedication of the Dissertation on Parties), (p. 389).

 

[39] Il termine comparve sul The Gentleman’s Magazine, nell’agosto del 1766, cit. in G. von Proschwitz, op. cit., 389.

 

[40] Cfr. N. Haines,  Responsibility And Accountability, cit.

 

[41] U. Scarpelli, Riflessioni sulla responsabilità politica, cit.,.«Ma se,(...), si può ravvisare nella responsabilità politica una categoria comune nella filosofia politica, non si può tuttavia non riconoscere che la categoria è venuta in evidenza, ed è diventata oggetto di approfondita discussione, di consapevole e deliberata teorizzazione, articolazione ed applicazione, nella storia dottrinaria e pratico-politica dello stato moderno con i suoi profili liberali e democratici. In questa vicenda di pensiero e di prassi la tematica della responsabilità politica si congiunge strettamente, (...), con la tematica del contratto sociale, della fonte popolare (in un popolo fatto di individui) di ogni potere legittimo, del primato, nella costituzione dello stato, del potere legislativo che esprime la volontà generale.», (80).

 

[42] The Federalist, com’è noto, è una raccolta di 85 saggi scritti tra l’autunno del 1787 e la primavera del 1788, sotto il comune pseudonimo di Publius, da Alexander Hamilton, John Jay e James Madison per difendere la Costituzione federale approvata dalla Convenzione di Philadelphia il 17 settembre 1787, e sostenerne la ratifica da parte della Convenzione dello Stato di New York. A Hamilton sono attribuiti la maggior parte dei saggi, e tra questi il n.63, in cui figura il termine responsibility. Per il commento al Federalist e l’attribuzione del saggio a Hamilton si veda Il Federalista, a cura di G. Ambrosini, Pisa, Nistri - Lischi, 1955, prima edizione italiana del Federalist.

 

[43] L’Oxford English Dictionary segnala il Federalist (1787) come fonte ufficiale in cui appare, per la prima volta, responsibility, v. Responsability, cit.; per le ricerche sulla datazione di responsabilité e responsibility cfr. G. von Proschwitz, op. cit., 386-387.

 

[44] Cfr. P. Robert, Dictionnaire Historique de la Langue Française, cit., v. Responsable, Responsabilité, 1785; si veda inoltre S. Schipani, Lex Aquilia, culpa, responsabilità, cit., 174 ss.

 

[45] Cfr. J. Henriot, Note sur la date et le sens de l’apparition du mot «responsabilité», cit., ritiene il termine responsabilité più recente del corrispondente inglese, 61; in senso contrario si veda Dictionnaire historique de la langue française, v. responsabilité, cit., che fa derivare il termine dall’inglese responsibility (1733), che lo precede di quarant’anni, (1785).

 

[46] G. von Proschwitz, op. cit., «Si elle s’intéresse spécialement au débat politique anglais, c’est qu’elle y trouve de l’instruction e de l’inspiration, mai s c’est aussi parce que l’Angleterre est à la mode en France pendant le siècle philosophique. C’est une mode que dévient une manie. On en est bien consciente à l’époque et l’on crée même un terme nouveau: l’anglomanie», (391).

 

[47] Ivi, 392-393.

 

[48] Ivi, 396.

 

[49] J.J. Feraud, Dictionnaire critique de la langue française, Marseille, 1787-1788, t.III, cit. in J. Henriot, Note sur la date et l’apparition du mot «responsable», cit., «Responsabilité est un mot de Monsieur Necker. La confiance dans cette papier naît de la responsabilité du Gouvernement. Ce mot peut être utile dans certaines occasions. On lit aussi dans le Journ. de Gen. La responsabilité des Directeurs (de la Compagnie)», (60).

 

[50] Discorso all’Assemblea Nazionale dell’11 luglio 1789, cit. in G.von Proschwitz, op. cit.,.«Tout Gouvernement a pour unique but le bien commun. Cet intérêt exige que les pouvoirs législatif, exécutif et judiciaire, soient distincts et définis, et que leur organisation assure la représentation libre des citoyens, la responsabilité des agents et l’impartialités des Juges (....)», (394).

 

[51] Cit. in S. Schipani, op. cit., 176.

 

[52] Cfr. sull’evoluzione della responsabilità nel diritto civile in Francia G. Viney, La responsabilité, in Archives de Philosophie du Droit, 1990, 275-292.

 

[53] Come annota puntualmente S. Schipani, op. cit., 176, il termine compare agli artt. 454 co.2; 1384 co.5; 1898; 1992 co.2 e 2137.

 

[54] G. Viney, La responsabilité, cit, «C’est l’oeuvre de la doctrine juridique du XIX siècle et, plus précisément des auteurs des premiers Traités de droit contemporains qui, parce qu’ils avaient abandonné le simple commentaire des codes article par article pour lui substituer un plan logique et pédagogique, ont éprouvé le besoin de forger des concepts généraux exprimés par des mots simples, autour desquels ils pouvaient regrouper les solutions du droit positif», (277).

 

[55] S. Schipani, op. cit., al quale rinvio per le notizie relative alla lingua spagnola e portoghese, 176-177.

