Dalla continuità territoriale
nel trasporto aereo alla continuità territoriale nel trasporto marittimo
(*)
Università
di Sassari
Sommario: 1. Continuità territoriale e servizi
marittimi. – 2. La
tormentata vicenda della convenzione con la società Tirrenia.
– 3. Il libero mercato e la «Flotta
sarda». – 4. I parametri
di valutazione della legittimità dell’iniziativa. – 5. Le
peculiarità del caso della «Flotta Sarda».
– 6. L’efficacia dell’iniziativa.
– 7. Le possibili conseguenze
dell’applicazione del Regolamento (CE) N. 1177/2010 del 24 novembre 2010
sulla continuità territoriale. – 8. La prospettiva dell’imposizione degli oneri di servizio.
– 9. Considerazioni (e preoccupazioni) finali.
Tengo
molto a ringraziare l’Associazione tra gli ex Consiglieri regionali per
l’invito ricevuto attraverso il prof. Paolo Fois, a cui sono
particolarmente legato, anche in ragione della comune militanza nel corpo
docente della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di
Sassari. È occasione gradita quella di trovarmi accanto a Massimo
Deiana, con cui ho avuto molte esperienze in comune, anche a proposito del
dibattito sulla continuità territoriale, su cui abbiamo avuto modo di
confrontare tante volte le nostre posizioni in incontri di studio, come quello
di oggi, ma anche, come ovviamente capita di sovente fra amici, in occasioni
meno formali.
La
prima sede scientifica in cui venne finalmente data attenzione al tema della
«continuità territoriale» sotto il profilo giuridico[1]
fu il convegno di Sassari ed Alghero, organizzato ormai quasi tre lustri
orsono, per iniziativa del mio indimenticabile predecessore Gabriele
Silingardi, poc’anzi ricordato in quest’aula. Quell’iniziativa
costituì, in particolare, la prima occasione per discutere e
confrontarsi sulla cosiddetta, allora appena approvata, «legge
Attili»[2].
A quel confronto, partecipò, fra gli altri, proprio l’on. Attili,
che oggi porta la Sua esperienza in questo dibattito: a lui era dovuta
l’iniziativa politica da cui è disceso lo specifico provvedimento
normativo sulla continuità territoriale della Sardegna. Ed accanto a me
è presente, e partecipa a questa occasione di confronto, anche l’assessore
Christian Solinas, che sta attualmente misurandosi con queste rilevanti
problematiche, alla ricerca di soluzioni soddisfacenti per i Sardi e, in
generale, per gli utenti dei servizi di trasporto da e per la Sardegna.
La
premessa da cui dobbiamo muovere è che il dogma del libero mercato non
può tradursi in un problema per l’utenza del trasporto, con
l’esclusione di ogni intervento correttivo[3].
Io mi
occuperò, in particolare, dei servizi marittimi, tema certamente
delicato. Al di là delle implicazioni sul «diritto alla
mobilità» dei residenti in Sardegna o di chi dalla Sardegna sia
emigrato[4],
la «continuità marittima» presenta strette connessioni con
la realtà economica[5]:
i riflessi dei costi dei trasporti marittimi di passeggeri e di merci sono di
tutta evidenza, sia per l’economia turistica ed il suo indotto, sia per
la produzione manifatturiera ed agricola[6].
Non mi risultano statistiche aggiornate sull’aspetto specifico, ma mi
sembra di poter assumere a dato acquisito il cambiamento di tipologia dei
traffici marittimi di passeggeri, che sono stati ormai ampiamente superati dai
traffici aerei, anche come modalità normale di soddisfacimento della
domanda di mobilità dei residenti nell’Isola e dei Sardi residenti
fuori dell’Isola, che vi facciano rientro per visite temporanee[7]:
il trasporto marittimo di passeggeri per la Sardegna è ormai ampiamente
collegato al movimento turistico; ne è prova l’incremento
stagionale estivo delle linee e dei movimenti.
Se mi
consentite di proseguire sul terreno delle metafore, potrei introdurre il mio intervento,
dicendo che dalle montagne russe della continuità territoriale aerea
(evocate da Massimo Deiana) passo ad una navigazione in immersione, per
ciò che riguarda la «non storia» della continuità
territoriale marittima, su cui pure non è mancato un certo dibattito,
che ebbe il suo punto saliente nel convegno organizzato qui a Cagliari ormai
nel 2000[8].
Ed in effetti, da allora, tante aspettative sono rimaste prive della risposta
che ci si attendeva, a fronte del perpetrarsi di schemi organizzativi dei
collegamenti marittimi fra Sardegna e porti della Penisola che apparivano ormai
superati per incompatibilità con il diritto comunitario[9],
e che non occorreva reiterare, come invece si è sostanzialmente fatto,
ancora fino ad epoca recentissima, provocando la scontata attenzione della
Commissione[10].
Si
è ricordato come, all’epoca, si ebbe a dover rinunciare ad una
normativa più organica, riferita anche alla continuità
territoriale marittima, mentre sembrava oramai prossima la scadenza della
convenzione Tirrenia[11],
tenuto conto di quanto prevedeva l’art. 4, § 3, del regolamento CE
n. 3577 del 7 dicembre 1992[12],
e di quelli che erano i residui dei servizi delle Ferrovie dello Stato dell’epoca[13].
La
vicenda della privatizzazione della compagnia marittima Tirrenia ha reso
più complesso il quadro in cui dovrebbe darsi soluzione alla domanda di
mobilità via mare da e verso la Sardegna[14].