 

[56] S. Battaglia, Grande Dizionario della lingua italiana, Torino, UTET, 1990, vol. 15, voci Responsale e Risponsale indica nel 1470 la prima registrazione dei vocaboli.

 

[57] F. Giavarina, Relazioni degli Stati europei lette al Senato dagli ambasciatori veneti, Venezia 1864 (testo del 1660): «Mi rispose [Cromwell] ... che farebbe rinnovare gli ordini e che si dichiarava egli stesso risponsabile (per servirmi della stessa parola usata da Sua Altezza) per far avere inviolata osservazione ai suoi ordini», cit. in S. Battaglia, Dizionario, cit., v. Responsabile, 879-880.

 

[58] N. Tommaseo, B. Bellini, Dizionario della lingua italiana, Torino, Unione Tipografico Editrice, 1865-1879, vol. IV, parte I, v. ‘Risponsabile’ e ‘Responsabile’, 381.

 

[59] Ibidem.

 

[60] Ibidem.

 

[61] Così F. Galiani, Dei doveri dei principi neutrali, Bologna, 1942, cit. in S. Battaglia, Dizionario, cit., v. Responsabile, 880.

 

[62] Cfr. M. Cortellazzo, P. Zolli, Dizionario etimologico italiano, Bologna, Zanichelli, 1985, vol. 4, voce Responsabile, che, in riferimento al termine Responsabile e al sostantivo derivato Responsabilità li definisce «tutti imitati dal francese, a cominciare da responsabile (...) e da responsabilità, parola piuttosto nuova, che la Francia riprese dall’inglese responsability per diffonderla, caricata del significato pregnante che gli avvenimenti storici della fine del XVIII secolo le avevano affidato, in tutta Europa(...)», (1055); T. De Mauro, Grande Dizionario italiano dell’uso, Torino, UTET, 1999, vol. V, voci responsabile e responsabilità, 491-492.

 

[63] Così S. Schipani, op. cit., 179.

 

[64] S. Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana,cit., v. Responsabile e Responsabilità, 880. Cfr. inoltre G. P. Bergantini, Voci italiane d’autori approvati dalla Crusca, nel Vocabolario d’essa non registrate, Venezia, 1745, richiama la voce “risponsabile” come nota già prima del 1712, cit. in M. Cortelazzo, P. Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana, Bologna, Zanichelli, 1985, vol. 4, v. Responsabile, 1055.

 

[65] Così, M. Cortellazzo P. Zolli, Dizionario, cit., v. Responsabile, 1055.

 

[66] N. Tommaseo.- B. Bellini, Dizionario, cit. voci Risponsabile e Risponsabilità, 381.

 

[67] S. Schipani, Lex Aquilia, Culpa, responsabilità, cit., 179-181.

 

[68] Cfr. R. McKeon, op. cit., 8.

 

[69] J. Grimm, W. Grimm, Deutsches Wörterbuch ,Leipzig, Verlag von S. Hirzel, 1956, (1877), vol. V, v. Verantwörtlich, 81. L’aggettivo, nella sua forma passiva, e più antica della forma attiva, compare invece riferito a cose.

 

[70] Ivi, 81

 

[71] Cfr. R. McKeon, op. cit., 9, n. 6.

 

[72] Ibidem.

 

[73] Così S. Schipani, op.cit., 184; cfr. inoltre R. McKeon, op. cit, 9 n.5. Sulle implicazioni religiose, oltre che giuridiche di Verantwortlichkeit, cfr. J. Schwärtlander, Responsabilità, in H. Krings – H. M. Baumgartner – C. Wild, (a cura di), Concetti fondamentali di filosofia, Editrice Queriniana, Roma, 1982, 1809-1820, (1810 s.)

 

[74] F.H. Bradley, The Vulgar Notion of Responsibility in Connexion with the Theories of Free-Will and Necessity, in Ethical Studies, Oxford, Oxford University Press, 1961 (1876), Vi è una relazione logica tra ciò che comunemente s’intende con responsabilità e l’obbligo di subire la pena, dice Bradley, dove vi è l’una vi è anche l’altro, e dove manca la responsabilità non compare nemmeno la sanzionabilità, tanto che le persone non sentono il bisogno di fare distinzioni tra questi concetti, 26 s.

 

[75] Cfr. U Scarpelli, op. cit., 46.

 

[76] G. Romagnosi Opere, Firenze, 1832-1839, vol. 19, 70, cit. in S. Schipani, op. cit., 183.

 

[77] Ivi, 87.

 

[78] Cfr. J. Henriot, Note sur le sens et l’apparition du mot responsabilité, cit., 60.

 

[79] Cfr. O.W. Holmes, The Common Law, Little Brown § Company, Boston, 1881, «Sound policy lets losses lie where they fall, except where a special reason can be shown for interference.», (50).

 

[80] N. Tommaseo, B. Bellini, Dizionario, cit. v. Risponsabilità e Responsabilità, 381.

 

[81] Cfr. Oxford English Dictionary, cit., v.”responsible”.

 

[82] Cfr. A. Giuliani, Imputation et justification, in Archives de Philosophie du Droit, 1977, n.22, 85-96, (93).