È appena il caso di ricordare, poi, come la scadenza segnata
dall’art. 4, § 3, del regolamento CE n. 3577 del 7 dicembre 1992 sia
stata elusa, anche per la non univocità degli obiettivi perseguiti[15],
fino alla contestata vicenda della privatizzazione della compagnia, che ha
portato all’apertura di una indagine approfondita della Commissione
europea, ai sensi del regolamento 139/2004/CE
del 20 gennaio 2004, per la prevista concentrazione con la Compagnia Italiana
di navigazione[16].
In
margine al nostro ragionamento, credo dovremmo dare atto che, ben
difficilmente, si possa lasciare sic et
simpliciter al libero mercato la soluzione della questione. Nonostante sia
sembrato aprirsi qualche spiraglio nelle stagioni precedenti, pare doversi
convenire che l’interesse degli armatori privati per le tratte da e verso
la Sardegna sia tendenzialmente concentrato, in assenza di un incoraggiamento
pubblico, soltanto in determinati periodi dell’anno, collegati ai grandi
flussi turistici, al di fuori dei quali non ha concorso in maniera
significativa e continuativa a soddisfare la domanda di mobilità dei
Sardi[17].
Devo
dire che, rispetto a quel quadro, potremmo partire dalla coraggiosa
provocazione della «flotta sarda» dell’estate scorsa[18],
che è stata sicuramente un’iniziativa dirompente,
intelligentemente circoscritta a un ballon
d’essai, perché i numeri di soggetti e mezzi effettivamente
trasportati sono una goccia nel mare rispetto al numero dei passeggeri che
nella stagione estiva vengono mossi su quelle medesime rotte. E devo dire che
la scelta della limitazione è stata oltremodo opportuna, se non altro
perché ha probabilmente evitato che i più volte evocati
riflettori di Bruxelles si accendessero troppo repentinamente sulla vicenda.
Sicuramente è stata una scelta coraggiosa, che, però, non aveva
nessun precedente specifico.
Non
si è fatta particolare attenzione alle navi prese a noleggio per
effettuare i collegamenti interessati dall’iniziativa[19],
che erano le stesse con cui era stata operata una vicenda parzialmente analoga
di collegamento tra Genova Voltri e Termini Imerese[20],
operato dalla compagnia T-Link Lines[21],
e che, tuttavia, aveva dovuto interrompersi per motivi non attinenti al
servizio[22].
Sulla
base di tale fortunata (almeno dal punto di vista sardo) circostanza, sembra
che sia stato ottenuto un nolo conveniente, inferiore rispetto ai normali noli
di mercato per quella tipologia di navi, che tuttavia erano particolarmente
piccole per quelle che potevano essere le esigenze da affrontare in un discorso
di concorrenza[23].
Nel
delineare e valutare la situazione, ci dovremmo chiedere innanzitutto quali
siano i parametri di cui tenere conto rispetto ai principi del diritto
dell’Unione europea. Non abbiamo un precedente specifico giudiziario.
Abbiamo un precedente nella prassi della Commissione, che, immagino,
sarà stato certamente preso in considerazione nell’iter che ha
condotto alla più recente soluzione sarda, ossia quello della decisione
sui traghetti scozzesi, sostanzialmente noto come il caso «North Link»[24],
in cui evocando la giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia di
trasporto pubblico locale e, in particolare, il caso «Altmark»[25]
e richiamando ancora, o comunque tenendo presente, la giurisprudenza della
Corte di Giustizia sul caso «Anav»[26]
(che però riguardava il trasporto pubblico locale), si è
riconosciuta la rispondenza allo schema «in house providing»[27].
Le attività svolte in
house providing, e quindi fuori da appalto pubblico, sarebbero state comunque
da ritenersi non contrarie alla disciplina di quello che è oggi
l’art. 107, e, quindi, non violare il divieto di trattamenti speciali per
le imprese pubbliche, di cui all’attuale art. 106 TFUE, soltanto se
rispondenti alle quattro condizioni enunziate nel caso «Altmark»: «In primo luogo, l'impresa
beneficiaria deve essere effettivamente incaricata dell'adempimento di obblighi
di servizio pubblico e detti obblighi devono essere definiti in modo
chiaro»[28].
«In secondo luogo, i parametri sulla base dei quali viene calcolata la
compensazione devono essere previamente definiti in modo obiettivo e
trasparente, al fine di evitare che essa comporti un vantaggio economico atto a
favorire l'impresa beneficiaria rispetto a imprese concorrenti»[29].
«In terzo luogo, la compensazione non può eccedere quanto
necessario per coprire interamente o in parte i costi originati
dall'adempimento degli obblighi di servizio pubblico, tenendo conto dei
relativi introiti agli stessi nonché di un margine di utile ragionevole
per il suddetto adempimento»[30].
«In quarto luogo, quando la scelta dell'impresa da incaricare
dell'adempimento di obblighi di servizio pubblico, in un caso specifico, non
venga effettuata nell'ambito di una procedura di appalto pubblico che consenta
di selezionare il candidato in grado di fornire tali servizi al costo minore
per la collettività, il livello della necessaria compensazione deve
essere determinato sulla base di un'analisi dei costi che un'impresa media,
gestita in modo efficiente e adeguatamente dotata di mezzi di trasporto al fine
di poter soddisfare le esigenze di servizio pubblico richieste, avrebbe dovuto
sopportare per adempiere tali obblighi, tenendo conto dei relativi introiti
nonché di un margine di utile ragionevole per l'adempimento di detti
obblighi»[31].
Peraltro, non sembra inutile sottolineare che l’affidamento «in house» presuppone, al di
là dell’esigenza che la gestione risponda a requisiti di
efficacia, efficienza e qualità, che non ci sia terzietà dell’affidatario rispetto al soggetto affidante,
requisito che appare soddisfatto soltanto in presenza di «controllo
analogo», che si sostanzi in un potere di direzione, coordinamento e
supervisione dell’attività[32].
Nella vicenda della «Flotta
Sarda» certamente si riscontrano similitudini con la vicenda «North Link»: in effetti si tratta
di una società controllata dalla Regione. Le «quattro condizioni Altmark» probabilmente potevano
dirsi rispettate, salvo che per un dettaglio non secondario, cioè che
non si trattava di trasporti pubblici locali[33].
Anche la pronunzia sul caso «Anav»
si riferiva a trasporti su strada in ambito regionale. Nella vicenda di cui
stiamo occupandoci, è, invece, coinvolta un’altra Regione per
ciascuna delle due tratte interessate (Lazio e Liguria). Anche a voler ignorare
il (non trascurabile) dettaglio della extra-territorialità di parte
degli effetti rispetto al territorio della Regione Sardegna, che potrebbe di
per sé escludere la ricorrenza del requisito del «controllo
analogo»[34],
va puntualizzato che si tratta di una tipologia di servizi con caratteristiche
ben diversa rispetto a quelle dei casi presi in considerazione come parametri
di riferimento: sono, infatti, trasporti di non breve durata, che impiegano una
navigazione di otto ore in condizioni normali. Mi sembra una situazione davvero
un po’ difforme dalle ipotesi fin qui considerate dalla Corte di
giustizia e dalla Commissione nel riconoscere la legittimità degli
affidamenti «in house»
dei servizi di trasporto. D’altra parte, le rotte a cui si riferisce la
decisione della Commissione sul caso «North
Link», che pure riguarda un’ipotesi di navigazione marittima,
sono tratte di distanza circoscritta e comunque di breve durata.
Più in generale, occorre tener presente che, venuto meno
il regime ad hoc dei trasporti
locali, di cui al regolamento (CEE) n. 1191/69 del Consiglio[35],
applicabile anche ai trasporti per acqua, se ed in quanto ne fossero ricorsi i
presupposti, si perviene alla necessaria conclusione che «L’organizzazione dei
servizi di trasporto pubblico di passeggeri per via navigabile interna e, nella
misura in cui non siano disciplinati da una specifica normativa comunitaria,
per acque marine nazionali resta quindi soggetta alle norme nazionali a meno
che gli Stati membri non decidano di applicare il presente regolamento a tali
specifici settori»[36].
In
conclusione, non abbiamo alcun precedente specifico per la coraggiosa e
fantasiosa soluzione dell’esercizio in
house providing di servizi marittimi non di breve distanza. Ammesso che lo
si potesse fare, resterebbe comunque aperta la questione
sull’opportunità di operare in tal modo[37].
Ma
qualche precedente in materia di valutazione di aiuti di Stato nel campo dei
servizi marittimi lo abbiamo. In particolare, prenderei in considerazione il
caso «Biscaglia» deciso
dalla Corte di Giustizia nel 2006, relativo a supposti aiuti di Stato di
carattere sociale[38]. Si trattava di collegamenti marittimi
dai Paesi Baschi ad un porto del Regno Unito, rispetto ai quali la
Comunità Autonoma aveva garantito a uno degli operatori concorrenti sul
mercato l’acquisto di una partita di biglietti non secondaria, garantito
per tre anni, con uno sconto non eccessivamente basso, evocando il desiderio di
molti profughi della guerra civile che si erano rifugiati dai Paesi Baschi nel
Regno Unito di poter visitare a costi contenuti i posti nei quali avevano
passato la gioventù. Esiste un aspetto fattuale che cito, giusto per la
cronaca: nella motivazione ci si chiedeva quanti di questi profughi fossero
ancora vivi. Ma c’è anche un altro aspetto che mi sembra un monito
abbastanza preoccupante in questo tipo di considerazione: la (pretesa)
finalità di aiuti sociali non costituisce un fattore che possa in ogni
caso escludere quello che oggi è la violazione dell’art. 107 TFUE.
Come dire, attenzione ad evitare di dover passare attraverso le forche caudine
dei principi della giurisprudenza di quella che oggi è la Corte di
Giustizia e di quella che oggi è la posizione della Commissione su
questi aspetti specifici!
Devo
inoltre esprimere, da utente, qualche perplessità sull’effetto
calmieratore del mercato che non sembra essere stato quello che mi sarei atteso
dall’iniziativa. In effetti, a suo tempo, ho provato a fare una
simulazione, sulla base della quale mi sono dovuto rendere conto che la mia
utilizzazione media del traghetto nel periodo estivo non mi sarebbe costata
molto meno rispetto alle tariffe Tirrenia. Per di più, si trattava di
due sole navi impiegate sulle due rotte: è immaginabile come, al di
là della disponibilità dei posti, anche le frequenze non fossero
tali da coprire tutte le possibili esigenze.
Occorre
peraltro chiedersi quali potranno essere le conseguenze sui traffici marittimi
di passeggeri della prossima applicazione del Regolamento (CE) n. 1177/2010 del
24 novembre 2010 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai diritti dei
passeggeri che viaggiano via mare e per vie navigabili interne e che modifica
il regolamento (CE) n. 2006/2004[39].
In effetti, il regolamento in questione introduce un regime di assistenza e di
compensazione economica per i casi di cancellazione del viaggio e di lunghi
ritardi (art. 16 ss.), che tende a dilatarsi a tutte le ipotesi di
regolamentazione del trasporto di persone[40],
inaugurata, per il trasporto aereo, dal regolamento 295/91/CE[41],
oggi sostituito dal regolamento 261/2004/CE[42].
Sarà da verificare se ed in quale misura la prospettiva di dover
fronteggiare le conseguenze economiche di ritardi e cancellazioni non
indurrà le compagnie marittime ad una maggiore prudenza nella
programmazione della sequenza di arrivi e partenze durante la stagione estiva,
fino a questo momento caratterizzata dalla contrazione al minimo della sosta
nei porti, per massimizzare il numero delle traversate e, quindi, i profitti.
Ciò, paradossalmente, potrebbe anche riflettersi sui livelli tariffari
in maniera negativa per gli utenti.
Credo
che la soluzione delle esigenze di mobilità marittima che ci interessano
vada cercata sulla base dell’art. 4 del Regolamento 3577/1992, che
è una delle poche norme dell’Unione europea che faccia riferimento
specifico alla condizione delle isole. Anzi le sole deroghe possibili al
superamento della riserva di cabotaggio e al libero mercato sono collegate alla
condizione di isola[43],
rispetto alla quale possono essere imposti oneri di servizio sia pure con
caratteristiche un po’ diverse, e senza esclusività[44],
rispetto a quelle previste in tema di trasporto aereo, originariamente
dall’art. 4 del Regolamento 2408 del 1992, e oggi dall’art. 16 del
Regolamento 1008/2008 del 24 settembre 2008[45].
Sarebbe
comunque non inopportuna una più approfondita riflessione su aspetti
potenzialmente forieri di problematiche, di cui si sono già registrate
le prime avvisaglie. Sia pure incidentalmente, parlando di trasporto aereo
abbiamo avuto modo di sentirci ricordare dai relatori le problematiche
relative, per esempio, all’assegnazione delle bande orarie (slot location). In effetti, in
quest’ultimo campo si rinviene una serie di regole e di eccezioni che
incidono sui pur tendenzialmente discrezionali poteri del coordinatore di
assegnazione delle bande. Il criterio generale dettato in tema di assegnazione
dal Regolamento n. 95 del 1993[46]
è la cosiddetta «grand
father’s rule»[47],
che garantisce una sorta di diritto di insistenza per gli operatori che
già fruiscono delle bande orarie; l’eccezione codificata a tale
principio discende proprio dall’esigenza di garantire i servizi di
continuità territoriale, su cui siano stati imposti oneri di servizio
pubblico[48].
Nonostante tale eccezione codificata, si è acceso un considerevole
contenzioso che ha visto protagoniste le compagnie aeree, che hanno rivendicato
il diritto a fruire di bande orarie assegnate per l’esercizio di servizi
onerati ancorché non sussistesse più l’accettazione di tali
oneri[49].
Problemi
analoghi si potrebbero presentare anche per quanto riguarda i trasporti
marittimi. Non è un caso che si siano posti – sia pure non in
riferimento alla tipologia di servizi di cui ci stiamo occupando oggi –
dei problemi di assegnazione degli accosti in banchina per il porto di Olbia[50].
E il problema potrebbe essere anche maggiore perché, in assenza di una
normativa primaria, potrebbe incontrarsi qualche difficoltà ad adottare
una regolamentazione che garantisca i servizi di continuità[51].
In ogni caso l’adozione di una siffatta soluzione appare meno probabile
nei porti nazionali con cui la Sardegna è collegata, nella misura in cui
dovessero presentarsi opportunità più lucrative, come, per
esempio, quella garantire l’approdo a una nave da crociera, piuttosto che
alla nave traghetto che opera sotto servizio di continuità territoriale.
Questo è un problema di cui tener conto e temo che non possa essere
risolto nell’ambito della normativa regionale.
Vorrei
fare un’altra considerazione. Se noi andiamo a guardare quella che
è la composizione mondiale delle flotte mercantili, troviamo un aspetto
abbastanza interessante. Oggi la flotta italiana di traghetti è in termini
di tonnellaggio di stazza lorda la più importante al mondo e questo lo
è anche perché il principale mercato – per lo meno il
più appetibile non tanto in termini di numero di movimenti quanto in
termini di volume e di traffico – è quello dei collegamenti con la
Sardegna. Non c’è nessun altro termine di paragone utile. Non lo
è, in particolare, la Corsica, con i suoi 250 mila abitanti: è
un’isola più piccola che attira meno traffico, richiede un numero
minore di movimenti e introita un turismo forse meno forte. In effetti,
l’Italia, in particolare con la Sardegna, si trova a essere in
prospettiva un ottimo mercato di espansione per imprese di altri Paesi
dell’Unione che tuttavia non offrono mercati altrettanto appetibili di
sbocco per le nostre imprese (ammesso che le nostre imprese siano in grado ed
abbiano la forza di competere in questi mercati).
Concludo
– consentitemelo – con un ricordo storico. La vicenda della flotta
sarda (che ho apprezzato come provocazione) confesso che mi ha ricordato molto
la vicenda (che per ragioni di età non ho vissuto ma studiato sui libri)
dei corrieri militari. Quando tutta la rete delle infrastrutture – dopo
la seconda guerra mondiale – era distrutta, per effettuare i collegamenti
civili ci si avvalse di quello che era restato dell’Aeronautica militare[52].
Insomma, signori, consentitemi di chiudere sperando di poter essere più
ottimisti rispetto a prefigurare situazioni del genere, che, peraltro, non
sarebbero comunque compatibili con
quelli che sono i nostri obblighi sulla base del diritto dell’Unione
europea.
(*) Il testo riproduce sostanzialmente la relazione svolta dall’autore il 6 dicembre 2011 nell’ambito del Convegno su «La continuità territoriale nel trasporto aereo e l’insularità. L’esperienza sarda» (Cagliari, Aula Magna della Facoltà di Giurisprudenza, 6 Dicembre 2011), organizzato dall’Associazione degli ex Consiglieri Regionali della Sardegna. Alla presentazione dei lavori di Paolo Fois, sono seguite, oltre a quella qui riprodotta, le relazioni, di Antonio Attili, Christian Solinas e Massimo Deiana. La situazione rappresentata si riferisce al momento dell’iniziativa. Il testo è destinato ad essere pubblicato negli atti del Convegno, in corso di predisposizione.
[1] Nel
quadro del più generale problema del «diritto alla
mobilità» e del suo inquadramento, questione che, per il carattere
di questo intervento, deve essere data per acquisita, salvo menzionare su di
essa, per quanto concerne la letteratura italiana, almeno i contributi di G. Rinaldi Baccelli, Il diritto alla mobilità dei
cittadini e lo sciopero nel pubblico servizio di trasporto, in Dir. prat. av. civ., 1988, 311 e Per un inquadramento sistematico del diritto
della persona al trasporto pubblico, in Riv.
dir. civ., 1991, II, 21. Sotto il profilo economico, v. a suo tempo M. Del Viscovo, La «continuità territoriale» e i trasporti con
[2] Si allude, evidentemente all’inserimento della previsione che consentiva l’attuazione degli oneri di servizio pubblico in Italia in un contesto normativo, per la verità, un po’ eterogeneo per materia: si trattava, in effetti, dell’art. 36 della l. 17 maggio 1999, n. 144, chiamata a dettare «Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all' occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali». Il convegno di studi in cui se ne discusse per la prima volta in maniera organica della questione venne inaugurato nell’Aula Magna dell’Università di Sassari il 15 ottobre 1999, dove si svolse, per proseguire poi al Teatro comunale di Alghero il giorno successivo. Gli atti sono raccolti nel volume Continuità territoriale e servizi di trasporto aereo, Torino, 2002.
[3] In tema, al riguardo, da ultimo, S. Cantarini, I servizi marittimi , Padova, 2008, ne Il diritto del mercato del trasporto, a cura di S. Zunarelli, Padova, 2008, 41, ivi, 69. Sul rilievo dei servizi come strumenti di «integrazione positiva, potenzialmente in grado di rispondere ai casi di market failures, rispetto ai quali le logiche che governano il mercato non possono esprimersi efficacemente», v. D. Gallo, Finanziamento dei servizi di interesse economico generale e aiuti di stato nel diritto comunitario, in Riv. ital. dir. pubbl. comunitario, 2007, 893, ivi, 897. Del resto, neanche la «deregulation» statunitense del trasporto aereo si è tradotta in un integrale «laissez-faire»: cfr., a suo tempo, G. Silingardi, Attività di Trasporto aereo e controlli pubblici, Padova, 1984, 55.
[4] È appena il caso di sottolineare il rilievo della sostenibilità ambientale nel discorso sulla mobilità in generale: al riguardo, v. in generale G. Romanelli – M. M. Comenale Pinto, Trasporto, turismo e sostenibilità ambientale, in Dir. trasp., 2000, 659.
[5]La
decisione della Commissione 21 ottobre 1997, 98/95/CE, annullata C. giust., 19
ottobre
[6] La
consapevolezza del rilievo strategico dei trasporti marittimi per
l’economia della Sardegna era ben presente nella logica seguita dal
legislatore della ricostruzione (che pure si basava su strumenti di politica
economica sensibilmente diversi rispetto a quelli consentiti dal diritto
dell’Unione europea). La l. 29 luglio 1957, n. 634 «Provvedimenti
per il Mezzogiorno» che istituì
[7] Al sorpasso del trasporto aereo su quello marittimo di passeggeri, come trasporto di massa, ed al rilievo del trasporto di passeggeri verso le isole, fa riferimento M. M. Comenale Pinto, Il trasporto marittimo di passeggeri: disciplina attuale e prospettive, in Studi in memoria di Elio Fanara, II, Milano, 2008, 71, ivi, 72 s.
[8] Gli atti di tale convegno sono pubblicati nel volume: Continuità territoriale e servizi di trasporto marittimo, a cura di L. Tullio e M. Deiana, Cagliari, 2001.
[9] Per
una ricostruzione del quadro complessivo della vicenda, v. L. Masala, Obblighi di servizio pubblico e aiuti di stato nel trasporto marittimo,
in Trattato breve di diritto marittimo,
a cura di A. Antonini, I, Milano,
2007, 485. V. anche A. Serra, Servizi marittimi sovvenzionati e
concorrenza, in Continuità
territoriale e servizi di trasporto marittimo, cit.,
[11] Sulla
storia del finanziamento dei servizi marittimi di linea in Italia, v. G. Pescatore, La ristrutturazione dei servizi marittimi di preminente interesse
nazionale (L. 20 dicembre 1974, n. 684), in Trasp., 22/1980, 3. V., inoltre, F.
Macrì, Principio di trasparenza e cabotaggio
marittimo: due recenti casi,
in Dir. Un. Eur., 2002, 687, ivi 698
ss. A suo tempo, il regime delle sovvenzioni alla Tirrenia, con il versamento
di acconti anche prima della sottoscrizione della convenzione e della definizione
degli obblighi di servizio pubblico, nonché dei parametri per la
compensazione, ha dato luogo ad una complessa vicenda per l’azione
giudiziaria promossa da un’impresa concorrente per it risarcimento dei
danni subiti a causa dei prezzi asseritamente predatori praticati dalla
medesima Tirrenia: C. giust. 10 giugno
[12] «I contratti di servizio pubblico esistenti rimangono in vigore fino alle rispettive date di scadenza».
[13] In tema si rinvia a M. Riguzzi, I servizi di traghetto delle Ferrovie dello Stato, in Continuità territoriale e servizi di trasporto marittimo, cit., 89.
[14] La compagnia in questione è stata peraltro ammessa al regime di amministrazione straordinaria con d.P.C.M. 5 agosto 2010, nel presupposto che si trattasse di società operante nel settore dei servizi pubblici essenziali. Con un precedente d.l. 16 luglio 2010, n. 103, convertito in l. 4 agosto 2010, si era provveduto alla nomina di un amministratore unico per Tirrenia e controllata Siremar, con il conferimento dei «più ampi poteri di amministrazione ordinaria e straordinari». L’art. 1, lett. b di tale decreto, seguendo una soluzione già adottata per Alitalia, esonerava tale amministratore unico per le responsabilità civili e penali conseguenti all’esercizio del proprio incarico :cfr. in proposito A. Caiafa, Le procedure concorsuali, Padova, 2011, 1136.
[15] Come esattamente stigmatizzato da M. Casanova - M. Brignardello, Diritto dei trasporti, I, Milano, 2011, 276, sub nt. 82.
[17] Il problema è ben evidenziato da M. Riguzzi, I servizi di traghetto delle Ferrovie dello Stato, cit., 91: «l'offerta degli armatori privati, attraverso servizi prevalentemente stagionali, può incidere solo relativamente sulla soluzione del problema della “continuità territoriale”, che deve basarsi, invece, su un'offerta di trasporto adeguata ed affidabile, costante nell'arco dell'anno».,
[18] Ci si
riferisce all’iniziativa con cui
[19] Si
tratta delle navi ro-ro Scintu e
[20] Su tale rotta, in precedenza operava soltanto la compagnia Grandi Navi Veloci S.p.A. (cfr. provvedimento AGCM n. 21124 del 19 maggio 2010 reso nel procedimento A417 - T-Link/Grandi Navi Veloci, § 1, rispetto ad un’ipotesi di abuso di posizione dominante di AGCM)
[21] L’assetto proprietario risultava, al 19 maggio 2010 (come risulta dal provvedimento AGCM n. 21124 reso in tale data nel procedimento A417 - T-Link/Grandi Navi Veloci): Il socio di maggioranza di T-Link è un fondo di private equity, Cape Regione Siciliana, che detiene il 53% del capitale sociale. Gli altri azionisti sono due società di navigazione, Caronte & Tourist S.p.A. (15,3%) e Moby S.p.A. (11,3%) e due società finanziarie, Aelle Investimenti S.r.l. (14,4%) e Oxon (circa 6%) (cfr. le informazioni riportate nei siti web Informare e TrasortoEuropa, rispettivamente http://www.informare.it/news/gennews/2011/20110756-T-Link-sospende-attivita-operativa.asp e http://www.trasportoeuropa.it/index.php/home/archvio/18-intermodalita/5199-t-link-sospende-lattivita-e-ferma-tutti-i-traghetti).
[22]
Secondo indiscrezioni di stampa, alla base della decisione di sospensione del
servizio, al di là delle pur presenti difficoltà di mercato nel
settore marittimo, ci sarebbe stata la
decisione del Ministero dell’Economia di mettere in amministrazione
controllata per presunte «irregolarità gestionali»
[23] Le
due navi in questione hanno, come si è visto, una stazza lorda di circa
27000 GT. Sulle rotta fra Sardegna e porti della Penisola operano per
[24] Il riferimento è alla decisione della Commissione del 28 ottobre 2009 relativa all'aiuto di Stato C 16/08 (ex NN 105/05 e NN 35/07) applicato dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord —Sovvenzioni a CalMac e NorthLink
[25] C. giust., 24 luglio 2003, in causa C-280/00, in Dir. trasp., 2004, 455, con nota di G. Mendola, Trasporto pubblico locale e aiuti di Stato, oppure in Cons. Stato, 2003, II, 1354, con nota di M. Antonucci, I servizi di interesse economico generale e gli aiuti di Stato, ivi, 1356. In tema, v. le avvertite considerazioni di E. Zanelli, Servizio pubblico e sentenza Altmark:. l’anello mancante?, in Pol. diritto, 2004, 175. La sentenza sul caso «Altmark» era stata a suo tempo evocata anche nella decisione della Commissione 2005/163/CE del 16 marzo 2004 relativa agli aiuti di Stato corrisposti dall'Italia alle compagnie marittime Adriatica, Caremar, Siremar, Saremar e Toremar: cfr. in proposito C. Dereatti, Un'importante decisione della commissione sul tema del finanziamento dei servizi di interesse economico generale, in Dir. comm. internaz., 2005, 319 (e, per la questione specifica, ivi, 340 ss.).
[26] C. giust., 6 aprile 2006, in causa C-410/04, in Guida al diritto, 17/2006, 117, con nota di A. Corrado, Appalti: si all`affidamento «diretto» del servizio alla società pubblica che ha l`intero capitale - Possibile evitare la gara se l`azienda è interamente controllata dall`Ente. Per una rassegna ragionata sul punto, a partire dal caso Anav, v. G. Guzzo, Società miste e affidamenti in house. Nella più recente evoluzione normativa e giurisprudenziale, Milano, 2009, 39 ss.
[27] Sulla nozione di «in house providing», come eccezione al diritto comunitario della concorrenza, nella linea tracciata dal Libro Verde sulle forme di partenariato pubblico-privato e il diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni, Bruxelles, 30 aprile 2004, 2004 (327) def. 4., v., nella letteratura recente, anche per ulteriori riferimenti: M. Cossu, Le S.r.l. in house providing per la gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica nel diritto comunitario e nazionale, ne Le società «pubbliche», a cura di C. Ibba, M. C. Malaguti, A. Mazzoni, Torino, 2011, 243. Per un riferimento agli appalti in house nel settore dei trasporti pubblici locali, ai sensi dell’art. 61 della l. 23 luglio 2009, n. 99, in applicazione del regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70: v. S. Zunarelli, Il nuovo regime dei servizi di trasporto pubblico locale, in Scritti in onore di Francesco Berlingieri, Dir. maritt., numero speciale, 2010, 1215, ivi 1216 ss. Più precisamente, per le situazioni in cui (come nel caso da cui traiamo spunto) l’affidamento avviene in favore di un soggetto che, pur strumentale e controllato dall’ente aggiudicatario, è comunque dotato di una propria autonoma personalità giuridica, dovrebbe, per maggiore esattezza, parlarsi di affidamenti «quasi in house»: cfr. sul punto, C. Iaione, Le società in-house : contributo allo studio dei principi di auto-organizzazione e auto-produzione degli enti locali, Napoli, 2012, 165, sub nt. 12, traendo spunto dalle conclusioni dell’avvocato generale Stick-Hackl, nelle conclusioni depositate il 27 settembre 2004 nella causa C‑26/03, Stadt Halle c. Trea Leuna, poi decisa (senza affrontare espressamente la questione) da C. giust., 11 gennaio 2005.
[32] C. giust., 27 febbraio 2003, in causa C-373/00, Adolf Truley GmbH contro Bestattung Wien GmbH, in Giur. it., 2003, 1687, con nota di R. Caranta, L'organismo di diritto pubblico questo sconosciuto. Nel caso di specie, si trattava di un’impresa di pompe funebri. Sull’evoluzione della giurisprudenza della Corte di giustizia sul punto, v. in generale S. Monzani, Controllo «analogo» e governance societaria nell'affidamento diretto dei servizi pubblici locali, Milano, 2009, 87 ss.
[33] Va incidentalmente osservato che la sentenza «Altmark» è stata resa in base al regolamento (CEE) n. 1191/69 del Consiglio, del 26 giugno 1969, relativo all’azione degli Stati membri in materia di obblighi inerenti alla nozione di servizio pubblico nel settore dei trasporti, per ferrovia, su strada e per via navigabile, il cui art. 1, § 1, comma 2, prevedeva la possibilità per gli Stati di «escludere dal campo di applicazione del presente regolamento le imprese la cui attività è limitata esclusivamente alla fornitura di servizi urbani, extraurbani o regionali». Il regolamento (CEE) n. 1191/69 è stato abrogato dal regolamento (CE) n. 1370/2007, cit. Come si legge nel considerando 10 di tale ultimo regolamento «Contrariamente al regolamento (CEE) n. 1191/69, nel cui ambito di applicazione ricadono anche i servizi di trasporto pubblico di passeggeri per via navigabile, non si reputa opportuno disciplinare, nel presente regolamento, l’affidamento di contratti di servizio pubblico in questo specifico settore».
[34] Tale requisito è stato, in effetti, collegato nella giurisprudenza della Corte di giustizia all’«ambito geografico» delle attività della società aggiudicataria: cfr. al riguardo C. giust., 10 settembre 2009, in causa C-573/07, Sea S.r.l. v. Comune di Ponte Nossa, in Foro amm. C.d.S. 2009, 2233, con nota di R. Morzenti Pellegrini, Società affidatarie dirette di servizi pubblici locali e controllo «analogo» esercitato in maniera congiunta e differenziata attraverso strutture decisionali «extra-codicistiche», oppure in Giorn. dir. amm., 2010, 127, con nota di M. Di Giorgio, L’in house pluripartecipato e il caso Sea, ed in Dir. com. sc. internaz., 2010, 57, con nota di L. Ponzone - T. Bianchi, Affidamenti in house: la possibilità per i privati di partecipare al capitale di una società che eroga un servizio pubblico non esclude il controllo analogo, ivi, 63.
[35] Regolamento (CEE) n. 1191/69 del 26 giugno 1969, cit., abrogato dal regolamento (CE) n. 1370/2007, cit.
[36] È ancora il regolamento (CE) n. 1370/2007, sub considerando 10. Peraltro, successivamente all’incontro a cui si riferisce questo testo, è stata pubblicata la decisione della Commissione del 20 dicembre 2011, riguardante l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico, concessi a determinate imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale.
[37].E su tale specifico aspetto mi sembra ancor valido l’avvertimento di autorevole dottrina circa le implicazioni della sentenza «Altmark», decisa da C. giust., 24 luglio 2003, in causa C-280/00, cit.: essa «non costituisce certo in via definitiva l’anello mancante tra la giustificazione economica dell’intervento pubblico e la giustificazione (a monte) della scelta politica che rende il soddisfacimento di un bisogno diffuso (ma non più di tanti altri) suscettibile di market failure o più esattamente suscettibile di indurre autoritativamente l’impossibilità del mercato a riconoscere la convenienza – nelle condizioni prescritte, che dipendono essenzialmente dal servizio richiesto e dall’imposizione di tariffe inadeguate alla copertura del relativo costo – di gestire l’attività, altrimenti compatibile con l’iniziativa privata in un’economia di mercato, destinata al soddisfacimento di quel particolare bisogno senza vincoli, o con vincoli marginali, di socialità» (così: E. Zanelli, Servizio pubblico e sentenza Altmark:. l’anello mancante?, cit., 195 s.
[38] C. giust., 1° giugno 2006, nelle cause riunite C-442/03 P e C-471/03 P. Con riferimento a questa vicenda, come a quella «Altmark», cit., si è evidenziato che la questione della compatibilità di una determinata fattispecie con la disciplina degli appalti pubblici non coincide necessariamente con quella della rispondenza della medesima fattispecie anche alla normativa sugli aiuti di Stato: M. E. Comba, L'esecuzione delle opere pubbliche con cenni di diritto comparato, Torino, 2011, 5
[40] Per una descrizione della tendenza in questione, v. F. Rossi dal Pozzo, Servizi di trasporto aereo e diritti dei singoli nella disciplina comunitaria, Milano, 2008, 234. Sull’esigenza di estendere la disciplina del negato imbarco al di là del settore del trasporto aereo (e con specifico riferimento al trasporto marittimo di passeggeri), v. a suo tempo M. Casanova, Trasporto di persone, in Trattato della responsabilità contrattuale, diretto da G. Visintini, II, Padova, 2009, 1049, ivi, 1063, pur avendo costatato la rarità del ricorso alla sovraprenotazione nei trasporti marittimi di passeggeri (M. Casanova, La tutela del passeggero nella Convenzione di Atene, in Dir. maritt., 2006, 1089, ivi, 1100). In tema, v. da ultimo S. Pollastrelli, Il contratto di trasporto marittimo di persone, Milano, 2008, 315 ss.
[41] V. a suo tempo M. M. Comenale Pinto, Considerazioni in tema di sovraprenotazione nei servizi di trasporto aereo, in Studi in memoria di M. L. Corbino, Milano, 1999, 160; E. Fanara, L’overbooking, in La tutela del turista, (a cura di Silingardi e Zeno-Zencovich), in Consumatori oggi, (Collana diretta da Bessone e Perlingieri), Napoli, 1993, 147
[42] Su cui v. in generale E. G. Rosafio, Il negato imbarco, la cancellazione del volo ed il ritardo nel trasporto aereo di persone, in Giust. civ., 2004, II, 469; M. Maggiolo, Overbooking, ritardo e cancellazione del volo: contratto, compensazione, responsabilità, in Trasporto aereo e tutela del passeggero nella prospettiva europea, (a cura di L. Masala e E. G. Rosafio), Milano, 2006, 123. Per le linee evolutive, v. da ultimo E. Turco Bulgherini, Evoluzione del negato imbarco, della cancellazione del volo e del ritardo, ne Il trasporto aereo tra normativa comunitaria ed uniforme, a cura di R. Tranquilli Leali e E. G. Rosafio, Milano, 2011, 383.
[43] V. in proposito P. Fois, Cabotaggio marittimo e libera prestazione di servizi, in Continuità territoriale e servizi di trasporto marittimo, cit., 109, ivi, 111.
[44] C. giust., 20 febbraio 2001, in causa C-205/99, in Dir. maritt., 2003, 1255, con nota di L. Carpaneto, Considerazioni a margine del caso «Analir», ivi, 1256, ha ritenuto che l’art. 4, n. 1, del regolamento n. 3577/92/CEE dovesse essere interpretato nel senso di consentire ad uno Stato membro, per una stessa linea o per una stessa rotta, di imporre obblighi di servizio pubblico ad imprese di navigazione e di stipulare concomitantemente con altre imprese contratti di servizio pubblico ai sensi dell'art. 2, punto 3, del detto regolamento, per la partecipazione allo stesso traffico regolare verso le isole, in provenienza dalle isole, nonché fra le isole stesse, purché possa essere dimostrata un’effettiva esigenza di servirlo pubblico e nella misura in cui tale applicazione concomitante sia effettuata in base a criteri non discriminatori e sia giustificata rispetto all'obiettivo di interesse pubblico perseguito.
[45] V. in proposito: D. Bocchese, La rifusione della disciplina comunitaria sulla prestazione dei servizi aerei, in Dir. trasp., 2009, 307, e, con riferimento specifico all’imposizione di oneri di servizio pubblico, ivi, 332 ss.
[46] Il riferimento è al Reg. (CEE) n. 95/93 del Consiglio del 18 gennaio 1993 relativo a norme comuni per l'assegnazione di bande orarie negli aeroporti della Comunità, più volte modificato, da ultimo con il Regolamento (CE) n. 793/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004. Sulla disciplina originaria v. per tutti G. Silingardi – D. Maffeo, Gli Slots. Il caso Italia fra esperienza statunitense e comunitaria, Torino, 1997. Nella letteratura riferita al testo emendato, v. M. Colangelo, L'allocazione degli slots. Regole e modelli, Roma, 2009; M. Deiana, Slot Allocation, ne La gestione del traffico aereo: profili di diritto internazionale, comunitario ed interno, atti del convegno di studi di Messina, 5-6 ottobre 2007, Milano, 2009, 239; P. Portacci, La nuova disciplina comunitaria delle bande orarie, in Dir. tur., 2006, 221.
[49] V. ad esempio, proprio con riferimento agli slot per la Sardegna, Cons. Stato, sez. VI, 15 settembre 2010 n. 6730, in corso di pubblicazione in Dir. trasp., con nota di G. Pruneddu, Spunti in tema di grand father’s rule e continuità territoriale.
[50] La questione si è presentata, per esempio, nella vicenda decisa da Trib. amm. reg. Sardegna, sez. I, 10 marzo 2011, n. 208, a quanto consta inedita. Si è ritenuta distorsiva della concorrenza la previsione delle «Linee guida relative alla pianificazione degli accosti» della «”preferenza” accordata a quelle Compagnie e linee che assicurano un collegamento regolare e continuo (365 giorni all'anno) da e per il continente».
[51] A suo tempo, Trib. amm. reg. Toscana , 23 ottobre 1987, n. 1168, in Dir. trasp., II/1988, 259, con nota di C. Bonfantoni, In tema di revoca di attracco preferenziale, aveva ritenuto illegittima le revoca all’attracco preferenziale delle navi di linea, richiesta dal Comune per esigenze di traffico veicolare stradale.